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Autore: dreamlikeview    20/09/2019    2 recensioni
[1/3 di "What if we had been friends?"]
Lord Voldemort ha un piano infallibile per sconfiggere Harry Potter una volta per tutte e quando chiede a Draco Malfoy di avvicinarsi al prescelto, crede di avere la vittoria in pugno, ma non ha fatto i conti con una magia che lui non conosce, né mai conoscerà: l'amore.
Una storia in cui uno scherzo del destino può cambiare completamente due vite, può spingere due persone a conoscersi e a scoprirsi davvero, può permettere ad imprevedibili e improbabili amicizie di nascere, mettendo le basi per un qualcosa che è destinato a durare per sempre.
Fiducia, amicizia, amore sono le parole chiave.
[Drarry, con accenni ad altre coppie, long-fic]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Serpeverde | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo, Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'What if we had been friends?'
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, meritavano di meglio, quindi ho deciso di dargli io ciò che meritavano; ma non ci guadagno nulla da tutto ciò, niente è finalizzato ad offendere qualcuno (solo a dare loro il finale che piace a me :D) e io ci perdo solo la faccia con queste cose.

Avviso: I personaggi tendono ad essere OOC (soprattutto Draco con l’andare avanti della storia, perché subisce un cambiamento radicale) tutti loro sono basati sui miei headcanon!

Nota bene: La storia parte dal sesto anno, tenendo conto di alcuni avvenimenti accaduti fino al quinto, ma l’intenzione non è quella di riscrivere il Principe Mezzosangue, di esso vi sono solo alcuni elementi (VI libro alternativo sta per quello... LOL).

Enjoy the show!


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Twist of Fate

3. Start of something new


 

«È tutto inutile» si lamentò Draco lasciandosi cadere teatralmente sul divanetto della Stanza delle Necessità «Non ci riesco, non ho ricordi felici, non evocherò mai un Patronus».
Erano quasi due mesi che si esercitava con quell’incantesimo, ma tutto ciò che aveva ottenuto era una scia biancastra che si era dissolta nel nulla. Solo una volta era riuscito ad evocarne uno migliore, ma alla fine era rimasto ugualmente una semplice luce. Harry gli aveva detto che era normale all’inizio, che per evocarne uno completo e corporeo ci volesse molta pratica, ma Draco ancora non si spiegava come avesse fatto Potter ad evocarne uno così potente da scacciare un centinaio di dissennatori a soli tredici anni. Era davvero un mago potente come si diceva? Forse sì e non solo perché lo dicevano tutti: Potter era davvero potente, anche se era una schiappa in alcune cose semplici, come Pozioni e Storia della Magia.
«Andrà meglio» lo consolò il moro rivolgendogli un sorriso gentile «Devi pensare a qualcosa di bello, di felice, qualcosa di così intenso che un dissennatore non possa portartelo via, devi lasciare che ti travolga completamente».
«Non ci riesco» disse nascondendo il viso sotto un braccio, sospirando. Tutti i ricordi felici che aveva non sembravano abbastanza, non alimentavano il suo Patronus e si stava rendendo conto che per tutta la sua vita fortunata, non si era mai sentito davvero felice. I suoi genitori lo avevano prima educato per farlo essere un piccolo lord, insegnandogli l’etichetta, le buone maniere e il decoro in ogni occasione, poi suo padre lo aveva addestrato, affinché eccellesse in ogni campo. Le cose erano peggiorate quando, dopo ogni anno di scuola, tornava secondo a Potter o alla Granger. Lucius era sempre stato eccessivamente critico con lui, anche quando era piccolo: era un continuo confronto con altri maghetti della sua età, anche quando aveva imparato a camminare era stato giudicato capace o non capace – solo perché lui aveva imparato a tredici mesi e Blaise a dieci, suo padre non aveva fatto altro che ricordarglielo per tutti i suoi primi anni di vita.
Era certo che quando era più piccolo lo avessero amato, forse lo amavano ancora, ma il potere e l’obbedienza allo psicopatico erano molto più forti dell’amore che nutrivano per lui. Lo avevano sempre accontentato, ma solo materialmente. Suo padre aveva sempre decantato le sue doti con gli altri, ma in casa non gli aveva mai fatto un complimento, la cosa più vicina a quello era stata la lettera di congratulazioni che gli era arrivata quando era entrato nella squadra di Inquisizione al quinto anno, solo per dare fastidio a Potter e agli altri studenti, Merlino che idiota che sono stato. Le partite a Quidditch erano un tormento, quando vinceva avrebbe potuto giocare meglio, quando perdeva – sempre contro Potter – era un fallimento; quando tornava a casa per le vacanze estive e raccontava loro dei suoi risultati, lo guardavano delusi perché non era il migliore, era secondo ad Hermione Granger, una sangue-sporco non può essere migliore di te, sei un purosangue o no? – gli diceva suo padre con disprezzo.
Draco si sentiva sempre così pieno di odio che lo riversava sui compagni di scuola, soprattutto sul magico trio, che rappresentava la causa dei suoi problemi. E sebbene Lucius lo avesse cresciuto con certi ideali, adesso il giovane Malfoy non era più molto d’accordo con la visione delle cose del genitore. Che avesse cambiato idea grazie alla sua amicizia con Potter, forzata dal grande piano di Voldemort, era solo un dettaglio. Stava diventando man mano più consapevole delle sue idee, piuttosto che di quelle di tutta la sua famiglia. Probabilmente, se Potter non avesse rifiutato la sua mano, avrebbe iniziato a ragionare molto prima, ma ormai era inutile piangere sul latte versato, le cose erano andate in quel modo e niente poteva cambiare il passato, invece il futuro…
«Malfoy, mi stai ascoltando?» la voce di Harry lo riscosse dai suoi pensieri, no, non stava ascoltando, era così assorto nei suoi ragionamenti, sul suo tumulto interiore che la voce di Potter era diventata ovattata alle sue orecchie.
«Eh? Ero sovrappensiero» disse a mo’ di giustifica, sentendosi imbarazzato. Da cosa, poi? Dallo sguardo indagatore di Potter? Santo cielo, riusciva a metterlo a disagio con un solo sguardo comprensivo, se l’avesse guardato di nuovo con odio, Draco avrebbe sofferto, ne era certo. Non poteva perdere quello che stavano creando.
«Posso chiederti una cosa?» il biondo annuì senza rispondere «Mi racconti uno dei ricordi che hai scelto?» chiese «Magari posso aiutarti…»
Draco arrossì, Potter sembrava davvero interessato ad aiutarlo e non solo perché lui lo stesse aiutando in pozioni – tra l’altro si era sentito fiero di lui quando aveva preso quell’oltre ogni previsione dopo l’ultimo test – se Potter era migliorato con le sue lezioni, perché lui non riusciva ad imparare il Patronus? Dannazione, più si focalizzava sui ricordi felici, più questi sembravano sfuggirgli in nuvole di fumo nero. Era mai stato felice?
«Io, ecco… pensavo a quando avevo sei anni, i miei genitori mi regalarono il mio primo calderone e preparai la mia prima pozione». Harry annuì pensieroso, Draco si chiese a cosa stesse pensando «Cosa c’è?» domandò, infatti, notando il suo sguardo, non gli piaceva essere guardato così, a volte sembrava che Potter gli leggesse dentro con quegli enormi occhi verdi capaci di trapassare l’anima. Per quanto fosse bravo con l’Occlumanzia, aveva la sensazione che lui potesse scoprire i suoi segreti, solo guardandolo con intensità. Maledetti occhi verdi di Potter.
«Remus mi ha spiegato che deve essere un ricordo veramente felice, capisci? Deve essere intenso, devi provarlo intensamente» spiegò il ragazzo «Anche io ho fatto un errore simile, pensai alla prima volta sulla scopa» disse e le sue gote si tinsero di rosso «Te lo ricordi?»
«Come potrei ricordarlo io?» chiese Draco «Non ero mica con te tutti momenti».
«Ti sbagli, eravamo insieme quella volta» ribatté Harry, sforzandosi di non arrossire – è così carino quando è in imbarazzo… - pensò il biondo, scuotendo poi la testa per scacciare il pensiero «Quando tu rubasti la Ricordella di Neville il primo anno e ci inseguimmo sulle scope durante la prima lezione di volo, ti ricordi? Quella è stata la prima volta su una scopa» disse e le sue gote sembrarono per un attimo più rosee «Inoltre è stato grazie a te che sono stato preso nella squadra di Quidditch al primo anno, credo che quello sia stato uno dei momenti più belli della mia vita».
«Faccio parte dei tuoi ricordi felici, Potter?» scherzò il Serpeverde «Woah, da quanti anni va avanti la tua cotta per me?»
Harry gli lanciò un cuscino addosso ridendo «Cretino! Io cerco di aiutarti e tu mi prendi in giro» si lamentò «Comunque il primo anno è stato uno dei miei anni più felici. Ero davvero felice di essere stato preso a Hogwarts, di essere un mago» disse «Pensando al fatto di non essere come i miei parenti, ho lanciato il mio primo Patronus».
«Capisco, beh scoprire di non essere come i babbani farebbe felice chiunque» disse il Serpeverde. Harry non poté far altro che dargli ragione; scese un silenzio leggermente imbarazzante tra di loro.
«A volte mi chiedo davvero come sarebbe stato se fossimo stati amici fin dall’inizio» buttò lì Draco per spezzare il silenzio, mentre lo sguardo del moro ritornava su lui, intenso come non mai.
«Sarebbe stato divertente, perché sono certo che saremmo stati comunque competitivi l’uno con l’altro».
«Sì» concordò il biondo «Ma sono sicuro che sarebbe stato dieci volte più divertente, questi ultimi mesi lo hanno dimostrato» aggiunse, sentendosi arrossire. Lo pensava davvero e non sapeva neanche perché stesse dicendo quelle cose ad alta voce. Vide lo sguardo di Harry adombrarsi per un secondo, poi gli rivolse di nuovo il sorriso.
«Immagina come sarebbero state le cose al secondo anno…» mormorò Harry mettendosi una mano sulla fronte, ricordando l’incubo che aveva vissuto, quando tutti lo additavano come erede di Serpeverde, perché lui parlava serpentese.
«Oh, lì ci saremmo divertiti un sacco» disse Draco, poi rise gettando la testa indietro, Harry portò gli occhi sul suo collo teso, senza capire perché lo fissasse «Probabilmente mi sarei vantato di conoscere l’erede e avrei minacciato tutti i miei nemici, dicendo che tu avresti scatenato contro di loro il tuo mostro nascosto, non si sarebbero mai messi contro di me» disse immaginando uno scenario simile «E poi ovviamente ti avrei affibbiato Tiger e Goyle, in modo che fossero anche i tuoi scagnozzi…»
«Sì, e poi mi avresti fatto portare sulle loro spalle, come una specie di trofeo» scherzò il moro.
«Ora non esagerare, Potter» ribatté l’altro, rivolgendogli di nuovo lo sguardo «Sarebbe stato divertente, ma poi mi avresti deluso profondamente, quando avrei scoperto che in realtà non eri tu. Ti avrei tenuto il broncio per settimane».
«Giusto» fece Harry in risposta, Draco ghignò divertito. «È davvero un peccato che non abbiamo fatto amicizia prima».
«Davvero?» chiese, la sua espressione cambiò: i suoi occhi si spalancarono con stupore.
Harry annuì «Conoscendoti, non sei affatto male come pensavo» disse, l’altro lo guardò stranito «Non sei mai stato un libro aperto e non sei neanche stato molto amichevole con me e gli altri prima, ma… questi mesi hanno cambiato un sacco di cose» disse sorridendogli e guardando nella sua direzione «Hai sempre quella maschera aristocratica sul volto, ma sei anche un buon amico, il più delle volte» il biondo arrossì alle sue parole «Sono davvero contento che abbiamo avuto quest’anno per fare amicizia, sei completamente diverso dalla tua famiglia» concluse sorridendogli. Forse il suo discorso era un po’ sconclusionato, ma voleva che Draco capisse che lo considerava un amico, voleva che si confidasse con lui; perché quando erano andati a Hogsmeade aveva visto il biondo spaventato dai Thestral. Se era riuscito a vederli, voleva dire che aveva assistito a qualcosa di terribile, e voleva che si confidasse con lui, così che potesse aiutarlo.
«Grazie» borbottò Draco, non troppo sicuro di come uscì la sua voce. Harry aveva detto che non somigliava alla sua famiglia, ma lui non ne era convinto, dato che stava seguendo gli ordini di Voldemort. Era davvero come i suoi parenti? Oppure aveva ragione Harry? Desiderava seguire quel pazzo psicopatico? Aveva molti dubbi a riguardo, santo cielo, suo padre sarebbe stato così deluso da questo suo tentennamento, gli avrebbe imposto a suon di maledizioni di smetterla di essere patetico e di portare a termine la missione. Perché era questo che doveva fare, giusto? Era questo che stava facendo… beh, forse. Aveva qualche dubbio dalla mattina dopo la notte di Halloween, quando si era svegliato sul divanetto nella Stanza delle Necessità insieme a Potter con un terribile mal di testa e aveva visto le loro mani intrecciate. Aveva ritratto la sua, come scottato ed era scappato via, ma il senso di pace della sua mano in quella di Potter lo perseguitava, anche se cercava di scacciarlo e di sopprimerlo. Non poteva provare niente del genere, non doveva, lui doveva solo seguire gli ordini, punto.
«Te la senti di continuare?» chiese Harry con il tono di voce gentile.
«Voglio provare» disse «Da qualche parte un pensiero felice deve pur esserci» mormorò più a se stesso che all’altro.
«Non darti fretta, sentilo davvero tuo e fa’ che sia intenso» gli consigliò, appoggiandogli una mano sulla spalla. Draco annuì e si concentrò. Ripensò alla sua infanzia, alla sua adolescenza, ma realizzò con orrore di non essersi mai sentito felice a casa sua, sempre circondato dalle regole e dalle imposizioni della sua famiglia, spinto a dover dimostrare di essere bravo e di essere il migliore, viziato allo sfinimento per non dover sentire le sue lagne, ogni abbraccio negato, ogni gentilezza negata. Ogni progresso era un regalo, Draco si era sempre crogiolato nel fatto di avere un sacco di beni materiali, ogni volta che ne richiedeva; ma ogni volta che falliva, c’era una punizione ad attenderlo, perché i Malfoy non falliscono, i Malfoy hanno sempre successo e altre frasi simili.
Né suo padre né sua madre gli avevano mai concesso un gesto gentile, neanche quando lui la domenica mattina, usciva in giardino con gli elfi domestici e coglieva un fiore e lo portava a Narcissa di nascosto. Aveva smesso a dieci anni, quando Lucius se ne era accorto. Non è consono – l’aveva rimproverato, prima di una dura punizione.
Neanche a Hogwarts si era sentito felice, fin dal primo anno era stato un incubo, anche se non aveva mai realizzato davvero quanto lo fosse stato, perché suo padre non era mai soddisfatto. Non capiva perché, nonostante i suoi sforzi, suo padre non fosse fiero di lui. Se avesse consegnato Harry, sarebbe stato degno del suo orgoglio? Avrebbe visto nello sguardo di suo padre quel sentimento d’affetto che agognava di ricevere da tutta la vita? Lucius sarebbe riuscito ad apprezzarlo, se avesse portato a termine la missione?
Con orrore guardò il moro davanti a sé, che gli sorrideva affabile e gli faceva vedere di nuovo la posizione corretta per eseguire il Patronus, lo rassicurava dicendogli che avrebbe imparato perché lui era brillante e incredibilmente intelligente. Perché Potter doveva essere così maledettamente, sfacciatamente perfetto?
Adesso, non era più convinto di odiare i babbani (famiglia di Harry a parte) e neanche i nati babbani, in fondo, Hermione Granger non era così male, anche se era un’insopportabile so-tutto-io; era brillante e più di una volta avevano collaborato in quel periodo: erano stati gli unici della loro classe a prendere il voto più alto in Rune Antiche.
La prima volta che si era sentito invadere dalla felicità, era stato quando lui e Potter si erano ubriacati, perché era stato se stesso e si era divertito. Se si fosse concentrato su quello, avrebbe avuto qualche possibilità di proteggersi dai dissennatori?
Non voleva dire a Potter che Voldemort ne comandava alcuni, non poteva dirgli il motivo della sua paura e della sua voglia di proteggersi da quegli orridi mostri, ma perché se pensava alla sua infanzia non aveva ricordi felici e ora al fianco di Potter gli sembrava di averne? Lui era lì perché comandato dal Signore Oscuro, giusto?
No, era dalla notte di Halloween che qualcosa dentro di lui era cambiato, l’amicizia con Potter funzionava e se fossero diventati abbastanza amici, avrebbe potuto raccontargli tutto e farsi aiutare da lui come aveva più volte suggerito Blaise. Ma se Piton se ne fosse accorto?
Lo aveva preso da parte per parlargli della missione già due volte quel mese, e Draco non voleva mai più trovarsi così vicino al professore, se fino all’anno precedente lo aveva reputato alla stregua di un mentore, adesso si era ricreduto. Temeva che il professore scoprisse cosa celavano realmente il suo cuore e la sua mente e riferisse tutto a Voldemort. Certo, lui aveva schermato bene la mente, era un ottimo occlumante – d’altra parte aveva fatto pratica con Lucius Malfoy – ma se l’uomo avesse superato le sue difese e avesse scoperto tutto, sarebbe stato nei guai e non avrebbe potuto proteggere la sua famiglia. Già, la sua famiglia, loro che avevano fatto per lui? Lo avevano usato come carta di scambio per essere riammessi nel club dei Mangiamorte.
Strinse la bacchetta tra le mani e lasciò che la spensieratezza provata quando si era ubriacato con Harry lo invadesse, non era intenso come l’altro diceva, ma lui era stato bene e sapeva che ripensando a quel giorno sarebbe stato sempre bene. Una parte di sé non voleva ammetterlo, ma con Potter si sentiva al sicuro.
«Expecto Patronum!» pronunciò con l’immagine di Harry che saltava sulla poltroncina urlando di essere ubriaco. La sua bacchetta tremò per qualche istante, poi una luce bianca accecante ne fuoriuscì. Draco tenne a mente quel ricordo, lui che rideva con Potter e urlava che avrebbe ballato sulla sua tomba il giorno del suo funerale, bevendo whisky incendiario, lasciò che la spensieratezza di quel momento lo invadesse. Un sorriso spuntò sulle sue labbra, mentre la luce bianca sembrava condensarsi davanti a lui sotto forma di scudo; durò qualche istante poi si esaurì.
«Wow!» esclamò Potter «Ci sei riuscito! Questo sì che era un Patronus!»
Draco realizzò con orrore di non essere riuscito ancora una volta a realizzarne uno corporeo, forse non ci sarebbe mai riuscito davvero e sospirò: «Non era corporeo».
«Non completamente» concedette il moro «Ma è un gran risultato, davvero!» esclamò entusiasta. Il Serpeverde rimase in silenzio, aveva fallito di nuovo «Draco…» il ragazzo rabbrividì, quando il moro pronunciava il suo nome, non poteva far altro che sentirsi vulnerabile «Non essere duro con te stesso» gli disse comprensivo «Il Patronus è un incantesimo difficile, tu stai facendo del tuo meglio e i risultati sono eccezionali».
Draco però era irritato, confuso; aveva evocato qualcosa di simile a un Patronus concentrandosi su un ricordo che riguardava lo Sfregiato. Non deve essere così – pensò guardandolo – io devo portarlo a Voldemort, devo consegnarlo e diventare un Mangiamorte, non siamo amici, la mia è solo una recita. Ma lo era davvero? Poteva davvero farlo? Consegnare Potter che ora lo guardava con gli occhi pieni di qualcosa che lui non capiva, fierezza, fiducia e qualcos’altro che lui interpretò, in modo erroneo, come pietà, come se il moro gli stesse dicendo non sarai mai potente quanto me, anche se ti impegni. Simile a quando suo padre gli diceva lui è figlio di un mago e di una sangue-sporco, devi essere migliore di lui, chiaro Draco? Devi essere superiore a lui, in qualsiasi cosa che sia Quidditch o rendimento scolastico! – dannazione, perché la voce di Lucius non usciva dalla sua testa? Si era rammollito o cosa? Doveva restare concentrato sul suo compito, non farsi venire le crisi esistenziali per un dannatissimo Patronus. Cosa importava, alla fine? Niente, ma lui sa farlo e tu no, vedi che sei inferiore? Non sarai mai degno di portare il nome dei Malfoy. – Draco strinse i pugni e decise di optare per la sua scelta ottimale: una fuga da perfetto codardo qual era.
«Tu lo hai evocato a tredici anni, dannazione!» esclamò irritato, cercando di imprimere odio nella sua voce, ma suonò patetico persino alle sue stesse orecchie; si scostò da lui, non voleva contatti con nessuno in quel momento. Perché doveva essere così confuso? Non voleva la pietà di Potter, non voleva che lo considerasse così debole da non riuscire ad evocare un dannatissimo Patronus corporeo.
«Draco…» lo chiamò ancora il moro, ma lui scosse la testa e imprecando contro se stesso, contro San Potter e la sua stupida cicatrice e un’altra serie di invettive, se ne andò senza salutare e lasciandosi dietro un Harry scioccato e stupito, che non sapeva spiegarsi cosa fosse successo al suo amico e perché avesse avuto un crollo del genere all’improvviso.
Draco scese nei sotterranei in fretta, sperando di non essere stato seguito da Potter e si rifugiò nel suo dormitorio, fortunatamente a quell’ora era vuoto. Preferiva riflettere da solo su quanto accaduto, su cosa l’avesse sconvolto tanto in quella stanza, mentre tentava di imparare un incantesimo insieme a colui che avrebbe dovuto odiare.
Realizzare di essere ancora una volta inferiore al Grifondoro lo aveva devastato: non era in grado di riportare alla mente un dannatissimo ricordo felice, mentre Potter, con la vita terribile che aveva vissuto, ci era riuscito.
Cosa era mancato a lui, per non riuscire ad averne neanche uno? Perché ci stava pensando in continuazione in quel momento? Perché Potter aveva trovato un barlume di speranza anche nel sottoscala in cui era stato e lui non era in grado di trovare un po’ di luce?
Allora avevano ragione tutti, lui aveva un solo destino, poteva solo seguire le orme di suo padre, non poteva cambiare le carte in tavola, neanche facendosi amico Potter. Avrebbe voluto piangere, ma per tutta la vita gli era stato insegnato che i Malfoy non mostravano le loro emozioni, i Malfoy erano orgogliosi e pieni di loro, i Malfoy erano superiori a tutti, i Malfoy non piangevano…
«Sai una cosa, padre?» inveì contro il vuoto della stanza «Essere un Malfoy fa davvero schifo, non ti ringrazio per avermi cresciuto così!» avrebbe preferito che Voldemort non fosse tornato in vita, avrebbe preferito continuare a vivere nella bambagia per tutta la vita, servito e riverito, mentre tutti accontentavano i suoi capricci e lui si illudeva di essere felice. Perché, lo realizzò quel giorno, aveva vissuto tutta la vita nell’illusione di avere tutto, soldi, potere, felicità. Invece non era felice, se non riusciva a tirare fuori un ricordo allegro per poter evocare un dannatissimo Patronus. E non era il Patronus il problema, o forse sì, non lo sapeva neanche lui. L’unica parvenza di Patronus che aveva creato, era stata il ricordo di lui e Potter ubriachi nella Stanza delle Necessità la notte di Halloween. Questo non poteva aver generato la magia, no. Doveva esserci altro, dannazione. Cosa gli stava succedendo? Perché stava dubitando di se stesso? Del suo operato, della sua stessa famiglia? La vicinanza con Potter gli aveva fatto davvero male, doveva fare ordine nel suo cervello – no, non nel suo cuore – e recuperare un po’ della sua insolenza; doveva smetterla di frequentare i Grifondoro e riprendere anche i rapporti con Tiger e Goyle, che snobbava dall’inizio dell’anno per sottolineare il fatto che fosse cambiato.
La recita era entrata così tanto dentro di lui che non riusciva più a smettere di fingere? O forse non aveva mai finto?
Un brivido di terrore percorse la sua schiena, a quella realizzazione; non poteva essere così, lui non era cambiato, lui era il solito snob odioso, stava solo fingendo di essere una persona migliore. Eppure aveva pensato più volte che la nata babbana fosse davvero una strega brillante – oh Merlino, perché non riesco ad insultarla nella mia testa? – e che Weasley in fondo non era poi così male, anche se restava uno zotico, privo di qualsiasi buona maniera. Potter era una persona fantastica e… no, Potter era il male per lui. Gli aveva fatto il lavaggio del cervello, ecco cosa aveva fatto, come faceva con tutti, li abbindolava affinché lo seguissero e… no, non sarò una delle sue pecorelle! – dannazione, perché si sentiva così confuso? Perché sentiva la mente e il cuore in subbuglio? Non era da lui ridursi così, soprattutto non con tutti quei dubbi e non per colpa di Potter, maledetto lui e la sua cicatrice.
«Sei in preda a uno dei tuoi attacchi da drama queen?» chiese Blaise dall’altro lato della porta «Ho visto Potter poco fa, ha detto che eri strano, era preoccupato» spiegò; certo, ci mancava solo che Potter si preoccupasse per lui e per la sua sanità mentale, poi poteva anche andare da Voldemort, prestargli la bacchetta e chiedere di essere ucciso immediatamente.
«Sei un idiota, lasciami in pace».
«Draco, apri questa porta». Il biondo sbuffò e non rispose «Lo sai, è anche camera mia, posso aprirla facilmente, quindi o mi fai entrare di tua spontanea volontà o entro da solo».
«Sei una rottura di scatole, lo sai?» chiese il biondo. Afferrò la bacchetta e con un colpetto la aprì dal letto. Sbuffò scuotendo la testa, mentre l’amico entrava nella stanza e lo guardava.
«Sei uno straccio, che ti è successo?» chiese «Studiare il Patronus con Potter ti ha sfibrato? Sicuro che stavi studiando?» lo prese in giro l’amico, ma si zittì non appena vide lo sguardo vacuo di Draco e i suoi occhi lucidi «Okay, smetto di fare lo scemo, cosa succede?»
«Potter succede, lui e il suo stupido atteggiamento da vittima sacrificale! Lui e le sue belle parole!» esclamò arrabbiato.
«Ripensamenti?»
«Non posso averne e lo sai. Devo portare a termine la missione».
«Allora perché non lo consegni? Si fida di te, manda un gufo a tua madre e attiralo fuori dalla scuola» disse l’amico «O parla con Piton, sono certo che non avrebbe problemi a chiamare Tu-Sai-Chi qui per completare la missione».
«No, è troppo presto!» esclamò inorridito. Il solo pensiero di consegnare Harry, cioè Potter lo faceva rabbrividire.
«Quando è successo?» chiese Blaise, comprendendo ciò che l’amico nascondeva persino a se stesso.
Draco abbassò lo sguardo, imbarazzato e nudo davanti al compagno di stanza che lo conosceva così bene, da capirlo al volo «La notte di Halloween, ci siamo ubriacati ed eravamo così… felici» raccontò, conscio di non poter più nascondere il tumulto che aveva dentro «Non mi ricordo più quando ho smesso di recitare e ho paura di non averlo mai fatto».
«Draco, lo sai che significa?»
Il biondo annuì: «Che sono in un mare di guai e che tu dovresti starmi lontano altrimenti finirai nei guai anche tu».
«No, stupido, significa che devi dire a Potter ogni cosa, lui ti aiuterà! Dannazione, aiuta tutti, è uno stupido Grifondoro con la sindrome dell’eroe! Perché non dovrebbe aiutare te? Sei in una situazione di merda e lui ama le situazioni di merda, devi parlargli!»
«Non posso! Se Piton lo scopre mi fa secco lui e poi porta a termine il piano!» esclamò disperato il biondo «Io devo proteggere Potter!» fu così spontaneo, che nemmeno si accorse di averlo detto. Se ne rese conto, quando Blaise spalancò gli occhi alle sue parole e lui si affrettò a coprirsi la bocca, completamente scioccato da ciò che aveva detto, come gli era saltato in mente? Non aveva mai neanche pensato a una cosa del genere, come gli era venuto in mente?
«Dannazione, è peggio di quanto pensassi».
«No, dimentica quello che ho detto, è evidente che sono ancora scioccato. Non volevo… Blaise, io non…» balbettò, scuotendo la testa per negare, si stese sul letto e si mise le mani tra i capelli tirandoli appena, cosa diavolo gli stava succedendo? Perché non era più in grado di ragionare, di pensare lucidamente?
«No, io penso che tu fossi sincero. Dray, devi farti aiutare».
«Non posso! Smettila di dirlo!» urlò fuori di sé, rimettendosi seduto «Non voglio aiuto, devo fare quello che va fatto per salvarmi, non voglio morire a sedici anni!»
«Sei un coglione e quando te ne accorgerai sarà troppo tardi!» gli urlò contro l’altro Serpeverde «Pensi di essere solo, ma tu non lo sei, sei solo un idiota che crede di esserlo perché è troppo codardo per chiedere aiuto!»
«Pensa quello che vuoi» disse il biondo, senza guardarlo «Io faccio come voglio, okay?»
Blaise alzò gli occhi al cielo esasperato, poi prese un respiro profondo, per chiamare a sé la sua pazienza, quella che Draco gli stava facendo perdere.
«Rispondimi sinceramente a una sola domanda allora» l’amico annuì «Vuoi diventare un Mangiamorte? Vuoi uccidere persone innocenti?» chiese «Vuoi uccidere Potter?»
Draco abbassò lo sguardo e si fissò le mani: «No. Voglio solo la mia vita com’era prima che quel pazzo tornasse in vita».
«Allora sai ciò che devi fare» disse, poi adocchiò l’ampolla di Felix Felicis sul comodino del ragazzo «Un pizzico di fortuna, può aiutarti in questo caso» affermò. Il biondo guardò verso la pozione e capì cosa intendesse l’altro e sospirò. Quella maledetta fiala aveva segnato l’inizio vero di tutto quello e dentro di sé sperava che Potter se ne accorgesse e decidesse di aiutarlo ad uscire da quella terribile situazione, ma non aveva il coraggio di dirglielo.
«Ci penserò» rispose il ragazzo «Scusa per prima».
«Figurati, sono abituato alle tue scenate, ti conosco fin da quando eravamo bambini» disse con una scrollata di spalle «Ma non fare l’idiota, io non sono mai stato un fan di quello lì, i miei sì, ma a differenza dei tuoi, mi hanno lasciato più libertà» disse il ragazzo, quasi sentendosi in colpa «Potter può aiutarti, pensaci».
«Ci penserò, grazie Blaise».
«Ma ti pare» rispose l’altro «Ehi, sappi che mi devi un favore».
«Lo sapevo, Blaise Zabini non fa mai qualcosa per nulla» disse con uno sbuffo divertito «Cosa vuoi?»
«Il dormitorio vuoto per una notte, sai, io e Neville abbiamo avuto un incontro ravvicinato a Halloween, ma non abbiamo mai approfondito» disse divertito «Ho già chiesto a Theo e ha acconsentito, mancavi solo tu».
«Che schifo. Non voglio sapere cosa farai, ti concedo una notte, d’accordo»,
«Sei il migliore, Dra!»
«Non chiamarmi così!»
«Okay, Dray».
«Neanche così! Smettila di irritarmi!»
«Come sua maestà desidera» disse facendo un inchino «Ci vediamo dopo?»
Draco annuì non troppo convinto, era ancora terrorizzato all’idea di vedere Potter dopo essersi mostrato così debole e stupido, cosa doveva fare per proteggere Potter e salvarsi la pelle? La risposta più ovvia gliel’aveva fornita Blaise, ma non sapeva… e se Potter non gli avesse creduto e l’avesse mandato via? Se lo avesse odiato? Non poteva rischiare…
 
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Incontrare Potter il giorno dopo il suo crollo fu devastante per lui, perché quel dannatissimo Grifondoro non solo si era avvicinato al tavolo dei Serpeverde per chiedergli come stesse, perché mi sono preoccupato per te, Draco, ma doveva anche chiedergli di raggiungerlo sulla Torre di Astronomia per parlare. Il Serpeverde era confuso, si era comportato da stupido quando si erano visti il pomeriggio precedente, perché voleva vederlo? Cosa aveva da dirgli? Blaise gli aveva detto di non fare l’idiota e di parlare con lui, chiarire con lui e spiegargli i motivi del suo atteggiamento di quel giorno, secondo l’amico, Potter sarebbe stato felice di aiutarlo e avrebbe fatto di tutto per salvarlo, ma Draco era certo che una volta saputa la verità, loro due sarebbero tornati a comportarsi come avevano fatto per i cinque anni precedenti.
Quando durante l’ora di Incantesimi, Potter gli aveva mandato quel bigliettino volante, chiedendogli di raggiungerlo sulla torre quella sera, Draco si era sentito invadere da una strana sensazione mista a panico. Aveva riflettuto a lungo su come agire e come comportarsi con lui e non era ancora certo riguardo a cosa gli avrebbe detto. La verità – urlò la voce di Blaise nella sua testa. Ma sapeva di non potere, per quanto avesse intenzione di non consegnarlo, doveva prima trovare il modo di non farsi beccare da Piton, se voleva davvero tramare alle spalle del mago oscuro più potente degli ultimi cent’anni, doveva trovare un modo sicuro per parlarne con Potter. Gli avrebbe creduto, in quel caso? Avrebbe creduto alla sua storia, al fatto che tutto quello che aveva fatto fin dall’inizio dell’anno gli era stato imposto in ogni senso? Anche la loro amicizia, anche se poi di quest’ultima non si era pentito. Come poteva raccontargli una cosa del genere, senza essere creduto un bugiardo? Come poteva poi Harry credergli e aiutarlo? Doveva fidarsi di lui, come aveva detto Blaise, ma era difficile riuscire a confessare di aver sbagliato ogni cosa, di aver scelto la parte sbagliata non per sua volontà, ma per paura, per paura di essere ucciso, per paura di deludere la sua famiglia, perché lui era un codardo e lo era sempre stato.
Uscì dai sotterranei cauto, guardandosi intorno. Era tornato alla sala comune, perché Piton lo aveva osservato per tutta la cena e lui non voleva che scoprisse quanto fosse legato a Harry. Di cosa si preoccupava, però? Non era quello il piano? Farsi amico Potter e consegnarlo? Non aveva tempo per questo, il Grifondoro lo stava sicuramente aspettando sulla torre e lui non voleva farlo attendere troppo; non sapeva ancora cosa volesse Harry da lui e sinceramente era un po’ preoccupato che avesse davvero intenzione di chiudere con lui, perché era troppo volubile d’umore. Stando molto attento a non farsi beccare dai professori o da Gazza – anche se il suo era un timore infondato perché lui era un prefetto – raggiunse la Torre di Astronomia. Si guardò intorno, ma Potter non c’era. Strano, non era da lui mancare ad un loro appuntamento, allora era vero? Aveva esitato troppo e lui aveva pensato di sparire dalla circolazione?
E perché diavolo l’idea di Potter che si allontanava da lui gli faceva male? No, non era da Potter sparire così senza dire nulla, non era un atteggiamento da Grifondoro questo, no. Doveva essere in ritardo, giusto? E poi non avevano ancora finito le lezioni di pozioni e lui non aveva ancora imparato bene il Patronus e c’era ancora la questione aperta del Quidditch. Come poteva abbandonarlo ora?
«Draco» la voce di Potter gli arrivò alle orecchie come una dolce carezza, si voltò verso di lui con l’espressione neutra e glaciale, un misto tra l’indifferenza e il desiderio di ucciderlo con lo sguardo; giusto per celare le emozioni contrastanti che sentiva nascere e crescere dentro di sé.
«Potter, credevo non fossi venuto. Stavo per mandarti un gufo per dirti di non farmi perdere tempo così».
«Oh certo, che hai di bello da fare a quest’ora, Malfoy?» chiese Harry divertito, guardandolo inclinando la testa «Stavo sistemando le cose. Vieni con me» disse porgendogli la mano per invitarlo a seguirlo. Draco si sentì come rapito da quei gesti e si avvicinò a lui, prendendogli la mano. Il Grifondoro gli sorrise e lo condusse gentilmente verso una scalinata, che portava sulla sommità della torre. Il biondo lo guardò quasi terrorizzato.
«Potter?»
«Fidati di me» disse sorridendo «Non ti succederà niente, è sicuro, ho controllato». Draco assunse un’aria strana, ma lo seguì comunque su per la stretta scalinata e uscirono all’aria aperta. L’aria fredda di novembre si faceva sentire, ma il cielo era limpido, non c’era neanche una nuvola in cielo.
«Che diavolo significa, Potter?» chiese, quando notò due mantelli sistemati per terra, al centro della torre.
«Siediti lì, no? Rilassiamoci, stasera le stelle sono meravigliose» rispose il moro, sedendosi su uno dei due mantelli.
«Potter, ti rendi conto di quanto questa cosa sia ridicola? Si gela e… cosa dovremmo fare qui?» si lamentò senza muoversi dal suo posto; Harry alzò gli occhi al cielo – era adorabile quando lo faceva – e fece segno all’altro di sedersi accanto a lui.
«Riesci a stare cinque minuti senza lamentarti?» insistette. Draco si guardò attorno e arrossì, perché quello sembrava una sorta di appuntamento. Che diavolo significava tutto quello? Perché Potter si stava comportando in quel modo? Il moro lo guardò alzando il sopracciglio, regalandogli un’espressione interrogativa, «Beh? Hai messo radici lì? Vuoi sederti?»
«Potter, ci stai provando con me?» chiese divertito, cercando di dissimulare l’imbarazzo che l’aveva colto all’improvviso.
«Certo, come no. Come se fossi così disperato» scherzò il moro «Dai, siediti qui» disse cambiando discorso, a Draco non sfuggì il leggero imbarazzo nella voce dell’altro, ma non volle dargli peso. Senza ribattere ulteriormente, si sedette sul mantello che gli indicava il moro e, senza avvisarlo, quest’ultimo lo trascinò fino a farlo sdraiare.
«Potter! Che stai combinando?»
«Taci, guarda il cielo» gli disse, Draco acconsentì e si morse le labbra per non sottolineare di nuovo l’ovvio: sembrava un appuntamento romantico. Eppure era piacevole stare lì con Potter «Allora… tu hai il nome di una stella, vero?» chiese «Me la fai vedere?»
«Di una costellazione, ignorante» Draco rise senza rendersene conto e indicò un punto nel cielo, muovendo il dito come per tracciare un disegno «Ecco, vedi? Proprio lì c’è la Costellazione del Drago e la sua stella più importante è Alpha Draconis» spiegò soddisfatto e fiero di se stesso il Serpeverde «È una delle poche costellazioni che si può vedere tutto l’anno».
«Mi piace» disse seguendo con le dita la costellazione, imitando i gesti del biondo «Ti somiglia, tu sei come un drago in effetti».
«Mi stai insultando?»
«Oh no! Non provocherei mai un drago volontariamente!» scherzò, Draco lo fulminò con lo sguardo «Ehi! Non guardarmi così, ho lottato contro un drago al quarto anno, so di che parlo!» esclamò «Tu sei proprio come un drago, intrattabile, aggressivo, feroce…»
«Non stai migliorando la tua posizione, sto per lanciarti una fattura!»
Harry scoppiò a ridere e scosse la testa: «Non ci riuscirai mai» lo provocò il moro.
«Proviamo» Draco puntò la bacchetta al volto del moretto che spalancò gli occhi, il dubbio che potesse affatturarlo adesso era più reale e sembrava quasi una minaccia, ma si stava divertendo troppo a provocarlo.
«Dai, okay… mostrami qualche altra costellazione» disse cercando di migliorare la sua situazione «Non so niente di stelle e pianeti, tu sembri saperne più di me» disse «Quella per esempio, cos’è?»
«Sei un ignorante» ribatté Draco con tono di scherno, poi guardò il punto che il moro indicava «Quello è il Carro dell’Orsa Maggiore» disse piano, indicò un altro punto «E più a nord c’è la Stella Polare».
«Wow» Harry si voltò verso di lui, stupefatto «Come fai a sapere tutte queste cose?»
«Studio Astronomia da quando ero piccolo, perché la famiglia di mia madre ha tradizione di dare ad ogni membro il nome di stelle, costellazioni o galassie» spiegò il biondo osservando il cielo, perdendosi in alcuni pensieri felici; il giorno che aveva scoperto la tradizione della famiglia Black aveva quattro anni e curioso come solo un bambino della sua età poteva essere, era salito nella soffitta del Manor e attraverso un passaggio, era arrivato sul tetto. Si era sdraiato lì ad osservare le stelle, immaginando che ognuna di quelle fosse un suo parente. Era bello pensare che tutti i membri della famiglia avessero il nome di una di quelle strane lucine nel cielo; e anche se era rimasto tutta la notte lì – gli elfi lo avevano cercato per ore prima di trovarlo – e il giorno dopo si era beccato una ramanzina da suo padre e qualche linea di febbre, ne era valsa la pena. Ricordava quando uno degli elfi, mentre lui era a letto con la febbre, gli portò un libro di Astronomia dalla biblioteca del Manor; Draco lo aveva divorato, prima osservandone solo i disegni, e poi leggendolo davvero, quando era diventato abbastanza grande.
«E le galassie quali sono?»
Draco alzò teatralmente gli occhi al cielo «Le galassie non sono visibili a occhio nudo, genio. E non ho voglia di tornare di sotto per prendere un telescopio» si lamentò. Harry ridacchiò sotto i baffi e la sua reazione incuriosì il biondo «Che ti prende ora?»
«Niente, ho appena dimostrato una cosa e sono un genio!» esclamò, Draco lo guardò stranito senza capire cosa intendesse «Io saprò anche lanciare incantesimi, ma sono un ignorante, tu invece… sai un sacco di cose. Sulle stelle, sulle pozioni che prepariamo, su ciò che studiamo…»
«Tu hai fatto tutto questo per umiliarti e per farmi capire che non sono inferiore a te?» chiese, Harry annuì con una scrollata di spalle «Sei un idiota» poi realizzò cosa avesse fatto il moro e lo spintonò con forza: «Ehi, io non sono inferiore a te, non ho mai pensato una cosa del genere! Tu cosa…?»
«Ascolta, non sono scemo. Quando non sei riuscito ad evocare il Patronus, sei andato fuori di testa e ho capito che eri frustrato dalla cosa. Ma tu non sei meno bravo di me». Draco strinse i pugni, visibilmente irritato dalla cosa, non era colpa di Harry, era lui il problema: era un inetto, anche se il moro stava cercando di dimostrargli il contrario «Tu non lo sai, ma… quando al terzo anno ho evocato quel Patronus, ero disperato. I dissennatori stavano per uccidere me e Sirius… se non l’avessi evocato non sarei qui. A volte, le cose… non dipendono da noi, ma dalle situazioni in cui ci troviamo». Draco alzò lo sguardo su di lui e annuì, comprendendo ciò che stava dicendo, forse non avrebbe dovuto essere così duro con se stesso, forse aveva ragione il grifone. «Sono certo che anche tu riuscirai ad evocare il tuo Patronus, Draco» lo incoraggiò.
Un piccolo sorriso increspò le sue labbra e lui che aveva pensato che Potter volesse chiudere le cose con lui; era l’esatto opposto era lì e gli stava offrendo la sua amicizia, anche dopo che lui si era comportato male nei suoi confronti.
Avrebbe dovuto cogliere quel momento per dirgli tutto, ma non lo fece, immaginando la sua reazione.
«Io ho capito come fare… ma non ci riesco, perché non ho ricordi felici ma, sai, parlando con te, mi sono appena ricordato di un bel momento, quando ho avuto il mio primo libro di astronomia» disse con un morbido sorriso sulle labbra.
«Cos’è che ti ha fatto innervosire tanto l’altro giorno?»
«Il fatto che l’unico pensiero felice che mi è venuto in mente, è legato a te e a quando ci siamo ubriacati. Con gli altri non ha funzionato, ma quando ho pensato a noi due ubriachi, è successo anche se per poco».
«Stai cercando di dirmi qualcosa, Malfoy?»
«Neanche se tu fossi l’ultimo ragazzo rimasto sulla terra, Potter».
Harry rise e poi si sdraiò di nuovo «Ci sono altre stelle interessanti?» chiese guardando il cielo. Draco osservò per un momento il suo profilo e rifletté un attimo sul nome e sul cognome del padrino di Harry ed ebbe l’illuminazione, avrebbe fatto qualcosa per Harry, in quel momento. Osservò bene il cielo per individuare l’astro di suo interesse e quando lo trovò, sorrise soddisfatto.
«Ehi, Potter» lo chiamò, dopo qualche minuto di silenzio «Guarda lì, la vedi quella stella più luminosa delle altre?» chiese indicando un punto preciso.
«Quale?» chiese il moro, seccato «Sono tutte enormi palle di fuoco incandescenti, fatte di gas e rocce, che bruciano a chilometri e chilometri da noi, che probabilmente si sono spente da tempo» commentò il moro.
Draco lo spinse divertito «Caprone ignorante, in quel tuo cervello da Grifondoro tra atti eroici e mille modi per morire, non hai spazio per il romanticismo? Il tuo mi ammazza a volte, giuro» rise scuotendo la testa. L’altro scrollò le spalle, e lui si affrettò ad aggiungere «Comunque non ti puoi sbagliare, sembra la più grande per quanto è luminosa, segui il dito».
Harry scrutò meglio il cielo e seguì il dito di Draco e, finalmente, notò un punto più luminoso degli altri: «Sì, la vedo».
«Quella è Sirio».
Il moro spalancò gli occhi, incredulo e: «Come… come Sirius?» chiese voltando lo sguardo verso l’amico; il biondo lo guardò a sua volta e annuì, sorridendo. Non era nulla, in realtà, ma a Draco era sembrato un gesto gentile mostrargli la stella che dava il nome al suo padrino, così che potesse guardarla nei momenti di sconforto e pensare a lui; era il suo modo per ringraziarlo di avergli donato quella serata sulla torre di Astronomia, a volte sembrava davvero che fossero amici da anni. Dannazione, sto frequentando troppo Potter, ora sono sentimentale come lui, che mi succede?
«Sì, era un Black, quindi anche lui ha il nome di un astro. Sirio è una delle stelle più brillanti del cielo, perché è una delle più vicine alla terra» spiegò, poi si schiarì la voce «Insomma, quando ti manca, puoi guardare quel punto e pensare che sia lui, ecco».
Harry gli afferrò la mano e gliela strinse, mentre un piccolo sorriso nasceva sulle sue labbra, Draco lo sentì tremare leggermente e ricambiò la stretta. Si sentiva soddisfatto di aver fatto sorridere il moro, senza pensare di ricevere qualcosa in cambio, senza ricevere un tornaconto personale, ma solo per vedere quel piccolo sorriso che era apparso sul suo viso.
«Grazie, Draco…» lui non rispose, ma si limitò a restargli accanto, ad osservare quella stella all’apparenza insignificante, che per il moro aveva un sacco di significati e Draco trovò giusto spiegare ad Harry tutta la costellazione del Cane Maggiore, ma quando udì il suo singhiozzo, si zittì. Aveva sbagliato? Era così dannatamente sensibile quel ragazzo… come faceva ad essere così sensibile e poi privo di qualunque romanticismo? Era un enorme paradosso.
«Ehi, Potter, stai piangendo?» domandò il ragazzo girando il volto verso di lui; Harry fu rapido ad asciugarsi la guancia, ma Draco vide quelle lacrime che stavano rigando le sue guance; sembrava che avesse molti sentimenti repressi dentro di sé, sentimenti che non riusciva a tirare fuori; Draco poteva capirlo, anche lui sopprimeva continuamente le sue emozioni, suo padre era sempre stato chiaro: mostrare le proprie emozioni o i propri sentimenti era qualcosa che rendeva deboli e metteva i nemici in posizioni di vantaggio. Tuttavia, Draco insieme a Harry non si sentiva alla presenza di un nemico, con lui riusciva ad aprirsi anche se non completamente.
«No» rispose, ma la sua voce tremava. Harry guardava il cielo, sperando di non mostrarsi debole davanti all’altro, di sicuro l’avrebbe bonariamente preso in giro per la sua sensibilità. Ma l’argomento Sirius era ancora delicato da affrontare per lui e lo toccava nel profondo. Malfoy si mise seduto e gli mise una mano sulla spalla.
«Se ti va, puoi parlarmi di lui. Non mi dà fastidio».
Un sorriso triste comparve sulle sue labbra, mentre si metteva seduto per fronteggiare l’amico «Non ho molto da dire… non lo conoscevo così bene» disse, il suo tono era triste e dispiaciuto «Non ne ho avuto il tempo, lui è rimasto chiuso ad Azkaban per dodici anni, mentre io crescevo con una famiglia che mi detestava» disse mordendosi le labbra, Draco restò in silenzio, ad ascoltarlo «Era il migliore amico di mio padre, si sono conosciuti ad Hogwarts e sono diventati amici, Sirius è sempre stato presente nella vita di mio padre e poi in quella dei miei genitori; loro lo avevano scelto come mio tutore, se non fosse stato accusato ingiustamente, sarei cresciuto con lui» raccontò «L’ho conosciuto quando avevo tredici anni, ma… mi sono subito sentito legato a lui e lui… mi voleva bene, lo sentivo, capisci? Mi ha regalato lui la Firebolt, sai?» continuò «Mi aveva promesso che una volta scagionato mi avrebbe portato con sé, mi aveva promesso che non sarei mai più tornato dai Dursley. Gli ho creduto, io non…» deglutì «Ma non è mai successo, lui è stato latitante e poi c’è la stata la battaglia nell’Ufficio Misteri…» sospirò «Beh, sai già cosa è successo lo scorso giugno, no?» chiese retoricamente, fermandosi per asciugarsi una guancia e riprendere fiato.
«Lo so» soffiò il biondo, sentendo un peso enorme sul cuore. Gli faceva male sentire Harry così sofferente e non sapeva neanche il perché. Gli dispiaceva un sacco per lui e avrebbe solo voluto abbracciarlo.
«Mi manca» disse piano «Avrei potuto avere una vera famiglia con lui, vivere con qualcuno che mi volesse bene e non mi considerasse un peso» deglutì mentre parlava «Invece… per colpa mia…» trattenne un singhiozzo «Per colpa mia e della mia stupidità, lui è stato ucciso».
«Non è colpa tua» disse Draco dopo un po’ «Non è colpa tua, Harry, non potevi sapere che si trattasse di un inganno».
«Dovevo capirlo, mi ero allenato per capire qual era la differenza tra verità e menzogna» disse cercando di non singhiozzare «Piton lo sapeva, io sono scarso come occlumante e…»
«Piton?» chiese «Che c’entra Piton?»
«Mi ha dato lezioni di occlumanzia l’anno scorso» disse il ragazzo, Draco sbiancò «Silente mi ha obbligato ad andare da lui costantemente, beh, fino a che non ho visto un suo ricordo e l’ho fatto infuriare» continuò «Ma comunque le sue lezioni non sono servite a nulla, non sono forte, ha sempre detto che sono debole».
«Si sbaglia» disse il Serpeverde risoluto «Tu sei forte, Harry, sei sopravvissuto ad anni di babbani idioti, a Tu-Sai-Chi, a tutte le assurdità che ti sono successe qui a Hogwarts, hai vinto il maledetto torneo Tremaghi» disse ancora «Non permettere a nessuno di dirti che sei debole, sei la persona meno debole che abbia mai conosciuto».
Harry gli rivolse un sorriso debole «Grazie… io, scusa, mi dispiace…»
«Va bene» disse istintivamente, allungando una mano verso la sua guancia per scacciare le sue lacrime «Va bene, non preoccuparti, abbiamo sedici anni, è normale essere spaventati da cose più grandi di noi. Anche se tu sei San Potter il prescelto».
Il gesto dolce, le sue parole di conforto, quell’ultimo appellativo e qualcos’altro spinsero Harry a compiere un gesto insolito per lui e per il biondo: si protese verso di lui e lo abbracciò. Infossò il volto rigato dalle lacrime contro la sua spalla e ne respirò il profumo, era intenso, dolce e sapeva di buono. Harry ebbe una strana sensazione alla bocca dello stomaco, ma non disse nulla. Draco, dopo un momento di smarrimento, avvolse le sue braccia attorno al corpo del Grifondoro e lo strinse gentilmente, mentre quest’ultimo sfogava parte dei sentimenti repressi che aveva dentro di sé. Tutti lo vedevano come quello forte, sicuro e risoluto della situazione, nessuno si fermava a pensare che forse anche lui potesse essere spaventato. Erano più simili di quanto immaginassero e Draco, mentre lo stringeva forte, promise a se stesso che avrebbe fatto di tutto per aiutarlo e per tenerlo al sicuro.
 
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«Signor Malfoy» la voce di Severus Piton alle sue spalle, fece trasalire Draco; il ragazzo si stampò in faccia l’espressione più indignata e indifferente possibile, prima di voltarsi verso il professore esibendosi nella sua migliore performance. Erano passati solo due giorni dalla serata sulla torre e lui era ancora un po’ scosso a riguardo.
«Professor Piton» disse acidamente «Cosa vuole?»
«Permetti una parola?» domandò, ma la sua era una domanda retorica. Draco alzò gli occhi al cielo e si voltò verso Blaise, dicendogli di raggiungere gli altri in biblioteca, che lui sarebbe andato dopo, perché doveva parlare con il professore. L’amico annuì e gli strinse una spalla per confortarlo poi se ne andò e Draco seguì il professore in un corridoio adiacente, ma più appartato. Sentiva una strana sensazione, una sensazione di pericolo che lo pervadeva tutto.
«Non ho potuto fare a meno di notare che tu e Potter siete molto… affiatati».
«Cosa sta cercando di dire?» chiese il ragazzo, con tono seccato «Non sono questi gli ordini, professore? O preferisce che lo deluda?» chiese incrociando le braccia al petto. La sua era una performance spettacolare, Piton non sembrò sospettare delle sue parole, perché gli rivolse un’occhiata comprensiva.
«Sono solo preoccupato, tua madre mi ha affidato la tua sicurezza. Se Potter dovesse sospettare qualcosa…»
«Non sospetta niente» intervenne risulto il biondo «Non sa nulla. Pensa che siamo amici e ci incontriamo per studiare insieme, e la situazione è la stessa del mese scorso».
«Stai facendo progressi? Vuoi che aggiorni al quartier generale che sei a buon punto?» chiese allora, Draco, preso alla sprovvista, automaticamente scosse la testa. L’occhiata del professore lo scosse, non doveva dargli alcun sospetto sulle sue ultime decisioni, non voleva che capisse quanto in realtà avesse fallito, finendo per apprezzare il ragazzo-che-era-sopravvissuto, decidendo di proteggerlo. Non poteva permettere che Piton conoscesse le sue vere intenzioni.
«No, ci penserò io quando lo riterrò necessario. Come ho già detto a mia madre nell’ultima risposta che le ho mandato. So quello che devo fare, potete stare tranquilli». Sebbene la sua voce non celasse alcuna emozione, dentro stava tremando di terrore, ma era bravo a mascherare le sue vere emozioni, questo Lucius gliel’aveva insegnato bene a suon di “I Malfoy non mostrano i loro sentimenti” e bacchettate sulle mani, quando era piccolo e piangeva dopo aver avuto un incubo o perché si era sbucciato il ginocchio. Gli bastava stringere un pugno per ricordare come comportarsi e come non mostrarsi debole davanti a nessuno – Potter escluso, lui aveva lo straordinario potere di mettere chiunque a proprio agio.
«Se avessi bisogno di aiuto…» iniziò il mago adulto. Draco lo interruppe ancor prima che finisse la frase.
«Non ne ho bisogno. Devo farlo da solo» disse in fretta. Sentiva le mani tremare e una strana sensazione farsi largo in lui; non voleva che scoprisse i suoi segreti e sapeva che se fosse rimasto lì, l’uomo avrebbe trovato il modo di abbattere le difese della sua mente. Piton era sottovalutato come Legilimens, ma lui era un ottimo occlumante. Prese un respiro profondo senza farsene accorgere dal docente e lo guardò dritto negli occhi «Mi lasci fare, non fallirò».
«Sarà meglio per te» tagliò corto il professore «Dovresti sbrigarti, se Potter ti sta aspettando per studiare, si insospettirà non vedendoti arrivare».
«Già» disse in fretta il ragazzo «Allora vado». E senza aspettare una risposta da parte del professore, ritornò nel corridoio principale e corse verso la biblioteca. Piton sospettava qualcosa, ne era certo.
Le sue mani tremavano, dannazione, e Potter se ne sarebbe sicuramente accorto, gli avrebbe chiesto cosa non andasse e Draco in quel momento era troppo spaventato per riuscire a dissimulare il suo reale stato d’animo. Sapeva di dover andare, i suoi amici lo stavano aspettando, aveva bisogno di parlare con qualcuno di tutto quello, Blaise sapeva solo consigliargli di parlarne con Harry. Questi sarebbe stato disposto ad ascoltarlo? Sarebbe stato in grado di perdonarlo per non avergli detto la verità fin dall’inizio?
Lo sperava, davvero.
Prese un profondo respiro prima di incamminarsi verso la biblioteca, ne prese un altro prima di entrarvi e raggiungere gli altri. Quando Blaise lo guardò, si rese conto in qualche modo di ciò che era successo. Conosceva Draco e sapeva cosa volesse Piton da lui, non c’era bisogno di essere maghi invincibili per capire cosa affliggesse il biondo in quel momento. Harry si voltò verso di lui e lo guardò preoccupato.
«Draco, tutto okay?» chiese per primo il Grifondoro.
Lui prese un altro profondo respiro: «Potter, devo parlarti» disse, la sua mano tremava e cercò di chiuderla a pugno per darsi un contegno «È abbastanza urgente».
«D’accordo» Harry prese la sua bacchetta e raccattò tutte le sue cose «Andiamo. Dimmi tutto».
Draco lo guardò perplesso qualche istante. Era strano, aveva visto una reazione così immediata solo quando si trattava dei problemi di Weasley o di Granger, non credeva possibile che si comportasse nello stesso modo con lui. Strinse ancora il pugno, cercando di darsi un contegno, ma dentro di sé sentiva una sensazione strana, come una sorta di speranza invaderlo. Non era felice, no, ma sollevato. Condividere il peso che aveva nel cuore, poteva essere la prima soluzione a tutti i suoi problemi, ma… Potter sarebbe stato anche comprensivo? O l’avrebbe odiato? Quello che temeva di più in quel momento era rivedere lo sguardo del moro colmo di odio nei suoi confronti.
«Non qui» disse solo e scambiò con lui una breve occhiata, l’altro subito capì ed insieme uscirono dalla biblioteca, raggiunsero le scale e arrivarono al settimo piano. Avevano bisogno di un posto tranquillo, un posto sicuro in cui parlare. La porta apparve quasi subito e loro vi entrarono in fretta.
Il Serpeverde si mordicchiava le labbra, cercava di non esporsi troppo, di non far capire il proprio dissidio interiore, ma quando gli occhi smeraldo di Harry si posarono nei suoi, capì di dover parlare, adesso o mai più.
«Io ho capito, sai?» domandò retoricamente il moro, Draco lo guardò spaesato e ora come avrebbe fatto? «Sei preoccupato da giorni, Draco, perché sei venuto a parlarmi solo ora?»
«Harry, non è come pensi» disse subito, in sua difesa «Io non… non sono come loro» continuò senza riuscire a fermarsi «Non voglio diventare come loro, non sono affatto come loro! Io… sono tuo amico! E… e loro non possono cambiare questo. Non prenderò il marchio, anche se loro insistono».
Fu in quel momento che Draco si maledisse, perché Harry spalancò gli occhi a dismisura, quasi gli uscirono dalle orbite; non avevano affrontato quel discorso direttamente, Draco era rimasto vago e si era fermato prima di potersi tradire; Harry aveva sempre sospettato che parlasse dei suoi genitori e ora aveva la certezza che lo stessero pressando a fare qualcosa contro la propria volontà. Volevano farlo diventare un Mangiamorte?
«Okay, ti va di parlarne dall’inizio?» chiese il Grifondoro cercando di essere quello razionale e calmo «Cosa è successo?»
«Ti ricordi quando ti ho parlato di pressioni e di sentire responsabilità più grandi di me sulle spalle?» Harry annuì, anche se quella era una domanda retorica; Draco strinse un pugno cercando di tenersi calmo «Vogliono che prenda il posto di mio padre, vogliono che diventi uno di loro, ma io…» deglutì, cercando di non tremare troppo «Non voglio farlo, Harry, davvero… ma lo so, mi costringeranno e non avrò possibilità di scegliere».
«Sciocchezze, tutti abbiamo la possibilità di scegliere».
Il biondo deglutì «Non io. Se rifiuto, quando sarà il tempo, lui mi ucciderà e ho paura che otterrà comunque ciò che vuole».
«Ti aiuterò io» disse il moro «Non permetterò che ti costringano a fare ciò che non vuoi». Era questo il suo segreto? Nascondere le emozioni come il miglior occlumante e tirare fuori tutto quel coraggio Grifondoro? «E non gli permetterò di farti del male, Draco» Harry gli prese una mano e la strinse nella sua «Non sei solo».
L’altro annuì, ma abbassò lo sguardo, timoroso. «Harry…» iniziò il Serpeverde, voleva dirgli tutta la verità, voleva dirgli ogni cosa, ma il suo tono di voce mise il Grifondoro in allarme, che subito prese la parola, interrompendolo, impedendogli di confessare tutto (per sua fortuna).
«Ti prego, Draco, dimmi che… dimmi che non sei diventato mio amico per loro» il tono di voce era disperato, quasi deluso, ferito «T-Ti hanno detto loro di diventare mio amico? Per riferire ogni cosa che progettiamo contro di loro…?» chiese, man mano che parlava la sua voce si abbassava, colma di tristezza; Draco non rispose colto nel segno. Era iniziata così, ma non aveva mai voluto far del male a nessuno. «Draco! Rispondimi maledizione!» esclamò «Guardami negli occhi e dimmi che non mi hai ingannato per tutto questo tempo! Mi sono fidato di te!»
Le accuse del Grifondoro facevano male, Draco non riusciva quasi a respirare perché era tutto vero e se i dubbi del ragazzo fossero stati confermati, allora non avrebbe più potuto proteggerlo, non avrebbe più potuto essere suo amico, non ci sarebbero più state serate a studiare le stelle insieme o a preparare pozioni o a studiare incantesimi, non ci sarebbero stati battibecchi in biblioteca e tutto quello che avevano costruito, si sarebbe sgretolato.
«No» mentì il biondo, perché in cuor suo non lo aveva mai ingannato, se non quando gli aveva mandato il gufo e quando lo aveva incontrato sul treno «No, Harry, no».
Il moro sbatté le palpebre e lo guardò, cercando il suo sguardo «Mi fido di te, Draco, ma ho bisogno di sapere la verità».
«Non ti ho usato, Harry» disse deglutendo «Posso dirti tutto quello che so su di lui… e sui Mangiamorte, perché casa mia è diventata il loro quartier generale, sono terrorizzato e avevo paura di dirtelo per non vedere l’odio sul tuo volto» disse, non era una bugia, era la verità, solo leggermente distorta «Piton mi ha fermato oggi per chiedermi della nostra amicizia, lavora per… Tu-Sai-Chi e mi osserva» disse «Ecco perché ero così scioccato prima».
Harry strinse i pugni con forza «Lo sapevo che Piton c’entrava qualcosa. Lo dico ogni dannatissimo anno!» esclamò «Tu stai bene?» chiese subito preoccupato.
«Sì, sì, sto bene» confermò il biondo «Ma, Harry…»
«Ti credo, Draco, ti credo. Troveremo il modo di salvarti. Hai degli amici su cui contare, non sei solo. Tu dimmi tutto quello che sai, io lo dirò a Silente».
Draco sospirò di sollievo, Harry non lo aveva mandato via, non lo aveva scacciato dandogli del mangiamorte venduto, anzi aveva detto che ne avrebbe parlato con Silente. Certo, non sapeva del suo piccolo problema “missione”, ma quello era un suo problema e lo avrebbe affrontato il più lontano possibile da quel giorno.
Forse, Draco aveva una speranza, ma l’avrebbe avuta lo stesso, se avesse detto tutto ad Harry? Probabilmente no e quel pensiero lo fece rabbrividire. Harry non avrebbe dovuto scoprire il motivo dell’inizio della loro amicizia, mai.
 
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Draco evocò il suo Patronus una notte di fine novembre. Riuscì a concentrarsi su un ricordo felice, uno veramente felice: quando Potter lo aveva abbracciato per la prima volta, quella notte sulla Torre di Astronomia, dopo che avevano parlato di stelle, pianeti, costellazioni, galassie e di Sirius Black, in quel momento si era sentito invadere da una sensazione di benessere incredibile, che mai aveva provato prima. Si rilassò e grazie a quel ricordo lo evocò: un maestoso Ungaro Spinato, che volò per la stanza per diversi istanti, prima di sparire in una bolla bianca. Draco rimase sconvolto: il suo Patronus era legato al suo nome, come immaginava, ma anche a Potter. Era lo stesso drago che Potter aveva sconfitto durante il Torneo Tremaghi al quarto anno. Era una coincidenza, giusto? Poteva essere legato al suo carattere, no? Dopotutto, lui era intrattabile, proprio come uno Spinato. Doveva essere per forza così, altrimenti lui sarebbe stato nei guai, in guai molto seri. (Ma non lo era già, in fondo?)
«Complimenti, Draco!» urlò Harry esultando «Ce l’hai fatta, hai evocato il tuo Patronus corporeo!» esclamò ancora «Solo tu potevi evocare un drago» scherzò dandogli una pacca sulla spalla. Draco sorrise e si ritrovò stritolato di nuovo in un abbraccio del Grifondoro; c’era pace in quel momento, nel suo cuore e nella sua mente, Potter era la cosa migliore che gli fosse capitata in tutta la sua vita, ma questo era meglio che il moro non lo sapesse, per il momento.






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Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!
 
Buon giorno people! Non pubblico mai di mattina, ma ci tenevo a non far saltare l’aggiornamento della settimana, come annunciato la settimana scorsa questa settimana sarò impegnata con un esame e questo weekend dovrò ripassare un sacco. So, eccomi con qualche giorno di anticipo con il nuovo capitolo. Yee.
Cosa ne pensate? Draco riuscirà mai a dire a Harry ogni cosa? E come potrebbe reagire Harry, se sapesse che in effetti, Draco è diventato suo amico per colpa di Voldemort? Prevedo lacrime e dolore su questa cosa. *spoiler*
Intanto gli ha detto una parte di verità e per lui è già tanto!
Draco ha evocato il suo patronus! Vi aspettavate fosse davvero un drago? Vi piace che sia legato a Harry? Eheheh, il nostro Potty fa conquiste! Sono già entrambi finiti sotto al treno dell’amore, ma negano ancora. (e negheranno ancora ahahah) 
(Nella prima stesura della storia era un furetto, ma poi ho cambiato idea e ho fatto in modo che fosse legato a Harry, perché era più dolce!)
Spendo una parola a favore di Piton, usando delle parole che Silente in futuro dirà a Draco Non tutto è come sembra. In realtà Piton è un personaggio più positivo di quel che pare in questa storia, per motivi di trama, mi serviva meno bastardo di com’è nei libri, anche se non sembra.
Btw, dove porterà quest’accoppiata Serpeverde/Grifondoro? Verso un mondo di angst e disperazione o verso un universo di fluff e romanticismo? (attenzione, il romanticismo di Harry potrebbe farvi male lol)
E niente. Scappo a studiare e poi al lavoro. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che la storia continui ad intrigarvi. Ne avremo ancora per un bel po’ (ancora non ho deciso se saranno 18 o 19 capitoli…) e ci saranno belle sorprese! Intanto, ringrazio le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, lilyy e ElenSofy, e tutte le persone che hanno messo tra le ricordate e le seguite la storia, e chiunque abbia speso un click per leggerla. I’m so happy! Spero che non ci siano errori e che tutto fili liscio nella lettura! Ho avuto poco tempo per correggerlo, lo ammetto. Appena possibile gli darò un'altra controllata, chiedo venia per eventuali distrazioni! 
A domenica prossima, stay tuned! 
 
Fatto il misfatto (sorry…)

   
 
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