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Autore: Selena Leroy    23/09/2019    0 recensioni
Su Jack Vessalius è stata imposta una damnatio memorie per non dover ricordare che quell'uomo è l'artefice del più grande tradimento mai subito dalla famiglia Baskerville: l'uomo più vicino a Glen, l'uomo che ha sfruttato quella vicinanza per colpire nel cuore del potere dei Baskerville e tentare la distruzione delle catene che impediscono al mondo di crollare in Abyss.
Però Jack è stato fermato, è stato spedito nella stessa Abyss dove voleva condannare tutti. Glen è riuscito persino a fermare lo spezzarsi delle catene, ma ha pagato il prezzo di una città che si è riversata negli abissi dove tutto il mondo doveva finire.
E adesso sono passati cento anni. Cento anni di pace, che sembrano non dover finire mai. In questo presente una ragazza di nome Oz viene presentata a due uomini appartenenti alla famiglia Baskerville, ricevendo l'invito di andare a trovare l'uomo che si presuppone essere suo padre.
Quell'incontro con gli dei della morte sarà per lei l'inizio di una lunga serie di disgrazie...
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gilbert Nightray, Jack Vessalius, Oz Vessalius, Vincent Nightray
Note: OOC | Avvertimenti: Gender Bender
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"Oz, tesoro... ti prego, le mie medicine!"

Il ricamo floreale non conobbe la sua fine, la mano delicata che lo stava lavorando interruppe nell'immediato i suoi gesti rapidi per dirigersi celermente verso la piccola ampolla di vetro ricolma di pallide sferette, posta per l'occorrenza su uno dei pochi mobiletti della stanza, e da lì la giovane si diresse verso la camera da letto, dove Martha stringeva con affanno la serica stoffa del suo vestito, all’altezza del petto, nel tentativo – vano - di controllare quel violento attacco tachicardico che minacciava di essere l'ultimo.

"Figlia mia... grazie" disse la donna, con voce flebile, dopo aver assunto ciò che aveva il dono di farla stare meglio.

"Di nulla, madre. Pensate solo a riposarvi, dovete recuperare le vostre forze"

La figura delicata di lei rimase lì, al fianco della donna stesa nel letto, e la scrutò con amorevole cura fino a quando non la vide richiudere le palpebre.

Oz vestiva di rimpianti, e quelle erano le vesti che il destino aveva a lei riservato per un compiacimento che ella non sapeva apprezzare. Con statico torpore tornò nella rozza stanza utile in tutto quanto in niente, e in quel momento adibito come studio per i suoi lavori manuali. Il cucito era sempre stato l'unico loro mezzo di sostentamento, un duro lavoro che Martha aveva condotto con coraggio senza minimamente dar conto dell'astio raggrumato per la sua condizione di madre e non di moglie, dedita a quella figlia che amava con una forza e una tenerezza travalicanti il debole suo corpo, sempre facilmente esposto a malattie che ne contaminavano la gioia delle quotidiane inezie.

Il cuore di lei, per quel tanto amore che era in grado di donare, si debilitava senza lasciarle scampo. Aveva avuto tre anni, Oz, tra le mani il primo ricamo che l'avrebbe iniziata alla carriera di sarta; i confusi lillá che prendevano forma sul ruvido tessuto appassivano al confronto delle splendide rose della madre, pronte a regalarle la parvenza di un aroma gentile sulla seta pregiata dell'abito nuziale da lei confezionato. Oz, che a quel tempo nemmeno conosceva la grazia di un'unione eterna, già si vedeva donna, a danzare al ritmo del vento primaverile nei veli che abbracciavano il suo corpo, e persa nei suoi sogni nemmeno contemplava il pallore della madre, il suo tossire costante, l’affanno sempre più inquieto. Il suo emergere dalla bruma di un miraggio avvenne quando tutto lo splendore sul quale poggiava la fantasticheria cadde al suolo, assieme a quella donna dal cuore stanco, e nelle rose non vide più la magia a discapito del ricordo.

Da allora erano passati molti anni, ma Martha non aveva mai conosciuto quel miglioramento che concedeva la speranza. I medici, da quel punto di vista, nemmeno contemplavano come possibile il suo ostinarsi alla vita, certi delle carte che pronosticavano defunte pene già da consumarsi nei meandri di un cimitero. Era una continua lotta il trascinarli ancora nella loro modestissima casa, il pagarli con gli obbligati ritardi, l'ottenimento delle medicine corrette, il placarsi di animi tanto infervorati da minacciare la distruzione della loro casa, il loro unico bene. E Oz, in tutto questo, continuava a guardare dinanzi a se ignorando il marciume che tentava di infangarla, spostandosi dai commenti iniqui sulla lei portatrice di disgrazie, sulla lei incapace di eguagliare il talento della madre, sulla lei che avrebbe solo dovuto sposare il primo disposto ad accoglierla. Aveva giurato il suicidio, lei, se davvero le cose si fossero spinte a tanto, ma per sua somma fortuna anche la madre vedeva tanto di cattivo occhio eventuali unioni coniugali. Non bastava la bellezza di un abito nuziale per farle meditare con serietà un altare pregno di fragranze floreali; lei viveva per un'ideale, una promessa lasciata alla madre quando ella non aveva più avuto le forze per reggere un ago, che era la possibilità di rendersi lei stessa la creatrice del suo futuro, con i sogni ricevuti da quella donna che era il principio della sua esistenza. Divenire sarta, magari con un negozio tutto suo, e ottener tanto denaro da donare alla sua signora il sufficiente per vivere una vecchiaia serena e tranquilla; lottava ogni giorno per tutto questo, sacrificava il suo orgoglio per supplicare eventuali commissioni, faceva appello alle poche occasioni carpite con fortuna per dimostrare la sua determinazione. Gli insegnamenti di Martha terminarono il giorno in cui ella non era stata più in grado di lasciare il letto ma, nella sua fantasia di giovane fanciulla, Oz supplì all'ignoranza con la creatività, e puntava con questo alla nascita di un nuovo stile di ricamo, un intreccio di viticci e petali che trascinassero tutti in un mondo onirico di sua personale invenzione.

Questa, almeno, era la storia di Oz, prima della catastrofe, prima dei rintocchi del destino. Prima dell'arrivo dei due.



Nel silenzio, il suo lavoro procedeva con attenta discrezione. Oz nemmeno lo pronosticava, quel bussare delicato sul ruvido legno della sua porta, e quando il suono secco si sparse per la vecchia stanza usata come laboratorio, il suo primo pensiero andò a quei medici tanto solerti nel richiedere denaro quanto ritrosi al fornirle nuove medicine. Abbandonò con malagrazia l'ago sottile, sistemò lo stinto abito giallastro che aveva indosso al fine da non sconvolgerli con la trascuratezza dedicata soltanto alla sua persona, e i fili d'oro della sua chioma conobbero velocemente una restrizione in quella retina che la ragazza odiava tanto portare - e in effetti il suo utilizzo si limitava solo quando l'occhio estraneo si scandalizzava per una libertà che le fanciulle di modesta origine non potevano permettersi.

Il bussare si fece di nuovo sentire, una lieve punta di impazienza a rendere più frenetici i colpi assestati.

"Sto arrivando, sto arrivando!"

Nella fisionomia dell'uomo a lei di fronte non c'era nulla che potesse definirsi familiare, nulla che lo presentasse come un medico o un'aspirante tale, un qualcuno dunque atteso. Oz, che nel riconoscerlo come un mistero lasciò alle sue iridi smeraldine il colpito do scrutarlo con più attenzione, riconobbe in lui l'eleganza nobiliare da lei soltanto sognata, nascosta forse da uno sbrigativo modo di presentarsi e di porsi, e tuttavia evidente per... quell'aura, avrebbe detto lei, quel clima nivale che captava nell'aere a lui intorno.

Era forse oggetto anche lei di pensieri intuitivi, pensò, lo sguardo dorato di lui sembrava vagliare la stanchezza del suo viso e le pieghe del suo abito in un mentre di elucubrazioni che non volle sforzarsi di definire. Dal canto di lei, simile soggetto non poteva certo essere un prossimo cliente, visto che avevano la garanzia di poter fare affidamento ad un esperienza più costosa ma certamente più indicata, né passanti giunti per pura distrazione o smarrimento; la delicatezza che avrebbe riservato in altre occasioni si sciolse dunque in uno sguardo sospetto, nel quale il nero di lui - lucente nella chioma sbarazzina e negli abiti simili ad un evento a lutto - apparve nella nefasta percezione di una futura sventura.

"Posso trovare qui la signora Martha Ashton?"

Già, nessun inganno di perdizione; nella minaccia che vide insita in quell'uomo, scorse la ricercatezza di una sicurezza chiara e definita nel luogo da lui voluto.

"Spiacente, ma mia madre in questo momento non sta bene. Vi pregherei quindi di passare..."

Nel congedarli, la porta che aveva sempre sorretto con forza iniziò la sua lenta discesa alla chiusura. Nella galanteria di un uomo, nulla avrebbe dovuto opporsi ad un netto rifiuto, eppure c'era solo risoluzione e nessun garbo, nel bastone che fermò con malagrazia il suo inelegante gesto.

"Mi creda quando le dico che ciò che abbiamo da riferirle è davvero urgente"

Il nero aveva fatto posto ad un nuovo colore. Le iridi bicromate del nuovo arrivato sembravano rilucere di divertimento, quasi l'esser saltato fuori all'improvviso non fosse altro che un desiderio di lui improvvisamente avveratosi per causa di lei. La zazzera bionda le si avvicinò con un'indelicatezza incapace di essere contraddetta, e nel suo ritirarsi indietro ella offrì, pur se non in modo intenzionale, l'opportunità di un ingresso e di un'udienza che la loro insistenza rendeva decisamente sgradevole.

Oz era a dir poco indignata.

"Forse non sono stata chiara, ma mia madre non è in salute, e ha bisogno di molto riposo"

Vi era una velata minaccia, nel suo tono, volutamente tenuto basso per non destare proprio colei che i due uomini minacciavano, ma nemmeno l'aggrottare delle sopracciglia e il palese invito ad andarsene fu accolto dai due. Tanta maleducazione, Oz, non l'aveva mai rinvenuta nemmeno quando i medici che avevano in cura sua madre, infuriati dalle continue proroghe di pagamento, pretendevano un compenso che nessuno era in grado di dargli.

"Mi creda, signorina, se le cose oggi si sistemeranno per il meglio, la sua vita cambierà radicalmente"

Era ancora l'uomo dalle iridi bicromate, ancora con quel tono irritante che sembrava essere usato per il solo scopo di infastidirla.

"Oz, tesoro, cosa succede?"

In barba a tutte le raccomandazioni e contro la logica che la voleva lontana da ogni avvisaglia per la sua psiche, la pallida figura di Martha si stagliava nella spoglia stanzetta come l'ombra di un fantasma prossimo ad infestarne le mura. Lo sguardo spento, segnato da profonde occhiaie,  indugiava sui nuovi venuti con interrogativi che apparivano evidenti nella sua espressione sorpresa. Non fece caso allo sguardo di Oz, greve di colpa per aver permesso all'amata madre di abbandonare le calde lenzuola, e nel suo avvicinarsi si dipingeva un sorriso sghembo carico di aspettative.

"Oz cara, non è educazione far aspettare gli ospiti alla porta. Prego signori" disse poi, accennando al tavolo ingombro di tessuti "accomodatevi. Mi spiace, ma la mia modesta dimora non è molto accogliente. Tuttavia, perdonate il carattere brusco della mia Oz, e fate come se fosse a casa vostra"

Forse vedeva in loro dei clienti, forse dei committenti, forse dei fornitori pronti con un nuovo affare. Non ebbe modo, Oz, di rivelare all'ingenua madre tutti i suoi timori, e nel vedersi contraddetta in quel modo tutto ciò che poté fare fu di lasciare che le cose proseguissero come Martha desiderava. Dunque contro lo sfacelo totale.

 

Ai due uomini, Oz fu presto in grado di dargli un nome e un titolo nobiliare degno del più profondo dei rispetti. O almeno questo era quello che affermava chi si era presentato alla sua porta come Gilbert della famiglia Baskerville. I Baskerville vantavano una ricchezza, un potere e un’influenza tali che non diveniva erroneo chiamarli i padroni dell’intera Leveille. Si ammantavano di mistero e solitudine, ma al posto dell’inquietudine che sarebbe dovuta sorgere spontanea, al concepirli nel loro invalicabile maniero, emergeva invero una divertita attrazione, quindi i maggiori interessati alle grazie e ai favori dei nobili, quando questi si rendevano conto di voler un qualcosa che meritava uno scambio equivalente. Nel loro presentarsi con simile nome, dunque, l’ipotesi più probabile era il desiderio di un timore che, magari, risistemasse correttamente i giusti ruoli all’interno di una società iniqua fin dai suoi albori. Forse, addirittura, puntavano a scuse cocenti che la ragazza avrebbe dovuto servire in ginocchio, ma che ella non si avvide di dover fare, indisciplinata nel suo desiderio di non svilire in tal modo un orgoglio comunque molto prepotente, nella sua persona, e anche se vi era stata l’esplicita richiesta, da parte della madre, di fare ammenda delle sue colpe, tutto quello che ne venne fuori fu un conciliabolo di sbuffi e sospiri che non condussero a nulla se non a un patetico silenzio dal quale emerse il desiderio di venirne fuori.

“Signora...” continuò dunque Gilbert, quando la penosa storia del perdono venne inevitabilmente archiviata “prima di venire qui, avevo delle reticenze, riguardo a quello che fosse più giusto fare. Eppure, fin dal primo istante, ho compreso che non potevano esserci errori”

“Mi scusi, ma così mi confonde” rispose Martha, un sorriso tremulo tenuto solo per cortesia – una cortesia che portava avanti solo per il rispetto che, a suo dire, si conveniva ai nobili.

“Mio fratello non è mai molto chiaro, quando si tratta di queste cose. Quello che vuole dire è che noi siamo qui per conto del visconte Zai Vessalius, il quale vorrebbe riconoscere la figlia illegittima che voi avete cresciuto per tutti questi anni... in altre parole, la Oz qui presente”

Vincent della famiglia Baskerville, nei suoi modi più diretti eppur più sibillini, puntava forse ad un destabilizzare che altro scopo non avrebbe avuto se non quello di divertirlo. O forse era solo la mancanza di una dovuta pazienza nello spiegare simili dettagli; ciò che contava, però, era la reazione che le sue parole avevano suscitato in Martha, il respiro mozzo e il pallore ad accentuarsi sul viso scarno e già esangue. Oz temette che un nuovo attacco stesse per ripresentarsi sul suo povero cuore.

“Nella ragazza si intravedono tutte le caratteristiche che i Vessalius si trasmettono da generazioni” continuò Vincent, il tono che rimaneva imperturbabile ai tratti distorti di colei a cui stava rivolgendosi “E non può certo dire che le abbia ereditate da lei”
Nel panico che precedeva un nuovo malore della madre, Oz fu però capace di captare il significato delle parole dello straniero. E di rinvenirvi le dovute ragioni. La chioma sbiadita dal malanno e dai vari affanni della vita non riuscivano a ingannare sul loro colore originario, e il  nero che rievocavano si riversava anche nell’iride arrossata e che nulla aveva a che vedere con lo smeraldo brillante della figlia. Lo sapeva, Oz, che nel loro essere unite non ci sarebbe mai stato un divario tanto grande, ma anche col passare degli anni quel cruccio di non somigliarle, di non essere esattamente come lei, non aveva mai minato una fiducia e un amore che chiamava incondizionati.

Quando ella era piccola, e si rese evidente quella grande differenza vigente tra gli altri bambini e lei, era stata premura di Martha spiegarle che, all’arrivo della cicogna, non c’era mai stato un padre pronto ad attenderla, preso dalla guerra – inesistente, ma a quell’epoca sicuramente propinabile ad una bambina che del mondo non sapeva nulla – e dai doveri che lo avevano tenuto lontano dalla sua dimora e sua figlia. Crescendo, quando le giuste verità avevano smascherato le antiche menzogne, l’idea stessa di essere stata rifiutata, gettata indietro assieme a sua madre dall’arroganza di un vile nobile influente, infierì di meno proprio perché, in una simile situazione, il suo cuore sussultava di gioia nello scorgere, con maggior evidenza, l’amore di sua madre per una piccola a cui non doveva nulla, e che pure aveva cresciuto contando solo sulle sue forze.

Fu per questi suoi sentimenti che, in Vincent, continuò a vedere un nemico, e fu per questo che la sua convinzione venne a rafforzarsi per lo scrutare, nelle sue parole, il chiaro intento di distruggere una quotidianità e un ordine che già sussistevano in un bilico affacciato sul vuoto di un baratro.

“Oz,cara...” disse la donna, stringendo tra le mani la boccetta dal quale aveva prelevato l’ennesima pillola della giornata “perdonami se sono stata sgarbata nei tuoi confronti, poco fa. Non immaginavo certo che questi nobili volessero un tale sacrilegio, un tale sacrificio... ma adesso va tutto bene; accompagnali alla porta, e assicurati che non tornino indietro”

Le mani della donna sussultavano, nello stringersi alla ragazza rimasta al suo fianco, ma quel tremore, Oz lo vide bene, non si poteva confondere con del semplice male. Il suo corpo era debole, e forse per questo sembrava incapace di tener a freno l’immensa rabbia che le si leggeva in viso, negli occhi lucidi e pronti ad un pianto isterico, al sorriso sghembo che non nascondeva il digrignare dei suoi denti. Sua madre, così, Oz non l’aveva mai vista.

“D’accordo, madre, provvedo immediatamente”
“Aspettate un attimo!”
Forse perché, in quelle parole, non vi avevano letto la dovuta serietà, forse perché non immaginavano che simile richiesta potesse conoscere davvero un rifiuto, forse perché credevano che il nome dei Baskerville li avrebbe protetti da ogni delusione... solo quando videro la decisione a splendere negli occhi della ragazza, i due si avvidero che davvero il loro negoziato stava per aver termine. E nel peggiore dei modi.

Gilbert, saltato in piedi quasi la punta acuminata dell’ago poco distante fosse riuscito a ledergli la diafana pelle, fu il primo a parlare, e il primo che Oz tentò di incenerire col proprio sguardo.

“Forse mio fratello si è espresso male, ma quello che voleva dire è...”
“Quello che voleva dire è che quel bastardo vuole prendersi l’unica cosa bella che possiedo nella mia vita!” esclamò Martha, il tono così acuto da far sobbalzare la giovane poco distante “Dovrete passare sul mio cadavere, prima che questo possa accadere! Ha già una figlia, già in età da matrimonio! Che cosa vuole allora?”

“A quanto pare non gli basta legarsi alla famiglia Baskerville usando il mio matrimonio con Ada, la ragazza di cui stavate parlando. Elliot della famiglia Nightray ha ormai l’età per prendere moglie e... beh, immagino che...”

“Immagino che gli serva una cavalla da accoppiare al primo stallone nobile che trova!”

La mano di Oz stringeva con paura il flacone delle medicine che la madre gli aveva dato in consegna. Nel parere dei medici, l’effetto che contenevano le sostanze miscelate all’interno delle pillole non era abbastanza forte da permetterle una guarigione completa, ma al tempo stesso non erano nemmeno così blande da poter essere prese con noncuranza. Si chiedevano diverse ore di attesa, tra una somministrazione ed un’altra, e il timore che simile contravvenzione lei sarebbe stata costretta ad eseguirla per via del furore crescente della madre divenne un tarlo che le mandava il petto in fiamme.

E comprese che doveva intervenire. Mettere un freno a un litigare comunque inutile.

“Per favore, Vince, non peggiorare le cose!” stava dicendo Gilbert, lo sguardo dorato a squadrare il fratello in malo modo “Non siamo qui con cattive intenzioni...”

“Perciò potete benissimo andarvene, no?”

La porta venne nuovamente aperta, e il freddo dicembrino che tratteneva a fatica venne a irrompere con violenza all’interno della stanza già gelida. Oz, la mano sulla maniglia arrugginita, squadrava i due nobili con una fierezza che, in altre occasioni, mai avrebbe dato conto delle sue origini plebee.

“In fondo state discutendo del mio futuro, ed è bene che sia io la prima a mettervi parola, non credete? E visto che ho il benestare di mia madre, posso rifiutarmi categoricamente ad entrare nella rete di un uomo che disprezzo. Ha vissuto senza di me per sedici lunghi anni; lì dov’era fino a quel momento può benissimo rimanerci!”
La risata di Vince disperse la determinazione che la giovane voleva mostrare al pari di uno stendardo di fierezza; lo sguardo stupito di lei incontrò quello di lui, rallegrato, quasi il suo fosse stata il più affettuoso dei consensi.

“Cavolo, questa ragazza ha carattere!” disse, la  mano a ravvivare la chioma scarmigliata illuminata dal sole pallido di mezza giornata “E anche le idee chiare su ciò che vuole. Non sta a me decidere se questo sia un bene o un male, ma... è corretto affermare che non c’è più alcun motivo per intrattenerci. Giusto Gil?”
“Giusto un corno!” gli rispose di rimando il moro “Hai forse dimenticato il perché siamo qui?”

“Se Zai Vessalius voleva davvero tutto questo, che si fosse presentato di persona, non avrebbe mandato degli emissari pure esterni alla sua famiglia. Per quanto mi riguarda, credo che ciò che abbiamo fatto ora sia già più che sufficiente”

“Ma...”

“Gil, lasciamo stare... per il momento”

L’ultima frase suonò al pari di una minaccia, alle orecchie di Oz, l’occhio a cercare le iridi bicromate per leggervi le sue intenzioni, e il nulla a risponderle per un altrove che l’altro si ostinava a fissare.

I passi leggeri risuonarono fin vicino a lei, lì ferma nelle vicinanze dell’uscita, prossima al congelamento per quel freddo nivale che minacciava tempesta; il biondo non fece null’altro se non un breve inchino, eppure anche così Oz se ne sentì intimorita, e doveva essere, quello, un effetto voluto dal suo stesso autore.

“Sei una stupida”

Quelle parole, fioriere di un sentimento che travalicava la galanteria, provenivano invece dal nobile Gilbert, prossimo all’uscita pure lui, eppure meno lieto e meno soddisfatto. La squadrava con arroganza, pensò Oz, forse anche con disgusto, ma il come su cui le iridi dorate andarono a incatenarsi alle sue lasciò ad intendere dell’altro, incapace di essere coscientemente interpretato.

“Mi preferisco stupida, piuttosto che odiosa nei miei stessi confronti. Credetemi, l’avidità non può concedere il privilegio di amarsi”
Doveva essere il vessillo dell’orgoglio, della sua personale decisione all’indipendenza, ma il risultato che ottenne fu una maggiore ira da parte di un lui incapace di trattenersi.

“Siete sommerse nei debiti, i vostri medici minacciano di prendersi la vostra casa pietra per pietra, tua madre è sempre più debole... come credi di uscirne fuori!?”
“Posso farcela!” gli rispose Oz, con decisione “Ho solo bisogno di tempo, e rimetterò in sesto la nostra condizione economica”
“Per questo dico che sei stupida!” ribatté Gilbert, il tono tenuto basso solo per acuirne il sentimento di acredine insito nelle sue parole “Pensi forse che i sogni debbano avere l’obbligo di realizzarsi? Pensi davvero che tu possa farcela, completamente da sola, a far ciò che tua madre non ha potuto?”
“Ma che ne vuoi sapere tu?!” disse Oz, ricambiando quel tono ostile con uno maggiormente rancoroso “Non punto a vette inimmaginabili; viviamo già nella povertà più spaventosa, non possiamo scendere più in basso di così. Per questo ci stringiamo al petto tutto quello che ci rimane, l’orgoglio!”
“L’orgoglio” ripeté lui, con scherno “e ci mangiate, forse, con l’orgoglio? Dici che siete già nella povertà più nera, ma a questo punto sono io a chiederti ‘cosa ne vuoi sapere tu?’ Cosa ne sai di una vita trascorsa nelle strade, senza un soldo per mangiare, senza un tetto per ripararsi dalle intemperie, senza una sola speranza di sopravvivere? Parli con tanta arroganza, Oz, e sai perché? Perché credi di non avere nulla da perdere, ma la verità è che tutto il tuo mondo può crollare da un momento all’altro. Però sei testarda, e non riesci nemmeno ad ammetterla, una simile evidenza. Ecco perché ti mostri tanto cieca a questo sviluppo”

Fu lui a strapparle di mano la maniglia, lui a sbatterle in faccia la porta, lui a sfuggire uno sguardo divenuto insostenibile, lui a interrompere un discorso che li vedeva alieni in uno stesso suolo.

Oz, quelle ultime parole, le aveva avvertite affilate come lame, mortali come coltellate al costato, e le sfilacciava nella sua mente senza trovarvi una risposta abbastanza convincente per smentirle. Coceva, il non poterlo fare, eppure nemmeno per un secondo le venne il dubbio che il suo modo di fare potesse essere erroneo. Agiva per il meglio, e agiva per sua madre. Poteva davvero finire per strada, la sua vita a consumarsi in bettole dove la sua virtù si sarebbe cancellata come neve al sole, ma nel suo cuore non si sarebbe mai perdonata, se non avesse garantito alla madre le stesse cure che un tempo lei aveva dedicato alla propria bambina. Avrebbe accettato le conseguenze, il male che si era auto inflitta. Gilbert poteva parlare con grande saggezza, ma nemmeno il suo disquisire sulla povertà avrebbe mai contestato l’amore immenso che Oz riservava alla figura di sua madre.



Doveva essere notte fonda, ma Martha non riusciva ad esserne sicura. La cupa ombra che volgeva su di lei non aveva una naturalezza spiegabile con le notti di luna nuova, eppure niente ricordava Oz, in quel suo prendersi spazi nuovi.

“Si è finalmente svegliata, Martha Ashton?”
E la donna per poco non svenne dallo spavento. Ritto innanzi a lei, con la grazia di un felino pronto ad agguantare la sua preda, sostava l’elegante figura di Vincent Baskerville.

   
 
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