Crossover
Segui la storia  |       
Autore: UlquiorraSegundaEtapa    23/09/2019    4 recensioni
Dal capitolo 4:
"Il ragazzo dovette fare i conti con una verità che era stata ovvia per lui in passato, ma che ora cominciava ad apparirgli stranamente scomoda: tutti duellavano. Era come fumare, arrivi al liceo e tutti fumano. Ecco, alla loro età tutti duellavano. Erano la generazione dei duellanti. Alan si sentiva come un pesce fuor d'acqua. Peggio.
Si sentiva come un uomo che aveva fatto voto di castità ad Amsterdam"
La storia di Alan, dei suoi amici e della lotta con i suoi demoni, immaginari e reali. In un mondo dominato dal Duel Monsters, diventato sport nazionale, non c'è pace per chi vuole ritirarsi dalla scena. Il passato torna sempre a bussare alla porta, e quando lo fa non ammette rifiuti.
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 9: Miss Parco dei Duelli
 
 
- E’ urgente? – domandò il ragazzo, senza minimamente cercare di nascondere il suo fastidio. L’uomo di colore sembrava mortificato, ma la sua spocchia gli impediva di notarlo.
- Non ti avrei fermato se così non fosse. – E detto ciò, fece l’ultima cosa che Alan si sarebbe aspettato: si prostrò ai suoi piedi. Era chino, la nuca piegata e i polpastrelli a contatto col pavimento. Un bizzarro incrocio, uno di quelli che ti aspetteresti se Spider Man si convertisse all’Islam e si mettesse a pregare rivolto verso la Mecca.
Il ragazzo sgranò gli occhi. Un forte senso di disagio si impadronì di lui. Quell’immagine aveva qualcosa di fortemente sbagliato; non sapeva spiegarselo bene, ma era così.
- Ohi… - arretrò spaventato – si può sapere che diavolo stai facendo?
Alan era praticamente un bambino di fronte all’altro. Eppure quello si era messo in ginocchio, no, di più, si era prostrato, come se fosse una divinità, o come se fosse un re e lui solo un umile servo.
- Per favore… - La sua supplica uscì esile come il sussurro di un fantasma in una tormenta. – Ti scongiuro, non farei tutto questo se non fosse importante. No, è essenziale!
- Ohi, la vuoi piantare… - Da fuori, chiamarono nuovamente il suo nome. Se quello gli faceva perdere altro tempo, rischiava di farsi squalificare. Ma non era quella la cosa che lo preoccupava di più. Era quel terrore irreale che si era impadronito di lui a turbarlo sopra ogni cosa.
Dal collo dell’uomo di colore pendette qualcosa. Erano…
 
Il telefono che suonava dentro al suo orecchio. Fu il primo suono diverso dal ronzio di una zanzara che svegliava Alan in quei caldi giorni d’estate. Solitamente erano sempre quelle stronze volanti, grosse come stronzi di topo, a ridestarlo dai suoi sogni – o dai suoi incubi – con quel ronzio acuto che Alan sospettava fosse ciò che sente un uomo l’istante in cui impazzisce e decide di guidare a luci spente nella notte perché sì, è davvero così facile morire.
Il cellulare squillava e gli sembrava veramente di avercelo nell’orecchio. In realtà era sul comodino accanto al letto. E quello sembrava invece dall’altro capo del mondo. Non serviva essere laureati ad Harvard per capire che quelli erano i postumi di una sbronza. Con uno sforzo che gli sembrò immane, allungò la mano verso il telefono, sfiorandolo un paio di volte prima di riuscire ad afferrarlo.
Si era dimenticato di mettere la luminosità al minimo, cosa che faceva sempre prima di andare a dormire. Lo schermo illuminato lo colpì con la violenza di un treno in corsa, facendolo protestare mugugnando. Si sentiva la bocca impastata. Premette l’icona verde senza neanche aver letto, e biascicò l’imitazione di un: - Sci?
- Alan! – La voce di sua madre,
- OH! – Si riebbe di colpo, quasi balzando sul letto. Gli esplosero una miriade di puntini luminosi davanti agli occhi; sbatté le palpebre nel tentativo di scacciarli, inutilmente. Costellazioni rosse, verdi, viola e blu brillavano sulla sua retina, mentre al suo orecchio sua madre domandava: - Tesoro, dormi ancora?
- Gno, gno – si difese lui – che, scherzi?
Si sfregò un occhio e avvertì l’odore del proprio alito. Puzzava terribilmente di birra.
- Ascolta caro! – La voce di sua madre era squillante come sempre, il che non sarebbe stato un problema, se non fosse che con quel mal di testa ogni sillaba era come un punteruolo che si conficcava nella sua carne. – Io e tuo padre pensavamo di fare un salto da te domani. Lo so, doveva essere una sorpresa, ma non vorrei che poi fossi troppo impegnato.
- Mm? Oh, gno, gno, gnessun problema – biascicò lui, continuando a sfregarsi gli occhi. Sentiva la testa incollata al cuscino per il sudore, così come il resto del corpo. Presa consapevolezza del sudore, avvertì anche la sensazione del freddo metallico delle piastrine sul suo petto, adagiate sulla distesa di peli in mezzo ai capezzoli come serpenti addormentati. Poi arrivò l’odore della sua stessa pelle sudata, e il calore del sole che filtrava dalle tapparelle che si era scordato di chiudere. Perché non l’aveva fatto?
- Alan? Tesoro, tutto bene? – domandò la voce al di là del telefono con una punta di materna, immancabile preoccupazione. Lui mugugnò ancora: - Ma sì, è che mi sono appena svegliato – si difese.
- Quindi stavi ancora dormendo.
- Va be’, è uguale – disse lui, stiracchiandosi e portando il braccio in alto. Gli schioccò la spalla.
- Va bene, allora ti lascio dormire. – Per fortuna, sua madre non aveva intenzione di farla lunga. – Tanto ci vediamo domani, va bene?
- Certo. – Lui era ancora abbastanza scombussolato da non aver per davvero seguito il filo del discorso, quindi non aveva realizzato che i suoi sarebbero passati da lui indomani.
- A domani, tesoro.
- Ciao mà.
Fu molto più brusco nel chiudere la conversazione, ma ormai ci erano abituati. Lanciò praticamente il telefono e per poco non mancò il comodino per finire sul tappeto. Ma alla fine sentì il tonfo sul legno e seppe che era andato tutto bene, più o meno come quando lei ha paura e tu le prendi la mano e le dici che non deve aver paura se lo fate al primo appuntamento perché tanto Dio è morto e solo gli uomini possono giudicarli.
Si lasciò andare a un rumoroso sbadiglio. Aveva il braccio spiattellato sul cuscino, e l’odore delle sue ascelle lo colpì con forza; aveva decisamente bisogno della sua doccia mattutina.
- Era tua madre?
- Esat… - Fermi tutti. Momento, momento, momento! Chi aveva parlato?
Lentamente, come se fosse in un horror, Alan ruotò il collo, un’espressione di gelato stupore sul suo volto. Quello che trovò dall’altra parte del suo letto a una piazza e mezzo, con metà testa sul suo cuscino, non fu un killer armato di machete pronto a fargli la festa – di prima mattina, poi.
No, era un volto assonnato, col trucco rappreso e dagli scompigliati capelli lilla. Lo sgomento del ragazzo contrastava col suo attuale stato fisico; era ancora troppo rincoglionito per sorprendersi davvero. Invece, si limitò a un: - Oh. Ciao.
- ‘giorno – mugugnò lei. Era nuda, e anche lui lo era; se ne accorse solo in quel momento. L’atmosfera surreale che si era venuta a creare si traduceva in una calma più completa per entrambi i soggetti. Alan non era sicuro di capire bene cosa stesse succedendo – o fosse successo, se quelli che stava smaltendo non erano i postumi di una normale sbronza – ma era molto tranquillo. E anche la ragazza dal’altra parte del letto non sembrava particolarmente infelice di essere lì.
- Okay – disse piano lui. Parlava a rallentatore, o tale era la sua percezione. – Io… ti conosco, vero?
La additò, e quella gli prese il dito e lo baciò con delicatezza. Alan sentì un fremito risvegliarsi in mezzo alle gambe.
- Mm-mm – confermò lei. – Eri parecchio sbronzo ieri sera. Più di me, che è tutto un dire.
Aveva una bella voce, anche se impastata dal sonno.
- Oh… - Alan non ricordava assolutamente nulla. – Ho… combinato casini?
- Be’, dipende da che intendi per “casini” – rispose lei maliziosa. – Sei fidanzato?
- No.
- Allora tutto apposto. – Sorrise ancora, spostandosi poi i capelli dal viso. - Comunque Winona, piacere di nuovo.
Tese la mano; Alan si sentì pervadere da un incontenibile accesso di ilarità. Era tutto così strano in quel momento; non sbagliato, solo fottuto di cervello. Ricambiò la stretta.
- E quindi, noi due…
- Direi di sì – gli confermò quella.
- Oh. Scusa, quanto avevo bevuto?
- Mm, credimi, non vuoi saperlo.
Alan si sistemò meglio sul letto sfatto, bagnato e puzzolente. Quella strana conversazione continuava. La cosa divertente, era che entrambi continuavano a mangiarsi con gli occhi. – Puoi riassumermi quanto è successo in poche parole?
Le piastrine gli si incollarono ai peli del petto; le scostò con una smorfia.
- Be’ – iniziò lei, sistemandosi a sua volta, le gambe che nascondevano di poco il pube in quella posizione, un braccio a sorreggere la testa, e il seno sinistro scoperto e invitante. Si lasciò andare i capelli oltre la spalla. Alan sapeva perfettamente che, come nel caso di Mera, era ancora una volta l’alcool – o meglio, i residui dell’alcool – a renderlo così calmo in compagnia di una ragazza nuda nel suo letto. Non era la sua prima volta, ma era sempre un po’ strano. Diciamo che, quando non lo fai da diverso tempo, poi è ancora più strano.
- Siamo usciti con i ragazzi del Parco a bere una birra. Solo che la serata è andata avanti, e le birre si sono moltiplicate neanche ci fosse Gesù con noi.
Un altro scoppio di risa incontrollato, tanto da fargli male il petto. Lei lo accompagnò.
- Alla fine eravamo tutti parecchio sbronzi – proseguì poi Winona. – Tu però penso ci battevi tutti. Così ti ho dato uno strappo a casa, che tanto era di strada. Hai sboccato un paio di volte…
- Cristo. – Alan odiava raggiungere quei livelli. Di solito aveva molto più autocontrollo di così.
- Poi ti ho messo a letto e tu mi hai baciata – rivelò la ragazza dai capelli lilla. Alan non era troppo sconvolto nell’udire la carrellata di stronzate che aveva fatto. Insomma, era un po’ come essere tornati ai vecchi tempi, no? Anche se mancava qualcosa.
- E poi hai sboccato anche tu perché il mio alito puzzava di merda – dedusse il moro. L’altra ridacchiò e fece no con la testa. – Ci abbiamo dato dentro, e pure parecchio.
Lo disse senza alcuna vergogna. Abbassò lo sguardo e con l’indice disegnò ghirigori distratti sul petto del ragazzo. Lui non la fermò. I tocchi di Winona erano piacevoli, quindi perché smettere?
- Probabilmente invece sarà stata una merda e tu eri troppo ubriaca per accorgertene – la canzonò Alan. – E’ impossibile che io abbia funzionato, se ho bevuto quanto credo.
Ora pensava di essersi fatto un’unità di paragone. Gli era già capitato, un paio d’anni fa, di fare così. A dire il vero, anche l’anno prima, quando aveva detto che non lo avrebbe mai più fatto, che non si sarebbe mai più svegliato in un posto senza sapere dove si trovava e con chi era andato a letto, perché non tutte le sconosciute – o gli sconosciuti, può anche andare in quel modo – che ti si svegliano accanto sono gentili e di bell’aspetto come Winona.
Però stavolta era a casa sua, quindi sapeva dove si trovava, e aveva con sé una ragazza che non aveva intenzione di scappar sene piangendo, a quanto pareva. Era già un miglioramento, no?
Prima di rispondergli, la ragazza si avvicinò a lui, e stavolta non solo lui non fece nulla per bloccarla, ma anzi l’accolse fra le sue braccia. Faceva caldo ed erano entrambi sudati fradici e puzzavano di birra, ma questo non sembrava infastidirli neanche un po’. Winona fece aderire il proprio bacino a quello del ragazzo mentre gli mollava un paio di baci a stampo. A lui venne da sorridere, mentre sentiva un indurimento al basso ventre fare resistenza contro la pancia piatta dell’altra.
- Sono venuta due volte – le sussurrò lei all’orecchio. – Non mi capita spesso. Se quella la chiami una merda, allora credo di non poter soddisfare i tuoi standard, caro mio.
Alan non fece commenti, ma dentro di sé si diede una pacca sulla spalla. E bravo Alan, forse ci sai fare più di quanto non immagini.
I capelli della ragazza gli finirono sul viso e gli solleticarono il naso. Non c’era motivo di rifiutare un simile contatto e simili carezze. Però ci tenne a precisare una cosa.
- Questo non ci creerà problemi, vero? Voglio dire…
Per fortuna, l’altra capì al volo. Lui era più bravo con i duelli che con le parole; e ora che non combatteva più, non sapeva in cosa poteva definirsi bravo. Magari a letto.
- Tranquillo, non ho pregiudizi su quelli che lo danno a gratis. Sono molto favorevole. – La sua battuta lo fece ridere di gusto. Lei continuò: - Nah, non sono fatta per i sentimenti, se non ti dispiace.
I suoi capezzoli gli puntellavano il petto. Non era affatto male, nossignore.
La guardò con un sorriso furbo. – Conosci il detto “non c’è due senza tre”?
Lei socchiuse gli occhi, senza perdere il suo sorrisino. Non ci fu bisogno di dire altro.
 
Bevettero un litro d’acqua a testa, si fecero una doccia – insieme, già che c’erano – poi Alan preparò la colazione. Uova fritte, due a testa, pane tostato e caffè con panna e zucchero. Winona indossava una maglia grigia con la scollatura sulla schiena, e non portava il reggiseno; Alan era in maglietta e pantaloncini.
- Sei anche un bravo cuoco – osservò lei, divorando il proprio uovo. Era l’effetto della fame chimica. – La donna che ti prende è davvero fortunata.
Non c’era ironia in quel commento, solo una semplice constatazione. Ma Alan rise lo stesso. – Non sono interessato alle relazioni, al momento.
Winona masticò il proprio uovo e puntò la forchetta. – Questo non devi dirlo a me.
Gli occhi azzurri dell’altro si persero nel vuoto. – Già – convenne. – Direi di no.
 
Barney aveva avuto il raro privilegio di vedere Mera struccata. E senza vestiti, ma quello era di secondaria importanza. Eppure, ora tutto ciò a cui riusciva a pensare, mentre la mano dell’altra si agitava inutilmente là dove le coperte facevano un pallone sul bacino del biondo, era se Alan fosse tornato a casa sano e salvo. E se si fosse divertito con quella Winona.
Dopo un altro minuto di esercizi manuali andati a vano, Mera sbuffò e lasciò perdere la presa, furiosa; Barney lanciò una smorfia dolorante.
- Qual è il tuo problema? – sbottò, scostando i capelli impiastricciati dal bel seno florido. Era bellissima nella luce del mattino, gli occhi di bronzo che rilucevano nel pulviscolo infuocato della camera.
- Questo dovrei dirtelo io! – protestò lui, massaggiandosi la zona inguinale. – Non ferire il mio povero Barnoccolo!
Quella mise le mani avanti. – Okay… il fatto che tu abbia trovato un nome per il tuo pene è già abbastanza inquietante…
- Non vedo cosa ci sia di… - cominciò lui, ma l’altra la bloccò.
- Ma io ti propongo di fare sesso, tu dici sì come neanche ti volessi regalare il Santo Graal, e poi mi dai… mi dai… questo!
Allungò le mani con i palmi tesi verso di lui. La sua voce non mascherava affatto il suo disappunto. – Voglio dire, non doveva essere qualcosa di leggen…?
- Dario – la interruppe Barney, per poi fare una smorfia. – Scusa, è più forte di me. Comunque…
Si rigirò su un fianco. – Devo aver bevuto troppo, è solo per questo che non ho dato il mio massimo.
Si grattò il petto, leggermente villoso e alquanto scolpito, e fece uno dei suoi adorabili sorrisi. – Magari, ritenta e sarai più fortunata.
- Ritentare? – fece quella, basita. – Ma neanche per sogno!
E cominciò a rivestirsi. – Io me ne torno a casa – annunciò.
Barney spalancò gli occhi e mosse inutilmente la bocca. – Cos… no, aspetta!
Mera si bloccò mentre si infilava gli slip, ma non per le parole dell’altra. Quando si volse, aveva gli occhi spalancati e la bocca socchiusa, e al contempo uno sguardo interrogativo. Come per un episodio di premonizione, Barney era già pronto a mettersi sulla difensiva quando quegli occhi lo puntarono.
- Oh. Mio. Dio – scandì la rossa.
- Mera, ascolta… - Barney ora quasi balbettava.
- TU SEI GAY!! – realizzò finalmente Mera. Era così ovvio, questo spiegava tutto.
- E TU SENZA RITEGNO! – le rispose prontamente Barney, balzando a sedere sul letto. – Dì la verità: hai fatto sesso con me solo per far ingelosire Alan, vero?
Fu il turno di Mera di essere spiazzata. – Cos… no.
- Oh, sì invece – continuò lui. – J’accuse, Mera! Sì, sono gay.
E spalancò le braccia nel dirlo. – E ho fatto sesso con te solo per cercare di depistarti. Ma tu l’hai fatto per puntare ad Alan. Be’, se usare il suo migliore amico per arrivare a lui è il tuo modo per conquistarlo, allora non hai capito un cazzo né di Alan, né di me.
E così dicendo si volse, indignato. Mera ora si sentiva addosso la rabbia colpevole di chi ha appena fatto una figura meschina e si è comportata da stronza, e che, cosa più importante, si pente di esserlo stata. Gattonò nuovamente sul letto e allungò una mano verso la spalla del biondo: - Barney…
- No, non mi toccare – si ritrasse lui, guardandola come se fosse una bestia pericolosa. Lei socchiuse le labbra in un’espressione mesta. Poi si appoggiò di schiena al cuscino, si premette le mani sul volto, tirò la pelle del viso fino a far venire fuori il bianco degli occhi e si passò le punte sui capelli.
- Dio, sono stata davvero una stupida… - mormorò. Barney continuava a guardarla con diffidenza. Mera lo spiò con la coda dell’occhio, per poi aggiungere: - E una stronza.
- Ah, ecco. – Barney ora le si fece più vicino. Si appoggiarono entrambi alla testiera in Alcantara del letto. Mera ora aveva le mani lungo le gambe e solo le mutandine addosso. Ma adesso che aveva scoperto quella cosa di Barney, non le importava affatto di essere così; non che prima lo avesse fatto, in realtà.
- Perché non me l’hai detto? – gli domandò, con un filo di voce. Non era risentita, era semplicemente confusa, e si vergognava. Barney volse i suoi occhi azzurri verso di lei, la bocca serrata e un’espressione che sembrava quella di un uomo sull’orlo delle lacrime.
- Perché ho paura di essere rifiutato, e allontanato – rivelò.
- Questo è ridicolo! – gli fece notare la rossa. – Perché mai dovremmo allontanarti solo perché… be’, perché io e te abbiamo una passione in comune!
Era anche divertente, detto così. Ma Barney non stava ridendo.
- Non da te – precisò poi. – Da Alan.
Mera lo guardò sbattendo le palpebre un paio di volte. – Come, scusa?
- Alan non è solo il mio migliore amico – le disse il biondo – ma è anche il ragazzo di cui sono innamorato.
A quel punto, fu il turno di Mera di fissare il vuoto, come aveva fatto Alan a casa propria pensando a lei.
- Oh… - fece. – Be’, questo sì che è un bel problema.
 
Serena si era svegliata di buon’ora quella mattina, e ora stava finendo di sistemarsi i capelli. Anche lei era uscito con il gruppetto di “alcolisti anonimi”, ma essendosi regolata più di loro si era svegliata non fresca come una rosa, ma quasi. Quando ebbe terminato l’operazione, attraversò il corridoio e vide che la porta della camera del fratello era aperta. Si affacciò con il suo classico sorriso e disse: - Ehi, fratellone, verrai stasera, vero?
Ma Lance non la stava guardando. Era sdraiato sul letto, o meglio semi-seduto, con un braccio dietro alla testa e la mano libera che reggeva il suo deck. Lo guardava con tanta concentrazione che sembrava stesse osservando il vortice del tempo.
- Sì, naturalmente – disse lui, senza però staccare gli occhi da lì.
Serena non aggiunse altro. Si allontanò da camera sua con un malessere allo stomaco. C’era qualcosa che preoccupava suo fratello da un mese, e non capiva che cosa. Lui non gliene aveva voluto parlare, chiaramente, ma lei sapeva a chi avrebbe dovuto chiederlo, ed era arrivato il momento di farlo.
Perché suo fratello aveva cominciato a comportarsi in modo strano il giorno in cui Alan era stato ricoverato in ospedale da lui.
 
Anche Shaun era uscito con gli altri, ma a lui non era andata altrettanto bene. Questo perché l’unica altra ragazza del gruppo, Serena, se n’era tornata a casa da sola in sella alla sua fiammante bici. Neanche un “ti riaccompagno a casa” con tanto di bacio rubato sotto la porta. Ma tanto lui c’era abituato, quindi non gli faceva neanche più tutto questo effetto. Il suo deck giaceva a prendere polvere da un bel po’ sul suo comodino, e lui non aveva in programma di muoverlo da lì.
E così, dopo la classica cagata mattutina, decise che si sarebbe fatto venire un’erezione in un altro modo: guardando The Boys.
 
- Grazie per la colazione – disse Winona, lo zaino con cui aveva portato le birre l’altra sera che le pendeva da una spalla. Erano fuori dalla porta di casa di Alan, e faceva caldo, come sempre.
- Grazie a te – le disse lui. Lei si guardò intorno: - Vivi in un bel posticino.
- Puoi tornare a trovarmi – le ammiccò il ragazzo. Quella fece un sorriso leggero, e furbo.
- Vacci piano, campione. Questo te lo devi guadagnare.
Allungò la mano verso le sue piastrine per giocherellarci, ma lui la allontanò e le rimise dentro. – Meglio di no – disse, inespressivo e atono.
Lei non fece commenti. Gli chiese solo: - Perché?
E non si riferiva alle piastrine. Alan alzò gli occhi; la domanda, sempre e solo quella.
- Vuoi davvero saperlo?
- Naturalmente.
Lui aspettò qualche istante. – Quando sei bravo, gli altri si aspettano che tu lo sia sempre. Ma per un ragazzo che ha meno di vent’anni, il peso del successo e della propria bravura può essere troppo da sopportare. Sei bravo, e quindi non puoi non duellare. Sei bravo, e quindi non puoi perdere. Devi sempre dare il massimo, il riposo non esiste. E la tua passione diventa un lavoro.
Afferrò con una mano lo stipite della porta. – Non ce la facevo più. Non potevo buttare via così la mia vita. Così ho mandato tutto a fanculo, e poi mi sono trasferito. Non subito qui; ho viaggiato un po’, prima.
Lei stette ad ascoltarlo senza fare smorfie e commenti. E alla fine, con la stessa espressione, disse: - Sei un pessimo bugiardo.
Lui ne fu spiazzato. – Cosa No!
Lei ridacchiò. – Voglio dire – si corresse – sono sicura che questa sia parte della verità. Ma c’è altro che non vuoi dire.
Abbassò i suoi occhi, dello stesso colore dei capelli, un prodigio della genetica, sulla collana che teneva insieme le piastrine che aveva nascosto nella maglia. – Il segreto dietro a quelle piastrine, dove le hai prese e cosa ha significato per te.
Fece un paio di passi in tondo. – Io ti ho visto duellare, come tutti quella sera al Parco – proseguì. – E Sapphire mi ha raccontato del vostro duello.
Sapphire. Alan non l’aveva più vista per un mese. Era come un’ombra che doveva aggirarsi dalle parti del Parco. Anche vero che le altre volte che era uscito con quelli del Parco, non lo aveva fatto lì.
- Per essere uno che non voleva più duellare, fai parecchi strappi alle regole – lo provocò.
Alan si risolse a una risatina mesta. – Non è che non voglio più duellare – la corresse. – E’ che non posso.
- Perché?
- Perché ho fatto una promessa. A una persona che ora non c’è più. Ed è già più di quanto avrei dovuto dirti.
Lei si cacciò le mani in tasca. – Okay, come vuoi. Non ti chiederò altro.
- Lo apprezzo molto – le disse lui, ed era sincero.
- Lascia solo che ti dica un’ultima cosa, se posso.
Lui incrociò le braccia e si appoggiò alla porta. – Spara.
Lei salì di nuovo di un gradino e lo penetrò con il suo sguardo, tanto che il ragazzo se ne sentì in soggezione, ma resse bene.
- Quando fai una promessa a chi non c’è più, o se ne sta andando, devi essere assolutamente certo che quello che prometti rispecchi e rispetti le volontà dell’altra persona.
Alan sbatté le palpebre e i suoi occhi si fecero più grandi a quel commento.
- L’interpretazione lascia il tempo che trova – concluse la ragazza. Poi gli schioccò un bacio sulla guancia. Fu la cosa più bella del tempo che avevano trascorso insieme.
- Ci vediamo stasera, campione?
Alan sbatté le palpebre, confuso. – Perché, che c’è stasera?
Lei sorrise mordendosi il labbro inferiore. – Come che c’è? C’è…
 
MIIIIIISS PARCO DEI DUELLI!!
La voce spacca timpani di Rob era accentuata dal microfono. Più di qualcuno si massaggiò le orecchie.
- Ho urlato? – gridò poi il barista. La sua stazza era imprigionata in una maglietta grigia con qualche macchia di sudore e pantaloncini che lasciavano scoperti i tatuaggi che aveva in fondo alle gambe. Indossava i sandali, e sembrava la persona più tranquilla del mondo.
Lo spettacolo che era stato allestito era qualcosa di cui Alan aveva sentito parlare per la prima volta in quel giorno. A quanto pareva, tutti gli anni si teneva questo pseudo concorso di bellezza al Parco. Le ragazze più belle sfilavano sotto alla piccola cascata che si trovava dalla parte opposta rispetto alla scogliera, in una piccola conca circondata dagli alberi, dove il ruscello mutava e poi scorreva placido in mezzo ai ciottoli. Era un posto magnifico, e Alan non ne sapeva niente. Continuava a scoprire meraviglie su meraviglie in quel paradiso terrestre; e sempre più motivi per farsi del male.
Tutti gli spettatori sedevano a bordo riva, dove il boschetto declinava in un leggero pendio o sopra alla cascata. Era gremito, e c’erano anche Barney e Alan; il primo, soprattutto, non si sarebbe perso quell’evento per nulla al mondo.
- Eleggere la più bella ragazza che sfila in costume sotto alla cascata? – aveva fatto. – Diavolo, perché non me l’avete detto subito?!
Avevano una birra in mano, e il vociare era concitato. File di ragazzi con gli ormoni a mille non vedevano l’ora che iniziasse l’evento. Il biondo mise un braccio attorno alle spalle dell’amico.
- E’ bello averti qui stasera, bro.
Lui gli sorrise. – Grazie, Barney. Suppongo che per una sera non mi farà male stare qui.
- Questo è lo spirito! – convenne l’altro con un sorriso.
Alan ripensava a Winona, non tanto alla nottata insieme, di cui non si ricordava nulla, ma alla mattinata e alle parole che gli aveva rivolto prima di andarsene. Guardava dentro il collo della bottiglia, come se si aspettasse di trovarci le risposte ai suoi interrogativi. Interrogativi che aveva suscitato la ragazza, per altro.
Non si era portato dietro il deck, quella sera. Aveva concluso che fosse il modo migliore per evitare altri guai, e per stare in pace con sé stesso. Diavolo, non poteva andarsene in giro lì senza che qualcuno lo sfidasse a duello.
Oh, e ovviamente Winona non aveva voluto riprendersi la carta che gli aveva dato la sera in cui aveva sfidato il Pinguino a duello, la sera in cui si erano conosciuti. Che fregatura; così tutti i suoi problemi si sarebbero risolti in un baleno. E invece no, non è mai così facile.
Rob riprese il microfono:
allora, buonasera e grazie a tutti per essere venuti, anche quest’anno, alla serata in cui eleggeremo la ragazza più bella del Parco dei Duelli!!
Ci fu un applauso scrosciante e fischi di incitamento. Vicino ad Alan e Barney venne a sedersi anche Shaun, con indosso una maglietta nera a maniche corte della Image Comics, pantaloncini e sandali.
- Ehilà! – li salutò, poi si diede il cinque con Barney. Alan passò i suoi occhi su entrambi; i due parevano intendersela bene, specialmente in termini di quanto fossero allupati.
- Vedo che anche tu non potevi perderti questa serata e sei infine uscito dalla tua grotta – commentò Shaun, rivolto ad Alan.  Quello assunse un’espressione confusa.
- Ma se sono uscito con voi anche ieri sera!
- Bruh – fece quello nel suo slang – io non ricordo gli effetti delle mie carte; e sono scritti. Ti pare che mi ricordo cos’abbiamo fatto ieri sera?
La sua logica ineccepibile convinse Alan che non c’era bisogno di aggiungere altro. I tre ragazzi presero contemporaneamente un sorso dalle proprie birre e poi guardarono verso la cascata. Lo scroscio dell’acqua era sovrastato dalla voce amplificata di Rob.
Per quelli di voi che sono nuovi alle nostre usanze, ecco come funziona! Ogni anno, scegliamo cinque ragazze del Parco per partecipare a questa serata!
Stese il braccio in direzione della cascata.
Le ragazze sfileranno sotto la cascata, e andranno a mettersi laggiù!
E indicò un punto dove, neanche a farlo apposta, convergevano abbastanza ciottoli perché potessero restare lì in piedi. La loro forma piatta, e in alcuni casi concava, garantiva un appoggio sicuro.  Rob tornò a rivolgersi al pubblico.
Dopodiché, ognuno di voi dovrà votare per una di loro. Ognuno di voi.
Scandì bene sulla parola “ognuno”.
E ognuno di voi potrà dare un voto a una sola ragazza. Controlleremo che nessuno di voi bari! Quando la votazione sarà giunta a conclusione, eleggeremo la nuova Miss Parco dei Duelli! Prego applauso!!
Il pubblico rispose, esultante.
- Credo che Rob abbia guardato troppa crisi di governo – rifletté Shaun, attaccato alla propria birra.
- Sì, credo anch’io – convenne Barney.
In quel momento, un lampo alla coda del suo occhio catturò l’attenzione di Alan. E fu un lampo rosso. Volse il suo sguardo e vide Lance comparire in mezzo alla folla , sopra la cascata. Indossava una camicia hawaiana bianca con palme arancioni e bermuda di jeans. Si appoggiò ad un albero con la schiena e le mani in tasca. I suoi occhi incontrarono per un attimo quelli di Alan. Nessuno dei due disse nulla.
- Che è successo tra te e Mr. Parco dei Duelli? – domandò Shaun. Anche Barney si interessò al discorso.
- Mr. Parco dei Duelli? – Alan inarcò un sopracciglio.
- Praticamente – confermò il moro. – Gli sbavano dietro tutte. È forte, è bello… e grazie al cazzo, quando duelli coi draghi sei figo per forza!
Fece un movimento con la mano con cui teneva la bottiglia e la birra al suo interno ondeggiò e per poco un fiotto non risalì lungo il collo per poi finire fuori. Alan guardo l’acqua che rifletteva in macchie bianche le luci dei fari che lo “staff” del Parco aveva montato per l’evento.
- Già – convenne – lo puoi ben dire.
Rob riprese a intrattenere la folla con un sorriso malizioso sulle labbra.
Ma non finisce qui! Infatti, colei che verrà eletta Miss Parco dei Duelli, stasera, potrà scegliere uno fra voi come suo cavaliere!
Violenti fischi di approvazione e grida di giubilo si diramarono tutto intorno come un’orchestra scoordinata. Alan si guardò intorno; quanto poco bastava ad accendere gli animi di una generazione vogliosa.
Il fortunato potrà accompagnare la nostra regina del Parco alla festa di fine estate, che teniamo sulla spiaggia come ogni anno. Perciò pazientate pochi minuti, gentili spettatori, perché questa potrebbe essere la vostra notte magica!!
Partì l’applauso finale, poi Rob posò il microfono e andò a parlare con altra gente.
Mancavano solo pochi minuti alla tanto attesa sfilata delle bellezze. Fu allora che Alan si sentì chiedere a Barney: - Allora, com’è andata con Mera?
L’altro raggelò. – Oh. Oh… di che parli?
- Dai, Barney – lo rimproverò quasi dolcemente l’altro. – Mica siamo fidanzati.
- CHI?! – Barney era diventato improvvisamente cereo a quell’insinuazione. Alan corrugò la fronte.
- Io e Mera – rispose impassibile. – Sei il primo che di solito spettegola sempre, mi aspettavo qualche commento sulla tua nottata.
- Oh. – Barney sembrava sulla luna. – Be’, è stato, è stato…
- Leggendario? – suggerì il moro.
- NO! – Barney sembrò riaversi. – E’ stato prima leggen, e poi dario!
Si batté uno dei suoi auto-cinque. Ora sì che Alan lo riconosceva.
- Madre de Dios – commentò Shaun. – Ti sei fatto Mera?
Barney gli rivolse un sorrisetto sbarazzino. – Be’, cose che capitano.
E bevve un sorso di birra. Subito dopo, si volse fulmineo contro Alan.
- Contro domanda! – esclamò. – E tu te la sei spassata con miss lilla?
- EH NO – fece Shaun – tu ti sei fatto Winona? Porca puttana, sono l’unico che è rimasto a secco??
I due ragazzi continuavano a fissarsi con intensità. Ancora poco e avrebbero tirato fuori gli Stand.
- E’ stato soddisfacente – commentò Alan ad occhi socchiusi.
- Vale lo stesso per me – disse Barney con un sorriso tagliente.
- Bucchin e’ mamm’t – si lasciò scappare il terzo ragazzo, sorseggiando la sua birra e guardando le onde che si creavano nell’acqua. Dall’alto, Lance continuava a fissarli impassibili.
Per fortuna, a rompere quell’atmosfera di tensione ci pensò Rob, che preso nuovamente il microfono esclamò:
Grazie per la vostra pazienza! E ora diamo ufficialmente inizio alle danzeeeeeeeeeeee!!
Nuovi, scroscianti applausi fecero da contorno alle sue parole. I fari si puntarono sulla cascata, illuminandone gli zampillii. Rob stese il braccio con la mano a taglio rivolta in quella direzione.
Signori e signore, diamo il benvenuto alla nostra prima concorrente. Anche se lei non necessita davvero di presentazioni. E’ stata infatti la beniamina del pubblico per le scorse due edizioni. Il suo portamento regale e la sua bellezza ammaliante sono stati la chiave del suo successo! La porteranno alla vittoria anche stasera? Sta a voi deciderlo! Diamo il benvenuto stasera a LUVIAGELITA EDELFELT!!
Barney e Alan si scambiarono un’occhiata confusa.
- Chi? – domandò il biondo.
A rispondergli fu la cascata. Una sagoma scura si palesò dietro la barriera d’acqua, per poi attraversarla. Gli scrosci si separarono per un attimo, e ad emergere, composta e impassibile, fu una ragazza dalla bellezza straordinaria. Indossava un trikini blu, e camminava a piedi nudi sui ciottoli con la stessa sicurezza di chi è su una superficie pianeggiante. Era alta, con delle curve mozzafiato, aveva lunghi capelli biondi che si attorcigliavano in boccoli bagnati, e gli occhi di un castano acceso. Sul volto c’era il sorriso di chi è perfettamente sicuro di sé.
La folla era in visibilio. Alan e Barney la osservavano con le mascelle che quasi toccavano terra.
- Santa madre di Shiva, buongiorno erezione… - biascicò Barney, con gli occhi che tra un po’ gli uscivano dalle orbite.
- E questa chi è? – e Alan non l’aveva mai vista né ne aveva sentito parlare. Fu Shaun a rispondergli: - Luvia non viene quasi mai al Parco. È troppo impegnata a girare con i suoi amici snob pieni di soldi. Viene solo quando ci sono cerimonie del genere, e a fare un duello ogni tanto. Roba per farsi vedere.
C’era un sottile disprezzo nascosto nel suo tono. – Però è figa, quindi glielo perdonano praticamente tutti.
La ragazza arrivò a pochi centimetri dal loro sul ciottolato. Lanciò uno sguardo ad Alan, gli fece l’occhiolino e poi si volse, agitando un lato B da urlo. Barney era talmente proteso a sbavare che rischiava di finire in acqua, così l’amico lo trattenne e lo riportò indietro.
Luvia avanzò fino a uno dei ciottoli più grandi, e ci si posizionò sopra con le gambe leggermente piegate e una mano sul fianco, mentre con l’altra salutava tutto il suo pubblico. Alan non aveva visto una folla così agitata neanche nelle arene in cui aveva combattuto, a momenti. La bionda lanciò baci a destra e a manca.
Rob riprese il microfono:
E ora la nostra seconda concorrente! Impossibile non notarla: il colore più unico che raro dei suoi occhi e capelli la rende irresistibile, e tutti qui abbiamo imparato ad amarla. Sarà la nostra favorita stasera, spodesterà il trono della nostra Luvia? Signori e signore, un bell’applauso a WINONA!!
Alan aveva già capito che sarebbe stata lei quando Rob aveva fatto riferimento al colore dei suoi occhi e capelli. Non c’era alcuna altra ragazza al mondo che avesse un colore così particolare, ne era sicuro. E dopo quello che avevano passato insieme, non poteva fare a meno di vederla sotto un’altra luce. Non importa quanto si dica che non cambia niente; cambia sempre qualcosa.
La ragazza emerse dalla cascata in uno sfavillante bikini che mischiava verde e azzurro, con un motivo hawaiano. I suoi capelli erano legati in una lunga coda che rimase praticamente intatta quando passò sotto al getto d’acqua. Mostrava un fisico snello e longilineo, con gambe bellissime. Per Alan non era uno spettacolo nuovo, ma paradossalmente ora che la vedeva più coperta di quanto fosse stata quella mattina riusciva ad apprezzare di più la sua femminilità. Anche la ragazza, una volta arrivata al termine della “passerella”, lanciò uno sguardo ad Alan e fece un sorriso, quello di chi la sapeva lunga. Alan non poté che ricambiare.
- Maledizione, ma tutte con te ce l’hanno!! – Barney sembrava su tutte le furie. A fargli compagnia c’era Shaun, che era dello stesso parere e umore: - Bruh, dobbiamo bandirti a vita dal Parco! Non è cattiveria, ma così noi restiamo a secco.
- Esatto! – convenne il biondo.
- Tranquilli – ridacchiò lui mentre guardava Winona allontanarsi – non mi avrete qui intorno.
Su certe cose non cambiava idea. Quella sera era un’eccezione.
Winona si posizionò accanto a Luvia, e anche lei salutò il pubblico. I maschi sembravano sempre più eccitati, ed erano in netta superiorità rispetto alle ragazze, ovviamente. Ce n’erano comunque di più di quante ci si potesse aspettarne, così Barney fece una curiosa domanda all’amico: - Alan, mi spieghi come mai ci sono così tante ragazze che giocano a Duel Monsters?
Lui lo guardò, stupito dalla puntualità e serietà di quella domanda. – Come scusa?
- Voglio dire… - Barney gli si fece più vicino sull’erba. – Non è uno di quegli sport che vengono considerati, sì, insomma, “da uomini”?
A quel punto, Alan fece una risatina comprensiva. – Vedi, il Duel Monsters non veniva considerato uno sport da uomini, casomai un gioco da ragazzini.
Guardò le macchie bianche rincorrersi sull’acqua. La cascata era bellissima nello scrosciare bianco delle sue acque alla luce dei fari, mentre nascondeva le altre tre bellezze al suo interno.
- Durante la grande guerra, il Duel Monsters serviva soprattutto a intrattenere i bambini che si nascondevano nei bunker o nelle mansarde. Dava loro qualcosa con cui giocare. Nessuno immaginava l’impatto che avrebbe avuto nell’immediato dopoguerra. Ci sono ancora molti che lo ritengono uno sport da bambini, e tuttavia questo non gli ha impedito di prendere piede.
Prese un sorso della sua birra. – Ma c’è una cosa che distingue il Duel Monsters dagli altri sport agonistici come il calcio o il rugby, e lo avvicina di più a sport come gli scacchi: non è un gioco di muscoli, a meno che tu non voglia vedere il cervello sotto questa prospettiva. Il Duel Monsters non ha discriminanti di sesso o età. Se conosci le regole, se puoi mettere insieme un deck di almeno quaranta carte e sei pronto a sfidare e a farti sfidare, allora sei automaticamente un duellante.
Agitò la sua bottiglia. – Ecco perché le donne lo hanno subito visto come un’opportunità per condurre la propria battaglia sulle pari opportunità – commentò, atono. – Donne e uomini di colore.
Il suo sguardo corse alle piastrine. – Ecco, per farla breve, il Duel Monsters mette d’accordo tutti. E guarda cosa ci gira intorno.
Il suo sguardo corse ad abbracciare tutto l’ambiente circostante. Barney lo stava a sentire senza dire una parola. Alla fine, non fece commenti e bevve dalla sua birra.
La nostra terza concorrente è una personalità particolare! Potremmo quasi dire che sia un nostro esemplare autoctono. Alcuni credono che sia una leggenda, ma altri hanno provato la ferocia del suo deck, ferocia seconda solo alla sua straordinaria bellezza. Signori e signore, questa sera per noi, la nostra unica e inimitabile SAPPHIRE!!
Alan e Barney sputarono contemporaneamente la loro birra. I ricordi del Vietnam cominciarono a palesarsi davanti ai loro occhi. Il boschetto attorno a loro divenne una foresta di mangrovie, e l’acqua si riempì di sangue e cadaveri. Dal nulla giunsero grida tribali e rumori di bonghi, e le luci diventarono di un rosso inquietante. I due ragazzi non sapevano dire se stessero avendo un’allucinazione collettiva o se qualcuno avesse attivato una carta magia terreno a loro insaputa. Tuttavia, erano come paralizzati ed entrambi terrorizzati. E quando Sapphire emerse dalla cascata, fiera e feroce, con i capelli castani scarmigliati e un bikini leopardato che fece calare le braghe a più di qualcuno, i due amici si abbracciarono e per poco non si misero a urlare.
La ragazza avanzò con il portamento fiero della cacciatrice che è tornata col suo trofeo, e si piantò al fondo del ciottolato. Guardò le sue due vecchie prede, in particolar modo Alan. Poi si leccò le labbra con fare affamato, e fece dietro front, lo slip del bikini che le andava leggermente in mezzo alle natiche e mostrava il sedere sodo.
Qualcuno cominciò ad ululare, ma Barney e Alan erano arretrati di almeno venti centimetri.
- Aoh, ce n’è una che non ti sei fatto in questo Parco?! – domandò Shaun.
- Credimi, poteva andare molto peggio – fece Barney, rabbrividendo.
- Se le cose dovessero mettersi male, non so se riuscirò a pararti di nuovo il culo – confessò Alan.
- Ah! – esplose il biondo. – Non parliamo di culi!
Sapphire diede loro un’altra occhiata, prima di sistemarsi ufficialmente al fianco delle altre due. Luvia le scoccò un’occhiata che in pochi notarono. Cominciava a emergere la sua supponenza.
La nostra penultima concorrente è una beniamina del Parco! È impossibile non amare la sua bellezza acqua e sapone e la sua semplicità. Da anni ci regala sorprese e gioia ogni giorno, ma occhio a farla arrabbiare, altrimenti ve la vedrete davvero brutta! Signori e signore, un bell’applauso per la nostra SERENA!!
Alan era sicurissimo che Rob stesse parlando di Mera, fino a che non lo sorprese pronunciando quel nome. Il suo sguardo corse subito in alto. Lance applaudiva come gli altri, e ora sulle labbra gli era affiorata l’ombra di un sorriso mentre guardava verso la cascata. Alan distolse lo sguardo prima che potesse accorgersi di lui.
Serena fu una sorpresa, un vero fulmine a ciel sereno. Alan l’aveva vista poche volte, contando la prima sera e quella scorsa, dov’erano usciti tutti insieme, e comunque neanche se la ricordava bene. La ricordava però come una ragazza minuta, energica ma al contempo timida. Quindi gli risultava difficile immaginarla in uno di quei costumi che lasciavano così poco spazio all’immaginazione.
Perciò, quando la vide apparire non se l’aspettava così bella. Passò sotto alla cascata, e il getto d’acqua le inondò i capelli facendoli ricadere in punte bagnate lungo le spalle. Perdeva goccioline d’acqua a mano a mano che avanzava, ma guardava fissa davanti a sé, senza curarsi dell’acqua che le scivolava addosso. Si notava il rossore sulle sue guance puntellate di lentiggini. Indossava un bikini col pezzo sopra giallo e quello sotto verde. Era avvolta in un delicato pareo che era divenuto traslucido. Il suo fisico era minuto, ma aveva un seno prosperoso e si muoveva con la grazia di una ballerina di danza classica.
A più di qualcuno vennero gli occhi a cuoricino. Lance la guardava con un sorriso, mentre gli passavano accanto commentini che preferiva ignorare. A dir la verità, conoscendo la loro parentela, la gente troppo vicina a lui non osava proferire parola. Invece i suoi occhi colsero la sorella andare fino al bordo del ruscello, dove si trovava Alan. Il moro era rimasto completamente incantato dalla ragazza, lo si vedeva. La guardava ammirato come si guarda qualcosa di meraviglioso, e quando la giovane dai capelli a metà tra il biondo e il castano gli giunse davanti, gli rivolse un tenero e leggero sorriso.
Poi si volse. Vide Barney protendersi a sbavare e vide Shaun che scuoteva Alan per le spalle chiedendogli quale fosse il suo asso nella manica o se stesse barando.
Distolse lo sguardo, stringendo inconsapevolmente il pugno. Le cose per lui non erano più state le stesse dopo quella notte. Era persino venuto senza deck quella sera, una cosa che non faceva mai.
- Hai capito la carissima – stava dicendo Barney. Ma Alan non lo sentiva, era come in un’altra dimensione. Vide Serena andare a mettersi accanto a Sapphire, che prese ad annusarla, per poi fare un commento; probabilmente sul suo profumo. La ragazza, dopo l’imbarazzo iniziale, sembrò contenta e mise una timida mano sulla spalla di Sapphire; lei glielo lasciò fare.
Alan era ancora perso, come nel suo mondo. E mancava solo un altro nome, ormai. Fu la voce amplificata di Rob a riportarlo alla realtà.
E per finire, l’ultima concorrente è la ragazza più amata del Parco assieme alla cara Luvia. L’eterna rivale, una bellezza mozzafiato e inafferrabile, come le onde dell’oceano. Riuscirà quest’anno a strappare la corona di Miss Parco dei Duelli a Luvia? Signori e signore, è un piacere avere con noi stasera la nostra MERAAAAAAA!!!
La cascata sembrò tuonare in quel momento, il suo fragore pareva aumentato. Con gli scrosci che fluivano tra i ciottoli, l’ultima ombra scura si fece avanti dietro la parete d’acqua. Prima apparve il suo riflesso trasparente, acceso di un accenno dei suoi colori. Poi la cascata uniforme si infranse in due parti, e come Mosè che separava le acque ne uscì Mera. Bella come Alan non l’aveva mai vista.
I suoi capelli rossi assorbirono l’acqua senza diventare crespi, anzi, sembrava fossero fatti per esseri bagnati, al naturale. Sembravano fuoco liquido che le ricadeva sulle spalle e sulla schiena in spirali roventi e inarrestabili come rapide. I suoi occhi di bronzo rilucevano quasi sinistri e minacciosi, come fulmini sopra un vasto oceano, a sormontare la sua espressione impassibile.
Ora che Alan la vedeva per la prima volta in costume, si accorse di quanto davvero avrebbe desiderato che non lo avesse. Mera era una dea, perfetta in ogni sua forma. Era una nereide, una ninfa delle acque. Era uscita perfetta, come la Venere del Botticelli dalla sua conchiglia. Ogni sua proporzione era giusta come in una statua rinascimentale. Aveva un ventre tonico, un sedere sodo, un seno abbondante ma non cascante, e una pelle liscia e vellutata. Come si poteva anche solo pensare di competere con lei? Era prodigiosa, la cosa più bella che avesse visto, e che forse avrebbe mai visto.
Indossava un costume intero color verde acqua, con un motivo che ricordava le squame di un drago marino. Il costume le cingeva fianchi e spalle, e doveva avere aderenza proprio intorno ai capezzoli, lasciando scoperti la curva del seno e l’ombelico. Camminava quasi in punta di piedi, e sembrava volteggiare su quei ciottoli.
Arrivò sul bordo con la folla che era ormai impazzita e non si capiva più niente. C’era talmente tanto movimento che sembrava di stare ad un baccanale. Alan non udiva nemmeno il suono dei propri pensieri. Per un attimo dimenticò il Duel Monsters, dimenticò Lucius e tutta la merda della sua vita. In quel momento tutto ciò che desiderava era correre da Mera, abbracciarla e immergersi con lei per scomparire negli abissi. Era come una sirena che non aveva neanche bisogno di cantare per risultare irresistibile.
I loro sguardi si incrociarono. Occhi di cielo contro occhi di bronzo. Lei sorrise, e mormorò qualcosa. Dovette farlo, perché se avesse parlato non l’avrebbe sentita. Doveva leggerle il labiale.
Lei gli disse: Sono felice che tu sia qui.
Poi si volse, facendo ondeggiare i capelli che rilasciarono un ventaglio di gocce d’acqua. Andò a prendere il suo posto, ma mentre passava si scambiò uno sguardo con Luvia. Nessuna delle due fingeva di sorridere. La tensione ora era a mille, e gli applausi si sprecavano. Tutte e cinque le bellezze erano allineate, e ad Alan venne da pensare: fanculo Miss Universo, fanculo Victoria’s Secret e fanculo altre cagate del genere, siamo noi quelli veramente fortunati!
Perché a guardare quelle cinque bellezze, nel pieno dei loro anni e del loro vigore, non potevi che pensarlo.
Sembrava il sogno di una notte di mezza estate. Solo che era vero.
Venne poi consegnato a ciascuno un foglio con i nomi delle cinque concorrenti. Andava barrata a penna la casella corrispondente a chi si voleva votare. Facile e intuitivo. Alcuni erano già così andati che persero i propri fogli o li lasciarono cadere nell’acqua. Per fortuna ne avevano stampate un sacco di copie.
Le presero anche Alan, Barney e Shaun. Mentre gli altri due andavano sul sicuro, Alan dovette pensarci un po’. Si mise la penna al mento, e guardò verso la cascata, e poi a lato, dove stavano le concorrenti. La misteriosa eppure così popolare Luvia se ne stava in disparte, in altezzoso isolamento, le braccia conserte e un sorrisetto di superiorità sul volto. Sapeva di avere già la vittoria in tasca, praticamente.
Un motivo in più per non votarla. Non importava quanto bella fosse, non avrebbe dato il suo voto a quella snob.
È solo un gioco, lo so, che diamine! Ma io non gioco mai alla leggera…
Guardò poi Winona, che si osservava i piedi mentre tracciava cerchi con la punta di uno dei due. Aveva lo smalto anche alle dita, l’avevano notato quando era passata loro davanti, visto che stavano praticamente in prima fila. Posti d’onore, signori e signore.
Lei era bellissima, niente da dire. Ed era una che sapeva come fare colpo. Alan non riusciva a lasciarsi scivolare addosso le sue parole di quella mattina. Si ritrovò inconsciamente a pensare, deviando dal suo flusso di coscienza, che era facile innamorarsi di una così. Ma per quanto tempo?
Su Sapphire preferiva non esprimersi. Okay, era molto bella anche lei, di quella bellezza selvaggia che scatena la componente animale di ogni essere umano, ed era anche, lo ricordava bene, una bravissima duellante. Aveva rischiato grosso con quel duello di un mese fa. Cavoli, era un mese che non duellava! Ottimo risultato, pensò.
E doveva continuare così. Ma comunque, Sapphire sarà stata anche tutto quello che aveva pensato, ma non sentiva proprio di dare a lei il suo voto; per mille motivi.
Restavano le ultime due, Serena e Mera. Non credeva di doverci ragionare sopra, era evidente chi delle due meritasse il voto. Ma cos’è che l’aveva esattamente colpito in Serena?
La sua bellezza acqua e sapone, come l’aveva definita Rob? O era qualcos’altro. Vedeva che le due stavano chiacchierando. Mera era leggermente più alta di Serena, e quel giorno sembrava decisamente più in alto di tutti loro. A chi delle due avrebbe dovuto dare il voto?
Rob aveva anche detto un’altra cosa, ora che ci pensava: aveva detto che Mera era l’eterna seconda, il che voleva dire che finiva sempre dietro a quella Luvia. A ben pensarci, doveva supportare Mera. Nel bene o nel male, era diventato parte di quel mondo non solo grazie a Barney, ma anche e soprattutto grazie a lei. Era stata lei a esortarlo a fare la cosa giusta. E Alan, a dover essere onesto, non se n’era veramente pentito.
Scrisse il suo voto nel momento in cui stavano venendo ritirati i foglietti. Consegnò il suo al ragazzo in jeans e maglietta assieme alla penna. Poi giunse le mani e appoggiò i gomiti alle ginocchia.
- Bruh, chi hai votato? – gli domandò Shaun, sporgendosi da oltre Barney.
Alan lo guardò e gli rivolse un sorriso tagliente. – E tu? Immagino che la scelta ovvia fosse tra la favorita e la seconda in carica, giusto?
Shaun fece un cenno d’assenso con la zazzera di capelli scuri che si muoveva nell’aria, illuminata dai fari. – E’ stata una dura scelta – confessò.
- E? – lo esortò Barney.
Shaun bevve l’ultimo sorso dalla sua birra, poi l’appoggiò in mezzo alle scarpe.
- Mera – disse infine.
- Ohhh – fece Alan – ti facevo più un tipo da bionde.
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli. – Non fraintendere - esordì – Luvia è la favorita non per caso. Sì, è una spocchiosa. Anzi, diciamolo pure, è una gran stronza. No, meglio ancora: una befana.
Barney finse un verso sconcertato. – L’ha detto davvero!
- Essì – confermò Alan, divertito. L’atmosfera fra loro si stava allentando grazie a Shaun, ed entrambi gliene erano silenziosamente grati.
- Sì, si vede, anche dal suo modo di duellare – proseguì quello. – E’ una a cui piace schernire i suoi avversari; li vuole sottomettere, ecco. Ma è bellissima, e questo non è un test della personalità. Qui vince la più gnocca. È per questo che le femministe sono incazzate e vengono poi a buttarci merda.
- Brutta storia – convenne Alan.
- Ma Mera – disse poi il moro – è… è Mera.
Calzò su quel nome, e ad Alan ricordò quanto suadente suonasse alle orecchie di Andy Dufresne e Red il nome Zihuatanejo. Chiuse gli occhi e ispirò quel nome; gli venne un fremito.
- E’ come chiedermi di scegliere tra Land Down Under e Africa – stava dicendo Shaun. – Land Down Under è una canzone magnifica per mille ottimi motivi. Potrei startene a parlare per ore, ed è questo il punto: che dovrei startene a parlare per ore. Ma Africa
Scosse la testa e guardò la cascata. – Africa è semplicemente perfetta, in tutto e per tutto. Non ha bisogno di tante parole. Come Mera. Guardatela.
I due fecero come diceva. Shaun scosse di nuovo la testa: - E’ semplicemente magnifica. Perfetta, come deve esserlo il tramonto in Africa quando smette di piovere.
I due lo guardarono poi ammirati. Non se l’aspettavano una performance scenica del genere da parte sua. Era un ragazzo pieno di sorprese. I due si diedero uno sguardo di intesa e gli batterono le mani.
Shaun, in quel momento, parve ridiscendere dalle nuvole alla realtà, e giocherellò con la bottiglia in uno dei classici momenti di autismo che hanno a volte le persone. In quel momento, anche loro tornarono alla realtà quando Rob, finiti di esaminare i risultati, impugnò il microfono.
Sembrava in imbarazzo.
Ahem. Come dire… è successa una cosa inaspettata.
Luvia, che stava già pregustando la sua ennesima vittoria, tese le orecchie come un animale che ha percepito il pericolo. Le altre ragazze erano altrettanto attente; nonostante ciò, Mera e Alan si scambiarono un rapido sguardo, come se le loro menti si fossero sfiorate.
Hai fatto tu qualcosa?, era la muta domanda della rossa. Come se Alan avesse scombussolato un equilibrio che durava da sempre lì dentro. Rob proseguì:
Signori e signore, incredibile a dirsi, ma per la prima volta nella storia del Parco…
Pausa di suspense.
ABBIAMO UN PAREGGIO!!
- COSA?! – esclamarono all’unisono le cinque concorrenti e buona parte della folla. Mormorii di stupore e versi concitati si mossero, come il frinire delle cicale nelle notti estive.
- Un pareggio? – fece indignata Luvia, che finalmente parlò. – Siete impazziti? E con chi?
A risponderle fu un sempre imbarazzato Rob.
Be’, abbiamo due vincitrici a pari merito: per pari numero di voti, si classificano al primo posto sia Luvia che… MERA!!
La folla esplose. Un sorriso genuino affiorò sul volto di Alan, con spontaneità, espressione che contrastava con la crescente irritazione sul viso della bionda e lo spaesamento della rossa.
- A pari… merito? – ripeté. Winona e Serena stavano applaudendo. Sapphire invece le mise una mano sulla spalla, rivolgendole un sorriso.
- Te lo meriti – le disse.
Mera sembrava su un altro pianeta.
- No – fece Luvia. – No, no, no. Non esiste. Avrete sbagliato a contare!
Puntò un dito contro l’improvvisata giuria, formata da Rob e un altro paio di ragazzi e ragazze. In disparte in un angolo, il vecchio Dan fece un verso aspro con la bocca.
- Ragazzine viziate – commentò, la voce arrochita dal fumo. – Non sanno proprio perdere.
Anche Lance, sempre in disparte e con le braccia incrociate, fece: - Questa sì che è una sorpresa. Mi chiedo come si risolverà ora la cosa.
Rob si difese dall’accusa. – No, non è vero. Abbiamo anche ricontrollato!!
Impossibile.., pensò quella a denti stretti, non mi farò soffiare il titolo di Miss Parco dei Duelli per il terzo anno consecutivo da quella maledetta Mera.
Il suo sguardo si puntò direttamente sulla rivale, che sembrava, paragone calzante, un pesce fuor d’acqua. È il mio titolo, è mio.
Strinse i pugni con forza fino a farsi sbiancare le nocche. A quel punto parlò Mera: - Datele pure il punto – disse, a sorpresa. Tutti si volsero increduli, Luvia compresa.
Cosa… cosa sta dicendo??
Stentava a credere alle sue orecchie: l’altra aveva forse dato forfait con quella facilità?
Mera non sembrava scherzare. – Non ho mai avuto interesse in questa competizione – confessò. – Lo faccio solo perché gli altri si divertano.
Le rispose un mormorio confuso. Anche Alan lo era: Ma che sta dicendo? La facevo una più combattiva.
Ma il ragazzo colse qualcosa che molti non dovevano aver notato: Mera non aveva convinta. Aveva gli occhi tristi, velati da un’ombra grigia. Lo vedeva anche da lì. Le dispiaceva rinunciare così; ma allora perché lo stava facendo.
- Il titolo è nuovamente tuo, Luvia – disse la rossa, avviandosi poi verso di lei, le punte dei piedi che creavano onde nelle pozzanghere formatesi nelle cavità dei ciottoli.
Tese la mano alla bionda. – Congratulazioni.
La sua voce era piatta e atona. Luvia invece era visibilmente sconvolta. I capelli sembravano ora molle impazzite saltate per quell’incredibile evento. Guardava la sua mano come se lei le stesse porgendo un insetto disgustoso. Era paralizzata, visibilmente, e molti cominciarono a parlare fra di loro. Era evidente che nessuno l’aveva mai vista così. Alan l’aveva intuito presto: il sorriso di sicurezza dell’altra era evaporato nell’istante in cui era emersa la possibilità di un pareggio, e ora era stata abbattuta dalla notizia di una facile vittoria, anzi, di una vittoria regalata. Era una ragazza bloccata nell’immane contraddizione di vincere sempre ma di non accettare quando questo non succedeva come lo voleva. La contraddizione che li rendeva tutti umani.
Le sue mani tremavano, la sua bocca era incapace di pronunciare parola alcuna.
Non può essere, pensava, e la sua mente era come un treno lanciato a velocità folle verso una galleria murata. Non posso vincere così. Se accetto, la gente dirà che sono una raccomandata. Tutti penseranno che la “la grande Luvia” non sia altro che una farsa, una menzogna. Tutti crederanno che io sia una buona a nulla!
Guardò Mera negli occhi. Ma se rifiuto… perderò il titolo. E questo non posso permetterlo!
Nei suoi occhi si accese una scintilla di rabbia. Che tu sia dannata, Mera, per avermi messa in questo impasse. Non sei altro che una fottuta sgualdrina che non merita di stare qui.
La sua cattiveria da serpe stava per trasparire oltre i suoi pensieri.
- Che ti prende? – domandò paziente la sua rivale. – Hai vinto. Perché non…
A quel punto, una voce si fece sentire, una voce che sovrastò tutte le altre: – NON SONO D’ACCORDO!
Tutti si volsero e lanciarono grida di stupore. Alan spalancò gli occhi e avvertì un profondo senso di disagio. Ad aver parlare era stato Lance.
Il rosso ridiscese con agilità dalla collinetta, sotto lo sguardo basito e preoccupato della sorella, mentre tutti gli mormoravano attorno. Lui ritornò in pianura e avanzò con la calma e l’impassibilità che lo contraddistinguevano, guardando dritto davanti a sé, perfettamente sicuro di dove poggiava i piedi senza nemmeno il bisogno di guardare.
Lance, pensò Luvia in panico, che diavolo vuole ora?
Quando parlò, il ragazzo lo fece con franchezza: - Sappiamo tutti benissimo che Luvia non è la vera regina del Parco. E non lo è mai stata.
- Come osi! – protestò lei, indignata.
Lance la sfidò con uno sguardo di fuoco e le rispose con voce profonda: - Zitta, donna – le intimò – non sto parlando con te. Sto parlando di te.
Luvia si zittì immediatamente, terrorizzata. Lance proseguì: - Mi appello a voi, amici e compagni.
Sembrava stesse tenendo un comizio nell’Acropoli. – So perfettamente che questo è un concorso che si è sempre basato sulla bellezza. Ma vogliamo davvero accettare passivamente di eleggere come nostra regina una frequentatrice sporadica del nostro Parco?
Indicò Luvia. – Sappiamo perfettamente che Luvia ci sfrutta soltanto per acquisire notorietà. Noi siamo solo pedine nella sua scalata verso il successo. O, piuttosto, verso una vita fatta di gioie effimere e di magre consolazioni, oserei dire.
Luvia serrò le labbra. Era completamente rossa in volto, ma si vedeva che non osava rispondere. Lance la stava pubblicamente umiliando, e lei era costretta a tenersi tutto dentro.
- C’è una sola, vera regina, una sola Miss Parco dei Duelli degna di questo nome – disse, chiudendo il pugno. – E noi sappiamo perfettamente chi è.
Puntò il dito. – Mera! Perché è sempre stata lei, fin dal primo anno. Lei è la nostra regina.
Mera non sapeva cosa dire. Era scandalizzata, forse quasi quanto Luvia, anche se per ragioni diverse. Il pubblico cominciava a dare ragione a Lance. Erano incantati dalla sua retorica, dalla convinzione delle sue argomentazioni, dalla sua affabilità. Lance era uno che sapeva tenere banco. Anche Alan lo ascoltava in silenzio, ma dentro di sé non poteva che domandarsi: Lance, che stai facendo?
E, anche se non lo sapeva, l’identico pensiero angustiava la sorella, bellissima nel suo costume da bagno, ma con lo sguardo preoccupato.
- Mera ha tutte le qualità per essere eletta stanotte – proseguì il giovane. – Perché è arrivata l’ora di confessarlo: lei non è solo bellissima, è anche una duellante straordinaria.
Il viso di Mera era dello stesso colore dei suoi capelli. – Piantala, Lance! – lo pregò. – Non serve darsi tanto sbattimento per uno stupido concorso.
- Stupido concorso? – Una vena pulsava ora sulla fronte di Luvia, che tornò a parlare: - Questo non è uno stupido concorso! Vuoi forse dire che non mi sono meritata i miei titoli? Pazza!
Puntò il dito. – Io sono una duellante straordinaria. IO, hai capito?
- Come vuoi tu… - Mera sembrava essersi spenta.
- C’è un solo modo per provarlo – rivelò Lance, e ora era finalmente chiaro dove volesse andare a parare. – Un duello! – disse infatti, e la folla lo imitò intonando: DUELLO, DUELLO, DUELLO!!
Il grande pubblico reclamava il duello. Ora un sorriso di sfida era tornato sul volto di Luvia. – Mpf, vuoi che io e lei duelliamo?
Guardò Mera. – Sarebbe un gioco da ragazzi, e soltanto l’inutile riprova di quello che sapete già: sono io la migliore.
Sul piano dei duelli, ora Mera mostrò di essere piccata. – Ah, davvero?
Si mise sul piede di guerra. Ma Lance le interruppe: - No.
Entrambe si voltarono davanti a quella negazione perentoria. – Eh? – domandarono all’unisono.
Lance incrociò le braccia. – Luvia ci ha dimostrato per anni di essere la favorita del pubblico, per quanto io non capisca questa cosa. Ora è il turno di Mera di provare il suo valore.
Tutti gli occhi erano di nuovo su di lui, compresi quelli di Rob, delle altre tre concorrenti, che lasciate ora in disparte sembravano le Tre Grazie, e del trio composto da Alan, Barney e Shaun.
- Ma non lo farà contro di te! – E Lance spiazzò di nuovo tutti. – Io chiedo che stanotte si disputi un duello, e che Mera combatta per il titolo di Miss Parco dei Duelli. Perché la nostra regina, la nostra vera regina, deve essere non solo bellissima, ma anche valente. Deve dimostrare il suo valore! E qui abbiamo un solo modo per provare una cosa del genere.
La folla rispose ancora: DUELLO, DUELLO, DUELLO!!
- Taglia corto Lance! – sibilò Luvia. – Tanto rumore per nulla, alla fine? Con chi dovrebbe combattere, se non con me?
Lance fece un sorriso che nessuno gli aveva mai visto fare; in quel momento, un senso di disagio si insinuò in Alan, che si portò una mano allo stomaco.
- Il suo avversario… - Lance alzò lentamente il dito, prima su Luvia, poi sulle altre tre. Gli fece fare un bel percorso, puntandolo praticamente su ognuno dei presenti,  o quasi. E infine, additò la sua vittima sacrificale: - SARA’ ALAN, L’EROE DEL PARCO DEI DUELLI!!
Tutti si voltarono a bocca aperta. Barney e Shaun guardarono il moro come se fosse una specie di strano alieno.
- ALAN!! – lo interpellò, davanti al suo sguardo incredulo. – SARAI DISPOSTO A SFIDARE MERA, PERCHE’ DIMOSTRI IL SUO VALORE, O TI TIRERAI INDIETRO, DIMOSTRANDO DI NON AVERE ONORE?! CHE COSA RISPONDI?!
Il suo tono ora era feroce. Alan lo guardò con inappellabile pietà.
Lance… davvero mi odi fino a questo punto?
Dall’alto della collinetta, nascosto molto indietro negli alberi, Gary Oak fece un sorrisino intrigato.
- Si fa interessante…
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Hola, popolo di EFP!
Non è stato facile scrivere questo capitolo, e nella mia mente ha cambiato direzione molte volte prima di diventare ciò che avete appena letto. Mi perdonerete per la sua lunghezza, ma sono alquanto contento di com’è uscito. Meno contento sono del fatto di averlo dovuto spezzare. Doveva essere un capitolo unico, ma siccome la preparazione ha richiesto più tempo del previsto, e questa settimana è stata davvero terribile a livello di tutte le cose da fare, non sarei mai riuscito a portarvi in tempo qualcosa da leggere ora, se avessi seguito i miei piani originali.
E sono già abbastanza in ritardo con la pubblicazione. Perciò, sono giunto a qualche compromesso per rispettare i tempi proposti, ma ripeto, non mi pento di com’è venuto, e comunque questo non cambia nulla rispetto alla programmazione della prima stagione di questa fan fiction.
Vi ringrazio per la pazienza che avete portato, e questo angolo dell’autore sarà molto breve, visto che il capitolo già di per sé è abbastanza lungo e l’ora è tarda. Inizialmente, il duello avrebbe dovuto svolgersi tra Mera e Luvia, ma ritengo giusto donarvi un duello con Alan. Lance lo sta mettendo alla prova: sarà disposto a rinunciare ai suoi propositi di non duellare più, oppure rimarrà coerente con sé stesso, e in questo modo disonorerà anche Mera.
Non mi serve dirvi che lo scoprirete nel prossimo capitolo, perché la risposta è ovvia: Alan duellerà. Contro la sua volontà, certo, ma lo farà. E come vedete, ad ogni capitolo, un po’ alla volta, cominciamo a scoprire pezzi del passato di Alan. Fino a quando non avremo il quadro completo, e il momento di rivelarvelo non è cambiato. Sarà presto, davvero presto.
Abbiamo visto i nostri amici alle prese con gli ormoni, e abbiamo scoperto una cosa abbastanza sconvolgente su Barney: non gli piacciono le ragazze, malgrado tutto! Esattamente come l’attore che lo interpreta, Neil Patrick Harris. Non è una scelta di fan service, è che lo trovavo carino. E vedrete come si svilupperà la cosa.
Nel prossimo capitolo, vedremo come si evolveranno le cose, e cosa penserà Luvia, che altri non è che un personaggio dell’universo di Fate. Compare, per la precisione, alla fine di “Fate: Unlimited Blade Works”, ed è un personaggio principale di “Fate: Kaleid”, se non erro.
Oh, avremo modo di dare risalto anche a lei, non preoccupatevi. Intanto rivediamo il nostro Gary, che a insaputa di tutti è venuto ad assistere, come se sapesse che Alan avrebbe finito per duellare. Chissà come sarà finita quella serata da Zachary.
Ringrazio tantissimo chiunque abbia lasciato una recensione, e anche chi segue in silenzio. Sapete che mi trovate sempre qui, aperto a voi e ai vostri commenti. Mi scuso per la fretta e la brevità di questo angolo, e prometto che ci sentiremo meglio al prossimo capitolo. Che sarà entusiasmante, io ci credo!
 
Nel prossimo capitolo: “Creature dagli abissi”
Alan è costretto a raccogliere il guanto di sfida di Lance, ma i mostri marini di Mera lo metteranno in seria difficoltà. Riuscirà a prevalere ancora una volta, o sarà battuto da quello che è il suo avversario più forte fin’ora? Mera combatte per molto di più che la vittoria. E la notte si accende!
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
 
 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Crossover / Vai alla pagina dell'autore: UlquiorraSegundaEtapa