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Autore: paoletta76    24/09/2019    0 recensioni
Ecco Gubbio, il suo profilo lungo la collina. Laura chiudeva gli occhi, e si apriva la scatola dei suoi ricordi.
Indietro, indietro, fino al suo primo salire lungo quella strada fra le case, fino alla prima volta di fronte alla facciata di pietra della caserma. Poco più di due anni fa.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Piccole Storie'
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Il 4 Marzo era da sempre il 4 Marzo, e prima di quella maledetta notte di sette anni fa non aveva mai significato niente di speciale, per lei. Non era mai stato più che un giorno qualunque sul calendario, fino alla morte dei suoi genitori. Da quel momento, il 4 Marzo era diventato l'anniversario del più grande dolore della sua vita, un giorno di cui desiderare la fine. Senza eccezione, neanche questa volta.
 
Una pizza con le amiche, dopo un giorno più che atroce. Una birra, due birre, tre. Un brindisi già un po' brille, risate che non bastavano a medicare un cuore ferito.
Il capitano la vide di sfuggita, passando davanti alla pizzeria. Sarebbe scappato ad unirsi quell'allegria, dopo un fine settimana più che nero. La presenza di Amanda al suo fianco pesava come un macigno, dopo il litigio di quel pomeriggio.
- Il nostro rapporto ha bisogno di una svolta..- gli aveva detto, decisa, lasciandolo a pendere dalle sue labbra pensando a chissà che, e poi distruggendo tutto come fa un colpo di vento su un castello di carte -..devi farti trasferire a Roma.
Basta, gli aveva tuonato il cuore. Non era riuscito a dirle di sì.
- Ma.. Amanda.. stai scherzando? Io non posso..- aveva aperto le mani, quasi sconvolto dall'egoismo di quella ragazza.
- E' perché ci hai un'altra, vero? - lei mise il solito broncio da capricci.
- Ma no.. è che.. qui ho il mio lavoro..- lui cercò una spiegazione. Come poteva, dar voce al suo cuore? Faceva un male terribile, sapere la verità.. stare con lei.. e amare un'altra..
 
Amanda accettò di uscire, di cenare fuori. Gli rivolse poche e nervose parole. Di sicuro la piccava, il non aver ottenuto un signorsì, questa volta.
- Tu sei distratto, Massimiliano.- gli aveva detto, incattivita - sei distratto. Non mi ami più.
- E' solo perché stavolta non m'inginocchio ai tuoi piedi? - lui s'era innervosito - no! Non ci vengo, a Roma! Non me l'ha imposto mio padre, non me lo imponi tu! E' la mia vita, e che cazzo!
La pizzeria era di nuovo lì, a due passi. Gli occhi azzurri di Laura, il suo codino danzante, il riso un po' smodato e tenero di quando appariva felice.
Voleva stare a Gubbio, voleva stare spalla a spalla con lei, e non gl'importava un accidente se per sempre avesse battuto i tacchi e non l'avesse degnato di uno sguardo diverso da quello riservato ad un superiore.
Amanda lo intercettò, quel suo fissare insistente la vetrina della pizzeria. Non era stupida.
- E' per via di quella lì?! - la indicò con stizza - la ragazzetta che ti porta la posta la mattina! E certo, con lei sei tu, che hai sempre ragione! Quella lì batte i tacchetti!
- Quella lì è una collega, e basta.- lui mentì spudoratamente - non c'entra niente. Voglio solo essere io, a decidere della mia vita. Amanda.. per piacere..- il tono diventò implorante, ma non bastò ad ammorbidirla.
- Ci penserai stanotte. Io me ne vado in albergo.- secca e risoluta, lei voltò i tacchi e scomparve, lasciandolo piantato in mezzo alla strada come un palo della luce.
Mosse un passo, due. La testa gli diceva di correre a scusarsi con la sua donna, il cuore di sfidare il vento e buttarsi in pizzeria. Non riuscì a dare ascolto a nessuno dei due, e rimase piantato per almeno mezz'ora con le spalle al muretto, nella penombra della piazza.
 
Ecco quel gruppetto di ragazze; uscivano, venivano nella sua direzione. Laura ora sembrava decisamente ubriaca; una delle amiche la sorreggeva, come temesse di vederla svenire da un momento all'altro. Un'altra sfoderava il cellulare.
Un impulso lo spinse ad uscire dall'ombra:
- Serve una mano?
- No, grazie.- replicò una delle ragazze, sbrigativa.
- Guarda che non c'ho cattive intenzioni.- lui sfoderò il tesserino - sono il suo capo. V'ho visto uscire; mi sembra che stia male..- raccolse il peso di Laura dalle braccia dell'altra ragazza, se l'appoggiò col viso contro la spalla.
- Dobbiamo fare qualcosa..- fece quella col cellulare - chiamare i suoi..
- Ci penso io.- replicò lui - la porto a casa io.
Le ragazze si fidarono, lo accompagnarono per un pezzo di strada e poi lo lasciarono solo con Laura fra le braccia.
 
La finestra del soggiorno di Cecchini era buia, la campana della chiesa rintoccava l'una. Non poteva tirarli giù dal letto, si disse. Non per una cosa squallida come una figlia ubriaca da mettere a letto. Aprì il portone di casa propria, poi prese in braccio Laura e scivolò su per le scale. Non l'aveva mai avuta così vicina, pensò, mettendole il proprio pigiama e rimboccandole le coperte. Non così vicina da sentirla respirare. Sorrise, depositandole una carezza sulla fronte. Raccolse un cuscino, andò a cambiarsi.
 
Era notte fonda, quando Laura aprì gli occhi trovandosi in un letto che non era il suo.
- Oddio.. oddio..- si alzò di scatto, cercando in quella stanza qualcosa di familiare. Niente, a parte la certezza che il 4 di Marzo fosse finalmente passato.
Di che stupidaggine era stata capace, stavolta? Ricordava la prima pinta di birra, forse la seconda. Dopo, il buio.
Scivolò fuori dal letto, spaventata al trovarsi addosso solo la biancheria e un pigiama troppo grande per essere quello di una qualunque delle sue amiche. Uno spiraglio di luce filtrava dagli scuri, a farle da guida. Ciabatte da uomo ai piedi del letto, un orologio da uomo sul comodino. Nessuna traccia dei suoi vestiti, e la tremenda sensazione di aver qualcosa di scomodo da confessare a don Matteo.
Un passo dietro l'altro, uscì verso il soggiorno di quell'appartamento. Tutto pulito, ordinato. Il berretto di una divisa da carabiniere sul tavolo da pranzo. Da uomo, pure quello. Le prese una sensazione come di spine contro la schiena, quando vide appese in un angolo del muro le foto della fidanzata del capitano.
Doveva scappare. Doveva scappare, di lì, e farlo anche in fretta.
Un sospiro di sollievo, trovando i propri vestiti piegati sulla spalliera di una sedia. Mosse un passo, due. La figura scura che occupava il divano non si mosse.
L'avergli dato un'identità aumentò la sua fretta. Arrivò alla sedia, fece scivolare via jeans e maglione stando attenta a non far rumore, se li raccolse contro il petto e fece per tornare verso la camera da letto.
- Guarda che ti ho sentito.- una voce le mandò il cuore in gola, pietrificandola a metà stanza.
Se avesse avuto i tacchi, avrebbe fatto eco il loro suono.
La figura scura comparve da oltre la spalliera del divano, e su quella intrecciò le mani, continuando a parlare con voce quasi delusa:
- Non potevo tirarli giù dal letto per una figlia ubriaca. Vattene a dormire; a casa ci torni domani.
- Signore..- lei rispose con un filo di voce.
- Finiscila. Vai a dormire.- un attimo di silenzio, e con un sospiro lui decise di continuare il suo monologo - lo sai? Mi da fastidio. Mi da fastidio da morire, quando batti i tacchi e ti pianti lì rigida come un bastone di scopa. Mi da fastidio, che lo fai solo con me.
- Capitano..- lei provò a ribattere, ma fu come se lui non l'avesse sentita.
- Sì, è quello che t'hanno insegnato. Sì, ci passiamo nove.. no, dieci gradi. Ok, io comando la compagnia, tu sei l'ultima arrivata. Ma mi da fastidio lo stesso. Se sei felice sorridi, e io sono fuori. Se sei triste ti fai del male, e io sono fuori come sopra. Sai, Capobianco? Mi hai deluso..
Laura non riuscì a muovere altri passi verso la fuga. Sguardo basso, un pugno a stringerle il cuore. Non le costava niente, si disse. Non avrebbe fatto del male a nessuno, se per una volta, una volta sola, l'avesse considerato un amico.
- Sono un'orfana di mafia..- disse, piano piano - ma questo lo saprà già..
- Sì.- fece lui, mettendosi in attesa.
- Oggi è il 4 Marzo..- lei mosse un passo avanti - è il giorno che da sette anni cerco di non vivere.- lo vide aggrottare le sopracciglia, e continuò - era il 4 Marzo.. io me ne stavo coi miei amici a divertirmi al bar, quando è arrivato mio cugino Turi.. non ha fatto voci con nessuno, mi si è fatto vicino, e m'ha detto: Hanno ammazzato i tuoi.. Un'auto in corsa, una grandine di colpi di fucile. Tenevamo una lavanderia; non hanno mai voluto pagare il pizzo. Da sette anni faccio di tutto, perché questo giorno passi il più in fretta possibile.. ma non serve a niente; è di nuovo il 4 Marzo e ricomincia tutto daccapo..
- Vieni qui.- lui mosse appena la mano; la vide bloccata, e ripeté la richiesta - dai, vieni qui.
Scivolò a terra, spalle al divano, le fece cenno di sederglisi accanto. Lei eseguì come un automa.
- Mi dispiace, Laura.. - lui tese la mano, e nei suoi occhi di mare Laura vide solo un ragazzo in pena per un'amica. Niente stelle, niente divisa. Le lacrime le inondarono gli occhi, e tutto quello che riuscì a fare fu scivolargli addosso, lasciandosi andare a piangere finché le lacrime non finirono, fino al suo primo vero 5 di Marzo. In quella stanza buia, stretta contro la sua spalla, per la prima volta lo sentì come il suo capitano.
Poi lui la sollevò fra le braccia, la posò sul letto e le rimboccò di nuovo le coperte.
Non ci rimase male più di tanto, trovando il letto vuoto, la mattina dopo. Era un altro giorno, si ricominciava daccapo..
 
Laura era scivolata via di soppiatto, cercando di non svegliarlo. Fosse stato un altro, si sarebbe fermata. Fosse stato un altro, gli avrebbe dato il buongiorno con un bacio. Ma non era un altro; era il suo comandante, era fidanzato con una ragazza mille volte più bella di lei, mille volte più elegante e preziosa. Era l'uomo che non avrebbe mai potuto avere.
Un fitta al cuore, alzando lo sguardo verso quella finestra. Poi nascondersi nel portone, in tempo per far credere al resto della famiglia di essere rientrata almeno sette ore prima.
 
Amanda l'aveva vista. Impossibile, non notare una ragazza che scappava di nascosto dalla casa del suo uomo per infilarsi nel portone di fronte..
Ci aveva pensato per tutto il resto della serata, si era organizzata un bel discorsetto. Ok, per ora avrebbe potuto restare lì, il piccolo ribelle. Il tempo di trovare una bella casa in centro a Roma e lavorarselo un po', in vista del matrimonio. Ora era il suo, di castello, a volare via col vento..
 
Massimiliano aprì la porta col cuore carico di gioia, credendo che Laura ci avesse ripensato, o al massimo di trovare Cecchini a cui dare spiegazioni per quel rientro tanto sospetto.
- In fondo, maresciallo, è stata colpa sua..- immaginò la risposta da dargli - l'ha detto lei.. bellissima ragazza..
Gli morì il sorriso, trovandosi davanti lo sguardo incattivito di Amanda.
- Questo è troppo anche per me, Massimiliano.- gli disse, inviperita.
Lui rimase senza parole, inchiodato sulla porta.
- Sei un bugiardo. Un bugiardo e uno stronzo.- continuò lei, sempre più cattiva.
- Amanda, io..
- Guarda che è inutile, che trovi scuse: l'ho vista. L'ho vista, quella lì, che sgattaiolava fuori da casa tua..
- Amanda, per piacere.. è solo un'amica che ha bisogno di qualcuno con cui parlare..- lui giunse le mani cercando di arginare il danno.
- Sì, di parlare nel tuo letto.- replicò lei, acida.
- Non abbiamo fatto niente..
- Senti; io ero venuta per dirti che va bene, che potevi restare. Almeno fino al matrimonio, poi se ne parlava. Ma tu..
Massimiliano rimase per un istante a fissarla. Eccola, era sempre lei. Non un millimetro più, non un millimetro meno. Si fa quello che dico io, prima o poi. Le sue parole suonavano tutte uguali, erano diventate quasi banali.
Basta, tuonò di nuovo il suo cuore. Oggi era il 5 Marzo, era un altro giorno. Anche per lui.
- Non c'è altro, di cui parlare.- le disse, secco - ci hai ragione, Amanda. Io amo quella lì. Non ci verrò mai, a Roma con te.
 
Si sentì libero, leggero, vedendola voltare i tacchi e sparire oltre il portone. Stavolta era per sempre; non l'avrebbe più assillato coi suoi capricci. Gli sembrò di poter volare.
Uno sguardo, automatico, alla finestra. Il maresciallo stava facendo colazione con davanti il giornale, come quasi tutte le mattine. Un sorriso, un cenno di saluto. Poi nello schermo comparve Patrizia, che si sedette a tavola senza notarlo.
Laura fu l'ultima ad arrivare, mentre la moglie del maresciallo distribuiva sul tavolo latte e caffè. Sembrava riposata, rilassata. Era bella, più bella del solito. O forse era solo colpa dei suoi occhi innamorati, pensò il capitano. Si ritirò nell'ombra, andò a farsi una doccia. Fu quando l'acqua prese a scorrergli sulle spalle, che iniziò a sentirsi male.
All'inizio pensò alla stanchezza: quella notte non aveva dormito molto, né troppo comodo. O forse era stata l'idea cretina di tornare a correre sotto la pioggia, dopo quella volta in cui s'era preso una mezza bronchite..
Mi ci manca un'altra influenza.. pensò, vestendo la divisa e dirigendosi verso la caserma. Non adesso, che era libero, padrone della propria vita. Non adesso che era felice..
 
Gli passò accanto una ragazza in tuta da ginnastica. Sorrise, pensando a quella volta in cui aveva incrociato Laura al parco, e a com'era stato felice Cecchini di passarle per una volta lo scomodo testimone di compagno di corsa. Era stato forse il primo accenno di sorriso, quello con cui lei aveva accettato una sfida a chi arrivava prima al monte di sant'Ubaldo. Il primo istante in cui lui aveva notato quanto avesse ragione il maresciallo a definirla con orgoglio bellissima ragazza.
 
Un colpo di tosse, due. Accidenti all'influenza, si disse, varcando la porta della caserma. Niente corsa insieme, per ora. Sì, ma che poteva proporle? Che cosa le avrebbe detto, adesso che arrivava, bussava e batteva i tacchi come niente di quella notte fosse stato vero?
Aspettiamo, lasciamo stare, pensò. Non era il momento né il luogo adatto: lì dentro, lei era ancora la burba e lui il comandante.
  
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