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Autore: paoletta76    24/09/2019    0 recensioni
Ecco Gubbio, il suo profilo lungo la collina. Laura chiudeva gli occhi, e si apriva la scatola dei suoi ricordi.
Indietro, indietro, fino al suo primo salire lungo quella strada fra le case, fino alla prima volta di fronte alla facciata di pietra della caserma. Poco più di due anni fa.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Piccole Storie'
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Un mese, due, tre. La tosse non passava, il senso di stanchezza si faceva più insistente. Per il picchetto alla visita del generale preferì chiamare un tenente di Perugia.
La visita di quell'ufficiale da Roma sarebbe stata molto importante; dall'ordine e dalla disciplina dimostrati sarebbe dipeso un elogio, magari qualche promozione a premio di un anno di duro lavoro. Meglio non rischiare mettendosi in prima fila senza la capacità di far sentire la propria voce.
 
Il 13 Giugno, il generale arrivò puntualissimo. Ad attenderlo sulla piazza, una trentina di uomini della stazione di Gubbio e del comando di Perugia.
Il tenente inquadratore rigido al bordo della fila, poco più in su lo sguardo celeste di Laura. Cecchini in seconda fila, per non far troppi danni. Il capitano a lato del palchetto da cui il generale avrebbe detto le sue due o tre parole di circostanza.
L'ufficiale arrivò, passò in rassegna uomini e donne in divisa, tutti rigidi mano alla fronte. Poi si avviò al palchetto, iniziò a parlare. Al suo fianco sinistro, la targa commemorativa che avrebbe dovuto scoprire. Al suo fianco destro, un giovane capitano immobile nella sua divisa nera ma pallido come uno straccio.
 
Laura mosse lo sguardo una, due volte. Non poteva mostrare a nessuno d'essere preoccupata. Il suo capitano sembrava stare sull'attenti come un uomo sotto tortura, cosa troppo strana per uno come lui.
All'improvviso, un movimento. Laura lo vide respirare profondo una, due volte, prima di accasciarsi a terra. Non perse un istante a pensare; mano al berretto, gli corse a fianco senza ascoltare le grida dell'inquadratore che le intimava di non lasciare il picchetto, o il brusìo di sorpresa della gente lì intorno.
- Capitano..- gli raccolse le spalle, lo lasciò aggrapparsi alla sua manica - capitano..
Il cuore le saltò in gola, quando lo vide tossire sangue. Trovò una manciata di coraggio, gli passò un braccio attorno al busto, portandogli il viso a contatto con la sua spalla. Liberò l'altra mano, raccolse il cellulare e compose il 118.
- Sono il carabiniere Capobianco - meccanica, ripeté le parole di qualifica imparate al corso - ho un'emergenza, un superiore in collasso sulla Piazza Grande di Gubbio.. sbrigatevi, ha un'emorragia in corso..
 
Massimiliano non sentì nient'altro; intravide appena la sua sagoma scura prima che gliela staccassero di dosso. Poi freddo, e più nulla.
Glielo disse sua madre, con le lacrime agli occhi, quarantott'ore dopo. Glielo disse sua madre, che gli avevano dovuto asportare un tumore.
 
Laura era rimasta in mezzo alla piazza, bloccata da un'invisibile mano, mentre l'ambulanza si allontanava a sirene spiegate. Gli occhi sbarrati, uno schizzo di sangue sul colletto, fra le mostrine. Poi aveva raccolto da terra quel berretto non suo, ed era rimasta a lungo di nuovo con lo sguardo perso nel vuoto. La voce del tenente inquadratore tuonava promettendo una punizione; il maresciallo Cecchini se lo tolse dai piedi con un cenno infastidito della mano, e levò il passo per raggiungerla.
- Lo seguiamo in macchina.- disse - tu.. stai bene?
- Bene..- ripeté lei, fioca.
 
Rimase in un angolo del corridoio come chiusa in un bolla di vetro. Medici che andavano e venivano, gli odori e i rumori dell'ospedale, i colleghi che facevano giri di telefonate per chiamare la famiglia. Tutto fuori, tutto lontano mille anni luce.
Poi tornare a casa, e quello schizzo di sangue sul colletto a ricordarle che non aveva sognato. L'acqua della doccia confusa con lacrime senza spiegazione, e un peso addosso che non se ne voleva andare.
 
Quarantott'ore, paura e poi gioia. Le notizie erano confuse, ma positive.
Un passo dietro l'altro, ed era arrivata fino all'ospedale. Atrio, scala, corridoio, poi una porta ed un altro corridoio. Arrivò esitante fin davanti a quella porta, e tutto quello che riuscì a fare fu appena capolino. Il -bip- della macchina era costante, quel cuore batteva ancora come la notte del 4 Marzo. Sorrise, con un sospiro di sollievo.
- Sta riposando.- una voce, un po' scontrosa, le fece provare una scossa. Una donna sulla sessantina le arrivò di fronte, con aria severa.
- Io..- Laura esitò, come sorpresa a rubare - volevo solo sapere come sta..
- Meglio.- la donna si ammorbidì appena, rivolgendo uno sguardo intenerito al figlio steso in quel letto - gli hanno tolto un tumore, dovrà fare un mese di chemioterapia, ne uscirà a pezzi.. ma diciamo che sta meglio.
- Mi dispiace..
- Il dottore dice che lo hanno preso in tempo; era piccolo, piccolo così..- la donna mosse le mani come a misurare una nocciolina - ma vicino ai polmoni.. pericoloso..- le s'incrinò la voce - è mio figlio.. e non me ne sono mai accorta..
Per un attimo, Laura sentì l'impulso di abbracciarla, di consolarla.
- Nessuno se n'è accorto..- replicò, con un filo di voce - sembrava solo influenza; forse neanche lui..
- Lei.. come fa a conoscere mio figlio? - la donna la sorprese.
- Io.. è il mio comandante..- Laura strinse forte le mani fra loro.
- Ah..- la donna lanciò un'altra occhiata verso la stanza.
- Andrà tutto bene.- Laura provò una gran voglia di scappare, e usò quella frase come saluto.
- Non.. non rimane? - chiese la donna, vedendola allontanarsi.
Lei fece cenno di no con la testa.
-..Se si sveglia?
- Gli dica che sono felice, che la mia punizione sia servita a qualcosa..- un cenno della mano, e Laura completò la sua fuga.
 
I trenta giorni di consegna che il tenente le aveva fatto dare per aver mollato il picchetto le furono ridotti a diciotto. Qualcuno diceva che il generale Lotti, il padre del capitano, s'era imposto dall'alto, per arginare il più possibile una punizione che riteneva ingiusta per la persona che aveva salvato la vita all'unico figlio che aveva. Laura si chiuse in archivio senza protestare, e i diciotto giorni passarono senza grossi problemi.
- Dai, Capobianco! Molla quella roba! Noi andiamo! - la mattina del 6 Luglio la voce del brigadiere Ghisoni risuonò per tutta la caserma.
- Un attimo..- lei cercò di arrabattarsi con l'ultimo dei faldoni rimasto sulla scrivania - ho ancora-
- Non è finita l'altro ieri, la tua consegna? - le era comparso davanti il maresciallo - dai, vieni, che andiamo a trovare il capitano.
 
Lui c'era già stato, un paio di volte, all'ospedale; quella cura aggressiva aveva reso il suo superiore l'ombra di sé stesso, e vederlo attaccato alle flebo gli aveva fatto una discreta strana impressione.
- Passerà, Cecchini. Sto già meglio..- quello aveva sorriso, nonostante tutto - e quando mi saranno ricresciuti tutti i capelli potrò anche tornare a romperle le scatole..
- Sa, capitano..- il maresciallo aveva cercato la solita battuta per sdrammatizzare - i ragazzi sentono la sua mancanza.
-..Ssì.- quello aveva letto l'espressione della faccia del maresciallo, e aveva replicato con ironia - me l'immagino, il casino che fanno.
Cecchini aveva scosso la testa mantenendo la stessa smorfia buffa.
- No no no..- aveva dichiarato - sono angioletti.
- Sì, vabbè. E..? - il capitano fu sorpreso, interrotto a un quarto dalla domanda che stava per fare.
- Laura sta bene. Le hanno dato diciotto giorni di consegna, perché ha disubbidito agli ordini e lasciato il picchetto.
- Diciotto..? - il capitano si fece serio.
- Il tenente Peluso ne aveva chiesti trenta.- Cecchini concordò in pieno con la smorfia di disapprovazione del superiore - suo padre..- indicò il giovane - il generale.. si è imposto da Roma, perché Laura..
Non servì dirlo, quello che sapevano benissimo tutti e due. Al capitano era sembrato di sentire ancora le parole di sua madre, mentre gli accarezzava la fronte.
- Sai, stamattina è passata una ragazza che lavora con te.. non si è fermata; voleva solo che sapessi.. che è felice, che la sua punizione sia servita a qualcosa..
- Laura..- aveva replicato, appena.
- Sì.. forse si chiama così.. non lo so. Non mi ha detto altro..
- C'è una donna sola, in caserma. Una donna sola, e mi ha salvato la vita.
Quelle parole erano passate di bocca in bocca fino a suo padre, che pur rivolgendosi al comando di Roma non era riuscito a far altro che dimezzare la punizione.
- Quando le scade il periodo di consegna, gliela porto in ospedale - Cecchini l'aveva riportato alla realtà - penso le farà piacere.. anzi, sa che faccio? Glieli porto tutti.
- Sì, Cecchini.. ma aspetti un po'- un'occhiata alla flebo, un sospiro - non mi va, che mi vedano in questo stato..
 
Adesso i diciotto giorni erano passati, e anche il viso del capitano aveva riacquistato un po' del suo colore. Così Cecchini aveva programmato per il pomeriggio una visita in ospedale, invitando a seguirlo tutti gli uomini liberi dal servizio.
- Dai, vieni, che andiamo a trovare il capitano.- aveva chiuso il faldone davanti a Laura, le aveva fatto con la mano cenno di seguirlo. Lei aveva annuito, con un sorriso.
 
L'ospedale era sempre dello stesso grigio celestino, pensò la ragazza, varcando la porta del reparto insieme a quei sei o sette colleghi. Solo l'aria sembrava più confortante, più leggera.
I genitori del capitano erano sulla porta, sembravano aspettarli.
- Eccomi qui! - il maresciallo fu il primo a presentarsi, col sorriso entusiasta che ormai sfoggiava come marchio di fabbrica - e guardi un po' chi le ho portato?
- Noo..! - il capitano aprì le braccia, felice e quasi incredulo, vedendoli entrare uno ad uno e circondargli il letto dopo aver stretto la mano che tendeva - Cecchini! Me li ha davvero portati tutti! Che bella sorpresa..
- Ho lasciato solo quelli che stavano in servizio..- fece quello, orgoglioso, con in risposta un'occhiata a dire: Ovvio..
 
Laura era rimasta indietro, come non trovando il coraggio per entrare. I colleghi le erano sfilati accanto uno ad uno, e per un istante le prese la voglia di scappare.
La figura del capitano, con le spalle affondate fra i cuscini, spogliate delle sue stelle, le apparve troppo diversa dal solito, le fece provare una fitta al cuore. Più magro, più debole, più stanco; la fronte chiusa da un bandana celeste a nascondere i segni della chemio, la barba un po' troppo lunga per quel suo viso sempre perfetto. Niente a che fare con le spalle robuste e forti contro cui aveva pianto.
- Laura, vero? - una voce carica di tenerezza le arrivò alle spalle.
Si voltò, e trovò la stessa signora dell'altra volta. Stavolta sorrideva, e la sua espressione sembrava meno tesa.
- Sì..- rispose, con un filo di voce, prima di essere sommersa da un abbraccio.
- Grazie..- disse la donna, viso contro viso, con una vena di commozione nella voce - di avermi ridato mio figlio..
- Dovere..- la voce s'incrinò anche a lei. La donna fece segno di no con la testa:
- Non solo dovere, bambina mia. Tu.. tu sei speciale.
Ecco. Ora si sarebbe sciolta in lacrime, se non fosse intervenuto il maresciallo con le sue buffonerie..
- Eh.. io non ci volevo venire, con le mani in mano..- diceva, col suo solito fare comico - volevo portarle dei cioccolatini, ma non li può mangiare.
Il capitano fece cenno di no con la testa, divertito.
- Volevo portarle dei fiori..- continuò Cecchini -..troppo da femmina. Un pupazzino.. no. Biancheria intima? Non mi sembrava il caso.
- Neanche a me.- replicò Massimiliano, ridendo.
- Allora mi è venuta un'idea.- Cecchini s'illuminò d'immenso - ho girato tutti i negozi di Gubbio e ho trovato il regalo perfetto. Le ho portato.. Barbie carabiniere!
Uno scatto, e trascinò la ragazza in mezzo fra le risa e gli applausi degli altri. Lei incrociò lo sguardo felice del suo capitano, e il sangue salì a colorarle le guance, mentre Cecchini proseguiva quella buffa presentazione:
- Adesso è vestita così, ma nella confezione c'è anche la divisa. Costa poco, c'ha gli occhi blu.. è gentile con le vecchiette..- contava sulle dita, lasciando ridere il superiore. Poi si parò la bocca con la mano, fingendo di confessare un segreto - c'ha la terza di tette..
- Cecchini! Le sembrano cose da dire..?! - fece Massimiliano, fra il divertito e l'indignato, mentre Ghisoni e gli altri annuivano, e la ragazza tentava di nascondersi il viso fra le mani.
Il maresciallo riprese la propria aria professionale e terminò lo spot:
- Un metro e settanta per.. no, il peso di una signora non si dice. E' ubbidiente, simpatica..- prese di nuovo a contare sulle dita - prende poco spazio, consuma poco. Non sporca, non fuma e non dice parolacce. E poi è una bellissima ragazza.
- Questo lo so da me, Cecchini.- replicò il capitano. La vide tremendamente in imbarazzo, e intenerito le tese una mano - vieni qua.
Lei non rispose, come congelata su quella mattonella.
- Dai, vieni qua. Mica ti mangio.- lui la vide avanzare di qualche passo, le acchiappò la mano, la usò per attirarsela vicino, e poi si spostò di lato per farle posto su letto - méttete a séde.
Lei eseguì come fosse stato un ordine, e si sedette sul bordo del letto come fosse stata su un cuscino di spine, cercando di evitare ogni contatto col corpo del superiore. Lui doveva essere dell'idea contraria, perché le circondò i fianchi col braccio e se l'attirò addosso.
- Che devo dire, Cecchini..- sorrise, uno sguardo a lei e uno al maresciallo -..grazie.
- Le è piaciuto, il regalo? - fece quello, divertito.
- Azzeccatissimo.- replicò Massimiliano, scuotendola un pochino come un sorbetto da sciogliere. Lei continuava a stare rigida, come costretta. Mani intrecciate, occhi dappertutto tranne che su di lui. Come le avesse fatto più paura del solito.
Gli altri adesso parlavano fra di loro, e il capitano approfittò di quell'attimo di privacy per sfiorarle i capelli con un bacio.
- Grazie..- le disse, all'orecchio, convincendola a voltarsi.
- Ho solo chiamato il 118..- disse lei, leggera leggera.
- Grazie di aver chiamato il 118.- lui la strinse addosso per un altro attimo.
- Come.. come sta? - lei osò incrociare i suoi occhi.
-..Così. Tu?
- Bene..
- Non dovevano punirti a quel modo.
Lei fece spallucce:
- Non ho eseguito gli ordini..
- Non dovevano lo stesso.
Lei alzò di nuovo le spalle.
- Adesso sono qui guasto e col bandana..- lui si tastò la fronte - ma quando esco non la scamperai, la punizione. Quella vera. Mi ci porti te, a correre, e guai se tiri a nasconderti come quello lì.. - indicò il maresciallo, ringraziando il cielo per averla vista finalmente ridere in sua presenza.
- Comandi..- lei si lasciò posare un bacio sulla fronte, prima di tornare al centro dell'attenzione degli altri.
- Allora, capitano, come va con Barbie carabiniere? - Cecchini incrociò le braccia, allegro.
- Sto leggendo le istruzioni.- quello le diede un'occhiata.
- Poi ce lo spiega anche a noi, come funziona? - fece uno dei ragazzi.
- Che? Me l'avete regalata a me, è mia! - il capitano finse di protestare, lasciandoli ridere.
La campanella chiuse l'orario di visite e sciolse Laura dall'abbraccio e dalle spine.
- Eh, mi spiace.. adesso ce la dobbiamo portare via, che fa comodo in caserma..- Cecchini la trascinò via, divertendosi davanti alla faccetta delusa del superiore - va bè, gliela facciamo trovare pulita e sistemata al suo ritorno.
-..La caserma.- fece Massimiliano, con il tono di un: Ovvio!
- No. Barbie carabiniere.- Cecchini alzò le spalle, lasciandogli scuotere la testa sconfitto.
 
I ragazzi salutavano, uscivano. Le sue dita non volevano lasciare quelle di Laura.
- Ciao..- le disse, leggero.
- A presto, capitano.- lei sorrise, raccogliendo per un attimo quella mano fra le sue.
Aspettò che non ci fosse più nessuno nella stanza, e fece un gesto tanto straordinario da stupire sé stessa per prima: si avvicinò al superiore, e gli posò un bacio sulla fronte, prima di sciogliere le proprie dita dalle sue. Lo lasciò quasi senza respiro, ma neanche se ne accorse. Un cenno con la mano, e scomparve oltre la porta.
  
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