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Autore: Anya_tara    24/09/2019    0 recensioni
Ogni volta in cui hanno tempo vanno in camera su al quinto, spengono le luci, si mettono comodi ed è soltanto questione di secondi prima che l'aria si scaldi fino all'inverosimile.
Ma con attenzione. Devono far piano, anche se in certi momenti è quasi impossibile trattenersi.
Li prenderebbero tutti per il culo se si sapesse una cosa simile.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katsuki Bakugou, Shouto Todoroki
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Angolino di Anya: attenzione, contiene pesanti spoiler dall'ultimo capitolo di My Hero Academia, quindi se non volete rovinarvi la sorpresa rimandate un attimo la lettura ... in caso contrario, acheronta movebo! 
Anya 





Non voleva.
Non voleva, non era del tutto d’accordo e sapeva che era solo questione di tempo prima che compisse qualche cazzata madornale.
Quelle cose che una vocina sommessa nella testa avverte di non fare, che non ne verrà nulla di buono.
L’ha sentita per giorni, e non ha voluto darle retta.
C’era voluto All Might, per convincerlo definitivamente.<< Potrebbe essere un’occasione d’oro per te, giovane Bakugō >>.
E sì che lui era proprio fatto per non lasciarsi sfuggire nulla.
Eppure, ancora aveva esitato.      
Dover lavorare con Endeavor, assieme a Metà e metà e Dekumerda … nhngh.
Non era cosa da sottovalutare.
Certo, poteva davvero trattarsi di uno di quei treni che passano solo una volta nella vita, e mai più.
Tuttavia ancora aveva posto difficoltà, inciampi.
Doveva essere assolutamente certo di quel che aveva in mente.
Prima di lanciarsi.
Fredda, lucida strategia.                 
E adesso i fatti gli stavano dando ragione.
Sono in ritardo. In un fottuto ritardo, Dekumerda è già di sotto, sempre puntuale quello, tsk.
Ma è anche vero che loro sono rimasti indietro con una scusa. 
La faccia lentigginosa di quello sfigato dev’essere stata impagabile quando il bastardo gli aveva detto, con la massima serietà, che doveva finire un compito di calcolo.
E quel cretino sicuro se l’è bevuta.
Tanto da lui non c’è paura che passi a chiedere se è pronto.
Lancia un’occhiata di traverso al figlio di buona donna a metà. Sembra avere come al solito lo sguardo spaiato perso nel vuoto, chissà cosa gli frulla in quel cervello bacato.
Ma le labbra sono tese, in un’espressione sardonica che non gli hai mai conosciuto prima di adesso.
Diamine quanto lo irrita, quel sorrisetto.
Non può proprio tenersela. << Che cazzo hai da sorridere, stronzo a metà? >>, sbotta, infilando il bracciale della Hero Suit e agganciandolo.
<< Chi, io? Niente >>.
<< Uh >>.
Gli va vicino, lo squadra per bene.
No, tutto okay. Nessun segno visibile rimediato nell’ultimo scontro ravvicinato, il numero Uno non lo ammazzerà ancora, almeno per il momento.
Se lo sapesse … il modo in cui passano il tempo, invece di allenarsi li spellerebbe vivi, tutti e due.
Vabbé che si potrebbe anche considerare una sorta di allenamento alternativo, volendo.
Ma non certo per Enji Todoroki.
Gli pare di sentire la voce alterata di Endeavor tuonare contro suo figlio, indicando lui:
“ E’ davvero un tuo amico, questo? “.
No. Non lo sarebbe mai stato, malgrado quello che facevano adesso.
Che cazzo di famiglia.
E sì che la sua non scherza, anche. 
Todoroki richiude la giacca, infila le polsiere. Ha i capelli un po’ più scarmigliati, ma nulla di troppo fuori posto.
E pensare che nulla sembra in grado di gualcirlo.
Eppure in certi momenti è tutto tranne che impeccabile.
La loro prima volta l’hanno fatto proprio nell’ufficio del suo vecchio. E’ successo per caso, non era premeditato, si sono trovati d’un tratto troppo vicini, da soli perché Dekumerda era malato e Endeavor era fuori per faccende sue personali; e la tensione si era fatta così palpabile che in un modo o nell’altro doveva trovare sbocco. Era stata una cosa sbrigativa, brutale, appena dieci minuti consumati in fretta e furia sul pavimento.
Ma tanto era bastato ad accendere in Todoroki la miccia.
La seconda, era stato voluto e concertato. Però avevano scelto un posto più discreto, dove nessuno potesse beccarli.
In camera di Todoroki. Perché a differenza di quella di Bakugō non c’era il pericolo che si fiondasse, che so, Capelli di Merda ad esempio.
Da lì in poi ci avevano preso gusto entrambi. Era diventata una specie di sfida, vedere chi resisteva di più prima di cedere.
Era qualcosa di prezioso.
In quei momenti Metà e metà non era il solito deficiente impagliato ma una persona reale, viva, che esprimeva emozioni, sensazioni, si incazzava e alzava la voce, oppure sorrideva e sì, merda, quel sorriso era davvero capace di uccidere.
Ma non glielo avrebbe mai detto. O non si chiamava più Katsuki Bakugō. << Senti ma non è che ti fai venire la stramaledetta idea del cazzo di dirlo a qualcuno, no? Magari … al Nerd di merda? >>.
<< No, sta’ tranquillo. Non potrei mai farlo, so che non sopporteresti … la vergogna di far sapere in giro che sei finito sotto >>.
<< Ugh … >>.
Sorride, Todoroki. E quando lo fa con quel pizzico di superiorità consapevole è davvero curioso, l’effetto che ha su Bakugō.
Lo ammorbidisce, per contro. Dovrebbe irritarlo, invece lo piega, gli strizza qualcosa nello stomaco, e si sente stranamente fiero.
In fondo è stato con lui che Metà e metà l’ha fatto la prima volta in assoluto.
Non voleva, nemmeno lui. Aveva provato a ribellarsi, a protestare pacatamente, con garbo, anche se gli si leggeva in faccia ch’era diviso tra il sentirsi offeso dalla sfacciataggine di Katsuki e la brama ardente di lasciarsi andare a quella tentazione.
E lui aveva continuato ad insistere, a pungere, finché Todoroki non aveva sbuffato una nuvoletta glaciale e aveva finalmente ceduto.
Gliel’aveva messo in mano senza esitazioni.
E senza esitazioni, Todoroki aveva preso in mano il suo.
Un attimo per prendere fiato, placare il tremore delle membra, quel sottile filo d’ansia che scorreva nelle viscere di entrambi, il timore di venire beccati sul fatto.
Poi si erano lanciati entrambi.
Da principio era stata una cosa lenta, misurata, una sorta di esplorazione per prendere confidenza con le proprie debolezze, e quelle dell’altro. 
Poi, Katsuki l’aveva visto agitarsi, eccitarsi, la sua gola imperlarsi di sudore, l’aveva visto mordersi le labbra, leccarsele, sempre più preso da quella smania, sempre più addentro a ciò che gli ribolliva nelle viscere, totalmente coinvolto, perso quasi, finché non aveva gridato.
Un urlo che probabilmente avevano sentito su tutto il piano.
Per fortuna lì erano tutti abbastanza discreti da non andare a riferire a Endeavor alcunché.
Era durato per l’appunto solo dieci minuti.
Ma erano stati … a dir poco appaganti.
Un degno assaggio di ciò che sarebbe potuto accadere una volta che sarebbero stati più comodi.
Bakugō non avrebbe creduto possibile potesse piacergli tanto, eppure è così: sfidarlo fino a portarlo oltre le proprie capacità faceva godere di riflesso anche lui, che amava trovare avversari alla sua altezza.
In realtà non aveva creduto che Todoroki fosse proprio un novellino: aveva il sospetto che ci avesse provato con Dekumerda qualche volta, e aveva cercato di estrapolargli la verità con domande circoscritte, in apparenza noncuranti.
Era rimasto davvero di sasso quando quello aveva ammesso candidamente che no, non l’aveva mai fatto, con nessuno.
Aveva … un talento naturale, proprio come lui.
Che dal canto proprio lo faceva da secoli, certo all’inizio da solo, sfidando se stesso e i propri limiti, con sua madre che di tanto in tanto gli urlava da dietro la porta che sarebbe diventato cieco, se continuava così; poi era andato ad occasioni, con chi capitava, ma aveva intuito quasi da subito che preferiva i ragazzi.
Da quando era entrato alla Yuuei, poi, dopo alcune esitazioni iniziali aveva cominciato quasi per caso – di nuovo- con Capelli di Merda, trovando in lui un degno avversario; all’inizio di rado, una cosa così al volo, poi per un certo periodo quasi quotidianamente, almeno una anche di sfuggita, tra un giro di ripetizioni e l’altro.
Ormai quello scemo lo conosceva come se fosse dentro la sua testa, e sapeva esattamente come agire per dargli la maggior soddisfazione possibile.
E questo tuttavia lo rendeva fottutamente prevedibile.
Con Todoroki invece è diverso.
E’ stata una piacevole sorpresa, e alternativa.
E … adesso che ci ha preso la mano, è diventato insaziabile: fosse per lui non smetterebbe mai, starebbe ore e ore su quel futon, a gambe spalancate senza alcun pudore, senza stancarsi di muovere quelle dita eleganti e dure, stringere, tastare, sfiorare.
Ogni volta in cui hanno tempo vanno in camera su al quinto, spengono le luci, si mettono comodi ed è soltanto questione di secondi prima che l’aria si scaldi fino all’inverosimile.
Ma con attenzione. Devono far piano, anche se in certi momenti è quasi impossibile trattenersi.
Li prenderebbero tutti per il culo se si sapesse una cosa simile.
Lui e Metà e metà.
Che continua a sbattergli in faccia quel suo sorrisino nuovo, e che Bakugō scommette conosce solo lui.
Gli brucia, oddio se gli brucia … sì, proprio lì.
E’ arrivato al punto di metterlo sotto impunemente.
E per quanto abbia … provato sensazioni diverse, sconosciute, incredibilmente sconvolgenti, che non si aspettava di sentirgli trafiggergli la carni fino alle ossa, ora brama di riprendersi il suo posto.
Sopra di lui. Per forza.
<< Dai. Domani ti do la rivincita >>, mormora Todoroki, e inclina il volto strizzando il naso, una smorfia davvero curiosissima che nessuno, e proprio nessuno gli ha mai visto fare.
E che gli fa annodare qualcosa dentro ancora più stretta.
Ha vinto, Shouto. Ha vinto e Bakugō da un lato vorrebbe prenderlo a calci per quella boria ingenua, dall’altra … vorrebbe ricominciare da capo, e metterlo sotto per bene. Lasciargli una nuova sonora, bruciante sensazione di sconfitta, mentre schiude la bocca ed emette quel suono che ormai gli sa tanto bene, metà di dolore, metà di piacere, che butta fuori ad ogni colpo un po’ troppo duro quando finisce sotto lui, perché in realtà ogni resa non é che la piattaforma di lancio per un nuovo giro di giostra.
<< Tsk. Stavolta ti distruggerò, contaci >>, sbotta quasi tra i denti, sistemandosi il colletto della maglia invernale.
<< Vedremo cosa sei capace di fare >>, sentenzia sussiegoso Todoroki.
Bakugō si volta, lo fissa.
Che bella faccia da cazzo, che ha. << E’ solo che questo è troppo facile. Ma se cambiamo gioco voglio proprio vedere come ne esci, principino >>.
Il tono di Shouto si fa sospettoso. Ma gli occhi spaiati non mentono, brillano già di frenesia per la prossima sfida. << Hai in mente qualcosa? >>.
Bakugō sfila il cellulare dalla tasca. Oh certo che ce l’ha, la prima volta che l’ha visto in rete ha pensato che era perfetto per loro, o meglio per lui.
Sarebbe stata una gara eccitante a chi raggiungeva per primo la meta.
Volta lo schermo, si gode beato l’espressione di Shouto che perde d’un tratto fiducia nelle sue possibilità. Lo guarda di sottecchi, le iridi diverse che filtrano tra le ciglia. << Dici sul serio? >>.
<< Ah ah >>.
Sospira, piano. Sembra che esiti.
D’altronde sarebbe stata la prima volta che lo facevano così. E Katsuki sapeva benissimo di non temere rivali in quella specifica. << E va bene. Io non mi tiro indietro. Ma … almeno … ce l’hai, quello? >>.
<< Mi pare ovvio. Sennò non te l’avrei proposto >>.
<< Allora okay >>. Si stringe nelle spalle, gli passa davanti uscendo sul pianerottolo fuori dall’ufficio di End.
Katsuki riabbassa lo sguardo sul proprio telefono.
Ridacchia silenziosamente.
Stavolta l’ha davvero messo con l’acqua alla gola.
Hero Street 69 “. L’ultimo videogioco sulla piazza, una novità assoluta, da utilizzare con i visori per la realtà virtuale.
Oh sì. L’avrebbe messo al tappeto, altroché no.
Ormai erano due mesi che si incontravano regolarmente per darsele di santa ragione, almeno su uno schermo. E strano ma vero, una volta che si era sfogato in quel modo, Bakugō si sentiva molto meno restio a collaborare con lui fuori da quella dimensione.
Effettivamente non era poi tanto male, il bastardo.
<< Bakugō, vieni? Altrimenti mio padre poi chi lo sente >>, gli grida da fuori il corridoio.
Che rompipalle. Tale e quale il suo vecchio.  << Arrivo, cazzo, un attimo! >>. Infila il cellulare nella tasca. 
Esce, chiudendo bene la porta.
Raggiunge Shouto fuori, mentre quello parlotta con Merdeku.
Inarca un sopracciglio, di puro fastidio.  
Dannazione, è ancora febbraio, non vuole smetterla con questo freddo del cazzo.
Lo stronzo a metà rallenta volontariamente il passo, tira fuori il cellulare dalla tasca, fingendo di controllare qualcosa.
E’ diventato furbo. Ovvero lo è diventato anche fuori dal campo di battaglia, nasconde bene i suoi piccoli vizi. << Se ci sbrighiamo forse ce la facciamo anche stasera stessa >>, gli sente dire, attento a non farsi sentire da Deku.
Sente il sorriso sulle labbra stirarsi più visibilmente.
<< Ci tieni proprio tanto a darmi la rivincita, Metà e metà? >>.
Todoroki alza il volto. Lo guarda.
Ha un’espressione ancora più insolita adesso. Piccoli fiocchi di neve gli planano sui capelli, mimetizzandosi nel lato bianco e sciogliendosi come piccoli cristalli su quello rosso.
I suoi occhi spaiati luccicano, l’azzurro è cangiante dalle tante sfumature che assume, il grigio si carica di riflessi bruni e caldi, nell’alone del lampione sopra le loro teste.
Non male davvero, il bastardo. Dev’essere per questo che le femmine gli vanno dietro anche se lui non ne caga nessuna, per quello è ancora troppo scemo.
Ma non sono cazzi suoi. Il loro rapporto oltre la scuola si limita ad un gioco.
Un videogioco. Punto. << In realtà … quel che sto cercando è l’occasione di stenderti. Una volta per tutte >>, sussurra a tradimento Todoroki, prima di girare sui tacchi e raggiungere Deku.
Un brivido improvviso scuote Bakugō, dalla punta dei piedi alla cima dei capelli.
Ma subito lo scaccia.
Cazzo quanto fa freddo questa sera. Meglio starsene in camera al caldo, con il riscaldamento al massimo.
Sarebbe un sogno un bel fuoco vivo, ma non possono certo appiccare un incendio in dormitorio.
O sì? Con i loro quirk c’è poco da scherzare.
Se si scaldano entrambi può succedere di tutto.
<< Vedremo cosa sei capace di fare >>, gli fa il verso Katsuki, infilando le mani nelle tasche e stirando il suo solito sorriso sghembo. << Vedremo >>.
   
 
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