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Autore: channy_the_loner    25/09/2019    2 recensioni
La Wammy's House non è mai stata un orfanotrofio come tutti gli altri, e mai lo sarà. Al suo interno, piccoli soldatini vengono addestrati per sviluppare uno sconfinato genio, per ottenere riconoscimenti di fama internazionale, per diventare Qualcuno.
Ma la mente umana è contorta e spesso, durante la fase di crescita, subisce traumi irreparabili se essa si trova in circostanze eccessivamente violente o disagiate.
Qui seguiremo il percorso psicologico di un eterno secondo, di un irremovibile apatico, di un fanatico videoludico.
Qui conosceremo un'imbranata lettrice, una logorroica paurosa e una leale sognatrice.
Piccole menti e grandi cuori. Insieme sulle tracce di L.
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[Fanfiction presente anche sul mio profilo Wattpad]
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Matt, Mello, Near, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Amy guardava il corridoio del terzo piano dell'orfanotrofio come se non l'avesse mai visto prima; il lungo tappeto, i quadri appesi ai muri con le loro cornici stravaganti, le tende che coprivano le grandi finestre e altre che le lasciavano scoperte, un aspirapolvere abbandonato accanto ad una parete, un piccolo bonsai adagiato su un davanzale ombreggiato, era tutto così nuovo e così bello agli occhi verdi della piccola orfana. «Quello non c'era quando sono arrivata» disse, e col dito indice indicò un dipinto di natura morta.

Blanca storse il naso; non era appassionata di pittura, tuttavia i pochi quadri che catturavano la sua attenzione non appartenevano a quel genere – piuttosto un grande campo fiorito dove gli animali a quattro zampe correvano, rincorrendosi delle volte, danzando tra le api e il polline.

«Che poi, perché si chiama così?» continuò la solitaria. «I fiori e la frutta sono vegetali. Non fanno le stesse cose delle persone e degli animali, ma hanno le cellule viventi. Perché allora si chiama natura morta e non natura viva?»

«Si chiama natura morta perché i soggetti sono stati tolti dal loro ambiente naturale.»

Le due bambine si girarono per vedere chi, alle loro spalle, avesse parlato; un bambino dalla chioma albina era uscito da una delle stanze, tenendo sottobraccio una scatola grigia rettangolare. Le stava scrutando con occhi privi di emozione, e alcuni capelli glieli coprivano. «Near!» esclamò Blanca, felice di vederlo seppur sarebbe dovuta essere arrabbiata con lui per essersene andato senza dire nulla la sera precedente – ma, ormai, per lei era acqua passata. «Ciao!»

«Ciao.»

Amy osservò l'orfano: non l'aveva mai visto, dalla finestra di camera sua, in cortile a giocare con gli altri bambini; non sembrava un amante dei giochi all'aria aperta, a giudicare dalla damiera contenuta nello scatolo che stava trasportando – il nome del prodotto era ben leggibile. Balbettò un saluto.

«Tu chi saresti?»

«Lei» rispose Blanca, «è la mia compagna di stanza. Si chiama Amy.»

«Piacere di conoscerti» fece Near, per poi andarsene senza dire una parola.

«Scusalo, è che...»

«Non importa. Andiamo.»

Scesero le scale, ed Amy rischiò di inciampare per due volte, e negli altrettanti momenti incolpò la propria sbadataggine, promettendo all'altra di fare maggiore attenzione a dove avrebbe messo i piedi da allora in avanti; Blanca faticò a crederle, ma evitò di dirglielo. Giunsero al piano terra e, di conseguenza, nell'atrio, popolato da adolescenti addossati ai muri perché troppo svogliati per tenersi in piedi da soli, intenti a parlottare tra loro di argomenti che Blanca definiva per adulti.

«Quando sono arrivata» disse Amy, «qui era tutto sporco di neve e impronte. Proprio lì sono scivolata, ma non sono caduta perché zio Watari mi ha preso al volo.»

«Perché dici che il Signor Watari è tuo zio?» chiese l'altra.

«Gli ho chiesto se voleva esserlo, e lui ha detto sì.»

«Non ha molto senso.»

«Per me lo ha» rispose Amy, continuando a camminare affianco a Blanca. Varcarono la soglia della porta principale, e la solitaria si aggrappò al passamano per scendere i pochi gradini che le stavano davanti, i quali la stavano sfidando ad oltrepassarli senza restare ferita. Lo spazio anteriore adiacente all'edificio era ombrato, buio per via del sole calante dal versante opposto della proprietà; se le due bambine avessero sollevato la testa al fine di guardare il cielo, avrebbero sicuramente scorto la luna lattea nascosta parzialmente dal chiarore del cielo crepuscolare.

La piccola nuova arrivata afferrò la mano della solitaria e prese a camminare in direzione della partita di calcio improvvisata – che, a giudicare dagli schiamazzi allegri, era ancora in corso –, sostenendo di volerle far conoscere i suoi due nuovi amici. Amici? Perché li aveva chiamati in quel modo? Gli amici erano persone di cui ci si poteva fidare, che dimostravano affetto, solidarietà, disponibilità – e loro rispettavano quei canoni? In quel momento, Blanca definì se stessa precipitosa, imprudente, avventata, ma non fece in tempo a correggersi che scorse i due bambini asociali nello stesso luogo in cui si trovavano in precedenza; affrettò il passo, trasformando la camminata in una corsa lenta, dimenticandosi delle probabilità di caduta di Amy – la quale, tuttavia, non inciampò, sostenendo anzi l'andatura dell'altra.

In quell'istante Mello si voltò, quasi per casualità, e le vide arrivare, ancora un po' lontane dal muretto che lo ospitava insieme al suo migliore amico, ancora impegnato a giocare con la propria consolle portatile – il come facessero le batterie a durare così a lungo, rimaneva un mistero per il biondo; diede una lieve gomitata a Matt e, quando quest'ultimo lo guardò, con il capo gli fece cenno di voltarsi. Quando il rosso eseguì l'ordine, le due bambine erano già giunte dinanzi a loro; salutò entrambe e rivolse loro un sorriso, per poi abbandonare il proprio gameboy in una delle larghe tasche dei suoi jeans.

«Ho due domande da farti» fece Mello, rivolgendosi a Blanca, la quale gli prestò attenzione. «Chi è questa? E perché vi siete conciate in questo modo?»

«Non essere così scorbutico» lo rimproverò Matt.

«Io non sono scorbutico!»

Blanca si grattò la guancia destra. «Ci siamo vestite così perché ci andava. E poi, hai visto? Ho fatto una promessa e l'ho mantenuta. Lei è Amy, la mia compagna di stanza.»

«Piacere di conoscerti, Amy. Io sono Matt, e lui...»

«So parlare, per tua informazione» sibilò il biondo, per poi incrociare le braccia al petto. «Mi chiamo Mello.»

Amy pensò di dirgli di no, che non si chiamava in quel modo, che quello era solo uno pseudonimo per nascondere il suo vero nome, tuttavia non parlò; le era parso nervoso, lui, arrabbiato, così preferì non peggiorare il suo umore. Si limitò a porgere una mano e dire: «Piacere.»

I tre bambini guardarono la sua mano con un'espressione confusa in volto. «Che fai?»

«È un saluto, no?»

«Così si salutano i grandi» disse Blanca.

Come se la bambina avesse pronunciato una parola magica, a Mello s'illuminarono gli occhi e sorrise, stringendo la mano di Amy. «Piacere, maschiaccio.»

Amy piegò appena la testa di lato. «Perché mi chiami così?»

«È semplice. Perché hai i capelli corti pur essendo una femmina.»

«Tu sei un maschio e hai i capelli lunghi, ma mica ti chiamo femminuccia.»

Matt scoppiò in una risata fragorosa. «Hai trovato pane per i tuoi denti, Mel.»

«Stai zitto, Matt!»

Le due bambine si unirono alle risa divertite del rosso, lasciando l'altro in preda alla rabbia mista all'imbarazzo; odiava quando Matt non pensava prima di parlare, oppure quando parlava e basta – avrebbe preferito che in situazioni come quella lui non ci fosse, perché perso nel mondo videoludico.

Amy si premette le labbra con le dita di una mano, nel tentativo di smettere di ridere. «Scusami, non l'ho fatto apposta» disse con sincerità.

Dal canto suo, Mello le mise una mano su una spalla, in modo tale da darle una spinta. «Non mi piace essere preso in giro, capito?»

Lei fece qualche passo indietro, imbronciandosi appena. «Non ti ho preso in giro, stupido.»

«Come mi hai chiamato?!»

«Okay, credo che possa bastare» s'intromise Matt, con in volto un sorriso pacifico. Il campanile rintoccò per quattro volte. «Che tempismo, è ora di cena.»

Blanca assunse la medesima espressione del rosso. «Ceniamo insieme!»

«Ottima idea!»

«Andate voi, io non ho fame» sentenziò Mello, che però venne tradito dal brontolio del proprio stomaco. Arrossì appena, sentendosi osservato da così tanti occhi verdi – quanti paia ce n'erano? Tre? Sbuffò e mise il muso, non intenzionato a rendersi ulteriormente ridicolo davanti alle due orfane.

Senza aggiungere ulteriori esclamazioni, Matt s'incamminò verso l'entrata dell'edificio, sapendo di essere seguito dagli altri; era affamato, e avrebbe spazzolato via qualsiasi cibo contenuto nel piatto che gli sarebbe spettato. Davanti al portone, al di là dei pochi gradini d'accesso, se ne stava in piedi Roger, occupato a controllare che tutti gli orfani abbandonassero il cortile ed entrassero all'interno della struttura; era vietato, per i più piccoli, frequentare il giardino dopo l'orario del banchetto serale, poiché avrebbe potuto rappresentare un pericolo con l'ascesa del buio della notte. Ma egli, uno dei grandi pilastri della Wammy's House, cadde in ginocchio di fronte a quello che avrebbe potuto definire un miracolo; abbracciò le due bambine, commosso e incurante di essere visto dagli altri piccoli e grandi abitanti della proprietà. Ringraziò entrambe, sia in silenzio che ad alta voce; disse grazie a Blanca per aver insistito, e fece lo stesso con Amy, la quale si era arresa alla circostanza di essere lì.

 

 

 

 

Blanca afferrò la brocca piena del loro tavolo e versò un po' d'acqua nel proprio bicchiere. «Forse avremmo dovuto invitare anche Near a cena.»

«Non nominarlo neanche, in mia presenza.»

«Non devi essere così ostile.»

«Quale parte di taci non hai ancora capito, Matt?»

«Near chi?»

«Dai, Near. Te l'ho presentato prima.»

«Ah, quel Near.»

«Qui ce n'è solo uno, sai?»

«E per fortuna.»

«Mello!»

«Non iniziare a farmi la predica, supereroina» sbottò il biondo, aggrottando le sopracciglia. «Non sai nemmeno come stanno le cose.»

Blanca chiese: «E come stanno, allora?»

«Quel nano è il preferito di L» rispose lui. «Pensa che è stato L in persona a portarlo qui e a dargli il soprannome. Quello imbroglia.»

«Non è vero» sentenziò Matt. «Sì, è arrivato qui con L, ma questo non vuol dire che non è intelligente.»

Il biondo gli rivolse un'occhiata cattiva, ma restò zitto perché non sapeva come replicare; il rosso aveva ragione, dopotutto, ma lui non l'avrebbe ammesso mai, non ad alta voce, non se costretto, per nulla al mondo. Il suo odio per Near si rafforzava ogni giorno di più, e seppur sapesse benissimo che quella situazione non giovasse alla salute, non era disposto a condividere alcuna tregua. L'astio tra loro era destinato a durare per l'eternità.

Blanca fece slittare i propri occhi da Matt a Mello più volte, per poi chiedere: «Chi è L?»

«Sei qui e non sai chi è L!» esclamò il bambino dai capelli color oro. «Pazzesco!»

Matt si apprestò a rispondere alla domanda fatta dalla nuova arrivata, facendo in modo di collegarsi al discorso della sera precedente, tuttavia Amy – la quale non aveva aperto bocca sino ad allora, se non per mangiare la minestra di verdure – parlò: «L è la ragione per cui tutti noi siamo alla Wammy's House e non in un altro orfanotrofio» disse pacatamente, seppur la sua voce acuta stonasse di parecchio il suo stato d'animo. «Io non ci ho mai parlato quindi non so se è vero, ma è la persona più intelligente del mondo. Ha un cervello grande così» e allargò le braccia.

«Ma certo che è vero» intervenne Mello. «Io gli ho parlato, e l'ho pure visto in faccia.» Aggiunse, indicandosi gli occhi: «Con questi qui.»

«Perché non avresti dovuto vederlo?» domandò Blanca, mentre giocava con il cucchiaio che aveva usato per mangiare.

«L preferisce non essere visto» rispose Matt con un'espressione sconsolata in volto. «Devi essere molto fortunato per incontrarlo.»

«Oppure basta che guardi Beyond Birthday» fece il biondo. «Si somigliano molto.» Con il dito indice, indicò verso il bancone dove alcuni bambini stavano facendo la fila per avere il piatto con la propria cena; tra questi ne spiccava uno, un adolescente che attendeva con impazienza il proprio turno, immobile, ricurvo con la schiena, le mani nelle tasche anteriori dei suoi jeans e una zazzera di capelli neri sulla testa. Come se l'avessero chiamato ad alta voce, Beyond Birthday si voltò verso il tavolo ospitante i quattro orfani, e diede vita ad un sorriso tirato, troppo, il quale gli deformò sinistramente il viso. Matt borbottò qualcosa su quel ragazzo, definendolo strano, ma fu interrotto da un rumore acuto, e si girò verso la fonte del fragore, seguito a ruota da Mello e Blanca; Amy non rialzò la posata che le era scivolata via dalla mano, finendo inesorabilmente a terra, né tantomeno si preoccupò di tornare a respirare regolarmente, troppo impegnata a sostenere lo sguardo del ragazzo distante.

«Amy? Stai bene?» chiese Blanca, scuotendola appena.

«BB ha gli occhi rossi.»

«Cosa?»

«BB ha gli occhi rossi» ripeté la solitaria, balbettando. «Il rosso è il colore della Morte.»

Blanca cercò lo sguardo degli altri due compagni di cena, chiedendo silenziosamente sostegno.

Matt disse, con una risata forzata: «Il colore rosso per gli occhi non esiste, Amy.»

«BB è nato così» rispose lei, col corpo scosso da brividi sconnessi. «BB è nato con gli occhi della Morte.»

«La smetti con questo scherzo? Non fai ridere nessuno» esclamò Mello, per poi continuare: «È vero che è tra i primi nella classifica del Successore di L, ma nessuno gli ha ancora assegnato una lettera, quindi chiamalo col suo soprannome, e non BB.»

Velocemente, gli occhi di Amy si inumidirono e la bambina si rifugiò sotto al tavolo, dove prese a singhiozzare con il volto coperto da entrambe le mani; nessuno degli altri orfani presenti in sala si accorse di lei e della sua disperazione, perché erano tutti distratti da altro e creavano confusione – senza contare il volume alto del televisore acceso. Mello alzò un lembo della tovaglia e, una volta allontanatosi dalla tavola, prese ad osservarla ancora da seduto, mentre Blanca si era accovacciata in parte a lei; solo Matt si mise in ginocchio e l'abbracciò, iniziando ad accarezzarle la testa e i capelli castani. «Dai, non è successo niente» le disse, curandosi di farsi sentire solo da lei. «Mello non l'ha detto con cattiveria.»

Amy negò col capo. «Non è per quello. È che...», ma come avrebbe fatto a spiegarlo? Se avesse sputato il rospo , non le avrebbero creduto, e per giunta avrebbero riso spudoratamente, la bambina ne era convinta. E fu quello il motivo che la spinse ad allontanarsi da Matt, alzarsi in piedi e correre via, fuori dalla sala da pranzo e lungo i corridoi, su per le scale, senza cadere. Non avrebbe trovato la soluzione a quella situazione nel suo letto, sotto le coperte, ne era perfettamente a conoscenza, eppure in quel momento se lo stava facendo andare bene. Chiese mentalmente perdono alla propria compagna di stanza e, ancora vestita e con il lenzuolo a coprirla fin sopra la fronte, sperò di cadere velocemente tra le braccia di Morfeo.

 

 

 

 

 

Angoletto dell'Autrice!!

Finalmente ho un portatile nuovo di zecca, quindi scrivere e pubblicare sarà una passeggiata ^^ Ho in mente taaante cose riguardanti le mie storie, spero di riuscire a concretizzarle tutte... Ma passiamo al capitolo! Vi è piaciuto? Non vi è piaciuto? Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, e grazie mille per aver letto!

Alla prossima,

-Channy

  
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