Cap.6 L’amore del
‘gatto’
La rabbia amplificata
e l'anima vendicativa e isolata.
Giotto aprì il proprio
orologio e guardò la scritta incisa:
“GIVRO ETERNA AMICIZIA”. Scosse il capo, facendo
ondeggiare i capelli color oro
e rimise la fotografia in bianco e nero al suo posto. Richiuse
l’orologio da
taschino e lo rimise nella tasca, il mantello nero gli ondeggiava
dietro le
spalle, svolazzando.
“Non avrei mai voluto
vincolarmi a me. Ora siamo legati
oltre la morte” disse.
“Non è stata
colpa tua…” mormorò Gabriel. Lo
raggiunse da
dietro e gli posò una mano sulla spalla.
“… Tu eri l’unico che davvero credeva
in quell’amicizia”.
Giotto si voltò e lo
guardò in viso, poggiandogli la fronte
sulla sua.
“Tu sei l’unico a
credere che io sia l’originale. Persino
per mio fratello io sono l’unico falso”
sussurrò.
“Avessero anche ragione
loro, tu sei l’unico con un cuore.
Tu volevi il bene di chi amavi, loro sono solo dei mostri e degli
ipocriti”
ribatté Gabriel.
Giotto gli passò le mani
tra i capelli rossi, gli accarezzò
la guancia dove aveva il disegno di un rampicante d’edera e
annusò il suo
odore, sapeva di fumo.
“Io ti amo”
mormorò Gabriel.
Giotto chiuse gli occhi e lo
baciò con passione,
intrecciando le loro lingue.
< Forse è proprio
perché ero l’unico che provava dei
sentimenti reali, che per punirmi mi hanno rinchiuso in questo anello.
Non
volevo essere un re, non volevo essere un mafioso, volevo solo vigilare
sulla
mia gente. Questo mondo non ha bisogno di tiranni, ma di democrazia
> pensò.
Gabriel rabbrividì
sentendo le mani dell’altro sulla sua
schiena.
< Ho preferito lui persino
rispetto al mio gemello, alla
libertà… ad Atlantide stessa. Avrà per
sempre la mia fedeltà a prescindere
dall’incanto di un orologio > pensò.
Il bambino
si strusciò
contro le gambe del padroncino, lo sentì accarezzargli la
testa, passandogli le
dita sottili tra i capelli. Miagolò, facendo un verso simile
a delle fusa, e si
rotolò per terra.
La stuoia
che
indossava come unico indumento si sollevò.
Daemon
sospirò, si piegò
in avanti e lo coprì, scuotendo il capo.
“Giotto,
non dovresti
trattarlo come un gatto. Non è un animaletto… Lo
so che tuo padre ti ha detto
che gli schiavi…”. Iniziò a dire.
Il cugino
negò il capo
vigorosamente, facendo ondeggiare i capelli color oro.
“No,
Gabriel non è uno
schiavo. Lui è il mio fidanzato” disse Giotto.
Daemon
inarcò un
sopracciglio.
“Tu
devi essere nuovo.
Giotto, ti sei diviso di nuovo?” domandò.
Gli occhi
coloro oro
di Giotto si fecero liquidi, mentre lo guardava con aria confusa.
“Diviso?”
domandò,
battendo le palpebre.
Gabriel
cercò di
slacciarsi il collare, facendo suonare la campanella che vi era legata.
“Lui
è quello vero.
Gli piacciono le sogliole” disse.
Il bambino
più grande
sospirò, i capelli ad ananas sulla sua testa ondeggiarono.
“Lo
prendo per un sì.
Se continui a dividerti, alla fine perderò il conto.
Non posso
occuparmi di
tutti i te se non so nemmeno che ci sono”
brontolò, incrociando le braccia al
petto.
Giotto si staccò,
riprendendo fiato.
“Voglio aiutare Xanxus.
Lui… Lui vuole finalmente eliminare
la schiavitù” mormorò.
“Tuo fratello mi ha
già liberato. Potremmo stare insieme, se
tu volessi” disse Gabriel.
Giotto gli sorrise.
“A dividerci sono gli altri
me, ma sono convinto che Xanxus
possa sconfiggere anche quelli… Però, per fare
questo ho bisogno del tuo aiuto.
Tu e tuo fratello, essendo due,
potete darvi il cambio per
uscire dall’anello. Dovete avvisare Xanxus che
c’è un quadro attraverso cui può
evocarci fuori dall’anello anche senza qualche motivazione
importante legata ai
Vongola” disse.
“Come desideri”
sussurrò Gabriel.
< Non mi fido del suo
discendente. In lui vedo un’anima
vendicativa e vuota rosa dall’ira. La stessa rabbia
amplificata che divorò suo
figlio Riccardo.
Spero di sbagliarmi, che abbia
ragione lui a dargli fiducia…
Lui che tutti hanno sempre voluto
rimanesse come un bambino,
che fosse re e divinità pur rimanendo puro >
pensò.
Giotto gli mordicchiò il
labbro.
“Grazie, amore
mio” soffiò.