Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Nymeria87    25/09/2019    2 recensioni
la mia prima Jonsa con tutto il cuore...
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[dal testo] scese da cavallo continuando a cercare tra la piccola folla che si stava radunando attorno a loro…
ancora niente…ma dove poteva essere, a chi poteva chiedere…
cautamente, senza smettere di studiare ogni singola persona, si girò ancora una volta, 
e li, sul parapetto che si stagliava di fronte a lei, infine lo vide!
[...]erano loro due, il centro del mondo erano loro due,
ad ogni passo Jon realizzava davvero chi aveva di fronte,
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riparto dalla 6x4 per ricostruire il loro percorso insieme, interpretando il non detto che traspare incontrollabile dall'alchimia del loro rapporto.
primissima fanfic, spero piaccia!
La ff si conclude con Winds of Winter, seguiranno altre 2 ff che andranno a percorrere gli eventi della settima e dell'ottava stagione.
Genere: Fantasy, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jon Snow, Sansa Stark
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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6x9.3 Missing Moment 9.2
 

Sansa si rifiutò di percorrere la vallata a cavallo: aveva bisogno di farlo attraversando quella distesa di morti, specchiandosi nelle iridi vuote di chi aveva dato la vita per la sua causa, doveva loro almeno quello e non se ne sarebbe ritratta mai.
Sapeva con lucidità cristallina dove giaceva il corpo esanime del fratello, era molto più spostato dal marasma di corpi dilaniati accalcati gli uni sugli altri.
Il suono destabilizzante dei lamenti di chi era ancora in vita era impacabile; d’un tratto Sansa si sentì tirare per il mantello: “Mia signora…”, un ragazzo a terra con il viso impolrante e gli abiti laceri, imbrattati di sangue la tratteneva; Sansa richiamò i due uomini che la scortavano mentre si accostò al giovane: “Non riesci ad alzarti? Sei ferito?” si informò Sansa mentre gli occhi percorrevano il corpo del ragazzo in cerca del problema.
“Le gambe… non riesco a muoverle”
“Mia Lady non dovresti occuparti di ogni moribondo in cui inciampi, ci sono i maestri e le donne per questo” disse l’uomo più corpulento che la accompagnava.
“Non sono forse una donna io?” chiese Sansa incurante senza neanche voltarsi: “hanno combattuto per me e la mia casa, si tratta del mio popolo e me ne occuperò fino a quando avrò vita, Loro, tutti voi siete una mia responsabilità” affermò Sansa senza remore ne accusa. “Hai del vino per lenire il dolore?” gli chiese infine voltandosi, certa che stavolta non avrebbe obiettato.
L’uomo si sganciò la borraccia dalla cinta e la porse alla Lady. Sansa accostò a sua volta l’otre alle labbra del ragazzo che bevve avidamente “Mia lady Stark, ti ringrazio; se è giunta la mia fine sarò felice di abbracciare la morte dopo aver visto il tuo viso”,
“Non morirai, non oggi almeno” rispose con un sorriso dolce lei mentre fece cenno ad alcuni uomini per chiedere soccorso: “Portatelo al castello e trovate qualcuno che possa dargli le cure di cui necessita”.
Gli uomini obbedirono in silenzio caricando il giovane su una barella di fortuna; “Possiamo proseguire ora” disse Sansa restituendo l’otre al suo proprietario. Dovettero fermarsi altre volte, fino a che tutte le richieste d’aiuto giunte alle orecchie di Lady Stark non furono esaudite.

C’era una linea di demarcazione di cadaveri umani ed equini laddove era avvenuto l’impatto più estremo della cavalleria; passato quello era una distesa di frecce e leggermente più in la dove i dardi si diradavano appena, giaceva il corpo di Rickon, trafitto più e più volte con un rivolo di sangue ormai secco al lato della bocca e gli occhi ancora a scrutare il cielo.
Sansa crollò in ginocchio fissando quegli occhi vuoti e sentì le lacrime inumidirgli i suoi.

Guardare e non vedere, avrò tempo di piangerlo, ma non qui, non quando lui è ancora in vita.
E le lacrime obbedienti non scesero asciugandosi lentamente alla brezza; una mano di lei si posò sul volto del fratello per chiudergli le palpebre, poi si accostò piano posandogli un bacio lieve sulla fronte, timorosa quasi di scalfirlo neanche fosse fatto di cristallo.
Un momento di contemplazione e poi si alzò chiudendosi nel mantello tutte le emozioni.
“Ci pensiamo noi Mia Lady” disse l’uomo più robusto con tono apprensivo, Sansa acconsentì silenziosa, grata di non dover obbligatoriamente proferire parola.

Qualche passo indietro, sentiva il bisogno di distanziarsi appena, come impaurita dall’immobilità del corpo di suo fratello disteso sulla barella: guardare e non vedere non significava distacco totale, no, Sansa sapeva di fissare il cadavere di Rickon, un altro della sua famiglia e temeva potesse non essere l’ultimo.
Quasi non si accorse di Jon quando varcarono la soglia del cortile interno, si accostò semplicemente alla barella che d’un tratto si era fermata; fu la voce roca e stanca di lui a ridestarla dal torpore dei pensieri: “seppelliremo mio fratello nelle cripte, vicino a mio padre”.
I due uomini si avviarono e Jon fece per darle le spalle quando Sansa realizzò che era arrivato il momento: “Jon” lo richiamò ferma bloccandolo sul posto.

È stato lui a fare tutto questo, a Rickon, a me, alla nostra famiglia…
Jon si voltò temendo quelle parole che Sansa pronunciò: “Dov’è lui”.
Impotente nel risparmiarle tutto quello che sarebbe conseguito da una vendetta a cui Sansa non voleva sottrarsi la guardò con occhi tristi: “l’ho fatto portare nelle prigioni per il momento”; Jon sapeva che Sansa in quanto Stark avrebbe rispettato l’onore del padre e dei suoi insegnamenti tra cui il più importante di tutti: chi pronunciava sentenza di morte doveva essere anche in grado di calare la spada in modo tale da assumersi le responsabilità di quella vita estirpata; la conferma di tutto questo risuonò dalle stesse parole di lei: “me ne occuperò io” disse infatti con voce feroce avviandosi verso le segrete senza remore.

“Sansa!” la richiamò con urgenza la voce lui in un ultimo tentativo di protezione.
Lei si voltò silenziosa verso il fratello, “di quello che ha fatto ne deve rispondere a me e a me soltanto” decretò imperterrita a denti stretti.
Jon in quel frangente colse nel suo sguardo la fermezza di chi aveva già meditato a lungo la decisione, di chi sapeva esattamente cosa fare e come e ne fu totalmente assuefatto, sedotto e spaventato.
Fu in grado solo di abbassare lo sguardo e annuire tristemente.

——

Trascinarono il suo corpo svenuto nella grande cella che Lei aveva designato come patibolo, un’esecuzione privata, solo per i suoi occhi al calare dell’oscurità.
Lo adagiarono ancora privo di conoscenza sulla sedia apprestandosi a legarlo tra un sottofondo di latrati, ringhi e mascelle che azzannavano sbarre di ferro. I due uomini si avvicinarono a Lady Stark in attesa di ordini: “Lasciatemi sola con lui” disse ferma con lo sguardo congelato sul prigioniero.

Non si mosse fino a che non fu totalmente sola; azzardò un passo, lentamente, e poi ancora uno e prendendosi tutto il tempo, un piede dopo l’altro si ritrovò a sovrastare il suo aguzzino che giaceva inerme legato, con le palpebre ancora chiuse e il volto insanguinato a causa delle percosse che Jon gli aveva inflitto alimentato da un’irrefrenabile ferocia.
Lo guardò intensamente in dettaglio: quelle labbra che aveva visto più volte stendersi in un ghigno sadico mentre la braccava e sperimentava nuovi modi per impaurirla e tormentarla, il respiro pesante sul collo, il suono macabro della sua voce mentre la scherniva o le prodigava oscenità, umiliandola come se fosse un oggetto in suo possesso, ghermendole i polsi con violenza o toccandola senza riguardo se non per vederla piangere più forte; poteva ancora sentire la presa delle sue mani lascive sul suo corpo, la fredda lama del coltello percorrerle la schiena, la curva dei glutei e tutta la lunghezza della coscia nell’attesa che lui trovasse di volta in volta un assurdo espediente per “punirla” perché questo lo faceva eccitare più di qualunque altra cosa.

Mai più avrebbe toccato Ramsay Bolton.
Mai più lui avrebbe toccato Lei.
I mastini fremevano e sentivano l’odore del sangue come un richiamo.

Sansa ripercorse con lo sguardo i lineamenti del marito e decise che anche quei malsani ricordi non sarebbero mai usciti da quegli stessi sotterranei.

Hai lordato i pochi sogni che mi erano rimasti, hai fatto crollare la mia innocenza e mi ha fatto quasi dimenticare me stessa, ma non sono come te e mai lo sarò.
Hai giustiziato mio fratello coinvolgendoci in un turbinio di terrore, speranza e dolore.
Hai quasi ucciso Jon e come un veleno hai insidiato il suo animo alimentando il suo senso di colpa; troppo buono Jon, troppo puro per questo gioco meschino, ma il tuo svago è ormai giunto al termine: ora sarò io a dettarne le regole.

 Un incresparsi della fronte di Ramsay la focalizzò sul presente: era finalmente giunto il momento.
Ricettiva e pronta si avvicinò alla gabbia che si trovava alla sua destra con un paio di mastini all’interno, lasciò cadere un osso nella gabbia per poi far scattare la serratura e aprire appena l’inferriata, mentre i due cani erano occupati nello spolpare quella insufficiente distrazione; fece lo stesso con la gabbia di sinistra per poi scavalcare l’ingresso della griglia principale e chiudersela alle spalle rigirando la chiave.

Ramsay lentamente iniziò a riprendere i sensi.

   
 
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