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Autore: Arial    29/07/2009    5 recensioni
Dean si risveglia, senza alcun ricordo, in una bianca prigione. L'unica via d'uscita è cedere alle lusinghe del suo carceriere. Resisterà alla tentazione oppure vi si abbandonerà, portando l'Apocalisse sulla Terra?
Genere: Sovrannaturale, Suspence, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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“From the depths of my soul
You are calling me
.
(Singing over me, Building 429)
 
 

 
“Ehi, Dean, sei sveglio?”
Spalanco gli occhi, momentaneamente disorientato.
È buio. Un odore stantio permea l’aria.
Dove sono?
Ho le labbra bagnate, vi passo sopra la lingua e avverto un sapore salato, leggermente ferroso. È sangue.
Provo a mettermi seduto, ma qualcosa mi blocca le gambe.
Che cazzo succede?
“Dean, tutto bene?”
Sam?
Un leggero clic e la stanza si illumina: è il nostro motel. Sono sveglio.
Mi sollevo, liberandomi dal groviglio di lenzuola che mi intrappolava.
Sam mi osserva, preoccupato.
“Tutto bene?” ripete.
“Alla grande” ribatto, in automatico.
Peccato per la voce tremante e il sangue sulle labbra: Sam non lascerà correre.
“Certo, e quello come lo spieghi?” chiede, indicando il casino sulla mia faccia.
Come volevasi dimostrare.
“Sogni agitati?” offro, con un sorriso.
Solleva maggiormente le sopracciglia, sono paurosamente vicine all’attaccatura dei capelli, adesso.
Anche il suo tono si è alzato di un paio di ottave. Rischia una crisi isterica.
“E cosa sognavi?”
“Ero in un giardino e un tipo bellissimo continuava a offrirmi da mangiare. Un incubo” dico, ripulendomi.
Sam sbuffa, ma per ora non aggiunge altro. Meglio non sfidare la sorte, comunque.
Scatto in piedi, deciso a troncare sul nascere qualsiasi discussione. Il bagno mi sembra la soluzione ideale, peccato che il mio corpo non sia così collaborativo: la testa mi pulsa con ferocia, il repentino cambio d’altezza mi ha dato le vertigini e le mie gambe hanno la consistenza della gelatina.
Mi rimetto seduto, evitando accuratamente lo sguardo di mio fratello.
Come se fosse mai servito in passato: più mi chiudo, più Sam cerca di entrare; più mi sforzo di tener su una facciata di normalità, più si insospettisce. Insiste e pressa finché le mie barriere non crollano, finché non ha ottenuto la sua preziosissima confessione. Questa volta non andrà come pensa, però: non gli dirò nulla, non posso.
“Dean…” incomincia.
“Cosa?” scatto, più stanco che minaccioso.
Scuoto la testa. Ti prego Sam, sta’ zitto.
Si sposta al mio fianco. Le sue ginocchia sfiorano le mie.
Non mi toccare.
“Dean, ascolta…”
Mi poggia una mano sulla gamba, cercando di rassicurarmi.
“Non mi toccare” sibilo, ritraendomi: Sam ne ha avute abbastanza per tutta la vita di schifezze demoniache.
“Va bene” mormora, ferito. Si schiarisce la voce, poi riprende. “Qualsiasi cosa ti stia succedendo, puoi parlarmene, Dean. Non possiamo andare avanti così, ho bisogno di sapere come aiutarti…”
“Tranquillo, Sam, non sto bevendo sangue di demone” taglio corto.
“Cosa?” chiede, incredulo.
“Sai, il sangue di cui andavi a caccia con la tua sgualdrinella; quello con cui ti sei dopato per uccidere Lilith, liberando Lucifer… Quel sangue, fratellino. Non sono neppure in grado di esorcizzare demoni con la mente, i miei segreti sono decisamente meno interessanti dei tuoi…”
Sam spalanca la bocca, poi la richiude. Gli tremano le mani, i suoi occhi sono spaventosamente lucidi.
“Come preferisci” sussurra, rialzandosi.
In pochi minuti si veste e lascia la stanza, senza mai avermi rivolto la parola o aver incrociato il mio sguardo.
Al suono della porta che sbatte, mi concedo di rilassarmi. Non volevo andare tanto oltre, ma ho ottenuto quello che volevo: sono solo.
Sento le labbra incurvarsi per l’ironia della cosa: ho lottato tutta la vita per averlo al mio fianco e ora… So che Sam tornerà, non mi abbandonerebbe mai. Non adesso, comunque. Dovrei lasciarlo io? Se gli dicessi la verità se ne andrebbe? No, certo che no.
Merda, non so cosa fare. Mi sento sfinito, e non solo nel fisico: la nebbia del sogno fatica a dissiparsi, il mondo mi sembra sempre meno reale. Quanto ancora posso andare avanti così? Be’, a giudicare dall’ultima volta, non molto. Un brivido mi corre lungo la schiena al pensiero di quanto sia stato vicino a cedere. Non fosse stato per Castiel… Non potrò più contare sul suo aiuto, però: non ho bisogno di sollevare la maglia per scoprire che la sua cicatrice è scomparsa e, con essa, il legame che ci univa. Sorrido nuovamente. Questa è in assoluto l’idea meno virile che abbia mai partorito,  persino Sam ne sarebbe imbarazzato.
Mi poggio contro la testata del letto e comincio a fissare il muro. Un’altra prova di quanto sia prossimo a fottermi il cervello. Distolgo lo sguardo solo quando la carta da parati mi dà la nausea e il bisogno di pisciare diventa insopprimibile.
Oltrepasso lo specchio a capo chino, chiedendomi distrattamente di che colore siano gli occhi di Lucifer: bianchi come la sua prigione o rossi come le sue mele?
Strofino velocemente le mani e sono pronto ad uscire, qualcosa però mi dice di controllare il mio riflesso. È stupido, lo so, ma devo essere sicuro di… Sospiro, sicuro di cosa? Di essere ancora io? Che non mi siano spuntate corna e coda?
Sollevo gli occhi e li punto in quelli del mio doppio: tutto normale.
Libero l’aria che avevo inconsciamente trattenuto e mi appoggio pesantemente al lavandino. Che idiota, cosa mi aspettavo di vedere?
“Sei un coglione” mi dico, cominciando a ridere.
In quel momento i miei occhi cambiano colore. È soltanto un attimo, un veloce lampo di rosso che in qualsiasi altra occasione avrei creduto di immaginare. Allo shock che so essersi dipinto sul mio viso, il Dean dello specchio risponde con un sorriso consapevole. È troppo.
Fletto il braccio all’indietro, chiudo le dita a pugno e colpisco il vetro con tutta la mia forza.
Va in mille pezzi, portando via con sé quel ghigno detestabile. Vaffanculo!
Prima che possa gioire della mia piccola vittoria, una fitta di dolore si irradia dalle dita già intorpidite alla mano, risalendo lungo il braccio fino ad arrivare alla spalla.
Le ginocchia mi cedono, ma la mano incastrata mi impedisce di cadere. È intrappolata fino al polso nell’anta del mobiletto; quando provo a liberarla, schegge di vetro e frammenti di legno penetrano più profondamente nella pelle. Non posso restare così, conto fino a tre e poi do un violento strattone.
Mi ritrovo a terra.
Resto immobile qualche secondo, cercando di riprendere fiato. Non riesco a muovere le dita, devo aver reciso tendini e terminazioni nervose; il sangue zampilla rosso e brillante, di sicuro ho reciso un’arteria. C’è già troppo sangue, devo assolutamente comprimere la ferita. Afferro un asciugamano e lo stringo intorno alla mano, si inzuppa immediatamente. Ho bisogno di aiuto, devo chiamare Sam.
Cerco di rimettermi in piedi, ma le gambe non mi sostengono.
Ho la nausea. Respiro affannosamente, il cuore batte troppo in fretta: sto per perdere conoscenza.
Che cazzo ho fatto? A Sam verrà un infarto quando vedrà questo casino. E se dovesse pensare che è colpa del nostro litigio, se si ritenesse colpevole?
No, Chuck lo avviserà. Magari lo scriverà pure nei suoi libri: Dean Winchester, angeli e demoni lo volevano morto, ma lui è riuscito a uccidersi tutto da solo…
Mi si chiudono gli occhi, scivolo in avanti e aspetto di incontrare il pavimento. Quando non succede, mi sforzo di riaprirli, ma senza successo.
Delle braccia si stringono intorno a me, tenendomi la testa sollevata.
Che diavolo succede?
“Dean, stai bene?”
Chi cazzo è ‘sto deficiente? Ti sembra che stia bene, idiota?
“Ehi, Dean, guardami!”
Il suo tono è imperioso, ma è come se sotto vi si nascondesse dell’altro: esasperazione, preoccupazione?
Sam?
Tempismo perfetto, fratellino.
Affondo il viso nell’incavo del suo braccio e smetto di lottare per restare sveglio: sono al sicuro ora.
Presto sarò in un letto, imbottito di morfina. Certo, l’idea dell’ospedale non è così allettante, ma meglio dell’alternativa…
Mi artiglia la mano, lacerando ulteriormente la carne già martoriata. Un calore improvviso avvolge l’arto. Sto bruciando. Merda, questo non è Sam.
Ecco la prova decisiva che Dio ce l’ha con me: non stavo morendo abbastanza dolorosamente?
Provo a ritrarmi, ma la presa dell’altro si rafforza.
“Lasciami andare, figlio di puttana!” grido, scacciandolo via.
Riesco a parlare, sono in piedi e… ancora vivo: forse Dio non mi odia poi tanto. Di certo sto simpatico a uno dei suoi angeli.
“Prego” mormora Castiel, leggermente annoiato.
“Dai, Cas, stavolta almeno non ti ho pugnalato” dico, massaggiandomi il polso: sono del tutto guarito.
Scuote la testa. “Occuparsi di te è un lavoro a tempo pieno, Dean.”
“Dovresti chiedere un aumento al tuo sindacato” ribatto, sorridendo.
Si rimette in piedi e si avvicina ai frammenti dello specchio, poi mi guarda.
Distolgo lo sguardo.
Se gli dicessi che sono inciampato ci crederebbe?
“Non c’era nessuno nello specchio” dichiara.
“Cosa?” domando, allibito. “Certo che no, ti stai confondendo con la tv.”
“Sai a cosa mi riferisco, Dean. È tutto nella tua mente, Lui non può raggiungerti qui.”
Ovviamente, Castiel sa.
“Peccato che io torni da lui ogni volta.”
Esco dal bagno: qualsiasi conversazione voglia avere, non sarà qui dentro.
Mi siedo sul letto, continuando a dargli le spalle.
“Non è una tua decisione” prova.
Perché cazzo cerca di consolarmi? Non ha visto quello che ha fatto?
“Se tu non mi avessi fermato…”
Lascio cadere la frase, sappiamo entrambi come si conclude.
“Proprio non capisci, vero?” chiede dopo un po’.
Sollevo gli occhi su di lui, sta sorridendo.
Be’, questa non me l’aspettavo. Che abbia bevuto? Dopotutto è un angelo fuggitivo, magari ha cominciato a godersi la vita in vista dell’Apocalisse…
“Lucifer è la tentazione. Un terzo delle schiere angeliche è caduto per seguirlo e tu gli resisti ormai da mesi…”
“Dovrei festeggiare, Cas: uno stupido essere umano che riesce dove gli angeli di Dio hanno fallito. Incredibile, no?” concludo, sarcastico.
“Dovresti essere grato, Dean: tu sei speciale e questo non fa che dimostrarlo. Dovresti avere fede e, soprattutto, dovresti confidarti con Sam.”
“Confidarmi con lui? E cosa dovrei dirgli che neppure il Diavolo può resistermi?”
Castiel scompare e la porta del motel si spalanca. “Sam.”
I suoi occhi sono fissi nei miei, sul volto un’espressione sconvolta: ha sentito quello che ho detto? Ha capito tutto?
“Sam, io…”
Prima che possa spiegarmi, mi è già addosso. “Dean, che cazzo è successo?”
Mi porta le mani alla gola: perfetto, cercherà nuovamente di strangolarmi? Il suo tocco è delicato, professionale… pensa che sia ferito?! Merda, il sangue!
“Sto bene, lasciami andare.”
Niente.
“Sam, ti ho detto che sto bene. Lasciami!”
Ubbidisce, ma non si allontana troppo.
Sospiro, insicuro su come continuare. Non posso dirgli che è ketchup, no?
“Dobbiamo parlare” dico, tutto d’un fiato.
Sam annuisce e si siede al mio fianco.
“Ho colpito lo specchio del bagno. La cauzione per la stanza è persa” incomincio, dopo qualche minuto. “Ho perso molto sangue, è arrivato Castiel e mi ha guarito.”
“Perché l’hai fatto?”
“Le prime rughe mi hanno sconvolto. Sai, questo stile di vita è troppo…”
Sam mi interrompe, esasperato. “Dean.”
“Ok, ho creduto di vederci Lucifer. Soddisfatto?”
I suoi occhi si dilatano, si allontana leggermente: ha paura di me?
“Dean, hai ripreso a bere?” domanda, preoccupato. “Capisco che tutta questa storia del prescelto e degli angeli possa averti scombussolato, ma…”
Cosa? Pensa che abbia un crollo nervoso?
“Sam, mi dispiace, ma non ho bisogno di uno psichiatra. Un esorcista però non sarebbe una cattiva idea.” Continuo, prima che possa interrompermi ancora. “Da quella notte in Maryland ho avuto dei… sogni. Mi ritrovo in un giardino, c’è un essere col mio aspetto che vuole che morda una mela e…”
“Dean, di cosa stai parlando? Chi è quell’uomo?”
“È Lucifer, e ha bisogno di un corpo. Ti chiedevi perché non piovessero ancora rane, ecco la risposta.”
Scuote la testa, incredulo. “No, non è possibile. Tu devi fermarlo, non può…”
Si blocca, ha capito: quale corpo migliore del mio? Tolto di mezzo me, nessuno sarà in grado di fermarlo…
“Cosa dicono gli angeli? Castiel?”
Resto in silenzio, sappiamo entrambi che Castiel è il solo angelo appollaiato sulla mia spalla e che ha lasciato il Paradiso. Qualsiasi cosa abbiano in mente quei pennuti figli di puttana, non prevede l’aiutarci…
Sam si passa una mano fra i capelli, lo sguardo determinato. Sento un sorriso tendermi le labbra: il mio fratellino sta già pensando al modo in cui salvarmi.
“Ecco spiegati il sangue, le grida…”
Grido durante la notte? Sam pensava fossero ancora gli strascichi dell’Inferno?
“Mi dispiace” mormora, dopo un po’.
“Va tutto bene” ribatto, stupidamente. Se conosco mio fratello, questa è decisamente la risposta sbagliata.
E infatti. “No, Dean, non va bene” scoppia. “Lucifer vuole possederti, gli angeli sono andati a farsi fottere, tu hai le allucinazioni e il tuo corpo sta cedendo. Dimentico qualcosa? Ah sì, la colpa di tutto questo è solo mia.”
Che cazzo sta dicendo?
“Non è colpa tua, Sam.”
Incomincia a ridere, un suono isterico che mi dà i brividi.
“No? Come mi hai ricordato tu prima, sono stato io a liberare Lucifer, Dean.”
Mi si serra lo stomaco, prima di parlare sono costretto a schiarirmi la voce. “Non è colpa tua e non avrei mai dovuto dire quelle cose, sono un coglione. Ascoltami, Sam, volevo solo che mi lasciassi in pace e…”
“E hai pensato che se mi avessi ferito, me ne sarei andato? Lo so, Dean. Ti conosco. Questo non significa che tu non avessi ragione.”
Abbassa la testa. Mi inginocchio ai suoi piedi, costringendolo a guardarmi. “Sam, tu volevi fermare Lilith, non sapevi che lei fosse l’ultimo sigillo. Non avresti mai dovuto fidarti di un demone e probabilmente te lo rinfaccerò per tutta la vita; sei stato un idiota e a ogni occasione ti ricorderò anche questo, ma chiunque al tuo posto avrebbe fatto lo stesso e mi dispiace di aver detto quelle cose. Siamo a posto, ora?” chiedo, finalmente.
Sam solleva un angolo della bocca. “A posto.”
Sorrido a mia volta. “Ehi, Sammy, non starai per metterti a piangere? Guarda che non mi sono dichiarato…”
“Idiota” borbotta, spingendomi via.
Finisco col culo per terra e quello stronzo si mette a ridere. “Hai bisogno d’aiuto, principessa?”
“Approfitta del vantaggio, Samantha” minaccio, a denti scoperti.
Mi porge la mano, ma la rifiuto. “Ce la faccio…”
Presto mi rendo conto che non è così: il mio corpo è troppo pesante, non riesco a rialzarmi. È come muoversi sott’acqua.
“Si è rotto qualcosa laggiù?” ghigna Sam.
“Temo di sì” ribatto, a fatica. Mi sento la bocca impastata, la testa ovattata, come quando sei troppo sbronzo o troppo assonnato per parlare.
“Non riesco a stare sveglio” mormoro.
Sam mi è subito accanto, mi sposta sul letto.
“Non credo sia una buona idea, Sam. Vuole che dorma.”
Cerco di mantenere la testa sollevata e di non chiudere gli occhi, ma è difficile.
“Appunto, neppure un’endovena di caffè potrebbe aiutarti ora. Ti addormenterai, ma alle nostre condizioni. Torno subito, resta sveglio.”
Provo a fermarlo, ma si lancia fuori dalla porta.
Sono solo.
La paura, seppur attutita come tutto il resto, comincia a farsi strada dentro di me.
Non riesco a controllare il mio corpo, non era mai successo prima. E se questo fosse solo l’inizio? Se potesse arrivare a me anche senza il mio consenso? No, non funziona così.
Sam, ti prego, sbrigati.
“Ehi, Dean…”
La sua voce mi gela il sangue, non mi ero accorto fosse tornato.
Si china su di me, stringe qualcosa… un martello?
“Pensi che se finisco in coma non potrà raggiungermi?” domando, vagamente preoccupato.
“Il martello non è per la tua testa, Dean. Servirà ad appendere questo” dice, mostrandomi l’altra mano.
“Vuoi salvarmi con un acchiappasogni, Sam?”
Mio fratello fa una smorfia, non gli è sfuggito il mio scetticismo. “Gli indiani lo utilizzavano per allontanare i sogni dannosi e gli spiriti maligni che turbavano l’animo del possessore.”
“Zitto, Sam. Mi addormenterò prima altrimenti…” sussurro, affondando la testa nel cuscino.
“Idiota.”
“Mmh…”
Sento la mano di Sam sulla spalla. “Torna da me, Dean” bisbiglia.
Poi più nulla.
   
 
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