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Autore: Proiezioni    26/09/2019    5 recensioni
Capitolo 6! Un piccolo aggiornamento!
Freezer è una vecchia serpe sadica ricolma di invidia. Vegeta un principe diviso, forse pronto al primo atto di gratitudine verso chi lo ha salvato, o forse destinato a inseguire la sua gloria verso l'oblio. Una storia quasi romantica di guerra e di guerrieri che infrangono le regole e scelgono una nuova via.
Genere: Fantasy, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Chichi, Freezer, Re Vegeta, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Avviso: I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©, che ne detengono tutti i diritti. Queste storie non sono state scritte a scopo di lucro.

© copyright law

Eccoci qui, il capitolo 2 e il 3 sono stati pubblicati contemporaneamente, e son abbastanza sostanziosi... Mi auguro di avere un vostro parere ^^ Riferimenti a scienza, genetica ed eventuali materie matematiche di cui è condita la storia possono risentire di un pò di fantasia, visto che il racconto si colloca a metà tra il genere fantasy e la fantascienza (e anche un pò di inciucio al femminile...) Buona lettura!

 

3.

 

Per il rientro dei quattro plotoni d'elite, che avevano concluso con successo e senza perdite la missione di soppressione delle rivolte su Neo Genesis 2, i soldati investiti di tale carica furono accolti con gloria, omaggiati anche dal  Re che in primis aveva voluto riceverli complimentandosi per l'operato svolto e per il compiaciuto messaggio ricevuto da Freezer tramite il suo portavoce Zarbon. Non che il Re o i saiyan in generale tenessero particolarmente al loro parere,  ma non completare un lavoro per Freezer equivaleva a sanzioni in termini di denaro e di schiavi, e anche gli anziani sapevano che era sempre meglio evitare di mettersi contro  un caino del genere. La sera si sarebbe festeggiato e si sarebbe bevuto fino ad ubriacarsi, come erano soliti fare i guerrieri dopo spossanti e lunghi incarichi che svigorivano corpo e spirito.
Per quella vittoria tanto agognata, Freezer aveva lasciato  uno dei pianeti ricchi di acqua a disposizione completa dei saiyan, ribattezzandolo Fusion, e Vegeta  che sapeva qual’era la posta in gioco, aveva chiesto a Bulma già settimane prima di quella vittoria di verificare la temperatura di solubilità del minerale disciolto nelle fonti miracolose, studiandone la composizione e cercando di capire se fosse riproducibile in laboratorio.
L'assedio di Neo Genesis 2 era stato sfiancante ed era durato oltre due mesi, le comunicazioni poi erano state infrequenti e disturbate dalla lontananza e dalla presenza di raggi gamma che ostacolavano costantemente il flusso di informazioni. Solo nelle ultime due settimane era stato possibile avviare comunicazioni decenti col pianeta Vegeta grazie a Bulma che aveva preso in carica il problema. Il Re era rimasto colpito da quelle sue capacità, e non solo lui, anche alcuni saiyan del consiglio ne avevano scoperto con stupore la doti ingegneristiche.
Vegeta non era ancora rientrato dalla Terra e il padre ne apparve risentito quando gli comunicarono che non era reperibile, visto che sul pianeta della terrestre mancavano due ore all'alba e il saiyan stava ancora dormendo tra le cosce aperte di sua moglie, sopra i suoi seni e con le sue braccia esili attorno alle spalle, in un groviglio di indiscutibile complicità che era seguito al loro caldo amplesso.
"Voglio avere sue notizie entro stasera. Fate in modo di intercettarlo. Non può pensare sempre e solo a migliorare se stesso quando c'è da festeggiare una truppa di rientro" borbottò spazientito mentre camminava vicino uno degli anziani del consiglio. 
Il guerriero che ricevette quell'oneroso compito fu proprio Gurlok, che maledisse il carattere dispotico del monarca sapendo a cosa sarebbe andato in contro se non avesse intercettato il principe per tempo.
"Avessi una donna del genere, me ne starei anche io con lei al posto di festeggiare la truppa" commentò Rugvic mentre Gurlok stringeva la mascella.
"Non fare dell'umorismo. Se non riesco a intercettare Vegeta, il padre è capace di farmi saltare la testa. Lui non ce l'ha più una donna a tenerlo buono e io sono troppo giovane per morire così disonorevolmente".
Un via vai di inservienti stava già disponendo perchè si festeggiasse in una delle palestre più ampie di cui disponeva il piano dei nobili. Donne e uomini saiyan troppo deboli, considerati alla stregua di schiavi, montavano tavoli e disponevano sedie in abbondanza per i quattro plotoni e gli altri guerrieri elitari che sarebbero stati più di duecento, senza contare gli assenti in missione. E sfamare più di duecento bocche saiyan non era un lavoro semplice, perché le pietanze non sarebbero dovute mancare e le cucine avrebbero lavorato fino a notte fonda. Con tutto il vino che sarebbe fluito per così tanti calici, miscelato allo spirito allegro e alla presenza dei plotoni femminili, di casino ce ne sarebbe stato parecchio lì dentro.
Gurlok fu indeciso fino all'ultimo se disturbare o no il principe, mentre la festa già stava imperversando un piano più in basso al suo rumoroso esordio, ma pur di non rischiare la sfuriata del Re decise di provare ad avvisare suo figlio personalmente, rassicurandosi che se Vegeta avesse deciso di infierire contro di lui sarebbe stato almeno sulla Terra, lontano dagli occhi dei suoi pari. Entrò nella macchina del teletrasporto sperando di riuscire nell'impresa e usò le medesime coordinate usate dall'ultimo viaggiatore. Nel giro di pochi minuti, dopo essersi sentito comprimere da una forza terribile che lo portò ad uno stato provvisorio di incoscienza, si materializzò in cima ad un grattacielo e quando uscì dal macchinario mise a fuoco l'interno di una calotta in carbonio sopra la cui porta sbatteva un forte vento. Quando schiuse l’uscio con fare circospetto, difatti, davanti a sè vide lo spettacolo della metropoli più ricca del pianeta Terra, e sul pavimento di cemento un enorme logo disegnato dalla doppia 'c'. Si guardò attorno percependo una fresca e piacevole temperatura della notte appena andata e vide il sole far capolino tra gli accumuli di nuvole temporalesche stantie all'orizzonte, oltre i palazzi attraverso cui i raggi si infiltravano riflettendosi sulle vetrate dei grattacieli in uno spettacolo di ricchezza e benessere. Il lontano rumore del traffico giungeva come un eco confuso, ma più distintamente riuscì ad udire un aereo che passava di là a sei mila piedi di altezza, e il cui lontano rombo ad un orecchio sensibile arrivava ugualmente. Aprì la porta di un piccolo gabbiotto, l’unico punto da cui poter scendere, e imboccò una rampa di scale che attraversava il locale degli ascensori fino all'ultimo piano di servizio. Non gli fu chiaro come orientarsi, ma in suo aiuto trovo un manutentore che alla buon'ora era lì a fare dei controlli sull'impianto antincendio. 
"Salve, ha bisogno?"
Il saiyan lo studiò da capo a piedi con curiosità, registrandone l’energia irrilevante. Quando fu sul punto di dichiararsi, pensò fosse meglio mantenere un profilo più basso. "Sto cercando il pr... Vegeta".
"Vegeta? E chi è?"
Gurlok pensò di provare diversamente usando il nome della moglie di Vegeta. "Bulma?"
"Ma chi la proprietaria della Capsule Corporation? Quella figa spaziale?"
"Descrivila" gli ordinò.
"Beh... Una bella donna, capelli chiari, bel sedere e due tette così" fece con una certa mimica. “E soldi a palate come se non bastasse”.
“Bene, e dov'è?"
"Penso sia negli appartamenti privati, non l'ho vista giù in ufficio…  Faccia così, scenda al quarantaduesimo piano, da qui ci può arrivare." L’uomo pigiò per lui l'ascensore e attese che salisse. 
"Che piano è questo?"
"Questo è il quarantaquattro. É il locale di servizio. Prego" gli disse indicandogli l'ascensore che si apriva. 
Gurlok ci entrò e si sentì inghiottire nel vuoto per pochi secondi, finchè con un trillo l'ascensore non si aprì sul piano luminoso di un appartamento moderno e lussuoso, ma di buon gusto. Tutt’attorno a lui, a parte i muri divisori tra le stanze private, c’erano vetri che permettevano la migliore visuale sulla città. Si guardò attorno nel silenzio più assoluto che regnava, notando che c'era un robot che puliva automaticamente a terra, gironzolando per la stanza, tra il divano e la lampada spenta in design moderno, costata a Bulma un botto di soldi che per lei equivalevano a pochi spicci. Nell'aria leggera e fresca che la ventilazione automatizzata diffondeva per il piano, si respirava una piacevole fragranza, un profumo che proveniva dagli stecchetti di legno di alcuni effusori di essenze sparsi per la casa. Si mosse non rilevando energie pericolose nei paraggi e neppure quella di Vegeta, che l'ultima volta che si era incazzato aveva avuto un impennata energetica tale da aver mandato in tilt i rilevatori di tutti i presenti in sala magna. Si sfilò il rilevatore verde facendo riposare l’occhio destro.
Passò davanti un secondo salotto arredato con gusto minimalista, ma in cui non mancavano foto e suppellettili di vario genere, e alcuni giocattoli per terra riconducibili alla presenza di un bambino. La tecnologia della casa si evinceva da numerosi inserti a muro digitali, nonchè da alcuni ologrammi che venivano sparati sulla parente, riproducenti una trasmissione di cucina che la madre di Bulma aveva abbandonato per andare a valutare l’operato del giardiniere circa le aiuole del piano terra, che perimetravano la base dell’edificio .
Gurlok udì un vocio sommesso man mano che si avvicinava a quella che si rivelò lui una cucina con pareti a vista, molto ampia e luminosa, sulla cui isola centrale mise a fuoco la flessuosa figura di Bulma intenta a parlare a telefono. Aveva solo una vestaglietta sottile addosso, in trama di fantasia tropicale gialla, che la fasciava morbidamente mettendo in evidenza le mammelle piene e i capezzoli turgidi. Una coscia piegata fuoriusciva dai lembi socchiusi e un odore di smalto aveva seguito la laccatura delle unghie come di consueto, rimanendo stantio nell’aria. Aveva il capo piegato sulla spalla a trattenere la cornetta mentre mangiava uno yogurt. Quando si accorse della presenza del saiyan le scivolò a terra il telefono e si abbassò a recuperarlo con la faccia stravolta.
"Scusa devo salutarti, ti richiamo io fra poco". Era andata verso il mastodontico saiyan sistemandosi la vestaglia e appuntandosela bene in vita, celando il possibile e notando che lui aveva le spalle così grosse che a malapena sarebbero passate tra gli stipiti in vetro della porta automatica. Quando il guerriero si avvicinò all'uscio studiandolo, la spia sopra la testa fece scorrere la porta lateralmente e lui ne osservò il movimento. 
Bulma gli fu subito davanti. "Salve..." Si rese conto che anche lui si sentiva a disagio, non solo perchè era per la prima volta che si presentava in un luogo straniero senza imporsi con la minaccia, ma perchè lei era la donna di Vegeta. "Come mai sei arrivato qui? É successo qualcosa su Vegeta?"
Era a dir poco confusa da quella visita, oltre che timorosa di una brutta notizia.
Gorluk si raschiò la voce. "Devo parlare con Vegeta".
"Ma è successo qualcosa?" Fece lei, stringendosi nella vestaglia.
La cosa che più apparve strana all'uomo, era lo stato di assoluta informalità cui non era abituato. Bulma era quasi in deshabillè, scalza, un po’ spettinata, come se si fosse da poco svegliata, e lui era in una casa che in qualche modo apparteneva a Vegeta, ma dove Vegeta non c'entrava niente, almeno considerando il tipo di vita cui era abituato un saiyan.
"É stato convocato da suo padre per il rientro dei plotoni da Neo Genesis 2".
"Vado a chiamartelo, aspetta" fece per uscire quando si sentì in dovere di dargli ospitalità, così come era solita fare con qualunque persona entrasse in casa propria. "Posso offrirti qualcosa da bere mentre aspetti?"
Lui sembrò totalmente spaesato, ma lo sguardo duro e l'atteggiamento composto non tradirono la sua educazione militare. Lei lo intuì. "Avanti non fare complimenti, non conosco nessun saiyan che non sappia dire di no a qualcosa da mettere nello stomaco. Prego, accomodati, avanti..."
Gurlok la seguì in cucina, facendosi spazio a fatica dalla porta. Non si sedette, nonostante lei gli avesse indicato uno sgabello attorno all’isola.  Lei aprì il frigo estraendone un succo di frutta. Glielo servì con gentilezza e gli accostò anche il piatto di frutta che stava sbocconcellando a colazione.
"Serviti pure, se vuoi, io arrivo subito".
Gurlok la vide uscire e la seguì attraverso la parete vetrata della cucina mentre si portava vicino un telefono a muro ed avviava una videochiamata. Bulma disse qualcosa alla figurina che si intravedeva nello schermo, lanciando un'occhiata al saiyan che non stava né mangiando né bevendo, ma che si concentrò poi ad osservare la città alle proprie spalle, che a guardarla da lassù sembrava vivere di vita propria. 
Vegeta risalì dal trainer pochi minuti dopo, mentre Bulma era già andata a infilarsi un jeans e una maglietta per sentirsi più a proprio agio. Quando il principe fece la propria comparsa in cucina, il grosso saiyan stava osservando le macchine e gli aerovolanti che sfrecciavano su più livelli, e le zone verdi che in lontananza perimetravano il centro della città.
"Gurlok". La voce di Vegeta tuonò con durezza, ma non fu alta. Il saiyan si girò subito, genuflettendo appena la schiena. 
"Principe Vegeta..."
"Cos'è successo, perchè sei venuto?" Indagò arcigno, vagamente allarmato.
"Vostro padre ci tiene che voi siate ai festeggiamenti dei rientro dei plotoni da Neo Genesis 2".
Vegeta sembrò insospettirsi. "Ci tiene così tanto che ha mandato te a dirmelo?"
Gurlok sembrò in difficoltà. "Ecco... Principe, vostro padre mi ha praticamente costretto a rintracciarvi, e la sola possibilità che avevo era venire qui e disturbarvi di persona. So di aver fatto cosa, forse, sgradita ma non avevo alternative per soddisfare le richieste del R..."
"Si va bene, ho capito" lo liquidò Vegeta freddamente, portandosi alla bocca la bottiglietta d'acqua e trangugiandola avidamente. "Quindi adesso dammi un motivo per cui dovrei fare quello che dice mio padre? Non lo sa che io non prendo ordini?" 
"Perchè lo domandi a lui" gli fece eco Bulma arrivandogli da dietro.  "Se tuo padre insiste che tu ci sia, dovresti andarci.  Il plotone è andato a battersi anche per te".
Vegeta continuò a guardare Gurlok negli occhi. La frase di Bulma rimbalzò tra di loro nel più completo silenzio. Negli occhi di Vegeta sembrò vibrare una nota di fastidio per quell'osservazione imprevista, fatta tra l'altro davanti un sottoposto che la riteneva a sua volta una subalterna, ma tuttavia Gurlok trovò le parole di lei rispettose e coerenti. Ora capiva, quando si diceva che lei riusciva a rabbonirlo, cosa significasse per Vegeta averla accanto: lei lo rendeva ragionevole e arginava la sua violenza insita e talvolta insensata, quella che suo padre perpetrava anche a danno degli stessi saiyan quando doveva punirli se lo riteneva necessario, soprattutto quando le missioni non andavano a buon fine e si infuriava prevedendo le sanzioni di Freezer. 
Vegeta mosse la lingua in bocca con atteggiamento meditabondo.
"Vado a cambiarmi" dichiarò infine, e Bulma lo seguì per parlargli privatamente. Gurlok percepì che tra di loro ci fu uno scambio pungente di battute lungo il tragitto fino alla camera da letto, come se fossero sul punto di inscenare una discussione che finì in un buco nell'acqua.
Il saiyan rimase lì in attesa, continuando a guardarsi attorno, a respirare l'aria leggera e fresca dell'ambiente, vagamente profumato e accogliente nonostante l'ampiezza delle stanze, circondato da un interessante arredamento tecnologico che confermava lo status alto della famiglia della moglie di Vegeta. Doveva essere molto ricca, quella donna, stando al logo che vedeva comparire in uno spot ripetuto che passava lungo la parete di un palazzo. Vegeta era stato assai fortunato ad essere stato recuperato e salvato da una donna così, per svariati motivi che non tornò ad elencarsi mentalmente. 
Ad un tratto sul ciglio della porta comparve un bambino, canottiera e pantaloncino e scarpe da ginnastica. Era alto poco più di un metro e dieci, aveva i capelli di un'insolita colorazione e uno sguardo familiare ma gentile: quell'ovale del volto e l'espressione appena truce erano lineamenti duri già visti su un altro volto, ma gli occhi chiari e la luminosità irradiata dal suo sguardo appartenevano al bagaglio genetico di qualcun'altro...
Gurlok si sentì analizzato da quel cucciolo terrestre dall'aria particolarmente sveglia. 
"Ciao" si sentì dire educatamente prima di venire ignorato per vedersi preferita una bibita fresca che andò a prendere dal frigo, alzandosi sulle punte. Trunks si sedette sopra lo sgabello e si avvicinò dei cereali chiusi in una scatola di latta. Li versò copiosamente nella ciotolina col suo nome e iniziò a mangiare la pastosa colazione che lo aspettava ad allenamento finito. Mentre masticava, osservando di tanto in tanto l'omone dall'aria minacciosa che aveva davanti, si chiedeva chi fosse. 
"Come ti chiami?" Gli chiese con tono infantile, non arrendendosi al silenzio che gli pervenne in risposta. "Sei un saiyan?"
L'altro sembrò ritrovare una certa fierezza. "Sono un saiyan esatto, e tu, mocciosetto terrestre… Di  chi sei figlio?" 
Si sarebbe mostrato di certo più ossequioso se avesse saputo che non era solo l'erede quello che aveva davanti, ma che era anche così forte da potergli mangiare in testa. 
Il bambino continuò a masticare tranquillamente mentre Gurlok lo studiava con interesse, e questo perchè aveva percepito una strana energia nell'aria da quando quel bimbetto aveva varcato la soglia della stanza, e non era un'energia che riusciva a percepire come ormai faceva Vegeta anche senza il sussidio di un rilevatore, ma era una specie di sorda emanazione elettrostatica, tipica di chi ha una grande potenza. Trunks non riusciva ancora a controllarla e quando si allenava col padre la tirava fuori tutta, e nei minuti a seguire la fine di un allenamento girava per la casa facendo vibrare impercettibilmente le pareti, finchè il ki energetico non si riduceva. 
"Perchè ti interessa?" Fece Trunks con fare furbo.
Gurlok fece per infilarsi il rilevatore che si era appoggiato sotto al collo, oltremodo incuriosito da quel bambino di cui sospettò la paternità, ma proprio quando fu sul punto di apporre la lente sull'occhio entrò Bulma, visibilmente agitata.
"Tesoro, lascia stare questo signore, vieni con me" gli disse subito, arrivandogli da dietro.
"Ma sto mangiando" replicò Trunks. 
Lei gli scostò la tazza con gentilezza. "Continui dopo, vieni con me di là." Poi lo prese in braccio e Bulma cercò di deviare le riflessioni intuibili del saiyan. "Spero che non le abbia dato fastidio. Il figlio di mia sorella è un gran curioso".
Finchè Bulma camminò lungo il perimetro della cucina a vetri lui la vide, ma poi sparì dove iniziava il muro del quale comparve Vegeta, torvo e accigliato. Gurlok filò sull'attenti verso di lui. 
"Altezza, quali ordini?"
"Attendimi lì" gli ordinò indicando col mento l'ingresso degli ascensori. 
Andò da Bulma, che stava affidando a  Trunks un oggetto sferico e piatto. "Tesoro, questo radar devi custodirlo con cautela come ti ho raccomandato ieri. Hai capito?"
"Chi era quel signore, mamma?" Le domandò mentre lei si abbassava alla sua altezza.
"Un saiyan che viene dal pianeta di tuo padre".
"É pericoloso?"
L'altra gli sorrise. "Tu stai diventando molto forte, non devi avere paura di quegli omoni solo perchè sono alti e grossi".
"Io non ho paura di nessuno" ammise il piccolo Trunks, rendendo fiero suo padre.
Nessuno dei due si accorse che il saiyan era oltre la porta scorrevole in legno bianco e che li stava ascoltando.
"Se il papà va di nuovo via quando mi allena? Io voglio diventare forte come lui".
"Lo farà, non ti preoccupare, è solo un periodo un pò complicato" gli fece Bulma. "Adesso ascoltami, mi dovrò assentare qualche ora. Devo seguire tuo padre e tornerò nel pomeriggio inoltrato. Tu starai coi nonni e promettimi che non li farai dannare, il nonno più tardi ha una riunione che seguirà per mio conto, capito?" Il piccolo annuì e lei riprese. "Questo radar serve per trovare delle sfere, te l'ho detto, e non dovrai mai darlo a nessuno che non sia io..."
"Ma sei sicura che esista davvero questo drago? A me sembra solo una favola."
"Nelle favole devi crederci" fece lei.
"É uguale al drago che hai tatuato sulla schiena?"
Bulma gli sorrise. "Più o meno... Un giorno lo verificheremo insieme. Un'ultima cosa... Se dovessi rivedere dei signori vestiti come quello che hai visto poco fa..."
"Con l'armatura di papà?"
"Esatto, non devi dirgli che sei suo figlio, hai capito?"
"Perchè?"
"Perchè tuo padre è una persona importante, e adesso non vuole... coinvolgerti in situazioni particolari, che mettono a rischio la tua sicurezza".
Trunks sembrò non capire e lei si sforzò di rendergli più semplice quella spiegazione. "Trunks, tuo padre ha dei nemici e deve difenderti anche da loro. Ora non vuole che nessuno sappia che sei figlio suo".
"Non è che si vergogna di me?" Domandò dolcemente, e persino Vegeta provò una specie di crampo interiore, un tonfo al petto, un moto di tenerezza per quel suo figlio a cui non esternava mai il proprio affetto perché era troppo preso a trasmettergli l'educazione militare che aveva ricevuto anche lui. Eppure dietro l'orgoglio nascondeva un amore smisurato per lui, una fierezza profonda, un irrazionale desiderio di difenderlo come avrebbe difeso la donna che gliel'aveva dato. La sua Bulma che ora gli parlava piegata davanti a lui, davanti al sole che lo accecava e che delineava i loro contorni dandogli l’aspetto luminoso di due sagome informi. 
"Non dirlo neppure per scherzo! No che non si vergogna di te, anzi... Solo non vuole che vedano quanto sei forte..."
"Ma papà dice che per un saiyan è motivo di orgoglio essere forte".
"Lo è, infatti, ma tu sei ancora piccolo e non sei ancora in grado di difenderti da solo nè di poterlo aiutare nelle sue missioni."
"Io voglio aiutarlo".
"Lo farai quando sarai grande."
Trunks mise un broncio lunghissimo. "Uffa ma quanto ci vuole a crescere?"
"Un pochino, dai..."
"E quando ritorna a casa?" Quella parola fu per Vegeta come un calcio nello stomaco. Per Trunks il suo posto era lì, con loro.  Quel bambino lo vedeva solo come il suo burbero e fiero papà, sempre pronto a dare risposte alle sue curiose domande. 
"Ritornerà presto, starà fuori solo qualche giorno".
"Un giorno quindi potrò andare con lui?"
"Te lo prometto. Ma dovrà passare qualche anno".
Vegeta a quel punto si rivelò loro, comparendo con aria autoritaria tra gli stipiti della porta che scorrette nel controtelaio. "Papà!" Gli sorrise l'altro.
L'uomo fece un cenno a Bulma di lasciarli soli. "Portati qualcosa per il ricevimento. Qualcosa di adeguato a noi saiyan" aggiunse mentre lei usciva. Il bambino attese impaziente che suo padre gli parlasse.
"Trunks, metti in pratica gli allenamenti di stamattina anche quando non ci sono. Ripeti quegli esercizi almeno cento volte al giorno".
"Va bene... Ma quando torni papà?"
"Presto".
Trunks abbassò il capo, rigirandosi il radar tra le manine. "Però non è giusto che vai sempre via..."
"Non frignare. Tornerò" disse con voce calma e aria impenetrabile, ma guardandolo e ascoltando il suono della propria voce si rese conto che Bulma aveva ragione quando gli rimproverava di essere troppo duro. Allora gli mise una mano sul capo, notando la sorpresa del bambino quando lo fece, e gli accarezzò i capelli lisci con lentezza, per la prima volta, e scoprì che erano morbidi e setosi come quelli di sua madre, e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, per non darlo a Freezer, per proteggerlo dal mondo spietato da cui lui era venuto quasi nove anni prima. 
Il posto di Trunks era là, sulla Terra, anche per difenderla. Vegeta voleva che il figlio si salvasse, che non lo seguisse, perchè gliel'avrebbe impedito con ogni mezzo. Voleva che Trunks vivesse libero, libero dalle imposizioni della corona di cui sarebbe stato anche un forte e fiero erede, seppur di sangue misto, e libero dagli accordi vincolanti con Freezer, che potevano risucchiarlo in un baratro di violenza e morte in cui non voleva che suo figlio finisse, perché c’era già lui dentro.
Trunks era luce, proprio come Bulma, lui solo ombra...
Un'ombra venuta da un mondo brutale e barbaro, dove ancora si viveva di prevaricazioni e oppressioni, dove non c'era crescita democratica, ma dove si imponeva tutto con la violenza. Non era del tutto sbagliato ciò che affermava Bulma. Loro potevano sfruttare la loro naturale predisposizione alla guerra per farla a chi voleva invadere, per usarla per fini nobili, ma Vegeta non era del tutto pronto ad accettare un cambiamento del genere, in parte inconcepibile per la sua formazione militare e monarchica. Ma uno strano presentimento gli faceva ricordare le parole di Bulma, di due notti prima. "Freezer vi travolgerà nella sua meschinità. Anche se non capisco perchè vi ostiniate a voler morire in battaglia perchè la considerate la morte più degna per un guerriero, per lui non è così, e lo sai Vegeta... Chi servi come uno schiavo è solo un vigliacco. Lui non ti rispetta come principe, per lui voi saiyan siete solo carne da macello per le sue conquiste, e non vuoi ammetterlo per orgoglio, perchè lo odi. L'ho sentito... Lo sento ogni volta che lo pensi o lo senti nominare che lo odi profondamente, che daresti la vita per vederlo morto, ma io non voglio vedere te morto per lui. Freezer non merita la tua vita, sarebbe la sua soddisfazione più grande che tu possa dargli. Dovete liberarvi di lui, dovete liberare l'universo dalla sua presenza oberante e minacciosa per tutti noi". Vegeta dopo averla ascoltata con profondo coinvolgimento, l'aveva stoppata duramente.
"Noi saiyan non siamo tenuti a combattere per nessuno. Combattiamo per noi stessi e basta. Siamo mercenari, non schiavette."
Bulma lo aveva guardato con rabbia. "Vegeta... Dio o la natura non da a nessuno un dono del genere come la tua forza per vederlo usato contro lo stesso suo creato!" 
Quelle parole lo avevano zittito costringendolo a incassare quel colpo verbale più che sensato. 
"Sarai anche cresciuto con delle idee diverse dalle mie, ma le idee si possono anche cambiare. Vuoi che il tuo popolo venga spazzato via?!"
"Perchè diavolo dovrebbe succedere?! Cosa te lo fa pensare? Non siamo mica incapaci come voi terrestri!"
"Non ho mai affermato che lo siete e bada a come parli di noi terrestri! Dalla mia bocca non è affatto uscita una frase del genere e non provare a mettermi in bocca accuse insensate! Se sei orgoglioso non è colpa mia! Ma per una volta apri gli occhi al posto delle orecchie! Guarda a cosa state andando in contro! Avete il baratro davanti, Vegeta, ci state per finire dentro. Avete plotoni impiegati su più fronti, sui confini più difficili da gestire, e lui continua ad assegnarvi missioni su missioni, spedendovi sempre più lontano e sparpagliandovi... e Freezer non vi ci manda solo perchè siete bravi, ma lo fa perchè vi vuole sterminare lentamente. E se non morirete così lo farà in altra maniera. Ogni volta che i tuoi plotoni rientrano con  successo, per Freezer è un colpo basso! Vi state illudendo se credete che a lui soddisfi il vostro operato. Nessun potente vuole dividere il suo potere con chi è più forte di lui!”
“Grazie per questa bella lezione di politica!” Replicò Vegeta ironicamente, con tono acido.
“Non mi aspetto che tu comprenda o che tu condivida, ma ti voglio solo ricordare che sei ad un passo dalla cazzata più grande. Questo non è solo un caso di orgoglio personale, come tu lo stai rendendo da mesi, se non da anni per inciso, ma un caso di tattica. O voi, o lui". 
Vegeta l'aveva ascoltata muto e arrabbiato. Più lei era andata avanti come un avvocato querelante in pieno processo, più lui si era reso conto che aveva ragione, e allora la rabbia era aumentata non solo perchè odiava sentirsi dire certe cose, ma perchè erano anche tutte vere. Bulma che cercava di fargli aprire gli occhi, più che le orecchie come era solito fare da attento ascoltatore quale era, e mirava solo a salvarlo, rimaneva la combattente più incallita che conoscesse. E mentre l'ascoltava contrariato, era persistita in lui una consapevolezza che non riguardava solo la politica o le valutazioni tattiche, ma lei: Bulma stava conducendo la sua battaglia contro le scelte rischiose della corona con l'arma più micidiale che avesse, quella della ragionevolezza matematica, e quella dell'amore, dandogli la sola cosa che gli era mancata in tutti quegli anni, la devozione smisurata e sincera che solo chi ama può darti, e anche se sentirsi temuto era una sensazione molto potente e appagante, sentirsi amato era ancora peggio. Rimaneva in Vegeta quella sensazione che l'amore fosse una grande minaccia per chi come lui aveva votato la propria vita all’inseguimento della gloria, privandosi di qualsiasi tipo di legame per il semplice fatto di non averne avuto il bisogno, perché essere forti e temuti era il migliore orgasmo dei potenti.


..





La festa iniziò coi soldati già esaltati ed eccitati dalle vivande calde e dal vino. Le lunghe tavolate erano tappezzate di piatti imbanditi riccamente che venivano continuamente portati via e riportati pieni indietro al mittente. Gruppi promiscui di guerrieri che facevano chiasso e confusione occupavano quasi tutta la stanza, lasciando pochi corridoi liberi per il passaggio degli inservienti. Un piccolo gruppetto di giovani donne che stava facendo parecchio casino calamitava a sè molti sguardi interessati. Le guerriere erano tutte vestite coi loro body distintivi che fasciavano i corpi tonici e muscolosi senza lasciare nulla all'immaginazione. Le donne saiyan non indossavano reggiseni o slip, o qualsiasi forma di capo che le costringesse nei movimenti; il body era il loro  capo primario, elastico e comodo, che variava nelle tre colorazioni principali, dal blu al rosa, a differenza della casta. Per quella festa tutte le donne avevano indossato anche orecchini e gioielli poco vistosi che adornavano i loro volti e i loro capelli selvaggi e ingestibili. Jinka arrivò verso le guerriere più caciarone raccontando delle ultime fatiche per sbaragliare la resistenza e proprio mentre si vantava avvicinandosi al gruppo di donne sedute che rideva chiassosamente, si guardò attorno commentando l'assenza del principe, e nella sua affermazione non mancò una punta di risentimento.
"Ti dispiace che non ci sia lui a gratificarti eh..." Fece Monia, sguardo vispo e capello corto, portando un bicchiere semivuoto alle labbra pittate di un colore fluorescente.
Tana le si accasciò mezza ubriaca sulla spalla, senza trattenersi dal ridere. "Vegeta è troppo impegnato a farsi gratificare da quella gracile femminuccia aliena che si è trovato… Che schifo".
"Non è mica brutta, però ogni volta che ho apposto il rilevatore verso di lei mi veniva da riderle in faccia."
"Siete già ubriache" commentò Jinka sedendosi di fronte a Monia e Tana. "State attente a non farvi sentire, che intanto quella femminuccia aliena gode della completa protezione del principe. Non vorrei dover ripartire domani a causa vostra".
"Che c'è ... Hai paura che lui ti senta?" Biascicò Tana. "Tanto mica è qui".
"Non ho paura proprio di niente, io" specificò Jinka. "É solo che dopo due mesi di fatica vorrei riposarmi" ammise seccata, tirando indietro alcune ciocche del disordinato caschetto. "Non sono stata mica a grattarmi come voi due".
Monia si sollevò con modi che promettevano guerra, imbruttendo Jinka dall’alto. "Io non mi sono certo grattata, sta' attenta a quello che dici". Il suo atteggiamento intimidatorio attirò l'attenzione di alcuni guerrieri che si sporsero a curiosare già pronti a godersi la scena. Non era raro assistere a risse anche tra donne nel mentre di una festa.
Jinka si alzò in rimando, pronta ad affrontare l'altra. "Se no che mi fai?"
Tana si sollevò barcollando e si mise tra le due. "Avanti, dobbiamo divertirci mica litigare! E voi fatevi gli affari vostri" gridò rivolta ad alcuni guerrieri curiosi che si erano girati e ridevano. "Monia, perchè non dimostriamo a Jinka che abbiamo coraggio da vendere anche noi... Lei pensa che siccome siamo state di risposo, ci siamo dimenticate come si affrontano le sfide…"
"Ma che vuoi vendere se sei completamente ubriaca".
"Facciamo una scommessa..." propose tornando a scolarsi il fondo del bicchiere.
Le altre guerriere la osservarono con aria perplessa, attendendo la sua proposta da ubriaca.
"Beh?" Incalzò Jinka.
"Ti vado a prendere qualcosa dalla camera del principe" disse con sguardo malizioso e divertito, e gli occhi decisamente vispi e lucidi.
"Questa sta fuori" commentò Monia.
"Che mi porti? I suoi stivali? Ma fammi il piacere" replicò Jinka, ridendo con le altre.
"La verità è che non hai mai mandato giù che Vegeta ti abbia preferito quella terrestre buona solo per farci il brodo" replicò Tana con atteggiamento provocatorio, ormai parlando a vanvera. "Avanti Monia, vieni con me, o hai paura?"
Un’altra tra le commensali si intramise, divertita dalla proposta. “Dai Monia, va' con lei, vediamo se le riesce il colpaccio. Ubriaca com'è scommetto passerà qualche ora nelle celle degli ordini bassi".
Jinka sembrò iniziare a trovare stuzzicante quella situazione. "Va bene Tana, portami qualcosa della terrestre se ti riesce, se però perdi la scommessa mi dovrai dare quegli orecchini d'oro che indossi e… Il bracciale che mi hai soffiato sotto al naso su Avios, pensi mi sia dimenticata di quel piccolo… screzio tra di noi?”
Monia non apparve entusiasta dalla cosa. "Ehi, io non voglio rogne, ci vada qualcun altro con lei".
"Non ti regge, vero?" Fece Jinka. "Tua cugina Tana ha sicuro più coraggio di te".
L'altra non potè rifiutare la sfida. "Vai a farti fottere, Jinka".
Dopo quelle parole cariche di sprezzo, afferrò Tana e la trascinò tra la folla disfatta di guerrieri. 
Sparirono per il corridoio dove qualche guerriero stava intrattenendo dei dibattiti in compagnia lontano dal chiasso, e dove incrociarono una coppia di guerrieri di prossima unione intenti in una chiacchierata confidenziale.
Nessuno badò a loro due. "E adesso come pensi che io mi riesca a infilare nelle camere del principe? C'è sempre qualcuno a sorvegliarle" commentò inacidita Monia, guardando l'amica ubriaca che aveva un’espressione stupida stampata sulla faccia. 
"Distraggo io le guardie" fece l'altra abbassandosi il pezzo di sopra del body e mostrandole i seni piccini e tonici, al cui centro trionfava un capezzolo duro come un sassolino.
"Piantala, copriti o non passeremo più inosservate!" 
Tana rise chiassosamente attirandosi gli spergiuri dell'altra. "Sei totalmente fuori di te!"
Imboccarono la zona riservata alla scorta e ai consiglieri transitandoci con fare vago, per evitare di attirare l'attenzione. La maggioranza dei guerrieri nobili era alla festa, e questo le aiutò a non incrociare i reparti di controllo. Ma proprio quando Monia cantò vittoria, qualcuno le vide intrufolarsi per quei tunnel.
"Ehi, donne! Dove state andando?" La voce di una guardia di ronda arrivò loro come una sferzata di frusta.
"Roan!" Esclamò Tana completamente ubriaca. "Vuoi compagnia? Sei tutto solo mentre gli altri festeggiano..."
Monia la zittì subito scuotendola per un braccio. "Lasciala perdere, si è scolata tutta una brocca di vino da sola".
"Lo vedo..."
"Sto cercando un bagno per farla vomitare".
"E lo cercate nell'ala reale?"
"Sì, colpa mia, ho sbagliato corridoio per seguirla... Dai, che anche io ho urgenza... Avanti, capiscimi..." fece Monia, sperando che lui si mostrasse flessibile.
"Sì, ma evitate di farvi vedere che qui non ci potreste stare, lì in fondo a sinistra. Io non vi ho viste se qualcuno vi chiede qualcosa" affermò andando a farsi un giro per il lato opposto del corridoio.
"Grazie, ti devo un favore..." fece Tania mordendosi le labbra e facendo una smorfia ammiccante.
"Facciamo anche due" replicò il guerriero con aria divertita mentre Monia trascinava via l'amica con atteggiamento spazientito.
Si intromisero furbamente nelle stanze del principe, trovandole spaziose e ordinate. "Però..." commentò Tana con compiacimento, osservando la visuale sulle catene montuose e aride di cui godeva la camera. "Guarda lì che panorama”.
"Tana adesso sta zitta, e aiutami a trovare qualcosa della terrestre".
In risposta l'altra si sedette sul letto stendendoci su la schiena. "Se mi faccio trovare qui a gambe aperte dici che me lo fa un bel regalo?"
Monia continuò a frugare in un armadio tra le tute di Vegeta, ignorandola.
"Secondo te come sono gli uomini terrestri?" Pensò Tana. "Saranno mezze cartucce".
"Probabilmente" commentò Monia tirando fuori da un cassetto una stoffa che altro non era che un foulard utilizzato da Bulma quando la ventilazione interna ai laboratori era troppo alta. Lo odorò e percepì una fragranza agrumata che di certo non apparteneva a Vegeta. "Questo appartiene alla terrestr..."
Un rumore improvviso fuori della porta, prima dell'anticamera, le fece allarmare. "Diavolo sta entrando qualcuno" sibilò Monia, schizzando dietro una rientranza e tirandosi dietro l'amica ubriaca. 
"Sarà la guardia che ci cerca?" Bisbigliò Tana, ritrovando nello stordimento un barlume di ragionevolezza.
"Shh, sta' zitta!" 
Entrarono anticipati dalla voce di lei, Bulma e Vegeta. "Speravo di avere il tempo di testare il radar".
"Lascia stare, concentrati su quella questione delle comunicazioni. Stiamo avendo un sacco di problemi con le nubi di raggi gamma. Ostacolano di continuo la ricezione dei messaggi e non riusciamo a controllare gli spostamenti delle truppe più a est."
"La Via Lattea è un gran problema, te l'ho detto. Dalla Terra le tre nane bianche le monitoravamo già anni e anni fa, prima che tu arrivassi, e le nubi di raggi gamma provengono proprio da quella zona, rendendo tutto più complicato. Le cartine che il tecnico informatico starà cercando di prospettarmi sul grafico risentiranno di questi influssi, e non so quanto saranno attendibili. Stamattina mi ha mandato una email in cui mi diceva che stava già impazzendo e non sapeva se sarebbe riuscito a passare il file leggibile al reparto tecnico".
Vegeta emise un ringhio di disappunto. "Finisce che bisogna sempre aspettare i vostri tempi".
"Miracoli non se ne possono fare" replicò l'altra mentre lui si accorgeva dell'anta aperta dell'armadio.
"L'hai lasciato tu aperto?" Le chiese.
Le due intruse strinsero i denti sperando in meglio.
"Non mi pare" fece lei osservando una sagoma sul letto. "Sarà stata la servitù".
Il saiyan tirò fuori dall'armadio l'armatura da cerimonia, da cui pendeva un drappo rosso. "Dai, vestiti, che dobbiamo scendere. Mio padre mi starà aspettando e non è un tipo troppo paziente".
"Ma dai" gli fece eco Bulma. "Fammi indovinare chi è che gli somiglia..."
Bulma tirò fuori dalla borsa il capo accuratamente piegato che avrebbe indossato. Si sfilò la maglietta e il jeans e si vestì alle spalle del marito. Quando lui si girò e la vide che si legava i capelli in una coda alta, si rese conto che il concetto di sobrio era decisamente lontano da quello che lui aveva a mente. C'era sempre qualcosa di decisamente seducente nel suo modo di vestirsi: Bulma aveva indossato una tuta blu che la fasciava morbidamente, di un tessuto scuro e opaco a cui si intrecciavano dei fili d'argento, e nonostante questa si allacciasse dietro il collo, coprendole il petto, era piuttosto scollata lateralmente e lasciava intravedere appena la succulenta piega dei seni, oltre a consentire la completa visuale della sua schiena nuda dove il tatuaggio del drago faceva bella mostra di sè. Mentre si finiva di allacciare gli stivali sotto al ginocchio, lui si soffermò sul sedere rotondo.
"E meno male che ti avevo detto qualcosa di sobrio" commentò duramente.
"Perchè? Non sto mica male" fece lei finendo di sistemarsi davanti uno specchio. "Non penserai che mi metta una di quelle rozze tute da militare che indossate".
Lo sguardo di Vegeta si infilò sulla scollatura laterale del tessuto che da sotto il cavo ascellare scivolava giù, permettendo di fantasticare su quelle morbide e invitanti forme. Se avesse avuto più tempo forse... Le avrebbe dato una seria ripassata. Bulma si infilò una collana d'orata semplice, realizzata come una semplice placca che rimaneva aperta all'altezza della carotide. Quando si girò gli sorrise. "Trunks era molto dispiaciuto che ti sei dovuto allontanare di nuovo".
"Lo so, ma deve farci l'abitudine".
"Devi capirlo... É solo un bambino e ti è molto legato".
"Questo perchè voi terrestri educate i bambini ad essere troppo dipendenti da un genitore".
"Ma piantala" replicò Bulma con sguardo annoiato. "I bambini si affezionano, non sono mica tutti come lo eri tu che pensavi solo a tirare quattro calci".
Le due donne nascoste cercarono di capire a cosa si riferissero ma Bulma e Vegeta non lo precisarono chiaramente. Tana era ancora rintontita dall'alcool ma Monia era più che vigile e sveglia.
"Sei sicura che sua stato saggio affidargli il radar?"
Lei gli portò le braccia sulle spalle e incrociò le dita delle mani. "Figurati... Trunks si sente importante quando gli affido un compito, e poi non conosce la formula".
"Dove l'hai segnata?"
"Non l'ho segnata da nessuna parte. Ma tu scusa, non sei quello che non ci crede?"
Vegeta fece una smorfia di perplessità. Monia vide le loro sagome distorte attraverso un elmo metallico poggiato su un ripiano, nonchè trofeo di una vecchia battaglia.
"Non dirmi che sei curioso di vedere se il Drago esiste davvero... "
"Non ci credo, ma sarei invece curioso di vedere la tua faccia quando scoprirai che sono solo sei palle di vetro inutili quelle che troverai. Secondo me quella con le due stelle sta bene solo su quel piedistallo che hai in salotto".
"Sei davvero impossibile. Ti ho già raccontato quello che mi ha detto il vecchio eremita anni fa. Quel tale namecciano dal nome Piccolo le nascose volutamente per evitare che qualcuno le trovas..."
"Si lo so, per non farle trovare a nessuno, mi sa tanto di una grande balla e te l'ho già detto".
"Il drago è l'ultima speranza che abbiamo contro Freezer. Se ho ragione io, paghi pegno tu stavolta".
"E sentiamo, quale sarebbe questo pegno?"
Lei si morse la labbra pensando a qualche attività puramente terrestre in cui coinvolgerlo ma le venne da ridere, e un singhiozzo divertito affiorò sulle labbra prima che le fondesse alle sue. Le mani del compagno le scivolarono poco dopo sulla curva dei glutei rotondi, ma lui si staccò con uno sguardo già intorbidito senza approfondire il contatto. "Non farmi iniziare, che poi non mi fermo più".
La voce le uscì affannata e bassa. "La notte scorsa sei stato sfuggente..." mormorò con un pizzico di risentimento.
"Sei tu che sei più accesa del solito" replicò l'altro, aggiungendo quasi rocamente. "A letto stai diventando ingestibile".
"Come se ti dispiacesse... É che negli ultimi tempi ci vediamo di meno... E non sono più abituata a cambiare le toghe del letto con così poca frequenza..."
Gli sorrise con lo sguardo incatenato al suo prima di sentirsi chiamare all'ordine.
"Muoviamoci... o faremo tardi". 
Nello staccare le mani da lei però il saiyan fu lento, e ne fece scivolare una sul suo fianco nudo. "La prossima volta lo decido io cosa devi metterti" aggiunse prima di allontanarsi.
Quando si accomiatarono, le due intruse strisciarono allo scoperto.
"Maledetta te e quando ti sei fatta venire in mente questa fottuta idea di venire nella sua stanza! Ma non avevi detto che era sulla Terra?!"
"Eh io che ne so! Me l'hanno detto, l'ho sentito dire da alcuni guerrieri" bisbigliò Tana. 
"C'è mancato un pelo che si accoppiassero qui...! Hai sentito come si è riscaldata l'aria poco fa?!"
"Non ho capito cosa si sono detti sul finire" biascicò l'altra, ancora brilla. 
"Sul finire neppure io, ma ci stavano sicuro andando vicino".
Tana sembrò euforica. "Chissà la faccia che faranno le altre quando glielo raccontiamo... Sei riuscita almeno a prendere qualcosa?" 
Monia alzò il foulard con sguardo vittorioso. Uscirono con fare losco e ambiguo, attirando l'attenzione di una guardia che le adocchiò camminare dove non dovevano.
"Ehi voi due!"
Le donne scattarono via come saette, sparendo oltre una scala, e quando ritornarono alla festa il principe e sua moglie avevano già fatto il proprio ingresso e preso posto tra i guerrieri, vicino al Re. 
Al loro arrivo si erano sollevati tutti sull'attenti, ma Vegeta era sembrato piuttosto indifferente ai loro omaggi, avendo notato che tutti erano già mezzi ubriachi. Jinka e il gruppo delle sue aveva messo immediatamente gli occhi sulla moglie, facendole una scansione più che opportuna. Bulma era filata alle sue spalle in silenzio, con sguardo tranquillo, senza soffermarsi su nessuno in particolare. Mentre si era spostata dietro Vegeta, dirigendosi alla tavola del consiglio che era più in disparte rispetto ai tavoli centrali, diversi saiyan le avevano osservato la schiena col tatuaggio. Lei era la cosa che più attirava le attenzioni lì dentro, decisamente.
Quando il principe si era seduto al proprio tavolo, i festeggiamenti erano ripresi chiassosamente.
Monia sgattaiolò verso il tavolo trascinandosi Tania dietro, ben mascherate dalla caciara, e le amiche le accolsero con sorpresa.
"Pensavamo vi avessero già messo al gabbio".
"Allora... " Fece Jinka con aria altera, portando alla bocca un piccolo frutto succoso. "Che sapore ha una scommessa persa?"
Tana sfoderò il foulard di Bulma facendoglielo penzolare davanti. "Abbassati di qualche spanna mia cara. Questo appartiene alla tua rivale".
"Ma chi? Quella rammollita?" 
"Siete riuscite ad entrare in camera loro?!" Si intromise un'altra, eccitata. "Che avete visto?!"
Monia anticipò Tana prima che facesse qualche danno, e si sedette al tavolo pieno di succulente pietanze. "C'è mancato poco così che ci beccassero" ammise prendendo una scoscia di carne da un piatto centrale. "E vi dico che c'è mancato poco anche perchè vedessimo altro".
"Non ci credo" fece la più seriosa che affiancava l'altera Jinka, visibilmente infastidita dal sentir parlare della donna di Vegeta.
Tutti sapevano che se lui fosse rientrato come previsto dalla missione Husar da cui non aveva fatto ritorno nove anni prima, avrebbe sicuro sposato lei. Era la migliore.
"Libera di non crederci, ma io non ne sarei stata certo contenta" specificò Monia, masticando. “Non è che mi freghi molto di quello che fa’ Vegeta in camera sua”.
“Beh, io sarei curiosa di vederlo all'attivo" commentò una mentre Tana si alzava dirigendosi verso un guerriero che le faceva cenno di raggiungerlo.
“Dove vai, Tana?”
"Scusatemi ma ho di meglio da fare. Mica esiste solo il principe".
..
 
Bulma declinò le portate offerte visto che neppure un'ora prima aveva finito di fare colazione. Vegeta invece non si tirò indietro e prese a mangiare con appetito. Nonostante nessuno di loro badasse al galateo, il principe era tra quelli che meglio gestiva i modi grezzi. Senza dubbio aveva inciso l'educazione ricevuta, più alta della media, il fatto che fosse talvolta persino schizzinoso e facile al disgusto, e infine la lunga tappa sulla Terra che aveva ulteriormente affinato le buone maniere: si era sentito costretto a moderare determinati atteggiamenti voraci visto che le reazioni infastidite della terrestre lo offendevano, e alla fine aveva imparato a gestire un minimo la voracità che contraddistingueva la propria razza. Tutti i saiyan sembravano perdere il controllo davanti al cibo, incluse le donne. Bulma li trovava disgustosi alla stregua degli uomini primitivi.
Sbocconcellò un grappolo di frutta con fare educato, ascoltando i discorsi dei consiglieri. 
Il Re notò che lei non mangiava e fu curioso di capire se lo facesse perché non le piaceva la cucina. "Ti fa schifo il nostro cibo?"
Lei si affrettò a spiegare il motivo della sua inappetenza per non offendere nessuno. "Sulla Terra era mattina, ho finito di mangiare neppure un'ora fa".
Qualcuno ridacchiò sotto i baffi unti, trovandola bizzarra, Vegeta invece spostò lo sguardo altrove, e si accorse che Jinka, tra le compagne intente a divorare la cena, aveva lo sguardo diretto verso di lui. Gli tornò in mente quando lo aveva accompagnato in missione, l’ultima di nove anni prima per la precisione, sentendosi chiedere se la considerasse valida per dargli un erede. Lui aveva glissato, sapendo che lei lo era.
Bulma non si accorse che Jinka di tanto in tanto fissava Vegeta intento a mangiare, e ascoltò i discorsi dei consiglieri con attenzione, carpendo informazioni di vario genere nel casino generale. Fece un cenno a Vegeta per segnalargli che si sarebbe accesa una sigaretta, assicurandosi non fosse un problema.
Quando il Re si allontanò, qualcuno si sentì più libero di sollevare determinate questioni più che pungenti.
“Principe Vegeta” fece uno tra i più vecchi, sazio e pieno di voglia di affrontare certe tematiche. “Freezer pare che voglia spedire un plotone tra i più bravi su Goldrek, un pianeta molto semplice da mettere sotto controllo. Che ne pensate?”
Vegeta si passò la lingua sulla gengiva, pulendosi la bocca con dell’acqua. “Perché me lo chiedi”.
“Ultimamente siete molto silenzioso in merito” spiegò Gus.
"Freezer sta avanzando troppe richieste. Non siamo mica le sue puttane pronte a soddisfarlo quando vuole lui".
Qualcuno annuì, condividendo a pieno il parere.
"Ma dire di no a Freezer equivale a metterselo contro".
Vegeta bevve un sorso di vino senza rispondere, e Gus si rivolse agli altri.
"Con tutti i plotoni che abbiamo impiegato su più fronti, adesso sarebbe un azzardo contraddirlo".
"Ma non possiamo far sempre e solo il suo comodo" aggiunse un altro, innescando una discussione generale.
"Valuterò al momento della sua formale richiesta" dichiarò Vegeta.
"Qualcuno inizia ad essere stanco di queste continue partenze, molti reclamano il diritto a riposarsi di più. Non siamo macchine".
"Non possiamo far ripartire immediatamente un plotone come quello appena rientrato, tra l'altro per una missione così insulsa" commentò Gus.
"Ma ci sono altri squadroni pronti a soddisfare questa pretesa".
"Freezer sta iniziando ad allargarsi. Siamo mercenari, non prostitute!" Esclamò uno, facendo battere il bicchiere sul tavolo che risentì del colpo e tremò sotto le mani di Bulma.
"Come facciamo a dirgli di no senza innescare una guerra?"
"Perchè non può accettare le nostre scelte?" Si inserì un altro.
"É più saggio accontentarlo" fece Liev. 
"Non sono d'accordo" disse Gus. "Penso che dobbiamo farci valere".
"A che scopo" si intromise un altro. "Noi non siamo come Freezer, abbiamo delle esigenze che deve comprendere".
"A Freezer non frega nulla delle nostre esigenze!"
"Adesso è spuntata addirittura fuori la sua richiesta di impiantare una roccaforte su Vegeta".
"Il suo scopo è unificare i territori, rendendoci parte del suo esercito come forze di elitè" affermò Liev. 
“Non diciamo sciocchezze” affermò inaspettatamente Bulma, come se stesse pensando a voce alta, zittendo i commensali e ottenendo l’attenzione di tutta la tavolata. Alzò la sigaretta fumante tra le mani e cercò di non badare ai loro sguardi. “Freezer secondo me è solo una serpe che vi usa perché gli fate comodo. Mettervi un avamposto in casa gli servirà il giorno che gli remerete contro, e lui vi colpirà comodamente mentre avrete i vostri soldati migliori impiegati su più fronti”.
Rimasero tutti colpiti dal fatto che non solo lei avesse preso parte a una discussione così fuori la sua portata, ma che avesse anche affermato una cosa più che sensata. Vegeta ne fu interiormente fiero.
"Però..." Fece Edgar, compiaciuto. "Ora capiamo come ha fatto a circuire il nostro futuro Re. Tattica non gliene manca a questa terrestre!" Esclamò destando un'ilarità generale da cui Vegeta non si lasciò coinvolgere. Probabilmente se ne imbarazzò ma fu bravo a nasconderlo, tutti però si accorsero che lo sguardo di lui si posò silenziosamente sulla moglie mentre lei portava alle labbra la sigaretta, anche se nessuno capì a cosa stesse pensando.
Qualcuno la studiò con nuovo interesse, ma Gus sembrò rimanerne molto diffidente: l'acume che lei aveva, l'intelligenza che la distingueva, nonostante parlasse poco di quel tipo di questioni totalmente militari, e la sua influenza su Vegeta potevano essere determinanti per mandare a monte piani che sfuggivano anche alla corona.  
"Freezer è nostro alleato" affermò uno di loro duramente, come se volesse farle notare che era fuori strada. “E lei non conosce molte logiche in questa nostra alleanza”.
"Alleato? Mi sfugge il concetto di alleanza visto che tra alleati si ha un rapporto paritario che non comprende la subordinazione."
"E voi principe?" Fece Gus. "Non dite niente? Permettete a una donna straniera di mettere bocca su questioni che non la riguardano?"

"La donna straniera di cui parli è mia moglie" gli ricordò Vegeta freddamente, rimanendo seduto al suo posto con atteggiamento comodo.  
Gus incassò il colpo. Poche parole e chiare, Vegeta era questo, difatti non proferì altro, e qualcuno deviò l'argomento sui successi di Jinka e del suo plotone, finchè l'oggetto della loro conversazione, passando di lì, non fu chiamata a fare presenza e ad allietare i guerrieri con le buone notizie che aveva in serbo.
Vegeta l'ascoltò senza starla a guardare. Diversamente, Bulma era molto attenta a quello che lei stava dicendo e Jinka se ne accorse, come si accorse che quella debole umana non aveva uno sguardo timoroso nè stupido, e provò un profondo fastidio misto a gelosia nel pensare che lei godesse del rispetto di uno come Vegeta, cosa non da poco, ma che forse qualcuno lì dava per scontato. Aveva fatto sempre del proprio meglio per il principe e per guadagnarsi la sua stima, e la colpa del loro allontanamento era di quel vuoto di quasi nove anni in cui lui era rimasto sulla Terra a subire l'influsso di un popolo che non era il suo. Lei doveva averlo davvero stregato. Vegeta era sempre stato sprezzante, scorbutico e facile alla violenza, ora invece parlava con tono più calmo, mostrandosi maggiormente posato nel prendere decisioni, e soprattutto apparendo poco interessato se qualcuno dei suoi migliori guerrieri perdeva miseramente. Una volta ne faceva una questione personale, ora sembrava che pensasse solo a se stesso e che non volesse altro che diventare più forte e battersi con Freezer per confermarlo. 
“Quand’è che fai un figlio, Jinka, il nostro popolo ha bisogno di figli forti, che tengano alto il nome che ci siamo fatti” le disse uno di loro mentre continuava a mangiare.
Jinka sorrise buttandola sullo scherzo. “Io sono esigente, lo sanno tutti, devo trovare ancora un uomo in grado di battermi”.
“Una volta ne avevi trovato uno” commentò a tono basso Liev, alludendo velatamente all'uomo seduto a capotavola che nonostante il casino li sentì e alzò appena gli occhi posandoli finalmente in quelli della saiyan che sembrava non aver smesso di provare interesse per lui.
“É vero” ammise lei con un pizzico di amarezza, rivolgendosi di nuovo a Liev. “Ma a quanto pare c'è chi è stata più fortunata di me. Lo sai come si dice... La fortuna ad alcuni dà troppo”.
Bulma allora intuì che c’era stato qualche precedente tra di loro. Lo lesse nello sguardo freddo che Vegeta elargì alla guerriera e in cui era chiaro ci fosse qualche forma di conto in sospeso, e provò una gelosia terribile, che la mandò in iperventilazione. Nonostante finse di non badare alla cosa, ostentando indifferenza e fiducia, pensare che Vegeta era stato con lei la faceva andare completamente in tilt. Sperò che nessuno notasse come tamburellava le dita contro la base ricurva del calice.  
“Jinka, ci sono guerrieri che si metterebbero in fila per te. Non pensare al passato” disse uno in tono confidenziale. “Piuttosto, fammi venire a vedere le tue amiche, ne ho vista qualcuna che è cresciuta bene!”
Poco dopo che ella si fu allontanata col guerriero, Bulma si alzò. “Con permesso”.
“Dove vai” inquisì Vegeta, accigliato in volto.
“La gravità sta aumentando e inizio a sentirmi stanca” ma l’espressione di lei si era improvvisamente adombrata e Vegeta intuì quale potesse esserne il motivo.
“Mi teletrasporto sulla Terra”.
Vegeta fece per alzarsi ma lei lo stoppò. “Rimani pure, non c’è bisogno. Avrai di meglio da fare qui” aggiunse con sottile allusività.
L’altro non si lasciò toccare da quella frecciatina e si avviò con lei, seguiti da una guardia che Vegeta, ad un tratto, liquidò freddamente. Durante il tragitto Bulma fu cupa e silenziosa. Quando arrivarono alla macchina del teletrasporto, lo guardò intensamente percependo in lui una strana inquietudine.
“Mi avevi detto che non avevi nessuna donna ad aspettarti, otto anni e mezzo fa”.
L’altro si era aspettato un’osservazione a riguardo. “Era la verità. Non mi risulta ne avessi una”.
“Ma avevi una promessa”.
“Non ho mai promesso niente a nessuno io” replicò freddamente l’altro.
“Perché non mi hai mai parlato di lei? Pensavo che il nostro fosse un rapporto basato anche sulla fiducia”.
“É un interrogatorio questo?”
“É curiosità.”
“Lei è parte del passato”.
“Lei è parte della tua vita, allora, non avevi accettato di prenderla come regina?”
“Era la migliore candidata, ma non mi interessava sposarmi al tempo”.
“E ci sei stato a letto?”
“… una volta”.
Bulma sentì un colpo nello stomaco piegarla in due ma evitò di mostrarsi ferita. Le gambe che iniziarono a tremare, la sfiancarono lentamente. Vegeta le aveva celato una verità, e non riusciva a non chiedersi perchè non gliel'avesse detto, perchè le avesse taciuto quella relazione, perchè avesse guardato la saiyan con quello sguardo enigmatico, che sapeva di segreti, e perchè avesse abbassato lo sguardo torvo, lì a tavola, come se nascondesse qualcosa: volle sperare si trattasse solo della classica indifferenza che gli uomini mostravano verso determinati tipi di argomenti molto cari a una donna, quella che l'aveva portato ad omettere quel dettaglio del suo passato, ma le sensazioni a pelle raramente la portavano sulla sponda sbagliata.
“Sei stato poco corretto con lei, allora”.
“Se vuoi me la scopo di nuovo” replicò pungente, non tollerando ramanzine in un momento in cui una strana inquietudine lo stava scuotendo interiormente.
“Evitami il tuo sarcasmo. Ho visto come la guardavi” affermò colma di risentimento.
“Non so cosa tu abbia visto”.
“Uno sguardo significativo, direi”.
“Sinceramente mi sembra assurdo che tu abbia visto qualcosa di significativo nei miei occhi, visto che non c’è nulla tra me e Jinka”.
Il fatto che un altero e un chiuso come Vegeta l'avesse chiamata per nome la infastidì. “Una donna certe cose le legge. Lei ti ha guardato come se ci fosse qualcosa in sospeso tra di voi.”
“Adesso stai delirando” disse lui iniziando a spazientirsi.
Bulma notò che l’argomento lo innervosiva. Il fatto che lui si stesse irritando nel rivangare in un passato forse non così indifferente, la mise ancor più in allarme. Si sentiva come un vaso fratturato che inizia a cedere nei punti deboli, dopo ha incassato i colpi. La fiducia cieca che aveva sempre nutrito per Vegeta stava subendo un duro colpo quella sera. Immaginarlo con una donna che provava per lui ancora qualcosa, e verso cui lui aveva provato qualcosa seppur di labile, ma che comunque rientrava in una forma di interesse, la stava facendo impazzire. Sapendo quanto fosse importante per i saiyan di alto rango avere una donna forte e impavida vicino, percepì un forte senso di inadeguatezza e di sfiducia che scoppiò all’improvviso, dentro di lei, come una molotov. Col solo sguardo con cui vede il cuore, scorse ad un tratto sfumature del volto di Vegeta nuove, che in quel momento si stavano rivelando con maggiore chiarezza.
Non era riuscita a curarlo definitivamente, a lenire le sue inquietudini, a soddisfarlo con ciò che gli aveva dato spontaneamente: amore, appoggio, una casa e poi un mezzo per ritornare. Nulla di tutto ciò lo aveva reso sereno, perché il passato da cui lui era venuto era come l’inferno, gli aveva lasciato segni dentro e lo aveva educato a bruciare il fuoco con altro fuoco, a godere del sangue perché uccidere, togliere la vita facendo paura e usando le maniere forti era come essere un Dio che si avvale del diritto di fare della vita altrui ciò che vuole, e privarlo di quell’autorità era come relegarlo a servo qualunque. Aver rivisto quella donna, o solo aver riaperto alcuni sipari su un passato neppure così lontano, sembrava averlo reso inquieto.
Quando Vegeta rientrò al tavolo dei consiglieri, Jinka era tornata lì vicino e stava prendendo parte ai discorsi con altri guerrieri.
Lui si avvicinò alla tavola, tra altre persone che si aprirono al suo passaggio, e la saiyan lo intercettò nella caciara generale fermandosi davanti a lui. “Non siete cambiato… Siete sempre un grande e bel guerriero.”  Il silenzio di Vegeta e la sua aria torva e poco disposta a farsi lusingare da lei non la trattenerono, e Jinka continuò a parlargli senza indugiare, con la confidenza che era tra loro rimasta pur se gli dava del voi per una mera questione di rispetto. “Da quando siete tornato a casa vostra, mi evitate. Prima della vostra partenza godevo della vostra stima, e penso di potere ancora vantarmene... se non ho fatto in modo di non meritarla più”.
“Non mi risulta di aver detto che non sei una valida guerriera” replicò lui, vagamente seccato dal doversi mettere ad affrontare quelle chiacchiere da donna.
“Cosa vi succede, principe Vegeta?” Quando lui le elargì uno sguardo accigliato e interrogativo, lei ripreso con più coraggio. “Una volta eravate spietato, in tutti i campi" ammise con una punta di malizia. "Adesso cosa vi è preso? Lei vi ha reso un molle forse?”
Lui si sentì un aculeo fastidioso dentro. “A te cosa frega?”
“Quando vi ho visto ritornare sono stata molto contenta, lo ammetto, ma pensavo di avere ancora davanti un saiyan, non un terrestre…”
La voce persino gentile, quasi persuasiva, che lei adoperò, era tutta mirata a colpirlo nel suo risaputo orgoglio. Lo sguardo sospettoso di lui la spronò a continuare. “Vi comportate come uno di loro e neppure ve ne accorgete. Dovreste comportarvi come quello che siete. Uno di noi. Il nostro futuro Re”.
Quelle parole lo spaccarono dentro, perché si fecero spazio con forza nel punto debole della sua indole, dove Bulma non era potuta arrivare a placare le inquietudini che duravano da anni. Vegeta sapeva che in lui c’era ancora un seme maligno pronto a germogliare. Era rimasto lì, dentro di lui, ad attendere una dannata primavera, a renderlo inquieto, quasi infelice, a ricordargli che voleva il sangue di Freezer e non solo. A rammentargli che fare la guerra era bello, che lui non doveva frenarsi com’era successo in quegli ultimi anni, che poteva e voleva sentirsi ancora un violento. Perché era rabbioso e fuori di sé, e aveva bisogno di toccare il fondo dei suoi valori discutibili per capirlo.
La voce di Jinka si fece spazio in lui come una serpe che striscia pericolosamente.
“Io so bene che potete ritornare come siete veramente. É l’influsso di vostra moglie che vi calma troppo. Vi ricordo molto più bramoso di fare la guerra, ora sembrate indugiare, come se aveste paura di riprendere le vostre missioni.” Aggiunse un’ultima mirata lusinga. “Eravate il migliore”.
“Lo sono ancora” affermò lui fieramente, vagamente risentito che lei avesse parlato al passato.
“Non metto in discussione le vostre capacità straordinarie, ma ne sarò certa quando vi vedrò di nuovo essere quello che eravate sul campo di battaglia. Voi siete un saiyan, il principe dei saiyan”.
Per un istante Trunks svanì, e con lui anche Bulma, e tutti quegli ultimi anni trascorsi con loro. C’era solo la sua gloria davanti ai suoi occhi, malsana e avida. C’era la violenza che lo risucchiava, quel ricordo della libertà, di non amare niente e nessuno, di non avere punti deboli e di essere pronto a qualsiasi cosa solo per godersi l’ebbrezza della vittoria, la paura di chi lo temeva e che rimaneva la sensazione che forse lo soddisfaceva al pari di un orgasmo, e gli elogi e il supporto completo della sua gente, compresa quella donna che aveva davanti e che aveva desiderato dargli un figlio come lui, forte e violento, e che ancora lo dichiarava con un certo e sincero dispiacere nel vedersi preferita una straniera senza un briciolo di forza, così diversa da loro.
Jinka capì subito che Vegeta non era ancora del tutto passato dall’altro lato, che una parte di lui era ancora con loro: glielo lesse negli occhi che si raggelarono quando gli ricordò il passato con fierezza e malinconia tutt’altro che disinteressata.
Il male che covava in se stesso prese ad espandersi davanti gli occhi di quella donna che pareva aver riacceso in lui la bestia sopita con quelle parole simili a carezze subdole, che avevano riaperto la via dei ricordi e di antiche e gloriose vittorie dove nessun invaso sopravviveva per poterle raccontare, dove la furia dei saiyan si manifestava rivelando i mercenari per quello che erano. Venduti, violenti, lontani dal valoroso senso cavalleresco che Bulma dava alla parola guerriero, nonostante avesse cercato di inculcarlo in un Vegeta reticente che rigettava ogni forma di altruismo.
Bulma rientrò a casa stravolta. Sua madre la vide correre verso la camera da letto e accasciarsi sul materasso. Aveva gli occhi sbarrati mentre teneva la testa nascosta tra le braccia, pensava a quegli occhi, all'arrivo di quella donna, allo sguardo che si erano scambiati. Vegeta stava per demolire ciò che avevano costruito, stava per obliare i valori che aveva imparato, pronto a tornare come un tempo e a rinnegare ogni forma di amore provato… Se l’era sentito, gliel'aveva letto in faccia, negli occhi gelidi, nella tonalità improvvisamente più distaccata della voce in cui una nota gelida si era intrecciata al nervosismo, lasciandole intuire che quel Vegeta che stava per conoscere era diverso dall'uomo che amava. Jinka era stata il giusto fendente per riaprire la piaga mai del tutto guarita che suo marito aveva dentro.

 
 

Continua...

 

 

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