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Autore: kouprey    27/09/2019    0 recensioni
❛ Il passato; una cicatrice aperta, tangibile su pelle. un dolore che procurerà sino allo stremo delle forze, un aroma agrodolce su pelle. e Jude, questa lezione l'ha appesa a sue spese. Celia, la rappresentazione di quegli oscuri ricordi. E contemporaneamente, la rappresentazione della pace.
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Un monologo di approfondimento, su ciò che Jude Sharp, provò poco dopo il lutto dei genitori. Le lacrime interiori di un bambino, costretto a divenire adulto forse troppo presto.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Celia/Haruna, Jude/Yuuto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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              ༜ 𝐌𝐨𝐧𝐨𝐥𝐨𝐠𝐮𝐞; n2.                       ➣         𝐽ude 𝑆harp / Kidou Yuuto. ⚽                                 Iɴᴀᴢᴜᴍᴀ Eʟᴇᴠᴇɴ﹗ Fᴀɴᴅᴏᴍ ; Mᴏɴᴏʟᴏɢᴜᴇ ᴡʀɪᴛᴛᴇɴ ʙʏ Lia. ✏  ✪                                 ❛ ʜᴀᴘᴘʏ ʙɪʀᴛʜᴅᴀʏ. ❜                                                                                                    𝓿eemenza doverosa; atteggiamenti propositivi, sorrisi celanti l'apatia delle proprie sensazioni. per fortuna, furtivamente nascoste allo sguardo, protetto da quello spesso vetro che quasi percepiva come parte integrante della pelle.                                           𝓭i questo quattordici aprile, non ne temeva la data — non ne temeva la crescita. q ciò, ne era preparato: si autoconvinse d'essere stato messo a questo mondo con l'obiettivo di 𝑐𝑟𝑒𝑠𝑐𝑒𝑟𝑒, semplicemente. come se lo dovesse ad un qualcuno estraneo da quel che dovrebbe essere la mera figura di 𝑠𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑜, come se lo stesse facendo per una estranea entità. e, forse– che non sia tanto spiacevole, se dovesse effettivamente trattarsi d'una forza esterna? quando la lucidità e la gratitudine per la seconda possibilità offertagli divenivano offuscate dalle conseguenze ch'ambo le situazioni comportavano, arrivava a domandarselo, quanto .. più facile per egli sarebbe, se una tale sensazione fosse legata a ciò che non è colloquiale a quanto dal regista conosciuto. a contrario, purtroppo o per un caso furtuito, ne conosceva la provenienza tanto bene quanta era la naturalezza col quale affondava le falangi affusolate all'interno del borsone sportivo: suo 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑒. amava quell'uomo, come si ama chi ha creduto in te prima ancora che tu stesso lo abbia fatto, lo amava come s'ama un genitore — nonostante ciò, lo odiava anche. lo detestava come si può detestare un uomo dal quale desidereresti solo una cosa: 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑟𝑒𝑛𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒. tuttavia, non si può sperare di essere capiti da coloro che vagano su d'un binario a te opposto — forse, è semplicemente troppe. o lui troppo inetto per accettare questa circostanza.                                          𝓰nostico era, il suo rapporto nei confronti della data inerente la propria nascita. gnostico poiché conscio che tutto ciò che più detestava degli atteggiamenti altrui, in questo giorno sarebbe divenuto ampliato il quadruplo e lui, silente, si ritroverà ancora una volta ad ascoltarne gli sproloqui. gnostico, poiché tutto ciò che sognava fare in questa ricorrenza, era dirigersi nella tomba i cui oramai defunti genitori natii giacevano, così da posare dei lilium laddove riposavano, e narrare loro quanto poco riuscisse a decifrare la propia posizione su questa terra.                                                               ⋆ ⋆ ⋆                                          “ 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒊𝒏𝒖𝒊 𝒂 𝒔𝒐𝒈𝒏𝒂𝒓𝒆 𝒖𝒏 𝒎𝒐𝒏𝒅𝒐 𝒕𝒓𝒐𝒑𝒑𝒐 𝒑𝒖𝒍𝒊𝒕𝒐, 𝒌𝒊𝒅𝒐𝒖 ” questa frase, ricevette in risposta quando espose le ambizioni del suo spirito di fronte a qualcuno che, anno dopo anno, ostentava sempre più di rendere repressa l'anima del fanciullo, riducendolo alla propria immagine e somiglianza. anno dopo anno, compleanno dopo compleanno, continuava a farsi sempre maggiore tale peso sulle sue spalle, forse troppo esili per sopportarlo. non ha mai avuto il timore di esporre il suo vero 𝑖𝑜, o il timore di lottare per i desideri ch'aveva, oppure il timore di far udire il suono della propria voce. kidou ha sempre posseduta un invidiabile stato di pace con se stesso e le medesime convinzioni. però più cresceva, e più si rendeva conto di quanto poco convenzionale fosse portare avanti una 𝑖𝑑𝑒𝑛𝑡𝑖𝑡𝑎̀ all'interno d'un ambiente che tenta, continuamente, di renderla tacita ed in una costante soggezione. eppure, insieme alla consapevolezza di se stesso, aveva anche la consapevolezza concreta di possedere dei doveri nei confronti di chi gli aveva dato tanto, per quanto quella non fosse la via che sognava d'intraprendere.                                                « forse, in sin dei                         conti fudou non aveva tutti i torti;                                         𝑐𝑖 𝑣𝑜𝑟𝑟𝑒𝑏𝑏𝑒𝑟𝑜 𝑢𝑛 𝑝𝑎𝑖𝑜 𝑑'𝑎𝑙𝑖                                               𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑛𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑣𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑞𝑢𝑖. »                                          𝓮 si ritrovò in un istante di trance, il playmaker, a riflettere sulle loquaci parole del compagno, mentre l'adulto di sottofondo continuava a rigettargli addosso parole su parole che oramai ascoltò tante di quelle volte da poterne ripetere a memoria l'intera strofa. che per una volta, il ribelle non avesse poi tutti i torti? e allora, se era davvero così; 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑒𝑟𝑎 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑓𝑎𝑟𝑙𝑜? com'era possibile, ottenere una simile libertà e leggerezza d'animo? non se ne capacitava — più rifletteva su queste parole, meno ne comprendeva il significato. come se per egli si trattasse d'un mondo totalmente sconosciuto! ed in effetti, lo era: si rese conto che 𝑛𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑚𝑎𝑖 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑖𝑛 𝑔𝑟𝑎𝑑𝑜 𝑑𝑖 𝑣𝑜𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑣𝑒𝑟𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒. s'è sempre sentito indietro di qualcosa, qui al suolo. con questa continua ed attanagliante sensazione di incompletezza. tutto, attorno a lui, sembrava non completo — e da giovane responsabile quale è sempre stato, certo non si sarebbe sentito in pace nel librarsi in cielo lasciando tanto caos! eppure, questo non era il frutto d'un controsenso? d'altronde, spiccare il volo e lasciarsi alle spalle le responsabilità .. non si stava parlando di questo, sin ora? tornarono gli occhi della concretezza:                                                           « io non voglio                                  abbandonare i miei doveri. »                                          𝓫isbigliò restio fra sé e sé. allora, che avesse nuovamente frainteso il significato delle parole di caleb? forse, la soluzione sarebbe semplicemente stata quella di domandare lui spiegazioni in merito, perché si sentiva la testa 𝑖𝑛 𝑓𝑖𝑎𝑚𝑚𝑒, relegato in un loop continuativo di responsabilità mai desiderate, di cui tuttavia non voleva liberarsi. che stesse perdendo 𝑘𝑖𝑑𝑜𝑢 𝑦𝑢𝑢𝑡𝑜 in mezzo a tutto questo?                                          𝓹redilesse uscire di casa, in tardo pomeriggio; lasciandosi alle spalle quel suo tugurio personale, ma portandosene con sé quel poco che ancora riusciva a rammentargli 𝑐𝘩𝑖 𝑓𝑜𝑠𝑠𝑒. era doloroso, per lui, recarsi nei pressi di quella ch'era la decaduta della propria felicità bambinesca; eppure, lo percepiva come l'unico posto in cui valesse la pena essere.                                          𝓪rrivò dinnanzi la tomba dei genitori, sedendosi sulle ginocchia, al suolo, dopo aver fatto aderire due mazzi di fiori al suolo. strinse i lembi del proprio pantalone, mentre deglutì lento la saliva, forse alla vana ricerca d'un qualcosa da dire, o di un ordine nel quale fare uscire quel mare di parole che teneva nel petto.                                                               ⋆ ⋆ ⋆                                                « mamma, papà... »                                          𝓼ibilarono le labbra di poco schiuse. non si recava molto spesso a trovare i due genitori, in verità; prediligeva sentire il calore delle loro anime al suo fianco, calciando quel pallone che aveva iniziato a sfiorare a causa della presenza del defunto genitore, piuttosto che su di una lapide.                                           eppure, ogni tanto sembrava per lui tappa obbligatoria, recarsi lì a fare .. forse, un resoconto della propria esistenza.                                    « percepisco sempre di più                                  il peso della vostra assenza.                sai, papà; sento come se mi volessero                                       sottrarre l'unica cosa che                                             ancora mi consente di                                                    averti vicino a me.                                              e so cosa devo fare —                                                 so che nessuno può                                             permettersi di portarci                          via la cosa che più ci accomuna.                                                                    eppure ...                                                   eppure è difficile. »                                          𝓲l suono della sua voce venne nuovamente attraversato dal silenzio della meditazione personale; socchiuse ambedue le palpebre, mentre le falangi si portarono dietro al capo, sfilando il laccio degli occhialini: aprì le palpebre. le aprì con quelle iridi rosse come i carboni ardenti ora posate sulle due figure ch'aveva intenzione di scrutare. lucidi, erano gli occhi del ragazzo, con quel sentore in piena gola che sembrava attanagliarlo. percepì contestata dall'unica persona dal quale chiedeva appoggio, ciò che più lo legava alla sua 𝑓𝑎𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑎. e non soltanto i genitori ed haruna, rientravano in questa definizione; famiglia era anche endou mamoru, era gouenji shuuya, era la inazuma e, in sin dei conti, famiglia era anche fudou akio, per quanto drastico fosse ammetterlo. 𝐧𝐞𝐬𝐬𝐮𝐧𝐨, nessuno possedeva il diritto di ostentare i suoi affetti.                                          𝓭agli occhi lucenti, non una lacrima; si passò sopra il lembo della manica della giacca, estirpando ogni possibilità residua. le gambe si sollevarono dal suolo, ricevendo una rapida ed accurata ripulita così da privarle del terriccio che ne si era depositato sopra. gli occhialini vennero riposti laddove era il di loro posto, e le labbra si tinsero d'un sorriso melenso.                                                                « ho capito;                                          vado dalla mia famiglia,                                                                        𝑔𝑟𝑎𝑧𝑖𝑒. »                                          𝓲n questo quattordici aprile, aveva appena dato la di lui personale interpretazione alle parole di caleb; volare non significa solcare i cieli, non significa abbandonare le proprie inconvenzionali responsabilità — puoi volare davvero quando le persone che nutrono la tua anima ti dedicano un 𝑠𝑜𝑟𝑟𝑖𝑠𝑜, non quando contesti la loro importanza.                                          𝓮d ancora una volta, doveva tanto alle due figure genitoriali; seppur plasmate dal silenzio tombale, nonostante l'incapacità della comunicazione, e nonostante le proprie sillabe si rigettavano glaciali sulle rispettive lapidi — era in tali silenzi, dovevo trovava la comprensione che nella comunicazione stessa non riusciva a conciliare.                                                                                 𝑎𝑏𝑏𝑟𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎𝑡𝑖 𝑢𝑛 𝑝𝑜' 𝑑𝑖 𝑝𝑖𝑢̀, kidou yuuto.                             
   
 
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