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Autore: _Karis    28/09/2019    2 recensioni
« È successa una cosa tra Bokuto ed Akaashi, qualcosa di brutto ed è colpa mia e non so se riuscirò mai a perdonarmi ».
 
Si dimenticano sempre di loro o forse semplicemente a nessuno interessa davvero delle loro storie. Le parole per descrivere i sentimenti che provano sono trascurabili e facilmente dimenticabili. Sono comparse ai margini di grandi storie d’amore tra persone destinate ad essere unite per la vita. Sono ostacoli facilmente superabili. Sono spalle su cui piangere e a cui nessuno è veramente interessato. Sono persone che amano senza essere mai ricambiate. Sembra che ci sia una regola non scritta, ma che tutti conoscono. Una norma comunemente accettata: che quelli come lui, i beta, non siano mai personaggi principali.
|| BokuAka || KuroKen || Bokuro (più o meno) || Omegaverse ||
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: Mpreg, Tematiche delicate
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IV. Anime gemelle

 


Akaashi non sa quanto tempo passi da quando suo padre ha detto che ne avrebbero discusso poi. Li ha sentiti litigare, composti come sempre, ma ad una voce troppo alta perché lui riuscisse ad ignorarli. Ci ha provato: si è spostato, si è coperto le orecchie, ha nascosto la testa sotto il cuscino, ma niente sembrava essere capace di schermarlo da quel vociferare di sottofondo, di cui non comprendeva le parole ma percepiva le accuse e la rabbia. Alla fine si è infilato le cuffie e ha alzato il volume in modo tale da non sentire più le loro voci. Ha scelto qualcosa di ritmato, canzoni che lasciavano trasparire rabbia e risentimento, e ad un certo punto, in qualche modo, deve essersi addormentato, forse per la stanchezza, non lo sa.

Quando apre gli occhi, però, le cuffie non sono più alle sue orecchie e qualcuno gli ha sistemato una coperta sul corpo. Seduto sul letto vicino a lui c’è suo padre con un traballante sorriso in volto, un sorriso che Akaashi non ricorda di aver mai visto prima, ma al quale potrebbe abituarsi facilmente perché, per quanto incerto appaia, è in qualche modo rassicurante, sembra quasi dire “Sono qui per te”. Akaashi avrebbe davvero solo bisogno che i suoi genitori lo dicessero seriamente, ad alta voce, conferendogli realtà e validità.

« Ciao, » lo saluta piano suo padre non appena si accorge che il figlio si è svegliato. Akaashi si solleva piano per poter guardare suo padre in viso alla stessa altezza e risponde al saluto con incertezza. La gentilezza nell’espressione di suo padre, comunque, non scompare nemmeno per un secondo.

« La mamma? » domanda Akaashi, ancora intontito a causa del sonno, mentre si stropiccia gli occhi per mettere veramente a fuoco la sua stanza e la figura di suo padre vicino a lui.

L’uomo non risponde subito. Sospira piano e si gratta il retro del collo a disagio. Prende tempo, guardando i poster attaccati alle pareti del figlio, prima di dire: « Ha solo bisogno di riflettere su quello che sta succedendo ». A quel punto il suo sguardo si sofferma sul volto di Akaashi, sul quale vede passare diverse emozioni, alcune contrastanti tra loro. Sollievo per il non dover affrontare subito il suo giudizio, senso di colpa per il timore di essere la causa del loro allontanamento, ma sopra di tutto risentimento per non essere qui al suo fianco in un momento in cui avrebbe bisogno del suo sostegno.

Akaashi annuisce, incapace di dare voce a tutti quei sentimenti che sta provando. Si morde il labbro inferiore, quasi a trattenersi dal fare qualcosa di cui potrebbe pentirsi, come piangere o gridare.

« Mi dispiace » dice in un sussurro. Sente qualcosa di pesante spingere all’altezza del petto, qualcosa che gli toglie il respiro e le forze, impedendogli di reagire. Una scusa per tante cose: per non essere stato attento, per aver spinto sua madre ad andare via, per non essere all’altezza delle loro aspettative.

Suo padre scuote la testa con vigore e: « No, Keiji » afferma, serio, « Sono deluso, non posso negarlo, sono deluso perché avresti dovuto prestare più attenzione, ma io…  » si interrompe e scuote leggermente il capo. Akaashi rimane in attesa e spera per un secondo che il padre stia per dire quelle parole che potrebbero cambiare tutto, che gli permetterebbero di sentirsi al sicuro e capace di affrontare questa situazione nel modo migliore. Le parole di una famiglia che c’è per lui, ma viene deluso. «  non avrei dovuto reagire in quel modo » conclude infatti l’uomo.

Rimangono in silenzio. Akaashi tiene lo sguardo basso, mentre suo padre non lo allontana dal suo viso e, mentre guarda l’aspettativa negli occhi del figlio trasformarsi velocemente in delusione, ripensa alla discussione avuta con la moglie. Come ha potuto non accorgersene? Come ha potuto non rendersi conto della distanza che ha posto nei confronti di Keiji e del modo in cui l’hanno allontanato, lasciato indietro? Come ha potuto non accorgersi dei pregiudizi della donna che ama?

Ogni parola che ha lasciato le labbra di lei è stata una pugnalata per lui: quelle affermazioni sul loro bambino così dure e distaccate sono state difficili da affrontare. Cerca solo attenzioni, ha detto lei. Forse è stato quello il momento in cui ha capito veramente che avrebbe dovuto scegliere e che lei non gli sarebbe stata accanto, che ha dato per scontato troppe cose per troppo tempo e che le cose sarebbero cambiate da quel momento, in un modo o nell’altro.

« Quello che ha detto tua madre... » inizia il signor Akaashi, ma si interrompe alcuni secondi come se dovesse riordinare le idee « mi ha fatto capire alcune cose » dice infine, deluso da se stesso, perché in fondo ha capito che l’affetto di suo figlio non gli è dovuto come ha sempre dato per scontato, che avrebbe potuto essere più presente e quindi vicino e che in futuro dovrà guadagnarsi la sua fiducia. Le parole di sua moglie l’hanno messo davanti alla dura verità di non essere stato un bravo genitore, glielo hanno resa chiara come prima non era mai stata.

Akaashi rimane in silenzio in attesa di spiegazioni. Gli tremano appena le mani per il timore di quello che suo padre potrebbe dire, per cui le tiene nascoste alla sua vista.

« Non posso dirti cosa devi fare » continua suo padre, gentile, « Posso solo darti la mia opinione, ma qualunque cosa tu decida alla fine, ti prometto che affronteremo questa cosa insieme, come una famiglia » finisce consapevole dell’importanza e del peso di quello che sta dicendo, perché significa cambiare completamente le routine e i modi di fare cui sono sempre stati abituati.

Vuol dire sforzarsi per essere quel tipo di padre che immaginava sarebbe stato, ma che alla fine non è riuscito ad essere. C’è ancora tempo, però, e con fatica e impegno è sicuro di poter rimediare ai propri errori. Ѐ stato assente quando Keiji aveva bisogno di lui, e si è infuriato quando avrebbe avuto bisogno di supporto e conforto, in un momento in cui era sicuramente spaventato. Vuole cambiare. Vuole essere migliore.

Il cuore di Akaashi sprofonda nel momento esatto in cui sente quelle parole, le stesse che attendeva da tanto tempo, e, senza essere in grado di trattenerle, le lacrime iniziano a scorrergli sulle guance. Si sporge per abbracciare suo padre e subito incontra le sue braccia pronte ad accoglierlo. Il signor Akaashi ha solo un momento di sorpresa, ma subito reagisce alla richiesta del figlio e lo stringe, accarezzandogli i capelli.  Akaashi piange e chiede scusa, mentre suo padre gli sussurra dolci rassicurazioni.

Ci vuole del tempo prima che riesca a calmarsi, ma ancora non riesce ad allontanarsi dal calore che gli dà suo padre. Si sente al sicuro e ha paura che spostandosi allo stesso modo andrà via anche la sensazione di sicurezza. Suo padre comunque non gli impone di scansarsi e lui ne approfitta, anche quando lui gli chiede del padre del bambino.

« Non voglio- » inzia Akaashi in un lamento.

« Non ti sto chiedendo di dirmi chi sia » lo interrompe. Non ora almeno, pensa, domandandosi come siano andate le cose, ma consapevole di non poterlo fare. Keiji ha bisogno di un po’ di tempo e lui è pronto a concederglielo « Ma se lo sa ».

Akaashi scuote la testa in un cenno di diniego, un movimento appena accennato, che, se non fosse ancora tanto vicino al padre, probabilmente lui non sarebbe stato in grado di coglierlo.

« Non puoi nasconderglielo, Keiji, qualunque sia la vostra attuale relazione » asserisce l’uomo con tono conciliante, cercando lo sguardo del figlio senza riuscire mai a raggiungerlo.

« Non voglio farlo » risponde Akaashi, colpevole. Tiene gli occhi bassi e si morde il labbro, insicuro, mentre tenta di tenere lontane le immagini che ogni giorno lo tormentano e le conseguenze che portano con sé.

« Keiji » prova a riprenderlo suo padre, ma subito lo interrompe, il tono lamentoso di chi non riesce ancora a parlare di qualcosa.

« Papà, non ora » lo ferma perentoriamente « Per favore » aggiunge dopo alcuni istanti di silenzio, alzando gli occhi per incontrare quelli del padre in una silenziosa richiesta di accettazione. A quel punto l’uomo annuisce, non completamente convinto, ma incapace di continuare su quella strada.

« Dovremmo prendere un appuntamento dal medico » cambia discorso, pensieroso, poi colto da un dubbio chiede: « Sei già andato da qualcuno? ».

Akaashi fa cenno di no con la testa e piano dice di essersi recato presso una clinica abortista. L’implicazione è chiara: se ci è andato e il bambino è ancora qui, se addirittura il figlio ha deciso di parlarne con i genitori, la scelta non può essere che tenerlo, però, solo per una sicurezza aggiuntiva, vuole porre quella domanda.

« Sei sicuro? ».

E Akaashi non ha bisogno di pensarci nemmeno per un secondo, perché di fatto l’ha già fatto e una decisione è già stata presa, così dice di sì senza esitazioni, con tono fermo per la prima volta da quando hanno iniziato quella discussione, con un tono che non ammette repliche.

« Va bene » dice suo padre, quasi sovrappensiero « Va bene » ripete, benché non appaia convinto tanto quanto vorrebbe lasciare credere. Akaashi comunque non intende portare alla luce questa sua insicurezza e anzi lo ascolta con attenzione finché suo padre parla degli appuntamenti che dovranno fissare e delle cose che dovranno cambiare. Sorride inconsapevolmente, perché la voce di suo padre e quello che gli sta dicendo lo confortano tanto da farlo sentire veramente al sicuro per la prima volta da quando è venuto fuori questo casino.

« Grazie » afferma Akaashi all’improvviso e subito suo padre scuote la testa.

« No, non… io... » si interrompe a disagio e cerca le parole giuste. Si prende alcuni secondi per riordinare le idee, perché è chiaramente in difficoltà. Alla fine rinuncia, come se quella sua reazione potesse essere essa stessa una spiegazione « La faremo funzionare, Keiji, vedrai, ce la faremo » dice invece con un sorriso gentile ed è tutto quello di cui Akaashi aveva bisogno.




 

***




 

« Mi dispiace per tua madre » afferma distrattamente Onaga prima di ricevere una gomitata sugli stinchi da Suzumeda, che lo fulmina con lo sguardo. Akaashi scuote il capo come a dire che non importa. Onaga è fatto così: schietto e un po’ troppo impulsivo rispetto a certi commenti, ma Akaashi lo conosce per cui non prende a male le sue parole.

Sono in un kissaten poco distante da scuola. Si tratta di un posto abbastanza piccolo, ma comunque confortevole ed in ogni caso Akaashi l’ha scelto più per la sua comodità che per eventuali buone recensioni. Alla fine però anche le proposte da consumare non sono troppo male e comunque né Suzumeda né Onaga sembrano contrariati dal posto. Akaashi ce li ha portati per ringraziarli, offrendo loro qualcosa da bere e mangiare e ne ha approfittato per raccontare loro in maniera distratta quello che è successo con i suoi genitori, perché in qualche modo sente di doverglielo.

Li ha guardati mangiare con piacere le loro ordinazioni con un misto di senso di nausea e disagio. Li ha lasciati conversare senza prestare reale attenzione alla loro parole proprio a fronte di quegli odori forti e dolci che gli hanno riempito la testa impedendogli di pensare coerentemente, troppo concentrato sul suo stomaco in subbuglio.

« Hai ragione, solo che- ».

Onaga si interrompe bruscamente e il cucchiaio gli scivola di mano, producendo un fastidioso colpo metallico non appena impatta contro il tavolo. Akaashi torna alla realtà e si rende conto che qualcuno ha appena iniziato il proprio calore. Sente voci indistinte e vede una leggera movimentazione intorno ad una ragazza, ma nessuno sembra eccessivamente preoccupato o agitato, non quanto lui almeno.

Punta gli occhi su Onaga e quello che si trova davanti non è quello che si aspetta, perché il ragazzo sembra essere in perfetto controllo del suo corpo e delle sue azioni. È rigido e teso, ma comunque in controllo. Suzumeda lo tiene d’occhio, ma non appare realmente preoccupata da quello che potrebbe accadere.

Nessuno degli alpha presenti si è mosso verso la ragazza e Akaashi non riesce a darsene una spiegazione. Questa è la seconda volta che assiste al calore di qualcuno e la distanza tra la sua prima esperienza e questa è tanto grande da confonderlo e agitarlo.

Quando la ragazza viene accompagnata fuori dal locale da alcune compagne, Onaga si permette di trarre un profondo respiro, mentre i muscoli del suo corpo si rilassano lentamente.

« Non hai perso il controllo » afferma Akaashi senza rendersene davvero conto. Onaga gli rivolge subito un’occhiata contrariata.

« Non ti era mai successo di trovarti in una situazione del genere? » si intromette Suzumeda, guardandolo con curiosità. Akaashi vorrebbe dire che sì, gli è successo, ma la discrepanza tra le sue due esperienze lo spinge a negare.

« Non siamo bestie, sappiamo controllarci » grugnisce Onaga, offeso « È più un fastidio, un prurito molto insistente, che un impulso incontrollabile, anche se non è quello che si dice comunemente. Mantenere questa convinzione errata permette anche di sostenere una certa visione della società, no? Chi continua ad affermare che non è qualcosa che può essere domato dà soltanto un’immagine sbagliata e grottesca di quello che siamo » conclude in quello che sembra un rimprovero piccato nei confronti di Akaashi.

« Beh, » si inserisce di nuovo Suzumeda, riportando l’attenzione su di lei « C’è soltanto un caso in cui questa situazione, quella dell’impossibilità di controllarsi, si presenta ».

Onaga sbuffa.

« È irrilevante » dice « È praticamente impossibile trovare quella persona ». E Akaashi inizia a sentirsi male solo per il modo in cui Onaga ha pronunciato quell'aggettivo, perché non è stupido e comincia a capire a cosa si è trovato di fronte quel giorno, con Kuroo e Bokuto.

« Quando? » chiede fingendo un interesse distaccato. Fatica a mantenere un tono di voce neutrale, quando dentro si sente come se qualcuno lo stesse pungolano ripetutamente con mille spilli, ma alla fine riesce a mantenere la facciata.

Non vorrebbe sentire quello che viene dopo. Vorrebbe tornare indietro e cancellare le parole, perché pronunciarle a voce alta dà loro consistenza e realtà. E fa male, ancora più di prima.

Onaga ruota gli occhi al cielo, finché Suzumeda risponde alla domanda di Akaashi.

« Quando si tratta della tua anima gemella ».



 
   
 
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