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Autore: Sarah_lilith    29/09/2019    3 recensioni
Lan Zhan ha passato tredici lunghi anni ad aspettare che la sua vita tornasse serena come quando Wei WuXian era accanto a lui. Sa che il dolore non scemerà mai via del tutto, ma spera che il suo cuore guarisca almeno un pò, permettendogli di respirare senza provare il desiderio di morire.
Suo fratello gli diceva che nulla cura il passato come il tempo, e che nessuno poteva rubargli l'amore che era destinato a trovare. Ora non dice più nulla, perché l'amore che aveva trovato, non era stato risparmiato dalla Morte.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Lan Wangji/Lan Zhan, Lan XiChen/Lan Huan, Wei Ying/Wei WuXian
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Deb, mi spiace in anticipo... non è colpa mia, è Lan Zhan che vuole soffrire. Io trascrivo e basta :)
Buona lettura


 

Nono anno - Vuoto


C’era un suono che rimbombava dentro di lui, come se il suo intero corpo fosse stato svuotato e qualcosa vi si agitasse dentro, smaniando per uscire.

In realtà, era tutta un’illusione. Non ce la faceva più a sentirsi vuoto, perché così era, ma la vita non voleva abbandonarlo, anche se lui lo desiderava con tutto ciò che era rimasto del suo cuore.

Era anche molto distratto, nell’ultimo periodo. Forse perché si era concentrato sul nuovo abitante del suo studio, invece che sull’allenamento del corpo. Oppure, più semplicemente, fantasticava solo di morire.

Suo fratello, vedendolo ridotto all’ombra di se stesso, aveva insistito perché uscisse di più, convinto che quel suo nuovo periodo di depressione dipendesse dal fatto che ormai Lan SiZhui fosse abbastanza grande e la Seconda Giada del Clan Lan non avesse più nessuno di cui occuparsi.

Quindi gli aveva regalato un coniglio. L’ennesimo. 

Sembrava che ogni volta che si sentisse in colpa per lo stato d’animo del fratello minore, corresse da un contadino e comprasse un nuovo roditore, quasi a voler compensare alla mancanza di Wei WuXian. Effettivamente, l’ultimo dono era stato una palla di pelo nera come la pece a cui era stato applicato addosso un fiocchetto rosso quasi più grande di lui.

Lan WangJi avrebbe voluto dimostrarsi distaccato, davvero, ma quando il piccolo animale aveva iniziato a zampettare per la stanza mettendogli a soqquadro tutti i fogli e i pennelli, per poi guardarlo con degli occhioni grigi ed innocenti, non ce l’aveva proprio fatta a restituirlo a Lan XiChen.

Lo aveva fermato agguantandolo per la collottola e se l’era portato al petto, carezzandogli le orecchie e il muso in un gesto morbido che aveva il retrogusto amaro della nostalgia. L’animale aveva mosso il nasino rosa e i baffi avevano vibrato, dando l’impressione che stesse ridendo della delicatezza con la quale veniva trattato.

Quando poi Lan Zhan se l’era avvicinato al volto per osservargli meglio le iridi, il piccolo roditore gli aveva appoggiato una zampetta soffice sul naso. 

Così spudoratamente identico a colui a cui assomigliava.

Quanto poteva mancargli Wei Ying, se quando guardava un coniglio dagli occhi cinerei, in realtà vedeva lui? Quanto era grave la malattia che lo affliggeva, consumandolo ogni minuto di ogni giorno di ogni anno che passava dalla sua scomparsa?

Quello era l’unico coniglio che avesse mai tenuto chiuso in camera, senza permettergli di uscire a socializzare con gli altri della sua specie. Non lo lasciava avvicinare nemmeno dagli altri discepoli.

Una fissazione non soppressa, quella del campanello, solo rimandata.

L’ossessivo attaccamento al ricordo che aveva del suo unico amore gli sembrava naturale, perché ne necessitava. Lan WangJi annegava le sue giornate di rimpianto, apparendo passivamente distaccato all’esterno, per poi lasciarsi andare in silenzio, senza farsi vedere.

Quell’emozione che aveva preso fuoco e l’aveva bruciato fino a congelarlo... ironico, quasi. Le fiamme che tanto gli riportavano alla mente Wei WuXian gli portavano via dal cuore i sentimenti che lo tenevano vivo.

Se potessi sognare qualcosa di felice, pensava a volte, sognerei il colore dei suoi occhi

Niente più labbra insanguinate che lo scacciavano sputando grumi rossi sulla sua veste candida, niente più espressioni di rabbia e risentimento, create dall’incomprensione.

Niente più scontri e grida per guerre che non avevano ragione di esistere, niente più persone, parenti o amici che cercavano di tenerlo lontano dalla sua unica gioia.

Niente più incubi. 

Solo gli occhi grigi più belli che avesse mai visto, o che gli fosse interessato davvero di guardare.

Perché forse l’amore non è la migliore persona che ti possa capitare, è invece qualcuno che non è perfetto ma combacia con quello di cui si ha bisogno in un determinato momento della vita, e di cui necessiterai per il resto dell’eternità.

Quando, mesi prima, alcuni maestri gli avevano chiesto di scrivere qualcosa di adatto a dei discepoli che chiedevano cosa fosse “l’affetto romantico” verso qualcuno, lui l’aveva descritto piangendo in silenzio, un unico pensiero che gli invadeva la mente e gli sgorgava dalle labbra. 

Nulla di troppo elaborato o logorroico, perché in ogni caso rimaneva se stesso, seppur appassito dal dolore, ma una frase sola, in cui credeva profondamente.

“L’amore va baciato a bocca chiusa come fanno i bambini”

Perché in certi momenti non bisogna fermarsi a pensare cos’è giusto, cos’é sbagliato e cosa occorre fare per vincere. Bisogna solo guardasi negli occhi e capire che le persone, così come ogni cosa, non sono perfette.

Fanno errori, sbagliano i tempi, inciampano nelle emozioni e si nutrono di ricordi. Spesso si fanno del male da sole proprio perché il filo spinato che ricopre le memorie è troppo affilato e taglia le mani di chi lo accarezza.

Ma il dolore è troppo facile da ignorare, se si aspira a qualcosa di più grande. E lui, in questo, era il migliore di tutti.

 

 

Quando entrò nella biblioteca vuota, pensò che avrebbe potuto rilassarsi e studiare in pace, una volta tanto. Il suo posto abituale era illuminato dai raggi pallidi del sole d’inverno che scaldavano a mala pena l’aria che attraversavano passando dalla finestra aperta.

Avviandosi con calma misurata, fece scorrere le dita con leggiadria sul dorso di alcuni tomi che non erano ancora stati risistemati. Pacato, ne afferrò uno che sembrava rispecchiare il suo bisogno in fatto di letture mattutine e si avvicinò allo scrittoio.

Appena si sedette, però, sentì che c’era qualcosa di strano, come sempre più spesso gli capitava.

Da ormai parecchi anni non si sentiva a suo agio nelle più disparate situazioni. Gli ambienti a lui familiari erano improvvisamente stati ridotti alla sua stanza e al molo dell’Approdo del Loto, che sognava ormai ogni notte ardere di rosso acceso nella notte buia.

Non era difficile comprendere questa strana soggezione. Pensandoci bene, riusciva a ricordare un discorso da cui tutta quella malinconia era nata, una memoria veramente importante, ma di cui non rammentava l’inizio.

Sapeva solo che ad un certo punto, durante uno dei loro numerosi dialoghi, Wei Ying aveva parlato del motivo per cui amasse così tanto “dare aria alla bocca”, come diceva lui, per esporre i più disparati e futili argomenti.

Il silenzio non è quello che senti quando sei solo. Quella è tranquillità, calma. Il silenzio vero, diceva Wei WuXian scuotendo i capelli al vento, è quello di quando ti guardi dentro e scopri che sei sempre stato solo tu, a fare rumore, e ora hai smesso.

E così Lan Zhan aveva iniziato ad odiare le stanze vuote. Ora preferiva i luoghi in cui le sue crepe interiori venivano nascoste dalla folla circostante, non potendo essere colmate.

Perché Wei WuXian era stato questo.

Era stato la tempesta con fulmini e tuoni, troppo forte per essere domata. Era stato la risacca, la più pericolosa delle onde. Era stato anche il pallido sole che, sorgendo oltre i monti di Gusu, aveva illuminato la vita di Lan Zhan.

Non aveva avuto pietà di lui. Non gli aveva risparmiato nessun sorriso, nessuna parola, nessun tocco leggero. Gli aveva strappato fuori l’amore dal cuore in maniera così violenta e inaspettata che Lan Zhan aveva vacillato, e vacillava tutt’ora.

Perché Wei Ying, per lui, era stata l’acqua che riempie le crepe. Poi era gelato e lo aveva spaccato in due.

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Sono tornata, ciao gente! Sapete che... beh, ve lo direi se ve ne fregasse qualcosa, ma non siamo qui per questo ;)
Ok, torniamo a noi: è un capitolo molto triste e molto filosofico... non so come definirlo. Deb, amore mio, luce dei miei occhi, tesoro bello, Terza Giada del Clan Gusu (:3)... ti avevo avvertita! Non odiarmi ma Lan Zhan DEVE soffrire per il resto della fan fiction, mi sa.
Comunque, in Belgio ho visitato questo museo su un vecchio ospedale psichiatrico ed ero tipo: “Ok, necessito di scrivere dell’ossessione di Lan Zhan tipo ORA!” Ed eccolo qui, tutto matto e che cerca di aggrapparsi al ricordo del suo Wei Ying.
Ma quanto sono cattiva? ;)
Come al solito, grazie per aver letto e commentate se trovate errori di battitura (ho scritto al telefono, capita)

Baci a tutti, Sarah_lilith

   
 
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