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Autore: Chiisana19    29/09/2019    4 recensioni
| AU • Avventura • Azione | SasuSaku • accenni NaruHina |
Il destino è imprevedibile e delle volte anche ingiusto e doloroso.
Sakura lo ha subito sulla sua stessa pelle la notte del suo ventunesimo compleanno, ritrovandosi di fronte ad una realtà che non ha mai affrontato, rimasta per troppo tempo chiusa e al sicuro nella sua grande gabbia dorata.
La storia per scoprire la verità e il proprio destino avrà inizio, ma non sarà da sola: i suoi amici d'infanzia la proteggeranno fino alla fine, scoprendo insieme a loro che cosa significa davvero vivere ed essere libera.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Un Destino trasportato da un Vento Primaverile





Capitolo 7 ~ Alone
 

[ Otto anni dopo ]

La notte era tetra e silenziosa, abbellita dal luccichio delle stelle e dai riflessi lunari che elargivano luce ai folti cespugli degli alberi che esibivano le prime fioriture, segno che l’inverno era giunto alla fine.

Un gufo continuava a cantare tranquillo, cercando con i suoi occhietti vispi una preda da divorare, così come tanti altri volatili; non a caso quell’insignificante sputo di terra prendeva il nome di ‘Paese degli Uccelli’.

Un’ombra veloce e scattante saltò da un ramo a all‘altro, facendo scappare con un leggero sbattere d’ali i volatili notturni.

La figura si appollaiò su un ramo, studiando con occhi attenti la piccola casetta fatta interamente di legno, nascosta nel cuore del folto bosco. Controllato che non vi fosse nessuno atterrò con leggiadra sul tetto, per poi calarsi sulla finestra ed entrare con estrema facilità, ritrovandosi la fonte del suo interesse steso su un materasso a dormire.

Con passi tranquilli lo raggiunse, sedendosi sopra il ripiano del letto in assoluto silenzio, mentre l’uomo continuava a riposare ignaro. Solo il rumore di una spada che veniva sfilata da un fodero lo obbligarono ad aprire gli occhi e subito dopo iniziare a tremare, quando si rese conto che sopra la sua testa una lama si calava dal soffitto, puntando alla sua gola.

«Dove si trovano i prigionieri?»

Lo sconosciuto era imperturbabile, senza muovere di un millimetro la katana che stringeva con entrambe le mani, mentre la sua voce era ovattata per colpa della maschera che indossava.

L’uomo dai capelli lievemente lunghi, legati da un codino dietro la nuca, ingoiò nervoso un groppo rimasto bloccato lungo la gola, muovendo leggermente il sovradimensionato pomo d’Adamo «N-non so di che parli» balbettò.

La figura seduta rimase in silenzio e con un movimento veloce rimise la sua katana dentro la propria custodia, prendendo poi l’uomo dal colletto del kimono, sbattendolo sul muro e alzandolo di pochi centimetri. La maschera dalle sembianze feline non permetteva di vedere alcun frammento di pelle, a parte le iridi degli occhi che l’uomo giurò di aver visto di un rosso scarlatto.

Prese con velocità quasi inumana un kunai dalla cintura, puntandoglielo sul punto in cui si trovava la giugulare.

«Va bene, va bene te lo dico! Ma non uccidermi!» disse la vittima, alzando le mani in segno di resa e sudando freddo, mentre il combattente allentò leggermente la presa, permettendogli di continuare «Sono in una cantina, ma si accede solo con la chiave»

«Dov’è?» esigette lui, freddo.

Il tipo col codino mosse lentamente la mano, mostrando una corda legata al suo collo, dove una piccola chiave era stata allacciata.

«Ecco.. tieni» disse lui, sfilandosela.

Il giovane mascherato rimise al suo posto il kunai, accettando l’oggetto.

«Ti prego, lasciami andare ora» pregò questo con voce lagnosa.

La figura vestita di nero si allontanò di due passi, ma al suo fianco spuntò un altro suo complice, con una statura estremamente più alta, ma con indosso la stessa maschera.

«Non saremo noi a decidere il tuo futuro» pronunciò il nuovo arrivato, prendendo l’uomo col codino di peso e portandolo via, nonostante gli urli e gli schiamazzi di protesta.

Il ragazzo, rimasto da solo, si sfilò la maschera, permettendo ai lunghi ciuffi neri di ricadere in maniera disordinata sulla fronte pallida, solleticando le ciglia dei suoi occhi scuri. Uscì dalla finestra dal quale era entrato e si incamminò a passo svelto al luogo di ritrovo.

 


«Non capisco perché Sasuke mi abbia messo in coppia con te» sbuffò la ragazza dai capelli rossi, sistemandosi con un gesto di stizza gli occhiali dalla montatura nera.

Il ragazzo seduto, con la schiena poggiata al tronco, si stiracchiò le braccia, portandole dietro la testa per stare più comodo «Perché oltre ad essere una racchia sei pure incapace»

Ridacchiò appena quando improvvisamente, dopo un leggero movimento d’aria, avvertì un pugno colpire il suo naso e in un attimo la sua faccia si trasformò in semplice acqua.

«Prova a ripeterlo faccia di pesce!» urlò questa, pronta a dargli anche un calcio, quando un’ombra comparve da alcuni cespugli poco distanti.

«Piantatela» disse freddo, guardando i due compagni.

«Sasuke!»

La rossa lo raggiunse felice, mentre quello seduto, ripresosi dal colpo, si mise in piedi con un colpo d’anca, notando che il moro si trovava da solo.

«Dov’è Jugo?» domandò annoiato, grattandosi una guancia.

«Sta portando via l’obbiettivo. Tieni» spiegò veloce, lanciandogli la chiave che era riuscito a ottenere «Le persone imprigionate si trovano dentro una cantina»

L’unica ragazza presente si portò la mano su un fianco, ondeggiando la sua lunga chioma dal taglio scalato «Allora andiamo. Prima finiamo e prima potrò farmi un bagno» borbottò, incamminandosi verso la casetta di legno dal quale era giunto Sasuke.

I due presero a seguirla, restando leggermente più indietro rispetto a lei.

 Il ragazzo dai capelli chiari si avvicinò all’orecchio di Sasuke «Come se cambiasse qualcosa» sussurrò lui divertito, ma questo non bastò dato che anche la rossa era riuscita a sentirlo, fulminandolo intimidatoria con lo sguardo.

Una volta sopraggiunti, iniziando ad ispezionare attorno la piccola residenza, fino a quando non trovarono una botola nascosta da alcune foglie e rami secchi. Dopo averla aperta con la chiave cinque gradini li dividevano da un piccolo sottosuolo completamente avvolto dall’oscurità, mentre un fastidioso odore di muffa e chiuso riempiva l’aria.

«Come si fa a resistere in un posto simile..» sussurrò la ragazza, camminando lungo il corridoio vicino Sasuke e stringendo lievemente l’orlo della sua divisa, dato che aveva attivato lo Sharigan per vedere meglio. Arrivati alla fine del galleria sotterranea trovarono un’enorme gabbia fatta di acciaio, dove al suo interno si trovavano uomini e donne di diverse età, rannicchiate tra di loro per darsi un po’ di calore.

Il giovane dai capelli bianchi, per vedere meglio, accese una torcia che si portava sempre appresso dentro il piccolo marsupio, mentre questi tremarono spaventati «Tranquilli, ora siete al sicuro»

Lì guardò attentamente, notando che nessuno di loro era ferito o trascurato, sembravano semplicemente scossi. Intanto Sasuke aveva sfilato la sua katana, tagliando con un semplice movimento il lucchetto, aprendo così le sbarre.

«Sono tutti?» domandò la rossa, mentre questi cominciarono ad uscire.

Suigetsu annuì «Tutti e tredici» confermò, aiutando un uomo di mezz’età ad uscire «Avete idea del perché vi abbiano rapito?»

Questo scosse la testa, ancora leggermente instabile «Il giorno in cui ci hanno portati qui hanno detto che ci avrebbero venduti a un uomo, ma non sappiamo per quale motivo, la maggior parte di noi sono solo dei semplici contadini»

La ragazza assottigliò gli occhi, pensierosa «Che facciamo Sasuke?» domandò infine al moro, che per tutto il tempo era rimasto impassabile.

«Il nostro compito è finito. Ritorniamo a Suna e facciamo rapporto»




Ci misero circa una settimana per ritornare al Paese del Vento.

Dopo aver portato in salvo i prigionieri questi furono affidati ad un’altra squadra, incaricata a riportarli nelle loro rispettive abitazioni, loro invece si erano incamminati verso Suna insieme all’uomo col codino, per poi consegnarlo alle autorità, che avrebbero provveduto ad un lunghissimo interrogatorio.

Quelle tredici persone erano scomparse due mesi prima, ma non erano le uniche. Sasuke, insieme ai suoi compagni, aveva faticato parecchio per ritrovarli, ma alla fine ci erano riusciti, a differenza di altre squadre. In quel momento avevano un totale di settantatré rapimenti e cinquantuno di questi non erano ancora stati ritrovati. Ormai erano mesi che accadeva per tutte le terre e Suna aveva deciso di prendere le redini in mano.

Sasuke era oramai divenuto un Ninja fidato del Paese del Vento, così come Naruto, e in tutti quegli anni erano rimasti sotto la supervisione del Re e dei Ninja più anziani. Oltre a loro due e Itachi, durante la Notte della Strage, si erano salvati anche il Ninja Copia – che durante l’attacco si trovava fuori dalla Regione -, Jiraya e uomo dalla personalità molto eccentrica di nome Gai, insieme a suo figlio Rock Lee.

Lui e Naruto non facevano altro che svolgere missioni su missioni, dalla più semplice alla più difficile. Delle volte li mandavano insieme, mentre in altri casi – come quello ad esempio – veniva messo in coppia con altri tre Ninja: Suigetsu, Karin e Jugo.

Il primo era un ragazzino più piccolo di due anni, originario del Villaggio della Nebbia, capitale del Paese dell’Acqua. Dopo la morte del fratello maggiore aveva cominciato a viaggiare in lungo e largo combinando qualche piccola infrazione, senza mai separarsi dalla sua immensa spada, un tempo appartenuta al defunto fratello, fino a quando Suna non aveva adocchiato le sue abilità, riuscendo in poco tempo a mettere dalla propria parte le sue prestazioni. Naturalmente la loro strategia fu: ‘lavora per Suna e noi dimenticheremo tutti gli errori che hai commesso’.

Karin invece era una ragazza dal carattere forte e autoritario, che abbandonò anni prima per motivi sconosciuti la sua terra natia, il Villaggio dell’Erba, per recarsi lì a Suna. Molto spesso Sasuke rivedeva in lei le ragazzine che lo assillavano quando era più giovane, però doveva ammettere che era un’abile e fidata compagna.

Infine Jugo, nominato da tutti come il ‘gigante buono’, sicuramente più grande di loro. Non sapeva molto su di lui, ma poco gli importava dato che ogni volta che partivano per una missione svolgeva gli ordini senza mai lamentarsi. Parlava a malapena, ma durante i combattimenti poteva essere paragonato ad una forza portante distruttiva.

Ormai il gruppo era rientrato da circa un’ora e Sasuke, dopo aver fatto rapporto, aveva deciso di tornare nel loro quartiere, situato nella parte Nord di Suna, costituito da diversi alloggi solo ed esclusivamente per loro e per i Ninja che erano di passaggio.

Rimase seduto a gambe incrociate vicino la finestra, continuando a lucidare la sua katana.

Pochi mesi dopo la Notte della Strage il ragazzo, di nascosto, era voluto tornare alla Valle dell’Epilogo, nonostante fosse proibito. Oramai non era rimasto più niente; le case erano diventate cenere e gli alberi semplici tronchi spogli. Quando si recò nel vecchio dojo si era messo a scavare tra i pezzi di legno bruciati, fino a trovare con sua immensa sorpresa la katana di suo padre: Kusanagi.

Sapeva che era la stessa arma che aveva tolto la vita ai suoi genitori, ma non gli importava. Da quel giorno decise di tenersela sempre stretta a sé, sia come ricordo che come stimolo per ricordargli quella notte, soprattutto quegli occhi.

Molto spesso si svegliava in un lago di sudore perché non faceva altro che sognarli, tanto che nel primo anno trascorso a Suna aveva quasi perso la ragione, con tutte le intenzioni di scappare via e cercare solo vendetta. Tuttavia, grazie all’aiuto di Naruto e Itachi aveva ripreso il controllo di sé, mentre il Ninja Copia - che faceva di nome Kakashi - decise di diventare suo maestro, dato che oramai il maggiore degli Uchiha non aveva più bisogno dei suoi consigli. Gli aveva insegnato a padroneggiare alla perfezione il chidori e a far fluire all'interno della sua Kusanagi il chakra di tipo fulmine, ma non solo..

Durante la Notte della Strage il dolore che aveva patito era stato talmente forte e improvviso che aveva risvegliato in lui lo Sharingan Ipnotico, noto anche come ‘l’occhio divino che vede la verità della creazione senza ostruzione alcuna’. Era una forma avanzata dello Sharigan ed era molto rara; fino ad allora solo lui Itachi e Madara ci erano riusciti, anche se Sasuke non aveva ancora imparato a padroneggiarlo a dovere, per questo Kakashi si era reso volontario per il suo addestramento, dato che aveva avuto già a che fare con Itachi.

Col passare degli anni anche lui era divenuto forte e l’aiuto di Kakashi non era più indispensabile, anche perché negli ultimi due anni lui e l’Uchiha maggiore avevano preso la brutta abitudine di sparire per notevolmente tempo, senza neanche sapere chi o che cosa li spingesse a stare così lontani.

Improvvisamente alcuni passi leggeri lo risvegliarono dalle sue lontane reminiscenze e un attimo dopo la porta si aprì, dal quale sbucò la figura di Karin con indosso una canotta e dei pantaloncini; anche lei si era tolta la sua divisa da Ninja.

Si sedette accanto a lui sul pavimento in legno, stringendo con una mano un libro.

«Non ti sembra già abbastanza lucida?» domandò divertita, indicando la katana tra le sue mani.

In risposta Sasuke alzò le spalle, riprendendo il suo lavoro. Karin, mordendosi il labbro, continuò a scrutarlo.

Si era tolto di dosso l’armatura da Anbu, che un tempo apparteneva alla sua terra anche se, da come aveva capito, aveva subito alcune modifiche. Indossava i pantaloni scuri tenendo i piedi scalzi e la maglietta a mezze maniche nera, dove poteva vedere perfettamente il marchio della vecchia Squadra Speciale.

Senza chiedere il permesso lo sfiorò con le dita, studiandolo con attenzione «Sai, esiste un modo per toglierlo..» sussurrò, mentre al suo tocco Sasuke rimase impassabile «Basta semplicemente bruciarlo con del ferro ardente. Sicuramente è un’operazione dolorosa però..»

«Non ho intenzione di farlo» la interruppe lui brusco.

Karin ritirò la mano con un leggero sospiro, iniziando poi a leggere.

Col tempo la ragazza si era abituata ai suoi modi bruschi e distaccati, anche se una piccola parte di lei poteva comprenderlo: assistere con i propri occhi alla morte dei genitori era veramente orribile. Chissà prima di allora che tipo di ragazzo era Sasuke, se avesse mai sorriso.. Karin se lo domandava spesso, dato che fin da subito aveva avvertito una certa attrazione per lui e che provava tutt’ora.

Il ragazzo invece ispirò col naso frustrato, poggiando la spada al suo fianco. Per lui era divenuta un’abitudine rispondere a tono con tutti, il suo cuore si era come congelato e le sue emozioni spezzate, eppure sapeva di sbagliare, ma non riusciva a controllarsi. Infondo Karin era una delle poche persone che gli era stata accanto tutti quegli anni da quando si era trasferito a Suna e sapeva che non meritava un simile trattamento, per questo decise di rimediare.

«Cosa leggi?» farfugliò impacciato, cercando di nasconderlo col suo solito tono frigido.

A Karin brillarono comunque gli occhi, mostrandogli felice la copertina del vecchio tomo «Il Paese del Fuoco. Voglio solo controllare se i rapimenti possono essere collegati a questa terra» disse fiera con un sorriso, sistemandosi la montatura scura sul naso.

Sasuke rimase a guardare con sguardo fisso la copertina, che mostrava il simbolo a forma di foglia circolare, mentre lontani ricordi iniziarono a fluire nella sua mente.

«Infondo è stata la tua casa.. pensi possa centrare in un qualche modo?» provò a dire lei, cercando di trovare un argomento di cui parlare.

Il ragazzo non mosse un muscolo. A quei tempi suo padre era praticamente la voce portante del Re che dava unicamente importanza al bene del suo popolo; non si era mai preso la briga di agire su di loro con saggezza o forza – dato che al suo posto lo aveva sempre fatto Fugaku -, così come non mosse dito neanche per cercare di scoprire cosa accadde quella notte, nonostante un suo caro amico e consigliere avesse perso la vita.

«Il Re è un uomo gentile, ma codardo, non avrebbe alcun motivo per fare questo» commentò soltanto, mentre i suoi occhi vagarono sul pavimento in legno.

Karin esaminò il suo profilo distaccato e si avvicinò leggermente a lui, sfiorando la sua spalla con il braccio «Però vi ha cacciati..»

Sasuke chiuse gli occhi, mentre l’ombra di un ricordo lontano colpì la sua mente come una bastonata; un piccolo corpicino stremante, lunghi capelli rosa e due bellissimi occhi che non era riuscito a rivedere un’ultima volta.

«Non aveva scelta»

Karin si avvicinò ancora di più a lui, che non sembrava accorgersene, quando la porta dal locale si spalancò all’improvviso, facendola sussultare e allontanare di colpo dal moro.

«Finalmente a casaaa!» gridò felice Suigetsu, saltando sopra il tavolo con un agile balzo.

Sasuke rimase indifferente, ormai abituato ai suoi modi simili a Naruto, mentre Karin alzò il mento stizzita, seguito da un piccolo verso.

«Che c’è Karin, ti mancavo?» la prese in giro il nuovo arrivato dai capelli bianchi, mostrando i denti leggermente appuntiti.

Questa esibì un’espressione infastidita, girando il capo dall’altra parte con aria superiore «Preferirei farmi un buco alla pancia piuttosto!»

Suigetsu fece per rispondere quando nel giro di trenta secondi l’uscio fu nuovamente aperto con forza, facendo tremare persino i vetri.

«Teme!»

Karin roteò gli occhi. Già non sopportava quel pesce fritto di Suigetsu, se si aggiungeva nella stessa stanza anche quell’uragano pazzoide di Naruto rischiava seriamene si avere una crisi di nervi.

«Non hai ancora imparato a bussare biondino?» sputò velenosa, massaggiandosi la tempia, ma questo non la degnò di uno sguardo, raggiungendo velocemente l’amico.

Solitamente Naruto era il primo a rispondere alle frecciatine degli altri, ma in quel momento la sua espressione era troppo seria mentre consegnava a Sasuke quella che sembrava una lettera, facendo allarmare i due ragazzi.

«Sasuke.. mi è arrivata questa da Itachi e Kakashi» disse sbrigativo, agitando la piccola pergamena davanti al suo naso.

Sasuke, non aspettandoselo, aggrottò le sopracciglia, aprendola tra le mani.

Nella stanza regnò il silenzio più totale, mentre Karin e Suigetsu rimasero ad osservare gli occhi inespressivi di Sasuke diventare pian piano sempre più desti e sorpresi. Finito di leggere alzò di scatto il viso, mentre Naruto ricambiò lo sguardo, sorridendo leggermente.

«A quanto pare torneremo a casa»



**



Sakura finì di spazzolarsi i lunghi capelli, restando a confabulare la sua immagine riflessa. Nel corso degli anni era cambiata molto rispetto a quando era piccola.

I suoi capelli si erano allungati fino alla vita, permettendo così alle domestiche di abbellirli con diverse acconciature, mentre la sua frangia era scomparsa, dando spazio ad un semplice ciuffo, solitamente bloccato con una, massimo due forcine, oppure semplicemente dietro l’orecchio.

Fisicamente invece non aveva mostrato eccessivi mutamenti. A parte la statura media, le sue curve erano rimaste molto acerbe, soprattutto quelle del seno e la totale mancanza di attività fisica aveva reso le sue braccia e le gambe molto secche e prive di muscoli; con indosso quella camicia da notte poi sembrava ancora più magra.

Suo padre non l’aveva mai fatta uscire, nemmeno una volta in tutti quegli anni, anche solamente per leggere qualche libro in giardino sotto l’ombra di qualche albero durante le stagioni calde, ma forse era colpa sua. Il suo carattere buono e composto non le avevano permesso anche solo di provare a iniziare una conversazione con suo padre, soprattutto quando doveva trattare un argomento che non gradiva e questo lo capì dopo pochi mesi che era avvenuta la famosa Notte della Strage:

«Papà?»

«Si fiorellino?»

«Ecco io.. io volevo chiederti se.. ecco se hai un fratello o una sorella»

«.. no, perché me lo chiedi?»

«Niente. Lascia stare»

Ricordava ancora come l’espressione di suo padre era visibilmente variata, facendole intuire la risposta che non era minimamente intenzionato ad elargire e lei voleva rispettare quella sua scelta, così come quella presa dieci anni prima.

L’argomento ‘fratello misterioso’ era quindi stato chiuso per sempre dentro un cassetto, mentre la voglia di provare a chiedere a suo padre di annullare quella punizione non era mai stata abbandonata, solo che non sapeva quando e come iniziare il discorso.

Si mise in piedi, dopo aver controllato un’ultima volta il suo viso pulito e privo di trucco, uscendo poi dalla sua camera e raggiungendo la sala principale dove suo padre la stava aspettando.

«Papà» lo chiamò lei, non appenò entrò.

L’uomo alzò lo sguardo dal tavolo, dove erano disposte diverse buste e lettere aperte, regalandole un solare sorriso «Sakura.. vieni entra»

Questa superò la soglia, raggiungendolo «Volevi parlarmi?»

«Si fiorellino.. di una cosa molto importante che sto preparando da mesi» disse lui, congedando il domestico che si trovava vicino a lui con un gesto della mano.

Sakura assottigliò gli occhi curiosa «Di cosa si tratta?»

L’uomo si posizionò meglio sulla sedia, schiarendosi la voce «Come ben sai tra una settimana esatta raggiungerai finalmente la maggiore età» iniziò a dire e quando incrociò gli occhi verdi della ragazza che lo ascoltava con interesse continuò «Queste che vedi sono tutte le lettere di conferma da parte degli invitati per il tuo compleanno»

Sakura osservò gli innumerevoli pezzi di carta posti sotto il suo naso che erano appena stati indicati.

«La maggior parte sono membri di grandi clan familiari o parenti dei Re delle altre terre» dichiarò emozionato, prendendone una «Pensa, verrà anche Gaara con i suoi fratelli»

A udire il nome del rosso Sakura non riuscì a nascondere la lieve curvatura delle labbra. Esattamente tre anni prima Re Rasa aveva perso la vita per una fortissima e improvvisa febbre, scegliendo poco prima di perire come suo erede il figlio minore: Gaara. Alla fine si era dimostrato un ragazzo sveglio e acuto, gestendo al meglio tutti gli affari del suo Paese e le alleanze con le altre terre, mantenendo pure solida la scelta fatta di suo padre per come gestire i Ninja dei loro villaggi.

Col tempo si erano pure avvicinati, ma solo come amici, ma qualcosa le diceva che suo padre avrebbe preferito qualcosa di più.

«Mi fa piacere» sorrise sincera, portandosi una ciocca dietro l’orecchio «Volevi solo dirmi questo?»

L’uomo sospirò, negando col capo «No, in realtà ci sarebbero altre due questioni. La prima è che ho richiesto al Re del Paese del Vento una Squadra Speciale numerosa che possa controllare il perimetro durante la festa fino al giorno seguente; mi sembrava doveroso tenerti informata»

Sakura roteò gli occhi divertita, conoscendo le esagerate fissazioni di suo padre riguardo la sicurezza.

«Grazie. E la seconda?»

Il Re si portò le mani intrecciate davanti la bocca, chiudendo gli occhi. In quel momento sembrava che Nawaki avesse una notevole difficoltà nel parlare, cercando di trovare le parole adatte per iniziare il discorso nel migliore dei modi.

«Sakura.. compirai ventuno anni e sai bene quanto me che da quel momento sarai a tutti gli effetti una donna» proferì lui con voce lenta e seria e questo cominciò ad allarmarla «Io sto cominciando ad accumulare anni e tu sei la mia unica erede perciò ci tengo che tu trovi il prima possibile l’uomo che sposerai e che un giorno prenderà il mio posto»

Sakura avvertì il proprio cuore fermare i battiti cardiaci per diversi secondi, mentre le sue mani poste lungo i fianchi cominciarono fastidiosamente a sudare. Voleva scappare da quella stanza prima che lui continuasse e sentire con le proprie orecchie quelle parole, ma sapeva che non aveva scelta.

«In poche parole Sakura.. le persone invitate non vengono soltanto per una semplice visita di cortesia, ma per chiederti la mano. Per me è molto importante che tu quella sera prenda una decisione»

Lo aveva detto.. lo aveva detto davvero, eppure si sentì una stupida perché sapeva come funzionavano certe cose, era stata preparata, ma in quel momento si rese conto che non lo era affatto e forse non lo sarebbe stata mai stata.

«Deve essere per forza la sera del mio compleanno?» mormorò e solo in quel momento sentì che la sua voce stava tremando appena.

Il Re fortunatamente non se ne accorse, ma continuava a rivolgere alla figlia uno sguardo sconfortato «Le proposte sì, ma la tua risposta no, però allo stesso tempo non accetto che tu non scelga nessuno. Me lo potrai dire il giorno dopo, così che tu possa dormirci sopra, ok?»

Sakura chiuse gli occhi, cercando di trattenere nel miglior modo possibile le lacrime che non riuscivano più a resistere nell’uscire «Io.. io ora devo andare a letto, sono stanca» balbettò, dando le spalle all’uomo e raggiungendo con passi svelti la porta chiusa.

«Sakura io lo faccio solo per te, credimi. Voglio solo che tu sia felice e al sicuro»

“Ma io non sono felice!” avrebbe voluto urlare, invece come ogni volta lo fece nella sua testa, accumulando tutto il dolore in quel suo piccolo e sofferente cuore che stava iniziando pericolosamente a incrinarsi.

Si voltò leggermente verso di lui, accennando il suo solito sorriso gentile «Lo so. Buonanotte»

Una lacrima sporcò il suo viso e scappò fuori, sotto lo sguardo dispiaciuto del Re.

Corse a perdifiato, fino a raggiungere la camera e una volta chiusa di stese sul letto, nascondendo il viso sul cuscino, permettendo così a quelle gocce salate di venire assorbite dalla federa rossa.

Non era la prima volta che dava sfogo alle sue emozioni la sera prima di andare a dormire, però dovette ammettere che quel momento le aveva ricordato il giorno in cui Naruto e Sasuke se ne erano andati, lasciandola per sempre sola. Quel giorno aveva vagito fino a prosciugare tutte le lacrime e provare un forte dolore alla gola per colpa dei continui singhiozzi.

In quel momento non si sentiva così diversa rispetto a otto anni prima.

Per colpa di tutte quelle giornate di solitudine si era ritrovata spesso a rimuginare il loro ricordo, così come tutti i momenti passati insieme a giocare e divertirsi, domandosi se anche loro pensassero a lei oppure se l’avevano dimenticata.

Forse Naruto no – la sua collana la teneva costantemente legata al collo, nascondendola sempre sotto la piccola scollatura, dato che la catenina era molto lunga -, mentre Sasuke.. forse Sasuke la odiava e non poteva biasimarlo.

Quel giorno non l’aveva salutato e guardato in viso, mentre lui si era rivolto a lei con quella voce così abbattuta, sicuramente ancora frastornato per la recente perdita dei suoi genitori. Per diversi mesi aveva provato a parlare con suo padre per cercare di convincerlo a indagare più a fondo su quello che era accaduto la Notte della Strage, ma non ne aveva alcuna intenzione, troppo impaurito di ricevere qualche altra conseguenza.

Più di una volta si era chiesta perché non fossero tornati, ma subito dopo si pentiva e cercava di non pensarci perché la sua mente cominciava a riempierla di tante, tantissime risposte che la facevano sempre di più intristire: erano arrabbiati o delusi perché da parte del Re non avevano ricevuto la giustizia che meritavano, o perché erano divenuti dei forti e impavidi Ninja che davano più importanza al loro ruolo, ritenendo il periodo passato insieme inutile e stupido, oppure perché durante una missione erano..

No, non voleva minimante pensarci.

Si mise seduta, asciugandosi con le dita il viso umido e arrossato; in quel momento era suo dovere pensare ad altro. Lei, che lo volesse o meno, era una principessa e doveva seguire le sue mansioni, ovvero scegliere il suo futuro marito la sera del suo ventunesimo compleanno, diventando finalmente maggiorenne.

In un attimo si bloccò. Maggiorenne..

Sapeva perfettamente cosa significasse raggiungere la maggiore età: ogni persona acquisiva in linea di principio la possibilità di agire,  così come la propria autonomia. Se le cose stavano così allora..

Da quella notte sarebbe stata svincolata, giusto? Suo padre non avrebbe avuto più potere su di lei, o almeno non del tutto.

Perché non ci aveva pensato prima?

«Potrei provare a chiederglielo» sussurrò tra se e se, diventando sempre più sicura.

Sì, aveva deciso!

Alla fine della festa avrebbe detto a suo padre la sua indispensabile scelta, ma in cambio voleva di nuovo essere libera, uscire dal palazzo e non solo in giardino, ma per tutta la sua terra e di subito dopo anche le altre. Suo padre non poteva opporsi, ne era sicura!

Si strinse fiduciosa il cuscino al petto, trattenendo la felicità appena conseguita; non vedeva l’ora che arrivasse quel giorno perché il desiderio di uscire dopo dieci lunghi anni da quella gabbia era talmente grande che l’idea di dover scegliere un uomo che non amava non era più considerato un problema.

E poi chissà, una volta uscita e iniziato a vagare per le terre poteva dedicarsi anche alla ricerca di Naruto e Sasuke.. sperando che loro si ricordassero di lei.

Sicura di se stessa si legò i capelli in una lunga treccia, mettendosi sotto le coperte, ma poco prima di addormentarsi si immaginò un ragazzino quindicenne che le offriva la mano sorridente, chiedendole di fidarsi di lui, per donarle finalmente - anche se per poco - un momento di libertà dopo tanto tempo.

“Spero di rivederti presto”



**



«Avete fatto come vi ho chiesto?»

Il ragazzo, più avanti rispetto agli altri alzò la testa, restando comunque inchinato «Si. Gaara e i suoi fratelli non si sono accorti di nulla. Il piano sta filando liscio come stabilito»

L’uomo seduto sorrise «Molto bene»  con un movimento lento si inumidì le labbra con la lingua, mentre il suo pupillo posto in piedi vicino a lui ghignò.

«Finalmente il giorno tanto atteso sta per compiersi»



**



__________

Naruto, Sasuke,

per una serie di eventi non possiamo tornare a Suna. Le ricerche e le risposte in parte trovate durante il nostro lungo itinerario ci impediscono di uscire allo scoperto, ma soprattutto di avere contatti con persone innocenti, tra cui voi.

Non dovete angustiarvi della nostra salute, ma sappiate che non era nostra intenzione escludervi da questa astrusa iniziativa perché meno siamo e meno il nemico comprenderà i nostri movimenti.

Sono anni ormai che il nostro interesse è solamente dedicato a questi individui imprudenti e finalmente gli ultimi mesi ci hanno portato a ottenere importanti scoperte che, sfortunatamente, ci hanno condotto ad un resoconto spiacevole, obbligandoci a richiedere il vostro aiuto, dato che noi non ci possiamo permettere di prendere iniziativa: dovete recarvi al Paese del Fuoco, per presentarvi come Ninja speciali mandati al controllo della sicurezza del Re durante il compleanno della principessa Sakura.

Possiamo immaginare il vostro disappunto, ma dovete sapere che forse gli uomini a cui stiamo dando la caccia, in un tempo che oramai sta divenendo sempre più oblungo, vogliono presto attaccare il nostro paese natio. Non abbiamo conferma di tale pericolo, per questo motivo non abbiamo fatto massima a Re Gaara, ma almeno possiamo mantenere in pace i nostri animi sapendo che ci sarete voi per qualsiasi cosa, sperando comunque che non accada nulla e che tutti restino al sicuro, dimostrando che ci siamo sbagliati.

Vi chiediamo di non cercarci per nessuna ragione e di bruciare la lettera quando avrete assimilato al meglio queste nostre parole. Esigiamo inoltre che nessuno sappia o scopra di questa vicenda.

Post Scriptum: Non dovete far riconoscere la vostra identità per tutta la durata della missione, neanche con gli altri Ninja scelti.
Siate sempre prudenti.

Kakashi e Itachi
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Dopo aver letto e riletto quelle parole fatte di inchiostro Sasuke aveva bruciato come richiesto la lettera. Naruto aveva spiegato che era arrivata quella mattina stessa legata alla zampa di un corvo, sicuramente inviato da Itachi.

Da una parte Sasuke si sentiva appagato, visto che finalmente, dopo mesi e mesi di silenzi suo fratello si era fatto sentire, richiedendo per lo più il suo aiuto, ma dall’altra deluso. Non aveva idea di cosa stessero combinando lui e Kakashi e la voglia matta di partire alla loro ricerca, andando contro le loro richieste era forte; sicuramente anche Naruto la pensava come lui.

Chi stavano cercando? Cosa avevano scoperto? Ma soprattutto, perché tenere tutti all’oscuro se una minaccia incombeva forse tutte le terre?

Più domande si poneva e più accumulava solo confusione, però conosceva Itachi; lui era sempre stato un fratello maggiore molto protettivo nei suoi confronti e aveva sempre agito con saggezza e furtività, così come il Ninja Copia, perciò non avevano ragione di preoccuparsi ulteriormente, ma la voglia di conoscere più a fondo la situazione era tanta.

Dopo quattro giorni esatti, Itachi e Kakashi avevano inviato un altro corvo, che aveva consegnato loro due lettere – forse falsificate -  della richiesta come Ninja a discapito della protezione del Re durante la festa di compleanno della principessa, con tanto anche di sigillo e firma di Re Gaara.

Il giorno dopo si erano recati al luogo di incontro con gli altri Anbu, esattamente fuori dalle mura di Suna. Avevano indossato la loro divisa, che rispetto ai tempi in cui Fugaku era ancora vivo, erano cambiate notevolmente.

Il mantello scuro non c’era più, dando così più libertà di movimento ai giovani Ninja. Indossavano tutti dello stesso colore dei pantaloni scuri leggermente aderenti e una canottiera nera che teneva nude le braccia e le spalle e sopra di essa veniva infilata un’armatura leggera, ma ben compatta di un bianco quasi consumato, vicino al grigio. Infine, scelta presa anni prima dal Re defunto, tutti i membri indossavano per la loro incolumità una maschera bianca con fattezze solitamente animale. Lui aveva scelto quella del gatto, Naruto invece la volpe.

Naruto, per dare un tocco in più al suo aspetto si teneva legato al collo una sciarpa lunga e rossa, che a quanto pare non gli dava per niente fastidio durante un conflitto, con i bordi leggermente consumati, mentre le braccia erano coperte da delle gomitiere nere.

Anche Sasuke aveva rivestito gli arti superiori, comprese anche le mani e le caviglie da diverse bende che oramai erano diventate tutt’uno con lui, mentre la sua fedele katana se ne stava al sicuro dentro il suo fodero posto dietro la schiena.

Dato che nella lettera Kakashi e Itachi avevano sottolineato che era importante mantenere nascosta la loro identità si erano anche coperti con un fazzoletto opaco il marchio, dato che le spalle e i bicipiti erano una delle poche parti del corpo esposte.

Una volta giunti i due ragazzi si accorsero che anche gli altri Ninja – che insieme a loro erano circa una ventina – indossavano le loro rispettive maschere bianche.

Mancano ancora due ore al sorgere del sole e il gruppo era partito già da diverso tempo, correndo lungo la valle desolata del Paese del Vento, ricca solo di polvere e sabbia. Per raggiungere da Suna la città di Konoha ci volevano almeno quattro giorni di cammino, ma dato che loro avrebbero per tutto il tempo corso partirono solo due giorni prima, così da arrivare a destinazione a fine mattinata il giorno della festa.

«Ehi teme..»

Sasuke, seduto ai piedi di una roccia, era rimasto a contemplare il paesaggio arido. Il gruppo si era fermato al crepuscolo per trovare un riparo e accendere un grande falò, dato che durante la notte nel deserto la temperatura si abbassava di notevoli gradi.

Naruto lo aveva raggiunto con due piatti caldi simili a poltiglia, sedendosi di fianco a lui. 

«Non ti sembrano un po’ strani questi tipi?» sussurrò appena, porgendoli quella che gli toccava essere la loro cena.

Sasuke studiò da dietro la maschera i Ninja che mangiavano o parlavano tranquilli tra di loro, mentre altri si scaldavano davanti al fuoco.

«Non so perché ma.. mi sento nervoso. Non riesco neppure a riconoscere nessuno» borbottò, spostando leggermente la maschera per iniziare a mangiare. Una leggera espressione di disgusto ornò le sue labbra, ma non aggiunse altro.

Al moro doleva ammetterlo, ma non poteva che confermare le parole dell’amico; aveva percepito quella strana sensazione dal momento in cui erano partiti. Anche se indossavano le maschere, molti di loro riuscivano comunque a riconoscersi, ma quei tipi invece sembravano spuntati improvvisamente da un momento all’altro.

Mescolò pensieroso la brodaglia, iniziando poi a mangiarla «Le maschere servono a questo dobe»

Naruto sbuffò, lasciando la ciotola ancora mezza piena su una roccia «Sai cosa intendo»

Sasuke non rispose, anche se aveva capito perfettamente cosa alludeva il biondo.

Che Kakashi e Itachi avessero ragione? Una voce dentro di lui gli diceva di rimanere sempre in guardia, anche con i propri compagni, eppure non doveva essere così irrequieto, visto che tutti erano stati scelti appositamente dal Re di Suna. Certo, loro erano riusciti a mescolarsi solo perché suo fratello era un buon stratega e forse aveva chiesto il permesso al Re, oppure aveva usato su di lui lo Sharingan Ipnotico; non aveva idea di come fosse riuscito ad ottenere la firma di Gaara.

«Anche te stai pensando a lei?»

Sasuke sussultò appena, studiando con la coda dell’occhio la postura pensierosa di Naruto. Era sicuro che dietro la maschera i suoi occhi azzurri trasmettessero angoscia o qualcosa di simile, il tono della sua voce ne era una conferma.

«Sai.. una parte di me vorrebbe mandare al diavolo tutto, anche solo per rivederla»

Sapeva perfettamente di chi stava parlando. Il suo corpo si mosse nervoso, cercando di trovare una posizione più comoda per la sua schiena, dato che la roccia non era paragonabile alla morbidezza di un cuscino.

In tutti quegli anni aveva sempre pensato a lei, sempre, soprattutto la sera, prima di andare a dormire. Gli mancava la vista di quel rosa così strano, ma allo stesso tempo ipnotico, o ai suoi occhi simili a smeraldi. E quel sorriso..

«Credi che anche Sakura abbia pensato a noi in questi anni?»

Da quanto tempo non udiva con le proprie orecchie quel nome? Una sensazione di angoscia lo pervase, facendolo sospirare leggermente.

«Non siamo più dei bambini Naruto»

Questo scosse la testa, sicuramente divertito, ma continuando a guardare il lontano falò che illuminava le loro maschere «Smettila di fare il pezzo grosso. Anche a te manca, non puoi negarlo!»

Voleva farlo, ma non ci riusciva.

Ricordava ancora quella sera, poco prima della strage, quello che la tua testa – o cuore – lo stava spingendo a fare. La sua mente in quel momento si era come rabbuiata da tutto ciò che li circondava, lasciando solo spazio al suo istinto da quindicenne. Ancora oggi non aveva risposta del perché stava per fare quell’assurda azione, però non poteva negare che erano stati i secondi più belli e intensi della sua vita. Neanche durante una missione pericolosa era mai stato così irrequieto.

«Se anche fosse non possiamo fare nulla. Il nostro destino era già segnato, non siamo mai stati fatti per essere amici» disse con tono freddo e sicuro, obbligando il biondino a voltarsi di scatto nella sua direzione, sicuramente sconcertato «Pensaci Naruto: se noi non l’avessimo portata fuori dalle mura non sarebbe stata aggredita. Se non l’avessimo assecondata suo padre non l’avrebbe rinchiusa come un animale dentro il palazzo.. tutte le conseguenze che ha subito sono dovute solo perché non siamo mai stati al nostro posto»

Le sue erano tutte scuse, lo sapeva, ma col passare degli anni, per cercare di allievare quella sensazione di angoscia si era quasi obbligato a crederci, così che smettesse per sempre di tormentarsi.

Naruto rimase diversi secondi in silenzio, forse per contemplare quelle sue parole. Con un movimento semplice alzò le gambe, ma senza unirle al petto, mentre i gomiti si poggiarono ad essi, obbligandolo a curvare leggermente la schiena. La sua maschera tornò in direzione del falò.

«Ma se quel giorno non fossimo stati lì tu non avresti risvegliato lo Sharingan, ma soprattutto.. anche noi saremmo morti quella notte»

Aveva ragione. Aveva dannatamente ragione maledizione! Certe volte la sensibilità e l’astuzia del suo amico lo stupivano. In un attimo si comportava come un bambino capriccioso e infantile e nell’attimo dopo si trasformava in un ragazzo, ormai divenuto uomo, saggio e determinato. Se glielo avessero detto quando erano ancora bambini non ci avrebbe mai creduto.

«Non puoi pensarla davvero così, lei ci ha sempre voluti bene» continuò lui, con voce decisamente dolce e allo stesso tempo malinconica.

Sasuke chiuse gli occhi, cercando di non pensarci «Le persone cambiato Naruto e sono certo che Sakura abbia fatto lo stesso»

Il suo cuore però sperava il contrario, che tutte le sere anche lei pensasse a loro, insieme a tutte le follie che avevano fatto insieme.

Sentì Naruto ridacchiare «Lo dici solo perché quel giorno non ha avuto il coraggio di salutarti»

Le sue mani tremarono appena, dando così conferma alle sue parole. Anche lui quel giorno aveva provato una fatica immensa a dirle addio, ma aveva sperato che quel suo ‘grazie’ le fosse arrivato chiaro e conciso, che fosse riuscito a trasmetterle quello che veramente provava in un’unica e semplice parola e invece lei era scappata in lacrime, senza neanche guardarlo. Dire che ci era rimasto male era il minimo, ma non poteva di certo rimproverarla; infondo, non tutti affrontano allo stesso modo il proprio dolore.

Itachi ad esempio, dopo la Notte della Strage, era diventato semplicemente più silenzioso e protettivo, viaggiando di continuo, mentre lui più freddo e distaccato, dando solo importanza alle missioni che gli assegnavano.

«Però so che dentro di te hai sempre mantenuto per lei un piccolo spazio speciale»

Dopo attimi di silenzio Sasuke continuava a percepire solo il battito del suo cuore colpire con forza la gabbia toracica.

Gli diede le spalle, sperando di addormentarsi il prima possibile.

«Sciocchezze»

La mattina seguente, poco prima dell’alba erano ripartiti e nel pieno pomeriggio intravidero da lontano i familiari alberi che indicavano l’inizio della famosa foresta del Paese del Fuoco. Nel momento in cui iniziarono a correre ai piedi di essa Sasuke giurò di aver percepito un sospiro appagato da parte del biondo che lo affiancava, come se avesse aspettato da una vita quella piacevole sensazione.

Anche per lui era stato lo stesso, doveva ammetterlo. Correre e saltare tra le chiome verdi, mentre l’odore pungente di terra e umido colpiva le narici non era paragonabile alla sabbia che accecava gli occhi o al vento che spettinava i capelli.

Gli era mancato davvero.

In meno di due ore giunsero finalmente davanti alle familiari mura, mentre uno dei loro compagni si avvicinò al portone chiuso fatto interamente di legno e acciaio. Dopo aver mostrato alle tre guardie i loro permessi questa si aprì, dando al gruppo la possibilità di entrare.

Naruto trattenne il respiro e Sasuke cercò di non badarci.

Nel corso degli anni il cortile era rimasto lo stesso; notaro che il giardino era diventato semplicemente molto più rigoglioso, sicuramente grazie agli innumerevoli fiori colorati piantati con cura e ordine. L’erba era brillate e gli alberi ricchi di foglie; persino l’albero di ciliegio era fiorito, segno che quel giorno l’inverno era giunto alla fine, dando così spazio al primo giorno di primavera.

Si fermarono davanti alla lunga scalinata e Sasuke, con la coda dell’occhio, notò alla sua destra l’ombra di un uomo che camminava sopra le mura; a quanto pare queste erano sorvegliate da diverse sentinelle armate di arco e freccia. Sicuramente non erano Ninja, ma semplici guerrieri assunti dal Re.

Un attimo dopo un uomo iniziò a scendere le lunghe scale, raggiungendoli. Indossava la semplice divisa da servitore e i suoi capelli scuri erano pettinati all’indietro. La sua persona era seria e autoritaria.

«Il Re si scusa se non può accogliervi calorosamente di persona, perciò al suo posto ha mandato me» spiegò velocemente, parlando ad alta voce per farsi sentire «Come potete vedere il perimetro esterno è già sotto controllo, il vostro compito è quello di pattugliare l’area interna, ma senza disturbare la festa che si terrà nella sala principale del palazzo»

Naruto si guardò attorno, mentre diverse donne e uomini camminavano lungo il giardino indaffarati.

«Per quanto riguarda la suddivisione delle postazioni vi lascio il libero arbitrio. Per qualsiasi questione siete liberi di chiedere. Grazie per la vostra collaborazione»

Senza aggiungere altro riprese a salire le scale, scomparendo alla loro vista.

Tutti rimasero fermi e quando cominciato a confabulare per architettare le loro collocazioni Naruto si avvicinò a Sasuke.

«A quanto pare il Re ci tiene molto al compleanno di Sakura» gli sussurrò all’orecchio, continuando a guardare una donna che, grazie all’aiuto di una scala, attaccava un nastro colorato vicino l’entrata.

In effetti molti servitori erano occupati ad abbellire l’intero castello.

Sasuke annuì appena e prima di mettersi ad ascoltare le direttive dei loro compagni allungò l’occhio su una particolare finestra che si trovava al secondo piano sulla sinistra, sperando di intravedere anche per un solo secondo un inconfondibile riflesso rosa.



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Sakura continuava a camminare nervosa per tutta la camera.

Indossava una semplice camicia prolungata azzurra, fino a sfiorare le caviglie magre, mentre i suoi lunghi capelli si erano da poco asciugati grazie al calore del camino, dato che un’ora prima le era stato preparato un bagno caldo dove potersi lavare con cura. Le temperature non erano ancora del tutto calde e delle minacciose nuvole erano ben visibili lungo l’orizzonte, mentre il sole stava cominciando a calare, creando un magnifico gioco di colori e sfumature.

Sapeva che la maggior parte degli ospiti stavano o erano da poco già giunti a palazzo, ma lei non poteva ancora prepararsi perché suo padre l’aveva praticamente costretta ad aspettare una delle tante domestiche per farsi aiutare.

Per questo motivo Sakura, sfruttando ancora quei rimanenti minuti di solitudine, aveva deciso di confabulare con se stessa, cercando di memorizzare al meglio il piano che aveva preparato con cura per un’intera settimana.

Dopo essersi dedicata alla presentazione dei diversi pretendenti avrebbe preso da parte suo padre, dichiarando il nome dell’uomo scelt0, ma allo stesso tempo aveva intenzione di ricevere in cambio il permesso di poter uscire finalmente da quel posto che oramai era divenuto troppo stretto per lei. L’agitazione e lo stress di tutti quei pensieri però avevano preso il sopravvento, facendola agitare ancora di più.

Sperava con tutto il cuore che suo padre accettasse. Glielo doveva dato che per tredici lunghi anni non si era mai lamentata e quel giorno era persino diventata maggiorenne.

Si prese tra le dita una ciocca, cominciando ad accarezzarla con le dita, quando qualcuno bussò energicamente alla sua porta, facendola sussultare.
«Avanti» sussurrò flebilmente.

Una giovane apparì sulla soglia, sorridendo raggiante.

«Buonasera milady» disse con un inchino «Scusate per il ritardo, sono costernata»

Sakura aveva sempre odiato tutte quelle formalità, anche perché la ragazza che aveva di fronte la conosceva ormai da anni, ma alla fine non era colpa sua dato che era praticamente obbligata a farlo.

«Non c’è problema» rispose dopo qualche secondo d’incertezza.

«Grazie milady»

La giovane donna si avvicinò, mentre Sakura notò solo in quel momento che tra le mani stringeva qualcosa coperto da un telo chiaro. Questa lo aprì, rivelando l’abito che avrebbe indossato quella sera. Lo poggiò con cura sul letto e invitò la rosa a sedersi di fronte alla grande specchiera.

Per diversi minuti la domestica continuò a pettinare con cura i suoi lunghi capelli, per poi profumarli accuratamente con oli e fragranze deliziosi. Una volta raccolto il ciuffo e la maggior parte delle ciocche all’indietro, creò un’accurata crocchia composta da diverse trecce, mentre il resto dei capelli li fece scendere lungo la schiena come una dolce cascata. Abbellì il tutto con un fermacapelli arricchito di pietre preziose a forma di rosa, incastrandolo nel chignon - un piccolo dono che le aveva regalato suo padre l’anno prima.

Tinse le sue guance con un colore leggermene più roseo, così come le labbra, mentre i suoi occhioni verdi vennero risaltati da un trucco semplice e leggero, naturalmente scelto da lei, dato che odiava riempirsi la faccia con quella roba.

Infine l’aiutò ad indossare l’abito. Suo padre aveva scelto un bravo sarto per crearlo, dato che due settimane prima si era presentato per prendere le sue minute misure con un nastro.

Alla fine aveva realizzato un bellissimo kimono. Esso aveva un busto molto aderente grazie alla fascia legata in vita, creando un bel fiocco dietro la schiena. Questo era nero, il tessuto del torso e della gonna invece erano di un bellissimo color smeraldo mentre le lunghe e larghe maniche di un bianco con una sfumatura verde-acqua. Il suo petto era leggermente scoperto, permettendo di ammirare il collo da cigno e le scapole esposte.

Stando attenta a non farsi vedere aveva persino infilato la collana di Naruto dentro la tasca, dato che con quel décolleté non riusciva a nasconderla perfettamente nell’assente scollatura come faceva di solito.

Si mise i piedi, guardando la sua figura rispecchiata, mentre la ragazza dietro di lei continuava a lisciarle i capelli con la spazzola.

«Siete bellissima. Stasera nessuno riuscirà a staccarvi gli occhi di dosso» disse felice, guardando finalmente il lavoro ultimato «Ora è meglio che andiate, vi staranno aspettando»

Sakura annuì incerta e dopo aver indossato le ballerine nere uscì dalla propria camera.

Ormai era calata la notte e l’intero palazzo era completamente addobbato e illuminato da torce o candele. Per tutto il tragitto non aveva incontrato nessuno, segno che tutti si erano recati alla sala dove si sarebbe svolta la cerimonia.

Una volta giunta di fronte al portone si bloccò sul posto quando notò davanti ad essa un Ninja vestito in un’armatura che non aveva mai visto, così come la maschera inquietante che copriva il suo volto. Non aveva idea se questo la stesse osservando, però aveva notato che il suo corpo si era leggermente irrigidito poi, con momenti lenti si era messo di lato per farla passare, mentre quella buffa sciarpa rossa continuava a svolazzare.

Non appena Sakura gli passò accanto gli lanciò uno sguardo incuriosito, notando che da dietro la maschera si nascondeva una capigliatura bionda. Per un secondo la sua mente volò lontano, facendole ricordare un volto sorridente e allo stesso tempo buffo, ma quando la soglia si aprì dovette smettere di farlo.

Col cuore a mille guardò gli innumerevoli paia di occhi voltarsi nella sua direzione contemporaneamente, mentre un irritante silenzio riecheggiò la sala ben illuminata.

Doveva ammettere che suo padre e il personale avevano fatto un bel lavoro perché, oltre ai diversi fiocchi e nastri appesi, la tavola era ben arricchita di pietanze squisite, mentre la maggior parte degli ospiti se ne stava in piedi a parlare tra loro.

Ripreso il controllo di sé Sakura fece un lieve inchino, osservando tutti i presenti con aria formale «Vi ringrazio per essere venuti qui stasera» pronunciò e con suo immenso piacere constatò che la sua voce non tremava «Spero che passiate una bella serata»

Tutti i presenti sorrisero, riprendendo a parlare tra di loro, rialzando così il brusio generale.

Sakura si incamminò lungo la folla, ricambiando il sorriso che gli ospiti le lanciavano ogni volta che incontravano le sue iridi, fino a quando non raggiunse il Re, intento a parlare con altri uomini di alta borghesia.

«Padre»

Questo si voltò sorridente «Fiorellino mio sei bellissima! Il sarto ha fatto un ottimo lavoro»

Sakura arrossì grata e lui si avvicinò ancora di più a lei «È meglio che tu vada a salutare e ringraziare i nostri ospiti» aggiunse in un sussurro, facendole capire le sue vere intenzioni: conoscere e ricevere le proposte per ottenere la sua mano.

Lei annuì, regalandogli un sorriso tirato mentre lui le posò un delicato bacio sulla fronte scoperta e spaziosa «Buon compleanno»

«Grazie»

Suo padre tornò a parlare con alcuni ospiti così Sakura prese a camminare lungo il salone, ricevendo complimenti di ogni tipo, seguito da sdolcinate e orribili dichiarazioni.

«Principessa siete bellissima»

«I miei occhi sono stati ammaliati da cotanta bellezza»

«Non ho mai visto una creatura così bella. Il Re deve essere molto fiero»

«Non riesco a staccarvi gli occhi di dosso»

Le veniva da vomitare per tutta quella falsità che le elargivano. Tra tutti nessuno aveva attirato la sua attenzione, nonostante alcuni di essi avessero un aspetto abbastanza piacevole ai suoi occhi. Forse per quella serata si erano persino preparati le battute da recitare, tenendole al sicuro e scritte su un foglietto dentro la tasca per quanto erano squallide e commedianti.

Tirò un sospiro affranto, quando ad un certo punto vide qualcun altro avvicinarsi a lei.

«Sakura»

Riconoscendo la sua inconfondibile voce bassa e ferma la rosa si voltò con un sorriso, finalmente sincero «Buonasera Gaara» nello stesso istante riconobbe anche i fratelli dietro di lui «Temari, Kankuro»

La bionda abbassò leggermente il viso, per simulare un inchino mentre Kankuro ricambiò il saluto.

In tutti quegli anni anche il giovane Re non era molto cambiato, oltre alla statura e i capelli leggermente più lunghi e di conseguenza più scarmigliati.

Gaara la guardò con i suoi intensissimi occhi azzurri «Buon compleanno»

Come al solito era diretto e schietto, ma Sakura preferiva molto di più la sua onesta persona che quella falsa degli altri invitati.

«Grazie»

«Gaara noi andiamo al tavolo del buffet» enunciò Temari, trascinando con un braccio il secondo fratello, scomparendo tra la folla.

I due si ritrovarono da soli. Il rosso rimase immobile e tranquillo e questo la fece rasserenare.

«Ti stai divertendo?»

Lei lo guardò, gonfiano le guance «Non molto..»

«Neanche io»

Trattenne una risata, mentre l’espressione del ragazzo non era minimamente mutata «Mi dispiace che tu sia stato costretto a venire»

«Ogni tanto fa piacere vedere un po’ di verde» proferì lui dopo alcuni secondi, forse per elaborare la risposta giusta.

Lei annuì divertita; il suo animo finalmente si era rasserenato «Come procede a Suna?»

Lui alzò le spalle un poco, ma senza staccare i suoi occhi azzurri dal suo volto «Tutto nella norma. Stiamo continuando a mandare alcune squadre per il ritrovamento di persone misteriosamente scomparse»

La rosa aggrottò le sopracciglia, sorpresa «Non ne sapevo niente»

Gli occhi di Gaara esitarono un attimo, così come le sue labbra prima di parlare «A quanto pare tuo padre ha preferito essere discreto nei tuoi riguardi»

Non sapeva perché, ma apprezzava il fatto che Gaara fosse sempre così delicato, ma allo stesso tempo schietto. Fin da ragazzini si era mostrato un ragazzino molto particolare, soprattutto quando si trattava di istaurare un discorso con l’altra persona; solo Temari e Kankuro sembravano abituati ai suoi modi, ma col tempo si era ritrovata a farlo pure lei e forse fu proprio questo che spinse i tre fratelli a instaurare con la sua persona una sorta di amicizia, sebbene l’inizio burrascoso quando si erano conosciuti da piccoli.

«Ho saputo anche che molti uomini sfrutteranno questa serata per chiederti la mano»

Sakura si risvegliò dai suoi pensieri, tornando a guardarlo.

«Già..» tirò un sospiro affranto, mentre il suo istinto fu quello di prendersi una ciocca per rigirarsela tra le dita, ma si trattenne.

«Non mi sembri molto entusiasta»

A quel ragazzo non sfuggiva proprio niente; era sempre stato un bravo osservatore e lei una pessima attrice.

«Infatti non lo sono, ma stiamo comunque parlando della mia terra ed è mio dovere prendermi cura di lei. Sarebbe indecoroso ribellarsi per motivazioni così puerili» decise di essere sincera, almeno con lui. Sapeva che anche Gaara non digeriva bene certe formalità quindi aveva preferito condividere i suoi pensieri con qualcuno che la pensasse al suo stesso modo perché, forse, le avrebbe fatto bene sfogarsi un poco.

«Sei una brava persona Sakura» pronunciò lui con tono fermo e sincero «E credo che saresti una Regina perfetta»

Sakura sentì le sue braccia riempirsi di pelle d’oca, mentre lui continuò «Quindi se vuoi, puoi anche aggiungere me nella lista dei pretendenti»

Questo, di certo, non se l’aspettava, per niente!

Sicuramente suo padre avrebbe fatto i salti di gioia, mentre lei provava solo vergogna e confusione, ed era più che sicura che tutto quello si poteva benissimo percepire dal suo volto arrossito.

Gaara si schiarì la voce, grattandosi lievemente la guancia «So che non è la dichiarazione perfetta, ma non voglio che tu fraintenda. Tu sei una principessa che deve trovare presto marito e io un Re che è salito sul trono troppo presto ed è mio dovere cominciare a guardarmi attorno per trovare la futura e giusta Regina di Suna»

Lei rimase in silenzio, notando allo stesso tempo il rosso parlare con una certa difficoltà.

«Noi non ci amiamo, lo so bene, ma io e i miei fratelli ti rispettiamo e in questi anni ho visto in te una buona amica perciò, se sceglierai me, prometto che ti onorerò sia come amico che come marito, altrimenti.. spero di trovare un’altra donna che rispecchia appieno le tue qualità»

La gola le era diventata improvvisamente secca. Aveva ascoltato con la dovuta attenzione tutte le parole che erano uscite dalla sua bocca, percependo solo pura sincerità. Non c’era niente che trovava sbagliato, perché Gaara aveva ragione, su tutto, e il rispetto e la sensibilità che aveva usato su di lei la fecero quasi commuovere.

Gli sorrise nel modo più dolce e gentile possibile, portandosi una mano chiusa sul petto «Grazie Gaara»

Lui abbassò lievemente il capo come risposta, quando tra la folla comparve una terza persona.

«Maestà» questo si inchinò, mentre Gaara si voltò nella sua direzione «Temari e Kankuro hanno richiesto la sua presenza»

Lui annuì e dopo aver guardato con occhi intensi la figura della rosa le diede spalle, salutandola «Ci vediamo dopo Sakura»

Lei rimase immobile, mentre lo osservava allontanarsi e raggiungere i suoi fratelli. Intanto, il giovane che era appena sopraggiunto si avvicinò a lei, studiandola con attenzione.

«È da tanto che non ci si vede»

Sakura trattenne un brivido, cercando di non dar peso a Sasori.

Quando Gaara era divenuto Re la consigliera di suo padre, la vecchia Chiyo, si era ritirata, cedendo così quel ruolo a Temari, mentre loro cugino Sasori era rimasto a lavorare per la corte. In quegli anni lo aveva incrociato ogni volta che Gaara veniva trovarla, ma a differenza della prima volta che lo conobbe non ebbe mai – per fortuna - un incontro ravvicinato e spiacevole con lui. Però percepiva sempre i suoi occhietti studiarla, come se la volessero mangiare, o le sue mani tremare, per poterla toccare. Tutto in lui le incuteva spiacevoli sensazioni, proprio come in quel momento.

«Non mi saluti più?» la canzonò lui, avvicinando di un passo e scrutando il suo corpo coperto dal pregiato kimono «Devo ammettere che questi anni ti hanno reso davvero splendida agli occhi degli uomini, persino ai miei» sussurrò, avvicinando pericolosamente le sue labbra all’orecchio.

Sakura cercò di far finta di niente, mentre il fiato caldo di Sasori continuava a colpire il suo collo scoperto «La ringrazio»

Se fossero stati da soli non ci avrebbe pensato un attimo ad andarsene, lasciandolo lì su due piedi, ma in quel momento non poteva permetterselo e lui lo sapeva bene e voleva sfruttare al meglio quell’occasione.

Lo sentì ridere appena e allontanarsi un poco per incrociare i suoi occhi spauriti «Curioso che tu usi il ‘lei’ con me e non col Re in persona»

Vide che la sua mano si allungò dietro di lei, prendendole una ciocca rosa per rigirarsela tra le dita con disinvoltura. Il suo corpo aveva cominciato a tremare leggermente; pensare che quei palmi sfiorassero i suoi capelli le facevano provocare un senso di inquietudine.

«Le consiglio di allontanarsi» disse nel modo più fermo e severo possibile, lanciandogli uno sguardo di sfida che a lui sembrava solo far divertire.

Si portò i filamenti rosa sulle labbra, iniziando ad annusarli con disinvoltura «È proprio questo quello che mi attira di te» sussurrò, ghignando appena «All’apparenza sembri un delicato fiore, ma dentro sei piena di spine pronte a pungere chiunque provino a trapparti.. forse il nome Sakura non ti si addice così tanto»

Sasori lasciò andare finalmente i suoi capelli, allontanandosi di tre passi. Sakura riprese finalmente a respirare regolarmente, sperando che il disagio provato non si notasse. Quella situazione l’aveva spossata tutto d’un colpo.

«Buon proseguimento di serata principessa» sogghignò lui, lasciandola finalmente in pace.

Improvvisamente Sakura sentì l’aria mancarle e la testa scoppiare. Sembrava che la stanza si fosse improvvisamente ristretta, senza neanche darle il tempo di godersi la poca brezza rimasta.

Senza degnare nessuno con lo sguardo raggiunse l’uscita posteriore, che portava ad una pedana di legno coperta da un tettuccio, mentre tre scalini conducevano ad una parte del giardino, sotto gli occhi divertiti di Sasori.

Sakura scostò la tenda e uscì, respirando a piedi polmoni l’aria fresca e pungente di quella sera. Il lieve sudore sulla fronte si ghiacciò all’istante, facendola leggermente rabbrividire, ma non aveva freddo, mentre i suoi occhi scrutarono il cielo notturno che pian piano veniva coperto da dei nuvoloni minacciosi e carichi di pioggia.

La serata non stava andando come aveva programmato; certo, era partita con l’idea che ci sarebbero state molte persone a riempirla di lodi e ammirazioni e a lei toccava pure dargli spago, però.. era troppo. Suo padre sembrava dare più importanza a quella stupidissima scelta, mentre tutti gli uomini erano risultati solo dei farfalloni incapaci. Per fortuna Gaara si era dimostrato diverso, facendole lievemente migliorare il suo umore abbattuto, ma un attimo dopo Sasori aveva rovinato tutto.

«Dannazione»

Con un gesto di stizza diede un calcio alla colonna di legno che sosteneva il tettuccio – rischiando di farsi persino male – cercando di sfogarsi in un qualche modo, quando un movimento improvviso alla sua destra la fece sussultare e voltare contemporaneamente.

Appoggiato al muro, non troppo distante da dove era entrata, si trovava un Ninja che le mostrava il profilo con le braccia incrociate, che per tutto il tempo era rimasto in silenzio ad osservarla, o almeno credeva dato che con quella maschera indosso non poteva confermarlo.

«S-scusa.. non pensavo che ci fosse qualcuno» sussurrò imbarazzata, stringendosi le spalle.

Toccò anche lei il muro bianco con la schiena e guardò davanti a lei il giardino abbellito da due alberi e cespugli, mentre un vento leggero smuoveva le loro foglie verdi.

Scorse con la coda dell’occhio il Ninja non troppo distante da lei, costatando che il suo abbigliamento era praticamente simile a quello che aveva incontrato prima di entrare, però lui era privo di sciarpa e le braccia e le caviglie erano ricoperte da alcune garze bianche.

«È la prima volta che presti servizio alla corte?» domandò lei curiosa, provando a fare un po’ di conversazione.

Questo non si mosse di un millimetro, continuando a guardare davanti a sé. Sakura si morse incerta il labbro, riprovando con tono ancora più amichevole.

«Guarda che sei libero di parlare, hai il mio permesso»

Ancora una volta rimase in silenzio e a Sakura scappò un sorriso, mentre poggiava anche la testa sul muro, attenta a non sciupare la sua capigliatura  «Non sei un tipo molto socievole, eh?» scherzò e finalmente vide leggermente le sue braccia muoversi in una movenza lieve.

Lo guardò con attenzione. Per colpa del buio e la maschera non vedeva bene, ma poteva giurare che il Ninja avesse i capelli scuri e leggermente lunghi. Era abbastanza alto e slanciato e i muscoli delle braccia erano ben sviluppati, così come le gambe, coperte da un paio di pantaloni neri.

Le sue iridi improvvisamente caddero su un fazzoletto scuro legato attorno all’avambraccio, peccato che questo si fosse leggermente allentato e fu in quel momento che vide spuntare da sotto di esso qualcosa.

Sembrava una specie di tatuaggio e non appena formulò quel pensiero solo una cosa le venne in mente: il marchio.

Quel Ninja aveva il marchio tatuato che si facevano i guerrieri della sua terra quando divenivano ufficialmente Anbu, però non era possibile.. oltre ai suoi amici in pochi erano sopravvissuti e il giovane di fianco a lei sembrava sicuramente un suo coetaneo.

Assottigliò gli occhi, sperando di non essere colta in flagrante. Non riusciva a vederlo del tutto, spuntava solo la linea esterna, però quel ricciolo imperfetto le ricordava qualcosa e poi.. si trovava sul braccio sinistro.

Contemplò per diversi secondi quelle piccolissime informazioni che con facilità aveva immagazzinato e senza rendersene conto sorrise di gioia, cercando di trattenere la contentezza che in quel momento riempì il suo intero animo. Forse era sbagliato arrivare a conclusioni così affrettate, ma a quanto pare il suo cervello era stato totalmente accecato dall’adrenalina ancora prima che se ne rendesse conto.

Ricordava perfettamente il giorno in cui studiò quel semplice ormone che spinge il corpo umano ad aumentare la frequenza cardiaca, restringere il calibro dei vasi sanguigni, dilatare le vie aeree bronchiali ed esaltare la prestazione fisica; in sostanza, portava a migliorare la reattività dell'organismo e in quel momento lei lo stava perfettamente subendo alla lettera.

Con profondi e lunghi respiri silenziosi tentò di placarsi, alzando gli occhi verso il cielo, scrutando senza interesse la luna che stava pia piano per essere ricoperta dalle nuvole.

«Sai.. una volta ero amica di due ragazzi e il loro unico sogno era quello di diventare quello che sei tu ora» iniziò tranquilla, senza muoversi «Ma per una serie di motivi ci hanno allontanato, però non ho mai smesso di pensare a loro»

Lo sentì muoversi appena, ma decise comunque di continuare «Ogni giorno spero tanto di rivederli, soprattutto per ringraziali e scusarmi»

Sapeva che la sua voce aveva iniziato a traballare, ma non le importava. In quel momento voleva solo sfruttare al massimo quella possibilità che il fato le aveva donato.

«Il giorno in cui dovevamo dirci addio non sono riuscita a farlo a dovere con uno di loro e forse lui ora mi odia e penso anche di meritarmelo, ma spero comunque di avere la possibilità un giorno di dirgli che mi dispiace»

Restò almeno dieci secondi in attesa, mentre il rumore del vento era divenuto più forte. Si staccò decisa dal muro, girandosi completamente verso di lui, mentre i suoi occhi erano divenuti umidi.

«Quindi, per favore Sasuke, puoi toglierti quella maschera? Così posso dirtelo in faccia..» proferì con un dolce sorriso, così come la lacrima che scappò al suo controllo.

Il Ninja sussultò, facendola leggermente ridacchiare.

«Guarda che ti ho riconosciuto. Il tuo marchio è inconfondibile» spiegò sbrigativa, indicando col capo l’avambraccio su cui si trovava legato il fazzoletto che lo aveva tradito.

Questo si toccò il punto interessato e con movimenti incerti si portò la mano sulla maschera, alzandola leggermente verso l’altro, ma senza toglierla del tutto. Un mare di nero incontrò il suo verde, facendole scoppiare il cuore in tanti battiti forti e dolenti che le fecero quasi venire un attacco di tachicardia, mentre quella sensazione inconfondibile allo stomaco era ritornata dopo tanti anni.

«Ciao» sussurrò lei, senza sciogliere il sorriso «Sei tornato..»

Dal suo viso non traspariva nulla, o ameno sembrava, lui era sempre stato molto bravo a nascondere le sue emozioni. Il suo volto da ragazzino era stato sostituito da uno molto più maturo e spigoloso, anche se i suoi occhi erano sempre rimasti gli stessi.

«Solo per stasera» mormorò lui.

Anche la sua voce era leggermente cambiata.

Sakura mosse irrazionalmente le gambe verso di lui, fino a fermarsi ad una distanza abbastanza ravvicinata. Non riuscì a trattenersi e con uno slancio allacciò le sue braccia esili attorno la sua vita stretta, ma solita, mentre i suoi muscoli si indurirono all’istante.

«Mi sei mancato tanto Sas’ke»

Sasuke non si mosse di un centimetro, anche se il suo istinto gli suggeriva di posare le mani fasciate sulla sua schiena, per percepire meglio quel corpicino che gli stava donando calore, ma non riusciva a muoversi.

Non avevano idea di quanto tempo fossero rimasti in quella posizione, ma non gli importava perché sapevano che non sarebbe mai bastato un semplice abbraccio per recuperare tutti quegli anni che li avevano slegati.

Sakura si staccò lentamente e imbarazzata, mentre una sensazione di gelo le fece rabbrividire le braccia.

«C’è.. c’è anche Naruto?» domandò timida, guardandosi le punte delle sue ballerine che spuntavano da sotto la gonna del vestito.

Lui annuì, senza staccare un attimo i suoi occhi dalla sua figura «Controlla la porta principale»

Istintivamente sorrise, dandosi da sola la conferma che il ragazzo che aveva incrociato prima di entrare era veramente il suo amico Naruto Uzumaki. Finalmente dopo otto anni erano tornati e li aveva rivisti.

Sasuke invece pensava ancora di sognare; tutto quello era accaduto troppo in fretta e non aveva avuto modo neanche di prepararsi. La continuò ad osservare dalla sua altezza e in quel momento solo una cosa le venne in mente di dire..

«Buon compleanno Sakura»

La rosa alzò il volto di scatto. Udire il suo nome da quelle labbra dopo tanto tempo le aveva riempito ancora di più l’animo di gaiezza, facendole ampliare il sorriso, talmente tanto che i suoi muscoli facciali stavano cominciando a chiederle pietà.

Improvvisamente un boato di risate riecheggiò lievemente l’aria notturna che li circondava, facendo ricordare a Sakura che dentro si stava ancora svolgendo la festa dedicata a lei. Guardò abbattuta l’ingresso coperto con la tenda e poi Sasuke, che non aveva smesso un attimo di fissarla.

«Ci rivedremo?» domandò speranzosa, sorridendo appena.

Voleva rivederlo alla fine della festa, voleva rivederlo il giorno dopo, poi quello dopo, e quello dopo ancora, come quando erano bambini.

Sasuke però chiuse gli occhi ispirando col naso e dopo avergli riaperti, parlò con voce dannatamente seria «Il mio posto ormai è a Suna»

Attimi di silenzio erano scesi su di loro, mentre qualcosa dentro di lei si era inevitabilmente rotta, come se quelle parole fossero state in realtà una lunga e affilata lama che le aveva perforato il petto senza pietà. Non aveva idea di quale espressione avesse ornato il suo viso, fatto stava che quello di Sasuke era invece rimasto medesimo, come se quello che aveva appena affermato non fosse così importante.. che se lei non fosse così importante.

Si era ritrovata con gli occhi lucidi senza nemmeno rendersene conto, mentre il suo cervello urlava solo cattiverie veritiere.

Ti odia! Non vuole più vederti! Non siete più amici! Non gli interessi più!

Faceva male, faceva dannatamente male.

«Capisco» infine fu l’unica parola che fuoriuscì con difficoltà dalle sue labbra bianche e raggrinzite dal freddo. Eliminò con velocità la lacrima che macchiò il suo viso e come aveva fatto fino a quel momento con gli ospiti, gli regalò un sorriso finto e tirato.

«Se stasera mio padre accetterà la mia proposta allora verrò a trovarti» disse soltanto, raggiungendo con passi lenti la tenda, scostandola, ma prima di rientrare lo guardò un’ultima volta, rendendosi conto che questa volta era lui che non aveva il coraggio di guardarla.

«È stato bello rivederti Sas’ke»

Rientrò dentro e per colpa delle risate degli ospiti non riuscì ad udire la sua risposta diroccata.

«Anche per me..»

Sakura raggiunse la parte opposta della sala, cercando di darsi una controllata con lunghi e lenti respiri. I suoi occhi erano ancora lucidi e non le permettevano di vedere bene attorno a lei le persone che non sembravano neanche accorgersi del suo stato d’animo.

Con impedimento evitò di usare la manica del vestito per non sporcarla dal trucco e dopo aver ripreso il controllo di sé alzò il viso.

Il petto le faceva ancora male, così come lo stomaco che le si era chiuso con violenza, nonostante non avesse ancora mangiato qualcosa. Ormai cominciava ad essere tardi e notava che alcuni ospiti stavano iniziando a congedarsi.

Non vedeva l’ora di correre in camera, togliersi quel vestito e mettersi sotto le coperte per piangere tutte le lacrime che minacciavano ancora di uscirle ogni volta che pensava all’amico appena ritrovato, ma che un attimo dopo aveva perso di nuovo, senza che le potesse fare qualcosa per impedirlo.

Girò un attimo il viso e notò immediatamente il Re vicino al tavolo del banchetto e in quel momento si ricordò della proposta che voleva fargli; forse con lui sarebbe andata meglio, i questo modo il suo animo si sarebbe almeno calmato un poco.

Sospirò, pensando che alla fine non aveva trovato il pretendente giusto, o forse sì, ma non se la sentiva. Gaara si era dimostrata una brava persona, seria e rispettosa nei suoi confronti e rispetto a tutti gli altri vinceva a mani basse però.. lei non lo amava.

Amare. Era una parola così complessa, così difficile da comprendere.

Senza rendersene conto i suoi occhi tornarono alla porta esterna coperta dalla tenda, pensando a Sasuke. Scosse la testa, che centrava lui ora? Doveva pensare ad altro..

Ispirò col naso per darsi coraggio e dopo aver contato fino a tre fece un passo e successivamente un altro, fino a raggiungere - anche troppo velocemente - la figura di suo padre.

«Papà»

Questo, che stava ridendo divertito ad una battuta, si voltò verso di lei «Sakura, dov’eri finita?» domandò sereno, mentre lei si torturò le dita lunghe e affusolate.

«Potrei parlarti un attimo?.. in privato?» sussurrò.

Nawaki sbatté diverse volte gli occhi sorpreso, ma acconsentì, congedando gli uomini con cui stava parlando. Raggiunsero una parte leggermente più isolata, così che Sakura potesse parlare con più tranquillità.

«Cosa devi dirmi?» domandò lui radioso.

Sakura non riusciva a smettere di stuzzicarsi le mani «Senti papà io ci ho pensato tanto e..» la paura e l’agitazione le avevano bloccato la gola, che cercò di inumidire ingoiando un po’ di saliva «.. e vorrei che tu accettassi una mia ambizione»

«Certo fiore mio, tutto quello che vuoi»

Sakura respirò, era giunto il momento.

«Come hai detto tu.. o-oggi sono, ecco.. sono finalmente diventata una donna adulta e credo che.. sia pronta.. sia pronta a conoscere meglio l’esterno»

Aveva una voglia matta di schiaffeggiarsi la faccia e successivamente strapparsi i capelli. Aveva provato e riprovato quel discorso per un’intera settimana e ora tutto quello che si era preparata era sparito in un lampo. Forse avrebbe dovuto scriversi tutto su un biglietto come avevano sicuramente fatto i suoi pretendenti..

Il Re infatti continuava a guardarla confuso «Non capisco Sakura, cosa vuoi..»

«Voglio il permesso di uscire fuori papà!» sputò infine, tutto d’un fiato «E non parlo solo del giardino..» aggiunse in un mormorio, tenendo gli occhi bassi.

Ce l’aveva fatta, finalmente dopo tredici lunghi anni lo aveva detto.

Alzò leggermente gli occhi e quando incrociò quelli duri del Re tutta la sicurezza che aveva accatastato in quel momento si disintegrò come polvere.

«Non posso permettertelo Sakura» anche la sua voce non prometteva nulla di buono, ma lei voleva comunque tentare.

«Perché? Fino ad oggi ho sempre accettato tutto quello che volevi, ma adesso sono adulta e..»

«I pericoli ci sono comunque»

Tentennò un attimo. Lei lo sapeva bene cosa c’era là fuori, non era più una bambina, ma lui sembrava che non l’avesse ancora capito. Alzò completamente in viso, mentre il suo sguardo divenne più serio, così come la sua voce.

«E pensi che tenermi chiusa qui possa solo farmi bene?»

Il Re di certo non si aspettava una reazione simile, infatti rimase in silenzio, boccheggiando e Sakura se ne approfittò «Io sono stanca papà.. non voglio più restare rinchiusa qui»

Nawaki si portò stanco la mano sugli occhi, massaggiandoseli.

Quando lì riaprì Sakura giurò di non averli mai visti così gravi «Questa è l’ultima volta che te lo ripeto: la mia risposta è no» disse autoritario «E ora non ne voglio più parlare»

La rosa rimase con la bocca leggermente aperta, finché suo padre, senza aggiungere altro le diede le spalle, ritornando tra gli invitati.

Sakura lo ricorse iniziando a urlare, incurante di attirare l’attenzione tutti «Papà! Papà ti prego aspetta, io..»

Ma nel momento in cui sfiorò la sua mano questo la allontanò con uno strattone, rivolgendole l’espressione più cattiva e contrariata che Sakura avesse mai visto, facendola sussultare.

«Basta Sakura! Resterai chiusa dentro questo palazzo per tutta la vita, che tu lo voglia o no!»

La mano della ragazza, che era rimasta alzata, l’abbassò lentamente, sentendo i suoi occhi bagnarsi all’istante. La sala venne immediatamente riempita dai brusii della gente, facendo vergognare ancora di più la giovane per aver dato quello spettacolo così umiliante.

Senza dire niente corse verso la porta principale e uscì, mentre un singhiozzo sfuggì al suo controllo, sotto gli occhi furenti, ma allo stesso tempo dispiaciuti del Re.

Non raggiunse la sua camera, voleva stasarsene in un luogo dove si sentiva più sicura, dove si sentiva se stessa, per questo motivo si ritrovò nella biblioteca del terzo piano. Prese la scala e salì sullo scaffale più altro, nascondendosi in unangolo, abbracciandosi le gambe al petto e scaricando tutta la tristezza e la delusione che quella serata le aveva portato.

Non solo era costretta a rimanere lì per sempre, ma doveva persino in un futuro prossimo sposarsi con un uomo che non amava, solo per affari, solo per compiacere il desiderio di suo padre e l’unica persona che poteva aiutarla o starle vicino l’aveva abbandonata quella sera stessa, subito dopo averla ritrovata.

Di certo non si era immaginata così il suo ventunesimo compleanno.

E ancora una volta, senza che lei potesse ostacolare il suo destino, era rimasta sola, questa volta per davvero.



**



Una figura in nero raggiunse con un balzo una zona del giardino completamente privo di luce «Nella sua camera non c’era» proferì, osservando la figura nascosta dall’ombra dell’albero.

«Non fa niente.. procediamo col piano»









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