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Autore: RosaRossa_99_    29/09/2019    2 recensioni
“Lasciami andare ho detto”
dissi con più convinzione provando a liberare i polsi, ottenni solo che la sua stretta aumentò, scavandomi la pelle e facendo pulsare il sangue sotto di essa. Il mio corpo tremò sotto quel tocco così rude e il suo respiro aumentò lasciandomi andare e allontanandosi, mi diede le spalle e si incamminò verso la strada da cui era venuto.
Non vedevo Seth da così tanto che se non fosse stato per quegli occhi non lo avrei riconosciuto.
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza | Contesto: Universitario
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PDV Hana

Era passata una settimana, una settimana da quella fottuta lettera. Ero stata dimessa il giorno dopo averla letta, mentre Sonny mostrava buoni segni di ripresa ma era ancora ricoverato in ospedale e costretto a letto.

I poliziotti erano venuti a farci domande riguardo l'incidente ed entrambi ci eravamo messi d'accordo sulla stessa versione, uguale a quella sua lui... Così se ne erano andati, non trovando nessun capo d'accusa.

Ancora non avevo affrontato Flora, né tanto meno avevo preso una decisione su Gioia; il dottor Colman mi aveva proposto di ritornare a lavorare in ospedale ma avevo rifiutato, licenziandomi definitivamente. Non volevo più entrare in quel posto, non ne volevo più sapere niente. Mi ricordava troppo come lui mi avesse abbandonata, come mi avesse lasciata lì con mille domande, senza un suo addio, senza assolutamente niente.

I giorni erano passati lentamente, distesa a letto o sul divano, a fissare il soffitto. Non avevo più pianto, non provavo più dolore: avevo spento tutte le mie emozioni. Dopo aver letto quella lettera avevo pianto per tutta la notte, non riuscendo a chiudere occhio, ma al mattino il mio viso pallido e i miei occhi rossi e umidi avevano perso espressività, era come se fossi entrata in una sorta di trance, dalla quale sarebbe stato difficile uscire.

Ero sul letto quando lo squillare del mio telefono richiamò la mia attenzione, una piccola, minuscola parte di me sperava fosse lui… risposi senza guardare chi fosse

"Hana"

Dissi semplicemente, con una voce del tutto senza emozioni

"Sono Flora…"

Forse il momento in cui l'avrei dovuta affrontare era arrivato.

Non sentendomi parlare continuò lei

"Senti lo so… lo so e mi dispiace, Hana. Io ti volevo, ti voglio davvero bene…"

La bloccai, sussurrando tra i denti

"Perché non mi hai mai detto niente… eri la mia unica amica"

"Hana, non potevo!"

Sentii una vocina in sottofondo e Flora allontanare il telefono dall'orecchio e coprire il microfono. Dopo pochi istanti una vocina parlò

"Ehm… sono Gioia! Spero che tu ti sia ripresa! Ma… non è che… potrei riavere il mio Boh? Lui è l'unico amico che mi è rimasto da quando… da quando mamma e papà sono andati via!"

Disse scoppiando in lacrime. Mi sentii una vera merda. Me ne ero totalmente dimenticata di quell'orsetto che ora mi stava guardando dall'angolo del comodino.

"N-no, tesoro non piangere! Boh sta benissimo! Sai è rimasto ancora un po' con me perché… perché ha incontrato una coniglietta e se ne è innamorato perdutamente! Ma non riusciva a convincerla a venire anche lei da te… ma sai che ti dico? Ora le parlo io!"

Mi guardai intorno, vedendo il mio coniglietto, Betty, che da piccola portavo sempre con me. Mi alzai dal letto, dirigendomi verso la cassapanca su cui era poggiato, e lo presi scuotendolo un po' per levargli la polvere di dosso

"Betty! Sai che c'è una bambina bellissima pronta a darti tanto amore e tante carezze e coccole?"

Mi fermai un attimo

"Gioia, vuoi parlarle anche tu?"

Lei sussurrò un sì, iniziando a parlare

"Ciao Betty, mi chiamo Gioia. Lo so che tu e il mio Boh vi siete innamorati… ma lui mi manca tanto! Non posso più parlare con nessuno, non ho più nessuno che mi ascolti e consoli…"

Le lacrime iniziarono a scendere, sentendo quanto quella bambina fosse sola e triste. Mi aveva scosso dentro, facendomi tornare a sentire qualcosa. Forse lei poteva salvarmi dal baratro in cui stavo cadendo.

Le avevo portato via il suo unico conforto ma nonostante questo non si era messa a urlare come un qualsiasi bambino normale avrebbe fatto… parlava con una maturità tale da spaventarmi. Era tutta suo padre.

"Ma non importa… io voglio bene a Boh, quindi se tu non vorrai venire con me… non importa. Non ti preoccupare Betty"

Iniziò a singhiozzare. Ripresi la situazione in mano

"Gioia!! Betty mi ha appena detto di aver cambiato idea!!! Lei sarebbe onorata di venire a stare con te! Oggi stesso lei e Boh si traferiranno da te!"

Lei incredula al telefono rispose eccitata

"Davvero??? Grazie, grazie, grazie!"

Mi scappò una risata a vederla così felice. Cosa che stava trasmettendo anche a me.

"Gioia, che ne dici di passarmi Flora? Così ci mettiamo d'accordo su quando posso portarli!"

"Sisisisi, grazie Hana!"

La voce di Flora dall'altro lato della cornetta mi riportò alla realtà

"Va bene, la terrò. Gioia verrà a stare con me"

Dall'altro lato calò il silenzio per qualche secondo

"Oh… Hana, non sai quanto è bello sentirtelo dire…"

"Portala oggi a casa mia. Di pomeriggio"

"Grazie, Hana. Davvero"

Disse prima di riattaccare.

Quella bambina poteva essere la mia unica chance.

 

Erano le quattro precise quando il campanello bussò. Mi ero fatta una doccia, sistemandomi e ordinando la casa. Cosa che non facevo dal rientro dell'ospedale.

Mi precipitai ad aprire la porta, venendo investita da un abbraccio travolgente. Le sorrisi, carezzandole la testolina

"Ciao piccolina! In soggiorno ci sono due belle sorprese che ti aspettano"

Le dissi teneramente indicandole la strada. I suoi occhi si illuminarono e il suo sorriso si aprì mostrandomi i suoi dentini; mi superò correndo in soggiorno e dopo aver girato un po' finalmente trovò i due peluche.

"Ciao Betty! Finalmente ci conosciamo di persona! Io sono Gioia!"

Poi rivolgendosi a Boh

"È molto carina, bravo Boh"

Prese i due giocattoli, portandoseli al petto e iniziò a girare su sé stessa, felice.

Rimasi a guardarla con le lacrime che rischiavano di cadere. Mi ricordava tremendamente lui, in tutto. E questo mi portava nostalgia e tristezza, ma anche gioia e un senso di felicità. Era come averlo con me, anche se in modo molto lontano.

Un colpetto di tosse richiamò la mia attenzione, e vidi Flora carica di pacchi all'entrata

"Oh, scusami"

Le dissi prendendole qualcosa dalle mani. Mi ringraziò con un sorriso quando mi spostai, permettendole l'ingresso. Lasciammo tutte le cose all'ingresso e poi, dopo esserci assicurate che Gioia stesse giocando in soggiorno, andammo in cucina, socchiudendo la porta per tenerla d'occhio.

Ci accomodammo sull'isola, sedendoci a distanza di uno sgabello e iniziammo a fissare entrambe le nostre mani.

"Mi dispiace!"

Dicemmo contemporaneamente, fissandoci negli occhi e sorridendo

"Hana, non potevo dirti niente… non sai quante volte avrei voluto mandare a fanculo tutti e dirti ogni cosa! Ma non potevo, non potevo… per me sei stata davvero un'amica e ti voglio bene, te ne vorrò sempre"

Mi disse con le lacrime che minacciavano di uscire

"Flora, mi dispiace… averti tratta in quel modo, non essermi fatta sentire in questo tempo… tu sei stata la mia unica vera amica, che sia stato vero o no. Non- non riuscivo a capacitarmene, di lui che mi abbandona e mi lascia così…"

Dissi sull'orlo di un pianto isterico. Tutte le mie emozioni che avevo cercato di tenere a freno erano riemerse. Lei si spostò, sedendosi accanto a me e prendendo le mie mani fra le sue, spronandomi a parlare

"Non capisco perché lo abbia fatto… che voglia proteggermi o no… lui lo sapeva, sapeva che non lo avrei lasciato andare, nonostante tutto quello che è successo. L'ho già perso una volta, e me ne sono pentita amaramente. Preferisco avere una vita con lui in fuga o in pericolo, che una non vita senza…"

Lei mi sorrise amaramente, asciugandomi le lacrime dal volto

"Non riesco ad odiarlo, non riesco ad essere delusa da lui. Non ci riesco. Lo amo ancora di più, se possibile, perché ha voluto mettere me e la sua bambina davanti ogni cosa."

Lei annuì, apprensiva. La guardai speranzosa

"T-tu… sai dov'è?"

Lei si morse il labbro, scuotendo la testa

"Non lo ha detto a nessuno, Hana… mi dispiace"

Annuii sconsolata

"Dovevo immaginarlo…"

Restammo qualche minuto in silenzio fin quando lei non parlò di nuovo

"Sei sicura di Gioia…?"

Alzai gli occhi su di lei

"Si, in soli cinque minuti è riuscita a farmi sorridere e farmi sentire bene e… felice. È un modo per portarlo sempre con me…"

Dissi annuendo con convinzione. Lei mi sorrise, tornando seria di colpo

"Hana, dovete andarvene di qua"

La guardai, inarcando le sopracciglia

"Andare...? Dove? Perché?"

"Qua non siete al sicuro. Ormai tutti sanno di te e di Gioia, e non potremo tenervi d'occhio per sempre. L'unico modo per tenervi al sicuro è quello di fare perdere le vostre tracce."

Abbassai lo sguardo sulle mie mani. In questa città non avevo stretto legami e non avevo più un lavoro. Forse ricominciare tutto daccapo mi avrebbe fatto solo bene.

"Dove dovremmo andare?"

Lei sorrise, consapevole del fatto che mi aveva convinta

"Seth ha acquistato una villa in Francia, nei pressi di Èze"

Non conoscevo questa località, non conoscevo proprio la Francia. Vedendo il mio sguardo perplesso mi spiegò

"È un paese vicino al mare, che sorge su una collina. Vi abitano poche persone e questo ci sarà di aiuto, oltre al fatto che saremo in aperta campagna, immersi nel bosco"

"Ci?..."

Chiesi confusa. Lei annuì sorridente

"Mica vi lascio andare da sole! Qualcuno che parla bene il francese dovrà pure esserci…!"

La mia bocca si aprì in un sorriso, accantonando per un attimo il pensiero di Seth.

 

QUALCHE MESE DOPO

Il posto era incantevole. La villetta era sommersa dal verde e dalla natura, tutto intorno a noi si stagliavano vaste infinite di vigneti e il blu del mare che si mescolava con l'azzurro del cielo ci regalava ogni sera tramonti indimenticabili.

La casa, costruita interamente in mattoni, aveva un gusto classico ed elegante. Era composta da tre piani. L'accesso dava su un enorme salone con a destra un camino che si ergeva imponente sulla stanza, attorniato da dei divani in camoscio bianchi, e a sinistra un elegante tavolo da pranzo in legno antico per 12 persone occupava una gran parte della stanza, posto accanto a una serie di finestre che rendevano l'ambiente estremamente illuminato; nella parte centrale, a separare i due ambienti, un altro tavolo circolare era posto al centro, anch'esso in legno, con un vaso pieno di fiori freschi. Dietro di questo vi erano due porte: una ospitava un bagno, grande la metà del salotto, composto interamente in marmo e con le pareti in pietra. Al centro di esso una vasca da bagno in stile classico rendeva la stanza principesca.

L'altra porta conduceva alla cucina. Un ambiente anche questo illuminato dalla presenza di sei grandi finestre; al centro della stanza vi era un'isola con degli sgabelli su cui ogni mattina facevamo colazione.

Le scale per salire al piano superiore erano poste nel salotto, di fianco ai divani.

Salite si accedeva in un'area con delle poltrone in tessuto bianco e una televisione a settantacinque pollici. Vi era anche un bar, con una fornitura di alcool impressionante. Bottiglie di vino erano posizionate ordinatamente sugli scaffali, rendendolo prezioso.

Superato il soggiorno vi era un corridoio con tre porte. Nella prima sulla destra vi era la stanza di Gioia, una cameretta che ogni bambina avrebbe sognato. Il letto era a forma di carrozza, come la zucca di Cenerentola, uno dei suoi cartoni preferiti, nella porta di fonte un bagno decisamente troppo grande per una bimba di soli sette anni.

La porta di fronte era un'altra stanza da letto, la stanza di Flora.

Un letto a baldacchino era posto di lato alla stanza e dava su un balconcino privato che si affacciava sulla piscina esterna e sul mare, anche questa stanza aveva un bagno privato.

L'ultima stanza invece era una biblioteca, una stanza piena di librerie che arrivavano al soffitto e cumuli di libri; il soffitto alto permetteva lo spazio a dei soppalchi di attraversarla per tutto il perimetro. Era una stanza in cui ultimamente amavo trascorrere il tempo. Le letture mi tenevano impegnate la mente, mi impedivano di pensare a lui… che mi mancava così tanto. Non sapevo che fine avesse fatto, neanche se stesse bene… non avevamo sue notizie, tutti ne avevano perso le tracce. Ormai su tutti i telegiornali era spuntata la notizia di tutti i suoi crimini, della sparatoria, di Kirby (tutte cose che avevamo tenuto ben nascoste a Gioia, non ancora in grado di reggere delle notizie del genere): era diventato un ricercato in tutta Inghilterra. Sonny era stato dimesso giusto in tempo dall'ospedale e ormai era ben lontano da Londra; non avevamo tracce neanche di lui. Era come se tutto il passato fosse stato cancellato in un attimo, se non fosse stato per tutte le foto segnaletiche… potevo percepire il suo sguardo glaciale anche da una singola foto in bianco e nero, potevo ricordare il ghiaccio dei suoi occhi, la morbidezza delle sue labbra, il suo profumo…

L'ultimo piano, da cui si accedeva dal soggiorno, infine si apriva in un anticamera con dei divani rosa cipria. Le finestre circondavano la stanza e le tende con dei leggeri disegni romantici svolazzavano libere. Davanti i due divani vi era un camino laccato in bianco. Sulla destra vi era l'accesso per la mia stanza da letto. Un letto a baldacchino in ferro battuto e con delle tende bianche si ergeva al centro della stanza, ai lati due eleganti tavolini in vetro e ferro lo spalleggiavano con dei paralumi sempre nelle tonalità del rosa. Sulla destra vi erano altre due porte: la prima conduceva al bagno, coperto interamente di marmo bianco, la seconda invece portava ad una cabina armadio, arredata con eleganti armadi in legno bianco, con una toilette e con una scarpiera. Al mio arrivo la cabina armadio era stata riempita di gioielli, scarpe, vestiti e borse dalle più eleganti fatture. Tutti fatti su misura per me.

La stanza aveva un balconcino privato che si affacciava sulla casetta privata per gli ospiti, che era grande quanto tutta la mia casa, se non di più, e dava sul vigneto infinito e sulla collina dove si ergeva il paese.

Quel posto era un vero e proprio paradiso, ma per me non lo era, non lo era se non avevo lui accanto. 

 

"Hana! Andiamo a fare una passeggiata al lago?"

La piccola Gioia fece capolino nella biblioteca, dove al mio solito ero assorta a leggere un libro. Stavo leggendo 'Cime tempestose' e la storia di Heathcliff e Catherine in un certo senso mi ricordava la mia: una passione talmente tanto forte da distruggere entrambi.

"Hanaaaa!"

Mi risvegliai dai pensieri che correvano liberi nella mia testa. Alzai lo sguardo incontrandomi con gli occhioni di Gioia. Le sorrisi, chiudendo il libro e alzandomi dalla poltrona bordeaux, posta di fianco ad una finestra e un caminetto. Le porsi la mano conducendola fuori dalla villa. In quei due mesi avevamo stretto moltissimo, era una bambina speciale, allegra, intelligente… mi rendeva felice stare con lei o anche semplicemente rincorrerci sul prato. Riuscivo a staccare la mente quando mi era vicina, anche perché non volevo che vedesse il buio nei miei occhi e la mia tristezza.

"Ti piace qui piccolina?"

Le chiesi mentre camminavamo verso il lago, a pochi passi dalla casa. Lei alzò lo sguardo accennando un sorriso

"Io si. Ma tu no"

Mi fermai, sedendomi sul prato e iniziando a piangere. Non avevo mai pianto ancora di fronte a lei, credevo sempre di riuscire ad indossare una maschera in sua presenza, invece… solitamente quando mi chiudevo in camera iniziava la mia pena, non poteva vedermi né sentirmi nessuno e potevo dare sfogo a tutta la mia tristezza. Avevo iniziato a mangiare pochissimo e uscire sempre di meno, tranne quando era Gioia che mi chiedeva. Anche se io non me ne rendevo conto lei cercava sempre di starmi il più vicina possibile, tenendomi distratta e impegnando la mia mente.

"Mamma, vedrai che tutto questo dolore passerà. Ci sono io a consolarti nel frattempo"

Disse sedendosi accanto a me e avvolgendomi con le sue braccine.

Mamma. Non mi aveva mai chiamata così, non avevo mai fatto niente di che per meritarmelo.

La guardai, il suo visino così buffo mi scrutava, i suoi occhietti pieni di tristezza. Avevo pianto più io di una bambina di sei, quasi sette anni. Lei aveva perso entrambi i genitori invece era qui a consolarmi, come poteva.

Le sorrisi debolmente, iniziando a riempirla di baci su tutto il suo visino. Lei mi ricompensò con una dolce risata, che mi fece dimenticare tutto il dolore. Poi si fermò, guardandomi con timidezza

"Posso- posso chiamarti mamma vero?"

Il mio sorriso si aprì ancora di più

"Ne sarei estremamente felice, amore mio"

 

La giornata proseguì nel migliore dei modi. Gioia non mi aveva mollata un secondo facendomi ridere a crepa pelle e io le ero infinitamente grata per questo. Si erano fatte le sette di sera così ci avviammo a casa, più unite che mai.

"Zia Flora! Siamo a casa!"

Urlò Gioia, asciugandosi i piedi sporchi di fango all'ingresso

Il viso di Flora sbucò fuori dalla cucina, qualcosa non andava

"Tesoro! Sto preparando la cena… che ne dici se nel mentre vai a giocare con Boh e Betty? Ti chiamo appena è pronto"

Gioia annuì, correndo verso le scale per andare nella sua stanza. Io invece corsi da Flora. Non appena entrai la guardai bene, il volto rigato dalle lacrime, le labbra screpolate, gli occhi pesti. Strabuzzai gli occhi, precipitandomi da lei

"Flora!! Che è successo?? Stai bene?!"

Lei scosse la testa

"Hana, forse è meglio che tu ti sieda"

Non sapevo che il mio mondo sarebbe ulteriormente crollato nel giro di pochi secondi.

Non appena mi sedetti lei mi passò l'Ipad, con un video del telegiornale. La guardai con occhi interrogativi, anche se una piccola parte di me sapeva cosa stavo per vedere e sentire

"Fallo partire"

Ubbidii, premendo play e iniziando ad ascoltare la voce della giornalista del telegiornale.

"Buonasera, qui è Angela Key al telegiornale straordinario delle 6pm.

Questa mattina vi è stato un incidente mortale a Belfast, Irlanda, sulla A12. Una macchina si è scontrata ferocemente contro il guardrail, incendiandosi nell'immediato: per i due conducenti non c'è stata via di scampo. Si riportano due morti, identificati solo attraverso le impronte dentali, unico elemento di riconoscimento ritrovato a seguito dell'incendio che ha distrutto interamente il veicolo e i corpi dei due uomini.

Ufficiale: terminano le ricerche su Seth Aniston e Sonny Darpes.

I due erano tra i più ricercati di Inghilterra e Irlanda; la loro fuga è finalmente giunta al termine, portando giustizia alle famiglie di tutte le loro vittime.

Questo è tutto, ora passiamo alla cronaca rosa: il principe Harry e la moglie Meghan hanno avuto un bel maschietto!"

Buttai l'Ipad contro la finestra della stanza, frantumandola in mille pezzi. Così come il mio cuore che ormai si era sgretolato definitivamente.

   
 
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