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Autore: Alldays    30/07/2009    0 recensioni
Questa è la storia di Lizette (Black) Lestrange, figlia di Bellatrix e Rodolphus Lestrange. Per la sua sicurezza, finisce a vivere con nonna Druella Rosier a Gwrych Castle nel North Wales, quando ha appena due anni. Non rivedrà i genitori per quasi quattordici anni, giacchè questi verranno rinchiusi ad Azkaban. Non è studentessa di Hogwarts: la sua vita viene condotta inizialmente nell'anonimato, quasi tutti ignorano addirittura la sua nascita, avvenuta il 29 giugno 1979; perciò non può frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria, ma decide di studiare a casa. La sua vita subisce una svolta nel Luglio del 1996, quando ha appena compiuto la maggiore età: la vanno a prelevare dal suo "rifugio" per volontà di sua madre, Bellatrix. E il resto è storia, perchè non si può anticipare nient'altro...
Genere: Generale, Mistero, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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1 Novembre, 1981.

« Cosa dobbiamo fare? » piagnucolò Rabastan, fermandosi nel mezzo del salotto. Si torceva le dita delle mani, era sudato, con il viso lucido e le guance infuocate. Aveva gli occhi fuori dalle orbite, era terrorizzato.
Nessuno dei presenti gli rispose sul momento.
C’era un altro uomo seduto su una poltrona, con il mantello ancora indosso e uno sguardo vacuo, perso nel nulla, come se fosse stato stregato. Stringeva la bacchetta con tale vigore che le nocche erano diventate bianche. La mano penzolava giù dal bracciolo: ci si era lasciato accasciare, su quella poltrona. E poi c’era una donna con dei folti capelli lucenti e scuri che aveva affondato il viso tra le mani, raggomitolata su se stessa all’angolo di un divano. Si potrebbe dire che stesse piangendo, ma non c’era rumore di singhiozzi nè tracce visibili di lacrime.
Non ci fu bisogno di rompere a parole quel silenzio angosciante, comunque. Il camino spento del salotto da un momento all’altro brillò di luce verde, al suo interno guizzarono per un attimo le fiamme – il tempo necessario perchè un altro uomo ( un giovanotto, a dir la verità ) capitombolasse fuori dal camino, come una massa scura vomitata dal falò. Tanta era la foga con cui si era affrettato ad arrivare che a stento si resse in piedi, prima di recuperare il senso dell’equilibrio e barcollò per un attimo. Era coperto di fuliggine, anche tra i capelli color paglia c’era un po’ di cenere.
« E’ vero? » chiese tutto d’un fiato, guardando gli altri tre. Rabastan lo fissava con la stessa espressione terrorizzata di prima, Rodolphus aveva sempre quello sguardo vuoto.. Bellatrix non aveva nemmeno sollevato gli occhi, cominciava leggermente a tremare.
Lo capì dai loro sguardi e non. D’altra parte, Barty Crouch Junior aveva intuito che qualcosa non andava da quando il Marchio Nero aveva cominciato a sfoltire, come se ne venisse lentamente risucchiato via l’inchiostro; nell’arco di una giornata ne era rimasta soltanto l’ombra, sull’avambraccio. Deglutì e poi abbandonò le spalle contro la parete, scivolando lentamente verso terra. Anche lui finì col rannicchiarsi su se stesso e si prese la testa tra le mani. Sembrava un moccioso a cui era stata spezzata la bacchetta. I suoi castelli per aria erano stati spazzati via da una folata di vento, il gioco era finito. In quel momento si sentì più ragazzino che mai.
Nessuno dei quattro Mangiamorte parlò per una buona mezz’ora. Sembrava che avessero perso la facoltà di parlare, di esprimersi, o comunque di fare qualunque cosa che indicasse che erano ancora vivi. Quella messa peggio di tutti era certamente Bellatrix: la sola idea di potersi ancora muovere, di poter parlare o aprire gli occhi le sembrava lontanissima dalle sue possibilità. Era bianca come un lenzuolo, come se una ferita non visibile la stesse dissanguando poco per volta. Rabastan continuava a lanciare occhiate in direzione dell’ingresso, che era subito oltre il salotto: si aspettava che da un momento all’altro l’Oscuro Signore si sarebbe smaterializzato proprio lì, magari sanguinante o gravemente ferito, barcollante e in fin di vita, ma pur sempre vivo.
Invece le voci che correvano – e che avevano raggiunto in fretta anche le loro orecchie – erano di tutt’altro avviso. Avevano accolto con orrore la notizia secondo cui Lord Voldemort, alla fine, era crollato. Non battuto a duello da quel babbanofilo di Silente o da un esercito di Auror, ma in circostanze ancora misteriose. Addirittura, si parlava di un neonato. Un neonato! Bellatrix era scoppiata a ridere, senza gioia, con quel velo di incredulità a impastarle gli occhi.
Ma si era dovuta ricredere molto in fretta. Col passare delle ore si era diffusa un’ondata di gioia e sollievo per tutto il Mondo Magico Britannico, come se il Natale fosse arrivato in anticipo. Anche loro, che da più di ventiquattr’ore erano chiusi tra le mura di casa, avevano potuto percepire quel cambiamento di atmosfera: ora erano loro i prigionieri? Erano loro a doversi nascondere? Loro, a dover temere che venissero a sorprenderli nel cuore della notte?
« Cosa facciamo adesso? » chiese Barty Jr, calcando pari pari la richiesta di Rabastan espressa un’ora prima e rimasta in attesa, senza risposta. C’era qualcosa di bambinesco in quella domanda, come fosse stata plagiata da un singhiozzo non del tutto represso.
« Aspettiamo » sentenziò la voce di Rodolphus, del tutto priva di enfasi. Cosa dovessero aspettare, nessuno lo sapeva con precisione. Ognuno di loro nutriva la speranza che, prima o poi, sarebbe arrivato uno dei compagni a spiegare tutto per filo e per segno, a dare un rigore di logica a tutte quelle notizie che erano giunte fino a Casa Lestrange. Ma dovettero aspettare ancora molto perchè un qualunque segno amichevole nei loro confronti arrivasse. Dopo un’attesa che sembrò durare ore e che trascorse in totale silenzio, finalmente qualcuno bussò alla porta.
Tutti e quattro sollevarono il viso simultaneamente. Rodolphus fu il primo ad alzarsi, con la bacchetta ancora impugnata tra le nocche biancastre, l’espressione vacua del tutto svanita. Ora era all’erta, teso e allo stesso tempo impaziente. Chi bussava alla porta, amici o nemici? Si fece prossimo all’uscio e sentì numerosi e fruscianti rumori di sfregamento alle sue spalle: tutti avevano sfoderato le bacchette.
« Chi è? » abbaiò, accostandosi all’ingresso, la bacchetta pronta a sferrare il primo attacco.
« Sono io.. Dolohov! » rispose una voce ansimante al di là della porta.
« Fatti riconoscere! »
« Oh andiamo, Rodolphus! Sono il Custode Segreto di questa casa, ricordi? Ho una dozzina di bestie alle calcagna.. vuoi aprirmi o devo buttare giù la porta? »
Rodolphus indugiò ancora. Infine, intervenne Bellatrix. « Apri » sentì dire alle sue spalle. Era un ordine. Bellatrix stava rimettendo la bacchetta a riposo e nello stesso tempo suo marito, ancora palesemente scettico, spalancò la porta tenendo sempre ben stretta la sua bacchetta in mano.
Antonin Dolohov aveva un aspetto terrificante. Fuori pioveva a dirotto e lui era fradicio; ma non solo sembrava aver fatto un tuffo in un lago, aveva anche il mantello stracciato, graffi su braccia e viso, la bacchetta ancora penzolante stretta nel pugno molle della mano. Ed era spaventato come mai lo avevano visto. Aveva la paura dipinta in faccia, come se la Morte l’avesse preso a calci fino lì e lo stesse ancora aspettando là fuori, nascosta nella semioscurità del crepuscolo morente. Dolohov era scappato da qualcosa, da qualcuno.
« Chi ti dà la caccia? » gli chiese Rodolphus, facendosi da parte perchè entrasse.
« Auror » fu il grugnito di risposta da parte del Mangiamorte.
Calò di nuovo il silenzio, scandito dal rumore della pioggia di fuori. Rodolphus richiuse la porta con un colpo secco ed anche quello cessò. Barty Junior e Rabastan avevano raggiunto gli altri nell’ingresso; ora si guardavano tutti negli occhi. Finirono per convergerli irrimediabilmente sull’ultimo arrivato.
« Allora? » chiese Bellatrix, più frustrata che mai.
« Il Signore Oscuro.. » cominciò a dire Barty, come in procinto di fare una domanda.
« ..è caduto. » fu la soluzione di Dolohov. Lo disse con un rammarico tale da far rizzare i peli delle braccia a tutti i presenti.
« Ma se è morto, noi.. » inziò a dire Rabastan, flebile.
« LUI NON E’ MORTO! » insorse Bellatrix, alzando così tanto la voce da far sobbalzare il marito, che sembrava si stesse perdendo di nuovo in uno di quei suo sguardi vuoti, privi di emozione. La Mangiamorte scagliò un pugno laterale contro la parete, nessun danno. Quella fitta di dolore le serviva, ne aveva un bisogno quasi patologico: tutto in funzione di colmare uno strazio ben più ampio, che la faceva tremare dalla rabbia e dal cordoglio. Nello stesso istante si sentì un lamento infantile propagarsi attraverso le mura, proveniente da qualche piano più sopra.
« Bellatrix, hai sentito anche tu.. hai visto.. » Dolohov fece un cenno all’avambraccio della donna, dove il Marchio Nero era sicuramente diventato più tenue, meno visibile. Tutti ignorarono quel pianto da neonato, non sembrava importante in quel momento.
« E chi sarebbe stato, allora, Dolohov eh? Sentiamo.
« Forse.. aspetta. Un neonato? Tu vuoi farmi credere davvero.. insomma, vuoi convincermi che il Signore Oscuro sia stato sconfitto da un bambino? Da Harry Potter? Il figlio di un traditore del suo sangue e di una bestia dal sangue sporco? » La voce di Bellatrix tremava, rasentava l’incredulità ed era tutta pompata di sarcasmo. Aveva gli occhi fuori dalle orbite, era stralunata.
« So che è difficile da credere » disse Dolohov sulla difensiva. « Ma sono stato là, Bella. Ho visto la casa dei Potter, è praticamente un accumulo di macerie per metà. Il Marchio Nero » e a questo punto alzò la manica della veste, mettendo in mostra la nudità dell’avambraccio « è quasi sparito del tutto. Non ti basta? L’atmosfera è cambiata, gli Auror si muovono a piede libero, non hanno più paura. Nessuno sembra avere più paura, in effetti.
« E’ proprio per questo che sono qui, infatti » continuò Dolohov, muovendo gli occhi verso gli altri tre. « Quel pazzoide di Moody mi dà la caccia da stamattina. Evidentemente non aspettava altro che uno di noi si avvicinasse a Godric’s Hollow per cercare.. » diede un’occhiata a Bellatrix, che nel frattempo si era accasciata contro il muro. « un indizio – qualunque cosa – del Signore Oscuro.
« L’ho seminato poco fa » aggiunse, con un tono di voce con cui sembrava voler convincere se stesso più che gli altri.
Si spostarono tutti verso il salotto. Bellatrix arrivò per ultima, trascinando i piedi e a viso basso: sembrava che qualcuno l’avesse presa a schiaffi e ripetutamente calpestata. Nel frattempo i pianti del neonato si fecero ancora più intensi; probabile che reclamasse compagnia, o una madre. Ancora una volta, fu generosamente ignorato.
« Dove sono gli altri? » chiese Rodolphus, tornato a sedersi sulla sua poltrona. Dolohov fece altrettanto, ma dal lato opposto rispetto a lui. Nel frattempo Barty si era fiondato verso la teca di un armadio che copriva tutta la parete di fondo, allungando le mani verso preziose bottiglie colme di liquori invecchiati.
« Codaliscia è scomparso dalla circolazione. Quell’idiota se l’è data a gambe non appena ha ricevuto la notizia della..
be’.. » Dolohov lanciò un’altra occhiata a una sempre più turbata Bellatrix. « della disfatta.
« Non ho idea di dove sia andato a finire » continuò il Mangiamorte, dopo uno sbuffo di puro disprezzo emesso da Rodolphus e Bellatrix simultaneamente. « Probabile che sia a sguazzare nelle fogne, in questo momento. Ha creato un grande scompiglio, credo che Black lo stesse cercando da ieri sera. »
« Peccato che il mio caro cugino non sia riuscito ad ammazzarlo » irruppe Bellatrix, senza preavviso, con la voce spezzata. « Andrei a farlo io adesso, volentieri »
« Black è ad Azkaban » continuò Dolohov, come se Bellatrix non avesse neanche parlato. « Tuo padre » e alzò gli occhi verso Barty Jr, che si stava riunendo agli altri facendo lievitare per aria una bottiglia di Whisky stravecchio e cinque bicchieri « ce lo ha spedito senza processo »
« Tipico » commentò Barty Jr, con un’alzata di spalle « sarà infervorato dalla smania della vittoria. Mio padre ha sempre avuto un desiderio malsano di potere ed ora si sentirà ancora più libero di esercitare quello che ha, sconsideratamente » Mosse la bacchetta con un mezzo giro di polso e la bottiglia autoservì il Whisky nei rispettivi bicchieri, quelli – dopo un altro tocco di bacchetta – volarono ciascuno nella mano di uno dei presenti.
« I Malfoy? » chiese d’un tratto Rodolphus.
Dolohov fece una smorfia che non lasciava presagire nulla di buono. Bevve un sorso di Whisky e disse: « Sono andati a prenderli a casa. Ovviamente, sono stati i primi bersagli.. questa mattina presto. A Narcissa è stato permesso di rimanere alla Manor, col piccolo Draco. Lucius è stato portato di fronte al Wizengamot. » Si schiarì la voce. « Ha dichiarato di aver sempre dovuto agire sotto effetto della Maledizione Imperius »
Rabastan battè un pugno sul bracciolo del divano, Bellatrix digrignò i denti come un cane rabbioso. Rimasero in silenzio per un po’. Poi Dolohov si decise: « Dobbiamo andarcene »
« Cosa? » Bellatrix lo guardò con un disprezzo tale da farlo quasi vergognare di quello che aveva appena detto. Tuttavia lui continuò: « Non possiamo più restare qui, alla fine ci troveranno. Dobbiamo abbandonare la Gran Bretagna e.. e.. » Ma non riuscì a finire, perchè Bellatrix si era alzata di scatto facendo cadere il bicchiere di Whisky sul tappeto.
« IO NON ME NE ANDRO’! NON SCAPPERO’ COME UN TRADITORE CODARDO, NON VOLTERO’ MAI – MAI – LE SPALLE AL MIO SIGNORE! » urlò, puntando il dito addosso a Dolohov.
« Bellatrix, devi essere ragionevole. Se Lui non c’è più, noi.. »
« LUI NON E’ MORTO! »
Rodolphus dovette alzarsi in piedi, per cercare di calmare sua moglie. Quella aveva già sfoderato la bacchetta. Quando cercò di metterle le mani sulle spalle, lei si divincolò.
« Hai una figlia! » esclamò Dolohov, in preda alla disperazione. Si era spaventato quado Bellatrix aveva tirato fuori la bacchetta. « Non credi che sarebbe ora di pensare un po’ anche a lei? »
« IO NON ABBANDONERO’ IL SIGNORE OSCURO PER CORRERE DIETRO A UNA POPPANTE! » sbraitò la Mangiamorte. Era folle, con uno sguardo infuocato; la bacchetta emise involontariamente scintille rosse. Rodolphus le lanciò un’occhiata decisamente offesa: lui, evidentemente, la pensava in modo diverso.
« Tu stai delirando » disse Dolohov, indietreggiando di qualche passo. « Non possiamo fare più niente, non lo capisci? »
« Allora vattene, Dolohov » disse Bellatrix, indicandogli con un cenno la porta « Scappa dalla Gran Bretagna, riduciti in clandestinità come un omuncolo qualunque. Oppure » Le labbra di Bellatrix si curvarono in un sorriso malsano « corri sotto la sottana di Silente, a rivendicare la tua innocenza. Va’ a dire a Crouch che in realtà tu hai sempre agito sotto la Maledizione Imperius »
« Bellatrix.. »
« TI HO DETTO DI ANDARTENE! » abbaiò la Mangiamorte, puntando la bacchetta su Dolohov. Quest’ultimo non se lo lasciò ripetere due volte, svoltò l’angolo del salotto appena in tempo per schivare una Maledizione che colpì invece la parete. Si aprì un buco di modeste dimensioni. Un attimo dopo sentirono sbattere la porta.
« Che diavolo fai? Era uno dei nostri! » insorse Rabastan, guardando prima Bellatrix poi il buco nella parete.
« Era un traditore » sentenziò Bellatrix, abbassando la bacchetta. Nello stesso momento, cominciarono a farsi risentire i pianti di neonato. Questo sembrò irritarla ancora di più.
« Che cosa intendi fare? » le chiede Rodolphus, con cautela.
« Dobbiamo cercare quante più informazioni possibili sul Nostro Signore. Dobbiamo.. » Bellatrix si voltò, per guardare suo marito « trovare delle persone che potrebbero sapere qualcosa. Cominciamo da quelli che erano i prossimi sulla lista, dell’Ordine della Fenice. I Paciock, no? » Cercò una conferma, gli altri tre annuirono. « Andremo da loro, allora. Ormai avranno tutti abbassato la guardia, coi tempi che corrono. Sarà facile sequestrarli e costringerli a parlare »
Gli altri tre la guardarono allibiti. Non erano poi così d’accordo, evidentemente. Tuttavia la prospettiva di contraddirla come aveva fatto Dolohov non li attirava per niente, visto com’era andata a finire. Bellatrix però non si lasciò sfuggire la loro poca convinzione.
« Saremo accolti da eroi, quando Lui tornerà. » disse, lo sguardo infiammato e un sorriso audace. « Riceveremo onori grandi quanto mai siano stati spartiti dal Signore Oscuro e guarderemo i traditori venire puniti dal suo giudizio »
Nessuno disse nulla. La prospettiva della gloria era molto provocante per ciascuno di loro. Alla fine fu Rodolphus a spezzare il silenzio, tornado alla realtà « Ma Lizette.. »
Bellatrix lo interruppe quasi all’istante: « Andrà da mia madre, le porteremo entrambe al sicuro, nel Nord. Nessuno potrà mai minacciarmi su questo fronte, se nessuno di fatto saprà che ho una figlia »
« Potresti lasciarla a tua sorella. Narcissa sarebbe lusingata all’idea di.. »
« No »
Rodolphus le lanciò un’occhiata contrariata. Non era poi così entusiasta all’idea di dover abbandonare sua figlia, di portarla lontano e rivederla chissà quando. In fondo, aveva avuto solamente due anni scarsi per conoscerla ed era suo desiderio vederla almeno crescere, diventare grande. Bellatrix non era dello stesso avviso: per lei Lizette era importante fin tanto che non ostacolava il suo devoto servizio al suo Signore Lord Voldemort.
Rodolphus si avviò abbattuto di sopra, dopo qualche ora. Avevano passato la sera a discutere del piano per avvicinarsi ai Paciock. Aprì una porta al secondo piano e illuminò la stanza con un colpo di bacchetta. Addossata alla parete opposta c’era una culla bianca, impreziosita da un grande fiocco rosso sulla testata. In piedi, con le manine aggrappate al fianco del lettino, una bambina dai grandi occhi scuri lo stava fissando, con un’espressione curiosa e gioiosa insieme. Il padre le si avvicinò con cautela, rimettendosi la bacchetta in tasca. Le sfiorò la guancia piena col dorso della mano. Lizette espresse la sua contentezza con un versetto infantile ed allungò le braccia verso suo padre per farsi prendere in spalla.
Rodolphus non potè trattenere un sorriso pieno di tristezza.

  
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