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Autore: Vuotacomeilmondo    30/09/2019    2 recensioni
476 d.C. Roma
Disperato corre tra le strade di una Roma in fiamme
l'aria irrespirabile,i cadaveri straziati,la pioggia che battente cade al suolo
prima l'uomo che controllava ogni parte di mondo conosciuto
venerato come un dio,temuto da ogni nemico
ora è accasciato sul corpo privo di vita di sua moglie
i suoi figli persi tra i labirinti di quell'inferno
vane sono le preghiere o le suppliche
perchè mai gli dei dei hanno avuto pietà.
Una storia di amore che va oltre ogni limite di tempo o spazio,
perchè le loro anime ancora si cercano
per quell'ultimo bacio.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Non era visibile anima umana,non vi era altro che terrore,le urla rimbombavano tra le strade di una città morta. L’aria impregnata di fumo denso e nero impediva agli occhi di vedere,mentre lunghe ed oscure nuvole si protraevano all’orizzonte illuminato da boati di tuono e fulmini cobalto,si smarriva la linea di confine tra il cielo vuoto e la terra scura. Il Tevere tagliante in due la città,ribolliva di sangue rosso vivo trasportando tra il fondo e la superficie cadaveri squartati ed orribilmente bloccandosi sulle rive le decoravano. Scappavano a migliaia,innocenti cadevano sopraffati da soldati immondi,dalle stelle le  grida di paura di coloro che venivano brutalmente trucidati parevano melodie sbagliate,mentre le risate di goduria e gli sbeffeggi dei nemici riempivano di vento meschino l’aria immobile. Fu dapprima una scintilla, successivamente sembrò che Ade in persona avesse trasportato gli inferi nella capitale,fiamme enormi divoravano leghe su leghe di terreno,case e monumenti poco importava a chi appartenessero,la morte in quel giorno risse in faccia a chiunque. Adriano si trovava nel nord della penisola quando un messaggero inviato da Roma gli supplicò preghiere di aiuto incombente,le notizie che egli recava con sé erano terrificanti,al solo suono delle sue parole l’imperatore distrusse qualsiasi cosa attorno a lui finché con l’ordine immediato di ritirata partì alla volta della città eterna. Galoppando senza fermarsi per tre giorni e tre notti a ogni lega che il suo cavallo mangiava un pezzo del suo animo si disintegrava,la testa si colmava di pensieri terribili,le mani tremavano,il corpo immobile sudava,egli era perso e mai volle come allora non essere mai nato imperatore. Ciò che gli si presentò dinanzi agli occhi parevano versi di Omero fatti realtà,la reincarnazione di ciò che i poeti cantavano da secoli. I generali dietro di lui cessarono di parlare,l’aria divenne vuota riempita dalle urla atroci di panico provenienti dal basso della città. Nessuno proferiva parola,nessuno osava spezzare quel silenzio di cristallo debole ,nessuno tentò di spronare Adriano che paralizzato se ne stava inerme ad osservare dal Monte Autore ,punto più alto su tutta Roma, la sua casa che secondo dopo secondo,pezzo dopo pezzo moriva sotto centinaia di armi barbare. La paralisi lo abbandonò,in uno scatto di ira funesta un urlo di sprigionò dalla sua bocca,e afferrando le redini del cavallo con estrema velocità si diresse alle porte Aureliane. I generali e le truppe cercarono in ogni modo di fermarlo,urlando e minacciando contro quale pericolo tremendo stava ponendo la sua vita,ma non li sentì nulla contava la sua esistenza se avesse perso i suoi amori. L’aria irrespirabile penetrava nei polmoni feroce e assassina,mentre il fumo delle fiamme rendeva gli occhi colmi di sangue e pianto. Adriano corse ,per le strade colme di cadaveri e feriti,abbondanti di cenere e sangue marcio,il cielo piangeva per quella strage di innocenti e migliaia di gocce d’acqua pura rendevano scivoloso suolo sporco. Egli perse il conto di coloro che tentarono in vano di ucciderlo,di ostacolarlo nell’arrivare alla sua meta: il palazzo imperiale che un tempo magnifico regnava su tutta Roma. Un terrore immobilizzante ,un dolore atroce,un ira incontrollata si impossessarono di lui quando si fermò alle porte spalancate ai cui piedi una decina di soldati straziati erano morti nel tentativo inutile di difendere l’ingresso a quella che era la sua casa,Adriano senza ancora aver varcato la soglia parve già realizzare,non sola la sua Roma era morta quella notte ma anche l’unica persona per cui gli da anni respirava. Bloccato tra quella struggente consapevolezza e la speranza che fosse solo un incubo spinse se stesso nell’ingresso della domus aurea. Ciò che vide gi frantumò ogni pezzo del suo cuore,tutto era stato devastato,anni di lavoro,opere d’arte di immenso valore,tomi e pergamene,statue antichissime:ogni cosa era stata depredata e rasa al suolo. Il silenzio spaventoso colmava ogni spazio del palazzo, e passo dopo passo si incontravano cadaveri di quelli che egli conosceva bene   domestici, schiavi , ancelle, soldati che da sempre erano al servizio della sua famiglia. Chissà cosa stava pensando suo padre Traiano alla vista di quell’orrore ,secoli di sacrifici e lotte per poi essere spezzati in un solo attimo. Adriano rallentò cosparso di sudore e col corpo tremante iniziò ad urlare un nome,e più egli non riceveva risposta più il tono si alzava finché alla soglia della camera da letto non capì. In ginocchio cadde,gli occhi sbarrati che cominciarono a produrre un enorme quantità di lacrime,la testa che pendeva tra le sue mani troppo pesante affinché potesse anche solo tenerla retta. Sua moglie se ne stava lì completamente inerme stesa sul loro letto dove infinite erano state le volte in cui si erano promessi amore eterno,gli parve una visione angelica,Vibia era dolcemente accasciata e dormiva di un sonno eterno mentre le membra di delicata porcellana erano rilassate ricoperte di un candido abito bianco impregnato all’altezza del cuore di sangue vivo che alla luce delle candele brillava quasi come ci fosse ancora rinchiusa un po’ di vita in esso. Molti dicono che il decesso dell’imperatore si può segnare in quell’attimo,quando egli tremante con la mano sinistra spostò delicatamente un riccio dorato ribelle dalla guancia della sua donna,al contatto con la sua pelle gelida si lasciò cadere su quel corpo privo di vita che fino a poco prima aveva amato e accarezzato,di cui conosceva ogni centimetro,ogni imperfezione,ogni dettaglio. Urlò al cielo il suo nome,pregò gli dei crudele di riportargliela indietro,chiese invano agli avi consiglio,nulla poteva contro quel destino. Gli avevano strappato l’amore della sua vita,e lui l’uomo che governava su tutto il mondo conosciuto era impotente di fronte al fato. Pianse a lungo,divorato dai rimpianti,dalla disperazione mentre a sé stringeva senza tregua il corpo freddo di Vibia. Si sollevò quando il pensiero ricorse ai suoi figli,di cui in tutta Roma non vi era più traccia,doveva cercarli,l’avrebbe fatto per sua moglie perché lui oramai senza lei era privo di ogni significato o scopo. Afferrò l’arma grondante di sangue e uscì dal palazzo un ira funesta lo controllava nessuno sul suo cammino fu risparmiato,la violenza che determinava ogni sua azione era dettata da una gigantesca irrefrenabile voglia di vendetta.Colpo dopo colpo,mandido di sudore e irriconoscibile se non per le vesti ricche raggiunse il centro della città che un tempo pullulante di vita ora era abitato solo dai fantasmi e ombre funeste appartenenti ai cadaveri di migliaia di innocenti che lì erano ammassati. L’accampamento barbaro si trovava lì,con un colpo mirato uccise l’iniziatore di quella sciagura che in un lago di sangue riuscì  mandare a segno l’ultima mossa,il pugnale si conficcò nel petto di Adriano che ispirò rivolgendo al cielo sola un'altra preghiera perché su quella terra morta e sciagurata lasciava i suoi figli, Sophia ed Alessandro ,che mai più avrebbero saputo o visto del padre e della madre che immensamente li avevano voluti e amati. Così la Grande Roma terminò sotto l’ultimo grande imperatore,nessuno seppe della sua prole,ma ancora si narra che le due anime di Adriano e Vibia ancora si stiano cercando per quell’ultimo saluto finale mai dato e per riavere in un'altra vita la possibilità di vivere ciò che a causa degli dei crudeli a loro è stato rubato.
   
 
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