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Autore: ineedofthem    30/09/2019    3 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
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Capitolo 63
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 63

Quando mi sveglio, scalciando il lenzuolo che mi si è aggrovigliato addosso, mi rendo conto che Luca non è più al mio fianco. Tasto il cuscino accanto, il suo, rendendomi conto che sia ormai freddo al tatto, come se lui si fosse già alzato da molto e lo porto accanto al viso, abbracciandolo per inspirarne il profumo. Reprimo un gridolino di gioia, socchiudendo gli occhi: sono irrimediabilmente e perdutamente innamorata di lui e non posso fare a meno di risentirmi di nuovo un'adolescente alla sua prima cotta. Con la differenza che, adesso, il mio amore con Luca non è più solo frutto dei miei sogni più reconditi.
Porto il lenzuolo a coprirmi, stringendolo al petto, con lo sguardo al soffitto e un sorriso felice a incorniciare il mio viso.
Prendo allora a muovere le braccia su e giù come se fossero delle ali, mentre apro e chiudo le gambe, quasi a volere ricreare un angelo, sospirando alla sensazione di frescura a contatto con il lenzuolo sotto di me.
"Anita, ma che stai facendo?"
Luca entra in stanza, mentre rotolo di lato come un salsicciotto e mi accorgo che sotto il suo sguardo profondamente divertito, io mi senta quasi come una bambina colta in flagrante a fare qualche marachella dal proprio genitore.
Le mie guance si imporporano di rosso e portandomi una ciocca di capelli, in imbarazzo, mi rimetto seduta velocemente, provocandomi un capogiro.
"Niente, niente" ribatto, evasiva, sviando il discorso con un gesto della mano. "Solo degli esercizi mattutini. Piuttosto, tu che fai qui?" aggiungo, mettendo su un sorriso a 32 denti.
Luca abbassa lo sguardo, sbuffando un risolino, e inserisce una mano nella tasca dei pantaloni, spostando il peso del corpo su un piede. È già vestito di tutto punto, con una camicia bianca a cui ha arrotolato le maniche-che mi permette di godere della vista dei suoi bicipiti in tensione- su un paio di pantaloni scuri, dal taglio elegante.
"Ho preparato la colazione" mi informa, avvicinandosi per sedersi al mio fianco.
"Oh...la colazione" sussurro, ma il mio sguardo è catalizzato dal suo viso; non riesco a fare a meno di scrutare il suo volto sbarbato, con i capelli che gli ricadono sbarazzini sulla fronte e i suoi occhi così brillanti e chiari.
Lui appoggia un ginocchio sul letto, abbassandosi su di me.
"Mmh-mmh" annuisce, accarezzandomi una guancia con dolcezza. Poi lascia che le mie labbra tocchino le sue, piano, assaporandone lentamente il loro sapore.
Mi aggrappo alle sue spalle, sporgendomi nella sua direzione, per guadagnare un'ulteriore vicinanza, ma inarcando la sua bocca in un sogghigno divertito, Luca si ritrae dispettoso.
Mentre io sbuffo, come se fossi una bambina, lui mi lascia un'ultima carezza sul viso, seguendo la linea del mio naso. "Ti aspetto di là" mormora poi, rimettendosi in piedi, ma senza perdere il contatto con i miei occhi.
"Okay" acconsento con il capo, vedendolo allontanarsi per andare via dalla stanza.
Quando mi rendo conto di essere di nuovo sola, mi abbandono contro la testiera del letto e mi porto le mani a coprirmi il viso, strofinandole contro le guance. Mi tasto poi le labbra con un dito. Che buon sapore ha la felicità.

Dopo poco, mi alzo e indosso i miei abiti di ieri sera, per evitare altri momenti d'imbarazzo, e mi dirigo verso la cucina.
Non appena sono fuori dalla stanza, mi rendo conto che io avverta presto una fragranza dolce farsi spazio nell'ambiente, creandomi un languorino allo stomaco. Mi porto una mano alla pancia, cercando di soffocare un brontolio che nasce spontaneo.
Quando sono ormai sulla soglia, mi accorgo che Vanessa e Sofia sono già sedute al tavolo- con la piccola che lascia penzolare le gambe, teneramente- invece Luca sorseggia da una tazza il suo caffè, appoggiato al bancone, gli occhi lievemente socchiusi, come se fosse raccolto nei suoi pensieri. La cucina della sua casa è luminosa, con la porta finestra che dà sull'esterno, e un arredamento moderno, bianco e grigio chiaro, a riprendere la linea guida delle altre stanze. È come una di quelle che ammiri nelle riviste che svogli alla ricerca della casa perfetta, funzionale e con elettrodomestici di ultima generazione.
"Buongiorno..." annuncio, poi, scogliendomi in un sorriso.
Vanessa e Sofia si voltano nella mia direzione, e mentre la prima alza una mano a mo' di saluto, un lieve sorriso a incorniciare il suo viso dolce e arrotondato, la piccola trilla entusiasta al mio arrivo.
"Zia Anita!" esclama, sporgendo le sue braccia verso di me e io lascio che mi stringa. Rido divertita al suo tocco, abbassandomi per lasciarle un bacio tra i capelli e facendole socchiudere gli occhi sotto il mio tocco.
"Zia Anita" ripete lei, portandosi un ditino alla guancia, mentre si lecca le labbra, impaziente, pregustando già con gli occhi il contenuto della sua colazione, "zio Luchi ha fatto le crêpes".
Abbasso lo sguardo al suo piatto dove sono disposte le piadelle con la Nutella e poi faccio posare i miei occhi su Luca che ci osserva dolcemente dalla sua postazione.
"E così sa fare anche le crêpes. Dottor Franzese lei è un uomo dalle mie risorse" lo prendo in giro, simulando un'espressione di pura sorpresa e muovendomi in modo suadente verso di lui.
Luca ripone la tazzina ormai vuota nel lavandino dietro di lui e torna a rivolgermi la sua attenzione. In un attimo è al mio fianco, a parlarmi a un palmo dal viso e io mi sento avvampare per la sua vicinanza.
"Oh, sì, non ne hai nemmeno idea" sussurra, carezzando il mio viso tra le sue mani. Poi scende a lambire il mio labbro inferiore, mordicchiandolo piano e facendomi sgranare gli occhi, in imbarazzo.
Così, quando lo allontano, spintonandolo divertita, mi giro nella direzione delle nostre spettatrici che hanno assistito alla scena. L'altra ragazza presente nasconde un riso dietro la tazza di latte, Sofia invece ci scruta con le labbra lievemente schiuse per lo stupore, gli occhietti colmi di gioia. "Zia Vane" mormora, voltandosi verso di lei, complice. "Zia Anita e zio Luchi si stanno baciando" aggiunge, battendo le mani, esterrefatta.
Nel frattempo in cui ci lasciamo andare alle risate, Luca mi stringe a sé e mentre prendiamo entrambi posto a tavola, lo abbraccio, poggiando il capo sulla sua spalla, profondamente innamorata.

Nel momento in cui tra di noi cala il silenzio, e prendiamo a gustare la nostra colazione, raccolti in una bolla di complicità e spensieratezza, Sofia lascia vagare il suo sguardo su me e Luca che ci scambiamo piccoli e misurati gesti. Ci osserva come se per lei fosse una novità, come se non avesse mai avuto l'occasione di vedere due persone scambiarsi tanto affetto e amore.
Così, portandosi una mano alle labbra, pensierosa, fa posare i suoi occhi attenti e curiosi su Vanessa al suo fianco.
"Zia Vanessa"la richiama, portandola a rivolgerle la sua attenzione.
"Dimmi, tesoro" la esorta quindi lei, sporgendosi nella sua direzione.
"Ma tu il fidanzato non ce l'hai?" le domanda, con l'ingenuità che la contraddistingue.
Vanessa rimane in silenzio, irrigendosi davanti alla sua domanda. Abbassa poi lo sguardo, traendo un respiro, prima di ritornare con gli occhi su di lei; un sorriso tirato a incorniciarle il volto. Ma mi rendo conto che, nonostante le parole di Sofia non siano state pronunciate con cattiveria ma che la piccola fosse mossa da un puro istinto di curiosità, è ovvio che si sia sentita ferita da una tale domanda.
"No, Sofia, non ho il fidanzato" le replica, accarezzandosi il ventre ormai pronunciato. Mi viene da pensare a come il padre del suo bambino non sia a conoscenza di questa gravidanza, dopo averla lasciata in malo modo e mi provo a provare della compassione nei suoi confronti.
"Ah!" esclama lei, corrucciando la fronte e piegando in seguito le labbra in un broncio triste. "Quindi anche lui non ha il papà!" ammette, indicando la sua pancia.
La ragazza inarca la bocca in un sorriso intenerito, accarezzandole il capo con le dita, lievemente. "Ma no, tesoro, perché dici così. Tu un papà ce l'hai, eccome".
Lei si ritrae contrariata, incrociando le braccia al petto con fare indispettito. "Il mio papà non mi vuole più bene" sentenzia.
A quel punto è Luca a intervenire, mettendo su un'espressione di incoraggiamento. "Non dire così, Sofi, lo sai che il tuo papà ti vuole tanto bene, è solo un po' impegnato con il lavoro".
Lei rialza gli occhi, sporgendosi verso suo zio, esitante. "Dici davvero?" gli chiede, mordendosi un labbro.
"Certo, tesoro" le sorride lui.
"E mi verrà a prendere presto?" ritenta lei.
"Ti verrà a prendere presto, sì" le concede suo zio. Agli occhi di Sofia, che luccicano di felicità, questa appare come la più preziosa delle promesse.
"Bene" proferisce allora Vanessa, allontanando il piatto da davanti a sé, ormai che la fame le è passata. "Cosa ne dici di andarci a vestire, paperotta?"
"Okay!" esclama la piccola, colma di iniziativa, rimettendosi in piedi e porgendole la sua mano.
La ragazza l'afferra tra le sue, concedendole un sorriso e voltandosi nella nostra direzione per scrutarci in modo complice. La sua iniziativa è un escamotage per lasciarci soli e silenziosamente la ringrazio.
"È tutto ok?" le mima Luca tra le labbra, accertandosi che quella richiesta di poco prima non l'abbia turbata, ma lei acconsente, esortando la piccola a seguirla nella sua stanza.
"Zia Anita" mi richiama proprio lei, ormai sulla soglia, facendomi sciogliere per quel suo modo dolce di nominarmi.
"Sì?"
Lei gonfia le guance, dondolandosi sul posto, colma di aspettativa e curiosità. "Ma alla fine la principessa Anita e il principe vissero felici e contenti?" mi domanda, con un tono tenue e dolce.
Faccio affiorare un sorriso sul mio volto, annuendo con il capo. "Sì, tesoro, vissero felici e contenti" le replico, poi, con complicità. Così, quando lei si allontana, mano nella mano con Vanessa, saltellando piena di gioia, una risata mi nasce spontanea, osservando con quanta facilità le sia tornato, per fortuna, il buonumore.
"E cos'è questa storia?" la voce di Luca, bassa e roca, mi induce a tornare alla realtà, porgendogli la mia attenzione, adesso che siamo soli.
"Forse un giorno te la racconterò" gli faccio presente, aprendomi in un occhiolino che lo fa sogghignare con divertimento.
Poi lascia che finalmente copra le sue labbra con le mie, assaporandole piano, pronta a dimostrargli con questo gesto, tutto l'amore per lui da cui sento invadermi.
"Sei stato bravo prima con Sofi" gli confesso, a mezza bocca, ancora con il respiro corto.
Luca accenna un sorriso, giocherellando con una ciocca dei miei capelli, sistemandola poi dietro l'orecchio. "Non voglio che mia nipote pensi che suo padre non tenga a lei, perché nonostante il suo comportamento sia stato poco consono nell'ultimo periodo, non posso permettere che covi del risentimento nei suoi confronti" esordisce, stringendomi a sé. E io mi accocolo a lui, accarezzandogli il petto e godendo di ogni suo tratto e sfumatura da così vicino.
"Comunque, tornando a noi" aggiunge con dolcezza, portandomi a rialzare gli occhi verso di lui.
"Ho intenzione di contattare la dottoressa Parracciani per fissare un appuntamento" mi spiega, raggiante e io mi ritrovo a seguire il suo sguardo rapita.
Cingo il suo viso tra le sue mani, accarezzandogli le guance. "Non ci credo ancora che lo stiamo facendo davvero" ammetto,ancora incredula.
Lui annuisce, sorridendomi, mentre appoggia le sue mani sulle mie per intrecciare le nostre dita. "Lo stiamo facendo davvero" replica, portandomi a raggomitolarmi di nuovo al suo petto, mentre entrambi godiamo di questa stretta, cercandoci presi e innamorati.

                                                                                                                                ***

Agnese è bellissima e non riesco ancora a capacitarmi di che dono prezioso lei sia. Lascio che le mie dita sfiorino il vetro della nursery, guardando con stupore i piccoli smaniarsi nelle cullette. Poco dopo mi faccio spazio nella stanza, salutando cordialmente l'infermiera di turno che, vedendomi, corruccia la fronte in modo curioso.
"È successo qualcosa, dottoressa?" mi domanda, dimostrando dal suo tono una certa apprensione.
"Oh, nono" le sorrido, rassicurante, "sono qui per la mia nipotina, Agnese".
"Oh" ammette lei in un sospiro sorpreso. "Agnese, sì, che bimba dolcissima, è così tranquilla".
Acconsento con il capo, muovendomi piano tra le culle, come se non volessi intaccare una tale armonia, alla ricerca della mia nipotina, e quando finalmente la scorgo, lì, così piccola, avvolta in un lenzuolino rosa, sorrido colma di emozione.
"Ciao, tesoro" le sussurro, accarezzando lievemente la linea del nasino, che lei arruffa sotto il mio tocco.
Agnese sorride, sporgendo le sue manine verso di me, prima di arricciare le labbra in una smorfia tenera.
"Che c'è, eh? Cosa c'è?" mormoro, muovendo il capo verso di lei, buffamente. Lei ride, voltando la testa alla ricerca di forme e colori da distinguere. Poi punta di nuovo suoi occhi verso di me e mi riscopro ad esserne affascinata; sono tanto grandi e così simili ai miei.
La prendo tra le mie braccia e lei si accoccola al mio petto; uno sbadiglio che copre tra le manine portate alla boccuccia. E io la scruto, cullandola a me e mi ritrovo a essere incantata da ogni suo più piccolo gesto a ogni sua sfumatura.
Mi rendo conto che l'infermiera dietro di me abbia abbandonato la sua postazione, scivolando al mio fianco, e concentrando il suo sguardo alla piccola stretta a me.
"Le assomiglia molto" mi confida, a bassa voce.
Mi volto verso di lei, tornando poi su mia nipote che si addormentata, increspando le labbra in un'espressione serena, e le sorrido.
"Lo so" ammetto con un moto di orgoglio a montarmi dentro, nel frattempo che lei ritorna alle sue mansioni.
Lascio un bacio in fronte a Sofia, inspirando il suo profumo dolce, e quando rialzo gli occhi per puntarli sulla vetrata che ci separa dall'esterno, sussulto nel rendermi conto che al di fuori ci sia Cristina.
Corruccio la fronte, incontrando il suo sguardo e non appena anche la mia amica si accorge che la mia attenzione sia puntato su di lei, si scosta velocemente, compiendo un passo indietro.
Arriccio le labbra in una smorfia triste, mentre mi rendo conto che nonostante sia distante e mi eviti, non accenna ad andare via da lì. Quindi, compirò io un passo verso di lei, le tenderò la mano, aiutandola ad abbassare le sue difese.
Mi sporgo verso di lei, facendole cenno di entrare. Lei scuote il capo, quasi come se fosse intimorita, ma notando la mia insistenza, si ritrova a dover compiere questo gesto. Sul mio viso si insinua un sorriso speranzoso, che Cristina coglie, non appena, silenziosa e timorosa, varca la soglia della nursery.
Lo sguardo dell'infermiera si posa su di lei e non mi sfugge che le labbra le si pieghino in un'espressione contrariata, poi scuote il capo, posando la mia attenzione su di me.
"Non si potrebbe, dottoressa, ma per lei chiuderò un occhio" mi fa presente. E io mi accorgo che abbia appena trasgredito una regola permettendole di entrare, ma adesso non mi importa.
Quindi, la ringrazio con lo sguardo, portando la mia attenzione a Cristina che mi si avvicina.
"Ciao..." sussurra in imbarazzo, volgendo poi lo sguardo incuriosito ad Agnese tra le mie braccia.
Ricambio il suo saluto, cercando di metterla a suo agio. "È mia nipote, si chiama Agnese" le confesso, poi, con un sorriso.
Lei annuisce, portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "È, è davvero bellissima" mormora, attratta dalla neonata. È incredibile l'effetto che questa bambina suscita nelle persone. Scruto la mia amica che adesso ha gli occhi velati di lacrime, le labbra strette come se volesse contenere un improvviso pianto e io sento di volerla stringerla a me per rassicurarla.
"Vuoi, vuoi prenderla in braccio?" la sprono, avvicinandola al suo corpo.
Lei sbarra gli occhi, facendo alternare il suo sguardo, ininterrottamente, da me alla mia nipotina, poi nega, gesticolando con le mani. "No..." ammette, esitante, "no, io non saprei nemmeno come prenderla".
Accenno un sorriso davanti alla sua titubanza. Improvvisamente mi appare così tenera e indifesa. Ti aiuto io" le prometto, "sono al tuo fianco".
Lei sembra captare che dietro le mie parole si nasconda un significato più profondo e si lascia convincere, facendo in modo che io adagi Agnese tra le sue braccia. Così come le avevo premesso, le rimango accanto, mentre la mia amica con le dita che le tremulano lievemente la tiene a sé, un po' incerta e spaventata all'idea di farle male. Guido le sue mani, portandola a sorreggerle la testa, ma la bambina avvertendo la sua insicurezza si sveglia, cominciando a smaniarsi, trasformando il suo pianto in uno stridolio agitato. Cristina l'allontana da sé, facendo in modo che sia io a prendermene cura e a calmarla e, prima che possa solo fermarla, si divincola dalla mia presa, scappando fuori dalla stanza, e nascondendomi il suo volto affranto.
Cullo Agnese con l'intenzione di placare il suo pianto disperato, nel frattempo in cui le sussurro parole dolci, ma l'infermiera di poco prima sopraggiunge al mio fianco, facendomi segno di darla a lei.
"Vada pure, la sua amica adesso ha bisogno di lei" mi fa presente, dedicando un sorriso dolce alla neonata. Io annuisco ancora un po' frastornata e mi muovo alla sua ricerca.

"Cris..." la richiamo, non appena sono fuori, scorgendola rannicchiata contro il muro, con il corpo scosso dai singhiozzi.
Avverto il mio cuore sussultare alla sua vista. Lei si volta verso di me, restituendomi l'immagine del suo volto arrossato e contratto in una smorfia per il pianto.
"Oh...Cris..." sussurro, addolorata, compiendo alcuni passi nella sua direzione. Allargo le braccia, sperando che colga il mio invito e inaspettatamente poco dopo la osservo raggomitolarsi al mio petto, stringendomi a sé in un modo quasi possessivo.
Io l'abbraccio, carezzando la sua schiena e cercando di infondere in lei del conforto.
"Scusa, scusa...mi dispiace così tanto" ammette tra le lacrime, sulla mia spalla.
"Shh..."la tranquillizzo.
Lei incrocia i miei occhi. "Mi dispiace per quello che ci siamo dette, Anita" mi fa presente, mordendosi un labbro con forza.
Appoggio le mie mani sulle sue spalle. "Dispiace tanto anche a me. Non pensavo davvero quello che ti ho detto, e io, io dovevo starti solo accanto, non giudicarti" le confesso, abbassando lo sguardo e quando poco dopo ci lasciamo andare a un altro abbraccio, che ha il dolce sapore del chiarimento, sorrido molto più serena.
"Io, io non ce l'ho fatta, Anita, non ce l'ho fatta" mi confessa, poco dopo, giocherellando distrattamente con le dita.
La sprono con lo sguardo a continuare, mettendo su un'espressione di incoraggiamento.
"Quando Edoardo ha scoperto che fossi incinta e che volessi abortire, si è arrabbiato, sentendosi escluso da una decisione così importante..." mi confida.
"E me ne dispiace, davvero, perché ho sbagliato a non metterlo a corrente. Ma Edo mi ha detto che fossi un'egoista, che per tutto questo tempo avessi pensato solo a cosa volevo io, senza contemplare una sua decisione. Mi sono sentita così male, abbiamo litigato pesantemente, e lui mi ha lasciato lì, da sola..." aggiunge, mentre una lacrima le scivola giù lungo la guancia.
"Oh, Cristina, mi dispiace così tanto" ammetto, arricciando le labbra in una smorfia contrita. Eppure, nonostante ci tenti, non riesco a non comprendere come si possa essere sentito Edoardo. "E alla fine l'hai fatto?" le chiedo, timorosa al pensiero di farla sentire giudicata.
"C-cosa?" balbetta.
"Il bambino, lui..."mormoro.
Cristina socchiude gli occhi, mordicchiandosi il labbro inferiore, nervosa, poi nega con il capo. "No, io, io non ce l'ho fatta" ammette, liberando un sospiro, come se si fosse sbarazzata di qualcosa che la stesse opprimendo nel profondo.
Cingo il suo viso tra le mie mani, lasciandole trapelare la mia sorpresa davanti alle sue parole. "Hai fatto la scelta giusta, tesoro" proferisco in un sorriso. "Ma Edoardo questo lo sa?"le chiedo, poi.
"No, Edo non ne sa niente" mi replica, tristemente. "Ho paura che non voglia ascoltare cosa ho da dirgli" aggiunge, spaventata all'idea che lui non abbia intenzione di rimanere con lei. Vedo la paura insediarsi nei suoi occhi e mi premuro di rassicurarla, scendendo ad accarezzarle la pancia con dolcezza.
Lei sussulta lievemente al mio tocco, puntando gli occhi alla mia mano che solletica lievemente il suo ventre. Un ventre in cui sta fiorendo una nuova vita.
"Questo fagiolino qui dentro vi unirà" le mormoro, a bassa voce. Dai suoi occhi osservo scivolare altre lacrime, ma mi rendo conto che questa volta siano di emozione, così quando la sua mano raggiunge la mia, io ricambio stringendola più forte.
"Pensi io possa essere una buona madre per questo bambino?" mi chiede, cercando in me la rassicurazione di cui ha bisogno. Essere un genitore non è facile, è vero, così come è normale poter essere spaventati all'idea, ma in lei si è già insediato un moto di protezione nei confronti del proprio piccolo. Il modo così dedito con cui si accarezza la pancia, mi riempie il cuore di gioia.
"Questo non lo so, Cris, ma so in altrettanto modo che tu, questo piccolo esserino, lo ami già tantissimo e ora è tutto ciò che conta" pronuncio, sciogliendomi in un sorriso.
Lei annuisce, accennando un riso. "Grazie" mi sussurra, poi, con riconoscenza. E io mi sento felice di aver chiarito con lei, di esserci stata ora che ne aveva bisogno, senza più giudizio e rabbia, ma solo con la rassicurazione e la comprensione di cui lei necessitava.

Cammino per ritornare al mio reparto, riscoprendomi così felice al pensiero di aver fatto pace con la mia amica, quando all'improvviso la voce di Luca mi porta a voltarmi. "Anita!" mi richiama.
Gli sorrido, scoprendolo dietro di me, a pochi passi da me, e mi muovo nella sua direzione, dedita a colmare quei pochi metri che ci separano, con l'ansia e la curiosità di sapere cosa abbia da dirmi.
"Ehi..."
Lui cinge il mio volto tra le sue mani, accarezzandomi con dolcezza le guance e io lo lascio fare, incurante degli sguardi che si posano su di noi. I miei occhi rivolti a lui, lui soltanto.
"La psicologa ha accettato di vederci, questo pomeriggio."mi comunica, incurvano le labbra in un sorriso raggiante.
Ricambio il suo sorriso, con gli occhi che mi brillano per l'emozione. Il nostro desiderio che assume sempre più concretezza.
Lo stiamo facendo davvero...

Così come Luca mi aveva accennato, nel pomeriggio ci rechiamo dalla Parracciani. Ad aprirci è la stessa dottoressa, che si dimostra gentile e dolce come sempre, facendoci strada verso lo studio. Mentre la seguiamo per il corridoio mi sento invadere dalla trepidazione. Non vedo l'ora di poterle comunicare la nostra volontà: sono sicura che si dimostrerà entusiasta dell'iniziativa.
Non appena varchiamo la soglia della stanza, mi accorgo della figura di Irene Berardi e mi ritrovo a non essere tanto sorpresa della sua presenza. In quanto assistente sociale è un po' scontato che ci fosse anche lei.
Lei ci dà le spalle, stretta in un tailler giacca e pantalone blu notte, i capelli scuri e ondulati che le ricadono morbidi lungo la schiena, a differenza del solito chignon.
"Eccoci qua" esordisce la Parracciani, muovendosi cauta verso la sua scrivania.
Irene si volta, sussultando, forse perché sovrappensiero, e ci dedica la sua attenzione, lasciando che il suo sguardo critico si posi sulle nostre figure. Non posso negare di sentirmi in soggezione sotto i suoi occhi.
Luca appoggia una sua mano sulla mia schiena, accompagnandomi verso la sedia, per prendere posto. L'unica a rimanere in piedi, nonostante ci sia una postazione anche per lei, è proprio l'assistente sociale, quasi come se volesse imporci la sua autorità.
La dottoressa Parracciani si appoggia con i gomiti sulla scrivania, incrociando le mani davanti a sé e invitandoci a parlare, con un' espressione cheta.
"Ecco, noi abbiamo pensato a quello che ci ha detto..."incomincia il mio fidanzato, incrociando il mio sguardo con un sorriso. Poi annuisce, dandomi modo di continuare.
"Sì, infatti, e pensiamo di seguire il suo consiglio, dottoressa. Abbiamo intenzione di adottare Lucia" le annuncio, raggiante, con le dita di Luca che stringono le mie.
Amelia sorride, soddisfatta e entusiasta davanti alle nostre parole. 
"Sono contenta di saperlo, è la soluzione migliore per la nostra piccola" ammette, risoluta. Ma adesso la nostra attenzione è tutta per Irene, che è rimasta zitta per tutto questo tempo. La scrutiamo a lungo, come se da lei ne dipendesse il verdetto e quando lei, finalmente, rialza lo sguardo, aprendosi in una risata, di scherno, sussulto, corrucciando la fronte, indispettita.
"Siete a conoscenza che per adottare un bambino si debba essere coniugati da almeno 3 anni? E voi, invece, da quanto state insieme, un giorno?"ci fa notare, in tono sostenuto e di disappunto, assottigliando lo sguardo.
Schiudo le labbra, pronta a ribatterle a tono, ma Luca appoggia una mano sulla mia, portandomi a volergli la mia attenzione. I suoi occhi sembrano quasi pregarmi di non replicarle.
Nonostante sapessimo che questo percorso non fosse facile e che la nostra situazione potesse crearci dei problemi, sentirsi spiattellare la verità in questo modo è alquanto demotivante.
"Non stiamo insieme da un giorno, se è per questo, eppure questa clausola non ci sembra un impedimento" proferisce Luca, calmo e composto.
Irene si impettisce turbata dal non aver scalfito la nostra motivazione e incrocia le braccia al petto.
"Certo, ma non me ne vogliate, se vi faccio presente che, al momento, dovrete eclissare la vostra voglia di adozione" continua, con un'espressione da so tutto io.
A quel punto non riesco più a frenare le parole che mi premono sulla lingua.
"Noto un certo risentimento nelle sue parole, signorina Berardi" la provoco. "Ma credo che non dovrei essere io a dirle che esiste anche l'affidamento" aggiungo, sentendomi montare da un moto di soddisfazione.
Lei annuisce senza più replicare, ma senza darmi davvero modo di esultare per la mia vittoria personale.
"Giusto" interviene la psicologa, concorde con la nostra opinione. "Adesso un preaffido converrebbe assolutamente. Non credi, Irene?" le domanda, cercando la sua approvazione.
Lei incrocia il suo sguardo, ormai spenta da qualsiasi iniziativa e acconsente con il capo. "Certo..." ribatte poco convinta.
Ma Amelia le sorride vincente, incontrando i nostri sguardi complici e trionfanti.
"Perfetto!" annuncia, battendo lievemente le mani, "allora siamo d'accordo".
Io e Luca ci cerchiamo, lasciando che le nostre mani si stringano, l'emozione a delineare i nostri volti davanti al passo che stiamo per compiere.
Per ultimo la psicologa ci mostra la procedura da seguire, facendomi presentare richiesta. Terminati i cavilli burocratici non ci resta che salutarla e darci appuntamento alla prossima per discutere delle modalità del provvedimento. Nel momento in cui io e Luca ci stiamo congedando, lasciando la dottoressa allo svolgimento del suo lavoro, Irene scivola al mio fianco, dileguandosi frettolosa dalla stanza. Mi impongo di seguirla.
"Signorina Berardi" la richiamo, seguendo il ticchettio delle sue scarpe, ma lei persiste, senza voltarsi.
"Irene!"ritento, di nuovo allora, portandola a rivolgermi la sua attenzione, con stizza. 
"Non ho tempo da perdere!" ribatte lei, alzando un dito nella mia direzione sprezzante, ma non mi lascio intimidire dai suoi modi poco consoni e gentili, e prendo ad avvicinarmi, cercando di mostrarmi cordiale.
"Volevo solo fare quattro chiacchiere con lei" tento, accennando un sorriso. Lei assottiglia lo sguardo, increspando le labbra in un'espressione sospettosa, ma prima che possa replicare, la interrompo sul nascere.
"Io non so per quale motivo lei si dimostri così ostile nei nostri confronti..." le confesso, accorata.
"Lo sarei con qualsiasi coppia, non la prenda sul personale, voglio solo assicurarmi che ai bambini sia garantito il meglio!" contesta, punta sul vivo. 
Annuisco, tirando un sospiro e portandomi i capelli dietro le orecchie. "Lo comprendo, ma voglio che lei sappia che il benessere di Lucia ci sta profondamente a cuore, e non c'è bisogno di dirle che questa sia la soluzione migliore per la piccola. Io e Luca ci teniamo davvero a garantirle una famiglia, e darle tutto il nostro amore, glielo assicuro. E se lei dovesse avere ancora qualcosa in contrario, le dimostrerò che si sbaglia." mi stupisco io stessa della sicurezza delle mie parole e sorrido vittoriosa, notando di averla lasciata senza fiato.
Luca sopraggiunge proprio in quel momento, facendo alternare il suo sguardo prima su di me e poi su Irene, silenziosa, al mio fianco.
"Tutto bene?" domanda, corrucciando la fronte, scettico.
"Certo" gli confermo, lasciando che un'espressione rassicurante si insinui sul mio volto. "Abbiamo fatto solo due chiacchiere".
Lui annuisce, anche se poco convinto, e mi porge la sua mano affinché la stringa, pronta a seguirlo.
"Arrivederci" la saluto, voltandomi per concederle un ultimo sguardo e scoprire che Irene ci stia scrutando ancora frastornata e senza parole. Poi torno a guardare Luca e gli sorrido, tranquilla, prendendolo a braccetto, mentre prendiamo a farci strada fuori dall'appartamento.
Quello che stiamo facendo per Lucia è davvero qualcosa di così bello e speciale, e non permetterò che qualcuno ci ostacoli.

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti! :)
Direi che questa volta sono stata veramente brava, perché nel giro di poco più di una settimana riesco a farvi leggere un altro capitolo. Vi confesso di averlo scritto di getto in maggior parte oggi e ne sono molto soddisfatta <3 Spero che possa piacere anche a voi.
Stasera non ho molto altro da dire, capitemi sono un po' stanca dopo un'intensa giornata ahahah, ma mi auguro di sapere la vostra opinione perché ci tengo davvero e, soprattutto, per quale motivo pensate Irene si dimostri così ostile? Sarà vero sia così con tutti? Chissà!
Intanto grazie mille per il sostegno che continuate a mostrarmi, grazie a chi legge, a chi ha inserito la storia nelle sue liste e grazie di vero cuore a chi commenta. GRAZIE dal profondo del mio cuore. Se Anita e Luca sono ancora qui, è merito vostro.
Adesso vi saluto, dandovi appuntamento alla prossima. Un abbraccio forte! <3






  
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