Capitolo 63
Quando
mi sveglio, scalciando il lenzuolo che mi si è aggrovigliato
addosso, mi rendo conto che Luca non è più al mio fianco.
Tasto il cuscino accanto, il suo, rendendomi conto che sia ormai freddo
al tatto, come se lui si fosse già alzato da molto e lo porto
accanto al viso, abbracciandolo per inspirarne il profumo. Reprimo un
gridolino di gioia, socchiudendo gli occhi: sono irrimediabilmente e
perdutamente innamorata di lui e non posso fare a meno di risentirmi di
nuovo un'adolescente alla sua prima cotta. Con la differenza che,
adesso, il mio amore con Luca non è più solo frutto dei
miei sogni più reconditi.
Porto il lenzuolo a coprirmi, stringendolo al petto, con lo sguardo al soffitto e un sorriso felice a incorniciare il mio viso.
Prendo allora a muovere le braccia su e giù come se fossero
delle ali, mentre apro e chiudo le gambe, quasi a volere ricreare un
angelo, sospirando alla sensazione di frescura a contatto con il
lenzuolo sotto di me.
"Anita, ma che stai facendo?"
Luca entra in stanza, mentre rotolo di lato come un salsicciotto e mi
accorgo che sotto il suo sguardo profondamente divertito, io mi senta
quasi come una bambina colta in flagrante a fare qualche marachella dal
proprio genitore.
Le mie guance si imporporano di rosso e portandomi una ciocca di
capelli, in imbarazzo, mi rimetto seduta velocemente, provocandomi un
capogiro.
"Niente, niente" ribatto, evasiva, sviando il discorso con un gesto
della mano. "Solo degli esercizi mattutini. Piuttosto, tu che fai qui?"
aggiungo, mettendo su un sorriso a 32 denti.
Luca abbassa lo sguardo, sbuffando un risolino, e inserisce una mano
nella tasca dei pantaloni, spostando il peso del corpo su un piede.
È già vestito di tutto punto, con una camicia bianca a
cui ha arrotolato le maniche-che mi permette di godere della vista dei
suoi bicipiti in tensione- su un paio di pantaloni scuri, dal taglio
elegante.
"Ho preparato la colazione" mi informa, avvicinandosi per sedersi al mio fianco.
"Oh...la colazione" sussurro, ma il mio sguardo è catalizzato
dal suo viso; non riesco a fare a meno di scrutare il suo volto
sbarbato, con i capelli che gli ricadono sbarazzini sulla fronte e i
suoi occhi così brillanti e chiari.
Lui appoggia un ginocchio sul letto, abbassandosi su di me.
"Mmh-mmh" annuisce, accarezzandomi una guancia con dolcezza. Poi lascia
che le mie labbra tocchino le sue, piano, assaporandone lentamente il
loro sapore.
Mi aggrappo alle sue spalle, sporgendomi nella sua direzione, per
guadagnare un'ulteriore vicinanza, ma inarcando la sua bocca in un
sogghigno divertito, Luca si ritrae dispettoso.
Mentre io sbuffo, come se fossi una bambina, lui mi lascia un'ultima
carezza sul viso, seguendo la linea del mio naso. "Ti aspetto di
là" mormora poi, rimettendosi in piedi, ma senza perdere il
contatto con i miei occhi.
"Okay" acconsento con il capo, vedendolo allontanarsi per andare via dalla stanza.
Quando mi rendo conto di essere di nuovo sola, mi abbandono contro la
testiera del letto e mi porto le mani a coprirmi il viso, strofinandole
contro le guance. Mi tasto poi le labbra con un dito. Che buon sapore
ha la felicità.
Dopo poco, mi alzo e indosso i miei abiti di ieri sera, per evitare altri momenti d'imbarazzo, e mi dirigo verso la cucina.
Non appena sono fuori dalla stanza, mi rendo conto che io avverta
presto una fragranza dolce farsi spazio nell'ambiente, creandomi un
languorino allo stomaco. Mi porto una mano alla pancia, cercando di
soffocare un brontolio che nasce spontaneo.
Quando sono ormai sulla soglia, mi accorgo che Vanessa e Sofia sono
già sedute al tavolo- con la piccola che lascia penzolare le
gambe, teneramente- invece Luca sorseggia da una tazza il suo
caffè, appoggiato al bancone, gli occhi lievemente socchiusi,
come se fosse raccolto nei suoi pensieri. La cucina della sua casa
è luminosa, con la porta finestra che dà sull'esterno, e
un arredamento moderno, bianco e grigio chiaro, a riprendere la linea
guida delle altre stanze. È come una di quelle che ammiri nelle
riviste che svogli alla ricerca della casa perfetta, funzionale e con
elettrodomestici di ultima generazione.
"Buongiorno..." annuncio, poi, scogliendomi in un sorriso.
Vanessa e Sofia si voltano nella mia direzione, e mentre la prima alza
una mano a mo' di saluto, un lieve sorriso a incorniciare il suo viso
dolce e arrotondato, la piccola trilla entusiasta al mio arrivo.
"Zia Anita!" esclama, sporgendo le sue braccia verso di me e io lascio
che mi stringa. Rido divertita al suo tocco, abbassandomi per lasciarle
un bacio tra i capelli e facendole socchiudere gli occhi sotto il mio
tocco.
"Zia Anita" ripete lei, portandosi un ditino alla guancia, mentre si
lecca le labbra, impaziente, pregustando già con gli occhi il
contenuto della sua colazione, "zio Luchi ha fatto le crêpes".
Abbasso lo sguardo al suo piatto dove sono disposte le piadelle con la
Nutella e poi faccio posare i miei occhi su Luca che ci osserva
dolcemente dalla sua postazione.
"E così sa fare anche le crêpes. Dottor Franzese lei
è un uomo dalle mie risorse" lo prendo in giro, simulando
un'espressione di pura sorpresa e muovendomi in modo suadente verso di
lui.
Luca ripone la tazzina ormai vuota nel lavandino dietro di lui e torna
a rivolgermi la sua attenzione. In un attimo è al mio fianco, a
parlarmi a un palmo dal viso e io mi sento avvampare per la sua
vicinanza.
"Oh, sì, non ne hai nemmeno idea" sussurra, carezzando il mio
viso tra le sue mani. Poi scende a lambire il mio labbro inferiore,
mordicchiandolo piano e facendomi sgranare gli occhi, in imbarazzo.
Così, quando lo allontano, spintonandolo divertita, mi giro
nella direzione delle nostre spettatrici che hanno assistito alla
scena. L'altra ragazza presente nasconde un riso dietro la tazza di
latte, Sofia invece ci scruta con le labbra lievemente schiuse per lo
stupore, gli occhietti colmi di gioia. "Zia Vane" mormora, voltandosi
verso di lei, complice. "Zia Anita e zio Luchi si stanno baciando"
aggiunge, battendo le mani, esterrefatta.
Nel frattempo in cui ci lasciamo andare alle risate, Luca mi stringe a
sé e mentre prendiamo entrambi posto a tavola, lo abbraccio,
poggiando il capo sulla sua spalla, profondamente innamorata.
Nel
momento in cui tra di noi cala il silenzio, e prendiamo a gustare la
nostra colazione, raccolti in una bolla di complicità e
spensieratezza, Sofia lascia vagare il suo sguardo su me e Luca che ci
scambiamo piccoli e misurati gesti. Ci osserva come se per lei fosse
una novità, come se non avesse mai avuto l'occasione di vedere
due persone scambiarsi tanto affetto e amore.
Così, portandosi una mano alle labbra, pensierosa, fa posare i suoi occhi attenti e curiosi su Vanessa al suo fianco.
"Zia Vanessa"la richiama, portandola a rivolgerle la sua attenzione.
"Dimmi, tesoro" la esorta quindi lei, sporgendosi nella sua direzione.
"Ma tu il fidanzato non ce l'hai?" le domanda, con l'ingenuità che la contraddistingue.
Vanessa rimane in silenzio, irrigendosi davanti alla sua domanda.
Abbassa poi lo sguardo, traendo un respiro, prima di ritornare con gli
occhi su di lei; un sorriso tirato a incorniciarle il volto. Ma mi
rendo conto che, nonostante le parole di Sofia non siano state
pronunciate con cattiveria ma che la piccola fosse mossa da un puro
istinto di curiosità, è ovvio che si sia sentita ferita
da una tale domanda.
"No, Sofia, non ho il fidanzato" le replica, accarezzandosi il ventre
ormai pronunciato. Mi viene da pensare a come il padre del suo bambino
non sia a conoscenza di questa gravidanza, dopo averla lasciata in malo
modo e mi provo a provare della compassione nei suoi confronti.
"Ah!" esclama lei, corrucciando la fronte e piegando in seguito le
labbra in un broncio triste. "Quindi anche lui non ha il papà!"
ammette, indicando la sua pancia.
La ragazza inarca la bocca in un sorriso intenerito, accarezzandole il
capo con le dita, lievemente. "Ma no, tesoro, perché dici
così. Tu un papà ce l'hai, eccome".
Lei si ritrae contrariata, incrociando le braccia al petto con fare
indispettito. "Il mio papà non mi vuole più bene"
sentenzia.
A quel punto è Luca a intervenire, mettendo su un'espressione di
incoraggiamento. "Non dire così, Sofi, lo sai che il tuo
papà ti vuole tanto bene, è solo un po' impegnato con il
lavoro".
Lei rialza gli occhi, sporgendosi verso suo zio, esitante. "Dici davvero?" gli chiede, mordendosi un labbro.
"Certo, tesoro" le sorride lui.
"E mi verrà a prendere presto?" ritenta lei.
"Ti verrà a prendere presto, sì" le concede suo zio. Agli
occhi di Sofia, che luccicano di felicità, questa appare come la
più preziosa delle promesse.
"Bene" proferisce allora Vanessa, allontanando il piatto da davanti a
sé, ormai che la fame le è passata. "Cosa ne dici di
andarci a vestire, paperotta?"
"Okay!" esclama la piccola, colma di iniziativa, rimettendosi in piedi e porgendole la sua mano.
La ragazza l'afferra tra le sue, concedendole un sorriso e voltandosi
nella nostra direzione per scrutarci in modo complice. La sua
iniziativa è un escamotage per lasciarci soli e silenziosamente
la ringrazio.
"È tutto ok?" le mima Luca tra le labbra, accertandosi che
quella richiesta di poco prima non l'abbia turbata, ma lei acconsente,
esortando la piccola a seguirla nella sua stanza.
"Zia Anita" mi richiama proprio lei, ormai sulla soglia, facendomi sciogliere per quel suo modo dolce di nominarmi.
"Sì?"
Lei gonfia le guance, dondolandosi sul posto, colma di aspettativa e
curiosità. "Ma alla fine la principessa Anita e il principe
vissero felici e contenti?" mi domanda, con un tono tenue e dolce.
Faccio affiorare un sorriso sul mio volto, annuendo con il capo.
"Sì, tesoro, vissero felici e contenti" le replico, poi, con
complicità. Così, quando lei si allontana, mano nella
mano con Vanessa, saltellando piena di gioia, una risata mi nasce
spontanea, osservando con quanta facilità le sia tornato, per
fortuna, il buonumore.
"E cos'è questa storia?" la voce di Luca, bassa e roca, mi
induce a tornare alla realtà, porgendogli la mia attenzione,
adesso che siamo soli.
"Forse un giorno te la racconterò" gli faccio presente,
aprendomi in un occhiolino che lo fa sogghignare con divertimento.
Poi lascia che finalmente copra le sue labbra con le mie, assaporandole
piano, pronta a dimostrargli con questo gesto, tutto l'amore per lui da
cui sento invadermi.
"Sei stato bravo prima con Sofi" gli confesso, a mezza bocca, ancora con il respiro corto.
Luca accenna un sorriso, giocherellando con una ciocca dei miei
capelli, sistemandola poi dietro l'orecchio. "Non voglio che mia nipote
pensi che suo padre non tenga a lei, perché nonostante il suo
comportamento sia stato poco consono nell'ultimo periodo, non posso
permettere che covi del risentimento nei suoi confronti" esordisce,
stringendomi a sé. E io mi accocolo a lui, accarezzandogli il
petto e godendo di ogni suo tratto e sfumatura da così vicino.
"Comunque, tornando a noi" aggiunge con dolcezza, portandomi a rialzare gli occhi verso di lui.
"Ho intenzione di contattare la dottoressa Parracciani per fissare un
appuntamento" mi spiega, raggiante e io mi ritrovo a seguire il suo
sguardo rapita.
Cingo il suo viso tra le sue mani, accarezzandogli le guance. "Non ci
credo ancora che lo stiamo facendo davvero" ammetto,ancora incredula.
Lui annuisce, sorridendomi, mentre appoggia le sue mani sulle mie per
intrecciare le nostre dita. "Lo stiamo facendo davvero" replica,
portandomi a raggomitolarmi di nuovo al suo petto, mentre entrambi
godiamo di questa stretta, cercandoci presi e innamorati.
***
Agnese
è bellissima e non riesco ancora a capacitarmi di che dono
prezioso lei sia. Lascio che le mie dita sfiorino il vetro della
nursery, guardando con stupore i piccoli smaniarsi nelle cullette. Poco
dopo mi faccio spazio nella stanza, salutando cordialmente l'infermiera
di turno che, vedendomi, corruccia la fronte in modo curioso.
"È successo qualcosa, dottoressa?" mi domanda, dimostrando dal suo tono una certa apprensione.
"Oh, nono" le sorrido, rassicurante, "sono qui per la mia nipotina, Agnese".
"Oh" ammette lei in un sospiro sorpreso. "Agnese, sì, che bimba dolcissima, è così tranquilla".
Acconsento con il capo, muovendomi piano tra le culle, come se non
volessi intaccare una tale armonia, alla ricerca della mia nipotina, e
quando finalmente la scorgo, lì, così piccola, avvolta in
un lenzuolino rosa, sorrido colma di emozione.
"Ciao, tesoro" le sussurro, accarezzando lievemente la linea del nasino, che lei arruffa sotto il mio tocco.
Agnese sorride, sporgendo le sue manine verso di me, prima di arricciare le labbra in una smorfia tenera.
"Che c'è, eh? Cosa c'è?" mormoro, muovendo il capo verso
di lei, buffamente. Lei ride, voltando la testa alla ricerca di forme e
colori da distinguere. Poi punta di nuovo suoi occhi verso di me e mi
riscopro ad esserne affascinata; sono tanto grandi e così simili
ai miei.
La prendo tra le mie braccia e lei si accoccola al mio petto; uno
sbadiglio che copre tra le manine portate alla boccuccia. E io la
scruto, cullandola a me e mi ritrovo a essere incantata da ogni suo
più piccolo gesto a ogni sua sfumatura.
Mi rendo conto che l'infermiera dietro di me abbia abbandonato la sua
postazione, scivolando al mio fianco, e concentrando il suo sguardo
alla piccola stretta a me.
"Le assomiglia molto" mi confida, a bassa voce.
Mi volto verso di lei, tornando poi su mia nipote che si addormentata,
increspando le labbra in un'espressione serena, e le sorrido.
"Lo so" ammetto con un moto di orgoglio a montarmi dentro, nel frattempo che lei ritorna alle sue mansioni.
Lascio un bacio in fronte a Sofia, inspirando il suo profumo dolce, e
quando rialzo gli occhi per puntarli sulla vetrata che ci separa
dall'esterno, sussulto nel rendermi conto che al di fuori ci sia
Cristina.
Corruccio la fronte, incontrando il suo sguardo e non appena anche la
mia amica si accorge che la mia attenzione sia puntato su di lei, si
scosta velocemente, compiendo un passo indietro.
Arriccio le labbra in una smorfia triste, mentre mi rendo conto che
nonostante sia distante e mi eviti, non accenna ad andare via da
lì. Quindi, compirò io un passo verso di lei, le
tenderò la mano, aiutandola ad abbassare le sue difese.
Mi sporgo verso di lei, facendole cenno di entrare. Lei scuote il capo,
quasi come se fosse intimorita, ma notando la mia insistenza, si
ritrova a dover compiere questo gesto. Sul mio viso si insinua un
sorriso speranzoso, che Cristina coglie, non appena, silenziosa e
timorosa, varca la soglia della nursery.
Lo sguardo dell'infermiera si posa su di lei e non mi sfugge che le
labbra le si pieghino in un'espressione contrariata, poi scuote il
capo, posando la mia attenzione su di me.
"Non si potrebbe, dottoressa, ma per lei chiuderò un occhio" mi
fa presente. E io mi accorgo che abbia appena trasgredito una regola
permettendole di entrare, ma adesso non mi importa.
Quindi, la ringrazio con lo sguardo, portando la mia attenzione a Cristina che mi si avvicina.
"Ciao..." sussurra in imbarazzo, volgendo poi lo sguardo incuriosito ad Agnese tra le mie braccia.
Ricambio il suo saluto, cercando di metterla a suo agio. "È mia
nipote, si chiama Agnese" le confesso, poi, con un sorriso.
Lei annuisce, portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"È, è davvero bellissima" mormora, attratta dalla
neonata. È incredibile l'effetto che questa bambina suscita
nelle persone. Scruto la mia amica che adesso ha gli occhi velati di
lacrime, le labbra strette come se volesse contenere un improvviso
pianto e io sento di volerla stringerla a me per rassicurarla.
"Vuoi, vuoi prenderla in braccio?" la sprono, avvicinandola al suo corpo.
Lei sbarra gli occhi, facendo alternare il suo sguardo,
ininterrottamente, da me alla mia nipotina, poi nega, gesticolando con
le mani. "No..." ammette, esitante, "no, io non saprei nemmeno come
prenderla".
Accenno un sorriso davanti alla sua titubanza. Improvvisamente mi
appare così tenera e indifesa. Ti aiuto io" le prometto, "sono
al tuo fianco".
Lei sembra captare che dietro le mie parole si nasconda un significato
più profondo e si lascia convincere, facendo in modo che io
adagi Agnese tra le sue braccia. Così come le avevo premesso, le
rimango accanto, mentre la mia amica con le dita che le tremulano
lievemente la tiene a sé, un po' incerta e spaventata all'idea
di farle male. Guido le sue mani, portandola a sorreggerle la testa, ma
la bambina avvertendo la sua insicurezza si sveglia, cominciando a
smaniarsi, trasformando il suo pianto in uno stridolio agitato.
Cristina l'allontana da sé, facendo in modo che sia io a
prendermene cura e a calmarla e, prima che possa solo fermarla, si
divincola dalla mia presa, scappando fuori dalla stanza, e
nascondendomi il suo volto affranto.
Cullo Agnese con l'intenzione di placare il suo pianto disperato, nel
frattempo in cui le sussurro parole dolci, ma l'infermiera di poco
prima sopraggiunge al mio fianco, facendomi segno di darla a lei.
"Vada pure, la sua amica adesso ha bisogno di lei" mi fa presente,
dedicando un sorriso dolce alla neonata. Io annuisco ancora un po'
frastornata e mi muovo alla sua ricerca.
"Cris..." la richiamo, non appena sono fuori, scorgendola rannicchiata contro il muro, con il corpo scosso dai singhiozzi.
Avverto il mio cuore sussultare alla sua vista. Lei si volta verso di
me, restituendomi l'immagine del suo volto arrossato e contratto in una
smorfia per il pianto.
"Oh...Cris..." sussurro, addolorata, compiendo alcuni passi nella sua
direzione. Allargo le braccia, sperando che colga il mio invito e
inaspettatamente poco dopo la osservo raggomitolarsi al mio petto,
stringendomi a sé in un modo quasi possessivo.
Io l'abbraccio, carezzando la sua schiena e cercando di infondere in lei del conforto.
"Scusa, scusa...mi dispiace così tanto" ammette tra le lacrime, sulla mia spalla.
"Shh..."la tranquillizzo.
Lei incrocia i miei occhi. "Mi dispiace per quello che ci siamo dette, Anita" mi fa presente, mordendosi un labbro con forza.
Appoggio le mie mani sulle sue spalle. "Dispiace tanto anche a me. Non
pensavo davvero quello che ti ho detto, e io, io dovevo starti solo
accanto, non giudicarti" le confesso, abbassando lo sguardo e quando
poco dopo ci lasciamo andare a un altro abbraccio, che ha il dolce
sapore del chiarimento, sorrido molto più serena.
"Io, io non ce l'ho fatta, Anita, non ce l'ho fatta" mi confessa, poco dopo, giocherellando distrattamente con le dita.
La sprono con lo sguardo a continuare, mettendo su un'espressione di incoraggiamento.
"Quando Edoardo ha scoperto che fossi incinta e che volessi abortire,
si è arrabbiato, sentendosi escluso da una decisione così
importante..." mi confida.
"E me ne dispiace, davvero, perché ho sbagliato a non metterlo a
corrente. Ma Edo mi ha detto che fossi un'egoista, che per tutto questo
tempo avessi pensato solo a cosa volevo io, senza contemplare una sua
decisione. Mi sono sentita così male, abbiamo litigato
pesantemente, e lui mi ha lasciato lì, da sola..." aggiunge,
mentre una lacrima le scivola giù lungo la guancia.
"Oh, Cristina, mi dispiace così tanto" ammetto, arricciando le
labbra in una smorfia contrita. Eppure, nonostante ci tenti, non riesco
a non comprendere come si possa essere sentito Edoardo. "E alla fine
l'hai fatto?" le chiedo, timorosa al pensiero di farla sentire
giudicata.
"C-cosa?" balbetta.
"Il bambino, lui..."mormoro.
Cristina socchiude gli occhi, mordicchiandosi il labbro inferiore,
nervosa, poi nega con il capo. "No, io, io non ce l'ho fatta" ammette,
liberando un sospiro, come se si fosse sbarazzata di qualcosa che la
stesse opprimendo nel profondo.
Cingo il suo viso tra le mie mani, lasciandole trapelare la mia
sorpresa davanti alle sue parole. "Hai fatto la scelta giusta, tesoro"
proferisco in un sorriso. "Ma Edoardo questo lo sa?"le chiedo, poi.
"No, Edo non ne sa niente" mi replica, tristemente. "Ho paura che non
voglia ascoltare cosa ho da dirgli" aggiunge, spaventata all'idea che
lui non abbia intenzione di rimanere con lei. Vedo la paura insediarsi
nei suoi occhi e mi premuro di rassicurarla, scendendo ad accarezzarle
la pancia con dolcezza.
Lei sussulta lievemente al mio tocco, puntando gli occhi alla mia mano
che solletica lievemente il suo ventre. Un ventre in cui sta fiorendo
una nuova vita.
"Questo fagiolino qui dentro vi unirà" le mormoro, a bassa voce.
Dai suoi occhi osservo scivolare altre lacrime, ma mi rendo conto che
questa volta siano di emozione, così quando la sua mano
raggiunge la mia, io ricambio stringendola più forte.
"Pensi io possa essere una buona madre per questo bambino?" mi chiede,
cercando in me la rassicurazione di cui ha bisogno. Essere un genitore
non è facile, è vero, così come è normale
poter essere spaventati all'idea, ma in lei si è già
insediato un moto di protezione nei confronti del proprio piccolo. Il
modo così dedito con cui si accarezza la pancia, mi riempie il
cuore di gioia.
"Questo non lo so, Cris, ma so in altrettanto modo che tu, questo
piccolo esserino, lo ami già tantissimo e ora è tutto
ciò che conta" pronuncio, sciogliendomi in un sorriso.
Lei annuisce, accennando un riso. "Grazie" mi sussurra, poi, con
riconoscenza. E io mi sento felice di aver chiarito con lei, di esserci
stata ora che ne aveva bisogno, senza più giudizio e rabbia, ma
solo con la rassicurazione e la comprensione di cui lei necessitava.
Cammino
per ritornare al mio reparto, riscoprendomi così felice al
pensiero di aver fatto pace con la mia amica, quando all'improvviso la
voce di Luca mi porta a voltarmi. "Anita!" mi richiama.
Gli sorrido, scoprendolo dietro di me, a pochi passi da me, e mi muovo
nella sua direzione, dedita a colmare quei pochi metri che ci separano,
con l'ansia e la curiosità di sapere cosa abbia da dirmi.
"Ehi..."
Lui cinge il mio volto tra le sue mani, accarezzandomi con dolcezza le
guance e io lo lascio fare, incurante degli sguardi che si posano su di
noi. I miei occhi rivolti a lui, lui soltanto.
"La psicologa ha accettato di vederci, questo pomeriggio."mi comunica, incurvano le labbra in un sorriso raggiante.
Ricambio il suo sorriso, con gli occhi che mi brillano per l'emozione.
Il nostro desiderio che assume sempre più concretezza.
Lo stiamo facendo davvero...
Così
come Luca mi aveva accennato, nel pomeriggio ci rechiamo dalla
Parracciani. Ad aprirci è la stessa dottoressa, che si dimostra
gentile e dolce come sempre, facendoci strada verso lo studio. Mentre
la seguiamo per il corridoio mi sento invadere dalla trepidazione. Non
vedo l'ora di poterle comunicare la nostra volontà: sono sicura
che si dimostrerà entusiasta dell'iniziativa.
Non appena varchiamo la soglia della stanza, mi accorgo della figura di
Irene Berardi e mi ritrovo a non essere tanto sorpresa della sua
presenza. In quanto assistente sociale è un po' scontato che ci
fosse anche lei.
Lei ci dà le spalle, stretta in un tailler giacca e pantalone
blu notte, i capelli scuri e ondulati che le ricadono morbidi lungo la
schiena, a differenza del solito chignon.
"Eccoci qua" esordisce la Parracciani, muovendosi cauta verso la sua scrivania.
Irene si volta, sussultando, forse perché sovrappensiero, e ci
dedica la sua attenzione, lasciando che il suo sguardo critico si posi
sulle nostre figure. Non posso negare di sentirmi in soggezione sotto i
suoi occhi.
Luca appoggia una sua mano sulla mia schiena, accompagnandomi verso la
sedia, per prendere posto. L'unica a rimanere in piedi, nonostante ci
sia una postazione anche per lei, è proprio l'assistente
sociale, quasi come se volesse imporci la sua autorità.
La dottoressa Parracciani si appoggia con i gomiti sulla scrivania,
incrociando le mani davanti a sé e invitandoci a parlare, con
un' espressione cheta.
"Ecco, noi abbiamo pensato a quello che ci ha detto..."incomincia il
mio fidanzato, incrociando il mio sguardo con un sorriso. Poi annuisce,
dandomi modo di continuare.
"Sì, infatti, e pensiamo di seguire il suo consiglio,
dottoressa. Abbiamo intenzione di adottare Lucia" le annuncio,
raggiante, con le dita di Luca che stringono le mie.
Amelia sorride, soddisfatta e entusiasta davanti alle nostre parole.
"Sono contenta di saperlo, è la soluzione migliore per la nostra
piccola" ammette, risoluta. Ma adesso la nostra attenzione è
tutta per Irene, che è rimasta zitta per tutto questo tempo. La
scrutiamo a lungo, come se da lei ne dipendesse il verdetto e quando
lei, finalmente, rialza lo sguardo, aprendosi in una risata, di
scherno, sussulto, corrucciando la fronte, indispettita.
"Siete a conoscenza che per adottare un bambino si debba essere
coniugati da almeno 3 anni? E voi, invece, da quanto state insieme, un
giorno?"ci fa notare, in tono sostenuto e di disappunto, assottigliando
lo sguardo.
Schiudo le labbra, pronta a ribatterle a tono, ma Luca appoggia una
mano sulla mia, portandomi a volergli la mia attenzione. I suoi occhi
sembrano quasi pregarmi di non replicarle.
Nonostante sapessimo che questo percorso non fosse facile e che la
nostra situazione potesse crearci dei problemi, sentirsi spiattellare
la verità in questo modo è alquanto demotivante.
"Non stiamo insieme da un giorno, se è per questo, eppure questa
clausola non ci sembra un impedimento" proferisce Luca, calmo e
composto.
Irene si impettisce turbata dal non aver scalfito la nostra motivazione e incrocia le braccia al petto.
"Certo, ma non me ne vogliate, se vi faccio presente che, al momento,
dovrete eclissare la vostra voglia di adozione" continua, con
un'espressione da so tutto io.
A quel punto non riesco più a frenare le parole che mi premono sulla lingua.
"Noto un certo risentimento nelle sue parole, signorina Berardi" la
provoco. "Ma credo che non dovrei essere io a dirle che esiste anche
l'affidamento" aggiungo, sentendomi montare da un moto di soddisfazione.
Lei annuisce senza più replicare, ma senza darmi davvero modo di esultare per la mia vittoria personale.
"Giusto" interviene la psicologa, concorde con la nostra opinione.
"Adesso un preaffido converrebbe assolutamente. Non credi, Irene?" le
domanda, cercando la sua approvazione.
Lei incrocia il suo sguardo, ormai spenta da qualsiasi iniziativa e acconsente con il capo. "Certo..." ribatte poco convinta.
Ma Amelia le sorride vincente, incontrando i nostri sguardi complici e trionfanti.
"Perfetto!" annuncia, battendo lievemente le mani, "allora siamo d'accordo".
Io e Luca ci cerchiamo, lasciando che le nostre mani si stringano,
l'emozione a delineare i nostri volti davanti al passo che stiamo per
compiere.
Per ultimo la psicologa ci mostra la procedura da seguire, facendomi
presentare richiesta. Terminati i cavilli burocratici non ci resta che
salutarla e darci appuntamento alla prossima per discutere delle
modalità del provvedimento. Nel momento in cui io e Luca ci
stiamo congedando, lasciando la dottoressa allo svolgimento del suo
lavoro, Irene scivola al mio fianco, dileguandosi frettolosa dalla
stanza. Mi impongo di seguirla.
"Signorina Berardi" la richiamo, seguendo il ticchettio delle sue scarpe, ma lei persiste, senza voltarsi.
"Irene!"ritento, di nuovo allora, portandola a rivolgermi la sua attenzione, con stizza.
"Non ho tempo da perdere!" ribatte lei, alzando un dito nella mia
direzione sprezzante, ma non mi lascio intimidire dai suoi modi poco
consoni e gentili, e prendo ad avvicinarmi, cercando di mostrarmi
cordiale.
"Volevo solo fare quattro chiacchiere con lei" tento, accennando un
sorriso. Lei assottiglia lo sguardo, increspando le labbra in
un'espressione sospettosa, ma prima che possa replicare, la interrompo
sul nascere.
"Io non so per quale motivo lei si dimostri così ostile nei nostri confronti..." le confesso, accorata.
"Lo sarei con qualsiasi coppia, non la prenda sul personale, voglio
solo assicurarmi che ai bambini sia garantito il meglio!" contesta,
punta sul vivo.
Annuisco, tirando un sospiro e portandomi i capelli dietro le orecchie.
"Lo comprendo, ma voglio che lei sappia che il benessere di Lucia ci
sta profondamente a cuore, e non c'è bisogno di dirle che questa
sia la soluzione migliore per la piccola. Io e Luca ci teniamo davvero
a garantirle una famiglia, e darle tutto il nostro amore, glielo
assicuro. E se lei dovesse avere ancora qualcosa in contrario, le
dimostrerò che si sbaglia." mi stupisco io stessa della
sicurezza delle mie parole e sorrido vittoriosa, notando di averla
lasciata senza fiato.
Luca sopraggiunge proprio in quel momento, facendo alternare il suo
sguardo prima su di me e poi su Irene, silenziosa, al mio fianco.
"Tutto bene?" domanda, corrucciando la fronte, scettico.
"Certo" gli confermo, lasciando che un'espressione rassicurante si insinui sul mio volto. "Abbiamo fatto solo due chiacchiere".
Lui annuisce, anche se poco convinto, e mi porge la sua mano affinché la stringa, pronta a seguirlo.
"Arrivederci" la saluto, voltandomi per concederle un ultimo sguardo e
scoprire che Irene ci stia scrutando ancora frastornata e senza parole.
Poi torno a guardare Luca e gli sorrido, tranquilla, prendendolo a
braccetto, mentre prendiamo a farci strada fuori dall'appartamento.
Quello che stiamo facendo per Lucia è davvero qualcosa di
così bello e speciale, e non permetterò che qualcuno ci
ostacoli.
ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti! :)
Direi che questa volta sono stata veramente brava, perché nel
giro di poco più di una settimana riesco a farvi leggere un
altro capitolo. Vi confesso di averlo scritto di getto in maggior parte
oggi e ne sono molto soddisfatta <3 Spero che possa piacere anche a
voi.
Stasera non ho molto altro da dire, capitemi sono un po' stanca dopo
un'intensa giornata ahahah, ma mi auguro di sapere la vostra opinione
perché ci tengo davvero e, soprattutto, per quale motivo pensate
Irene si dimostri così ostile? Sarà vero sia così
con tutti? Chissà!
Intanto grazie mille per il sostegno che continuate a mostrarmi, grazie
a chi legge, a chi ha inserito la storia nelle sue liste e grazie di
vero cuore a chi commenta. GRAZIE dal profondo del mio cuore. Se Anita
e Luca sono ancora qui, è merito vostro.
Adesso vi saluto, dandovi appuntamento alla prossima. Un abbraccio forte! <3