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Autore: laisaxrem    01/10/2019    1 recensioni
[KakaSaku] Sono passati due mesi dalla fine della guerra e si avvicina il primo natale di pace tra le Nazioni ninja.
Gai decide di dare una festa, e non una festa qualunque ma un Ugly Christmas Sweater Party.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kakashi, Hatake, Naruto, Uzumaki, Sakura, Haruno, Sasuke, Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke, Sai/Ino, Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'This Is Us'
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Capitolo 1: And so This Is Christmas. I Hope you Have Fun
 
Sarà una lunga storia, questa. Cinquantacinque capitoli, uno per ogni anno, uno per ogni Christmas Party dei nostri amici di Konoha. Li vedremo crescere, vedremo nascere (e finire?) relazioni, daremo il benvenuto ai bambini della nuova generazione... e anche di quella dopo ancora. E perderemo i nostri amati personaggi, chi prima chi dopo. Perché in fondo se copri 55 anni di vita incontri tutto, gioie e dolori, perdite, festeggiamenti, promozioni, cambi al vertice.
La coppia principale, ed i protagonisti principali, è la KakaSaku, ma come potete notare ci sono molte altre coppie, molti altri personaggi in gioco.
Ho già in fase di lavorazione tutta una serie di storie "collaterali" a questa (una tra tutte è uno degli anniversari di matrimonio di Kakashi e Sakura che li vedrà in un onsen, oppure il quarantatreesimo compleanno di Kakashi che diventerà moooolto bollente), ma ne riparleremo più avanti.
Una manciata di capitoli partecipano al Fictober 2019; per esempio questo primo capitolo ha al suo interno il prompt 1: "It will be fun, trust me".
Che altro? Il titolo di questo primo capitolo è un verso della canzone di John Lennon "Happy Xmas (War Is Over)", ed ogni titolo dei capitoli futuri saranno tratti da canzoni natalizie.
Buona lettura.
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Hatake Kakashi, eroe di due guerre ninja, temuto in tutte le Nazioni e futuro Hokage non si era mai vergognato tanto in tutti i suoi splendidi trentun anni di vita.
Tre giorni prima era passato a trovare Gai al suo appartamento. I medici dell’ospedale l’aveva dimesso solo la sera precedente e voleva accertarsi che non avesse problemi con la sedia a rotelle. L’aveva trovato insieme ai suoi due allievi, Rock Lee e Tenten, ed era stato trascinato in salotto per brindare all’inizio dell’Estate della Giovinezza (o qualcosa del genere). Ma Kakashi conosceva l’amico da più di venticinque anni e sapeva leggere il dolore che si nascondeva sotto al suo solito sorriso, dolore condiviso coi due ragazzi. Ovviamente, dopotutto avevano perso Neji nella guerra.
Così quando il suo vecchio rivale aveva annunciato che stava organizzando una festa di Natale e che ovviamente Kakashi era invitato, aveva accettato. Errore tremendo, davvero davvero tremendo. Gai aveva spiegato che sarebbe stata una festa a tema e, per la precisione, un Ugly Christmas Sweater Party. Kakashi aveva sentito rizzarsi i peli delle braccia al pensiero. Così aveva cercato di divincolarsi.
«Oh, peccato, io non ho niente del genere nell’armadio».
«Non ti preoccupare, mio Rivale. Ne ho già parlato con Tenzō e ha detto che penserà lui a regalartene uno», gli aveva assicurato Gai, il suo solito sorriso che gli stirava le guance.
«Che… gentile», aveva borbottato Kakashi.
«Oh, andiamo, ti divertirai! Fidati di me!» l’aveva incitato l’amico, il pollice sollevato in segno di vittoria.
E Kakashi non aveva potuto fare altro che accettare l’invito.
Così ora si trovava fuori da una casa di legno, creata da Tenzō per l’occasione sopra al monte degli Hokage, con più di un’ora di ritardo. Erano solo le otto ma era già scelta la notte da un bel pezzo: dopotutto quelle erano le giornate più corte dell’anno.
Sentiva il chiacchiericcio allegro provenire dall’interno ma l’idea di farsi vedere con quel coso addosso… Per una volta Kakashi rimpianse di non essere già salito al soglio dell’Hokage perché in quel caso avrebbe destinato Tenzō a due lunghe settimane di turni di sorveglianza di Orochimaru. Nella neve. Con Anko. In effetti, poteva provare a parlarne con Tsunade. Oh, sì, la sua vendetta sarebbe stata terribile.
«Pensi di rimanere a nasconderti qui fuori per molto, Kakashi-sensei?»
Kakashi si voltò abbandonando i suoi pensieri e vide Sakura avanzare lentamente verso di lui. Stava lasciando crescere i capelli che ora le sfioravano quasi le spalle. Si chiedeva se fosse per Sasuke e una parte di lui voleva girare la domanda a lei, ma non era sicuro di voler sentire la risposta. Il quarto membro del Team 7 era ancora un argomento tabù per lei e Naruto… ed in generale per il Villaggio che al momento era diviso tra chi voleva punirlo in modo esemplare per i suoi crimini e chi voleva il perdono – Kakashi si trovava a metà tra le due opinioni, altra cosa di cui non avrebbe parlato con i suoi allievi. In quel momento l’Uchiha si trovava ancora nelle prigioni di massima sicurezza, gli occhi chiusi da un sigillo, incatenato e costantemente sotto sorveglianza.
Era una nota dolente per tutti loro, ma probabilmente Sakura era quella che soffriva di più. Aveva amato quel ragazzo per anni, aveva lottato per lui, l’aveva inseguito ed era stata ricompensata da fredda indifferenza. Kakashi vedeva ancora il momento in cui Sasuke aveva usato il potere dei suoi occhi per farla cadere in un genjutsu in cui le trafiggeva il cuore col Raikiri. Quel giorno di ottobre aveva sentito la rabbia ribollirgli dentro per quel gesto così insensibile, ed ora, a distanza di due mesi, il sentimento non era cambiato. Il jōnin era piuttosto sicuro che ormai Sakura avesse abbandonato l’idea di danzare via verso il tramonto con il suo amore di sempre, ma non ne era del tutto sicuro. Sperava fosse così anche perché era piuttosto sicuro che i sentimenti fraterni di Naruto per Sasuke non fossero più solo fraterni.
Ma dopotutto cosa ne sapeva lui degli amori giovanili?
«Kakashi-sensei?» lo chiamò Sakura, ridestandolo dai suoi pensieri.
«No, fa freddo», rispose lui con un sorriso. «Però l’idea di fuggire mi è passata per la mente».
«Fortuna che sono uscita a recuperarti, allora», disse la giovane avvicinandosi fino a prendergli la mano e trascinandolo verso la porta. Kakashi oppose solo un po’ di resistenza. «Bel maglione, comunque», aggiunse lei in tono serio.
Il jōnin sentì il sorriso morirgli sulle labbra.
«Ecco, ora voglio proprio tornare a casa».
Sakura rise, una risata leggera ma vera.
«Sono seria, ti sta bene. E la fantasia è… ah, particolare», rincarò la dose lei, lanciandogli un’occhiata da sopra la spalla. «Non mi aspettavo qualcosa di così audace da te, sensei».
«Ti prego, niente sensei», borbottò Kakashi, pentendosi ad ogni passo che lo portava più vicino al chiasso e alla gente. «E non l’ho comprato io. È un regalo di Tenzō».
«Sadico. Ma riesco a cogliere il senso».
«Il tuo invece è molto bello. Anche se penso che Pakkun non sarebbe molto contento della scelta della fantasia gattesca».
«Cercherò di non farmi vedere da lui, allora».
Ed aprì la porta.
Troppa gente. C’era decisamente troppa gente per i suoi gusti. Forse poteva ancora fuggire, se si liberava di Sakura.
«Andiamo, Kakashi, ti divertirai», l’esortò lei tirandolo dentro e chiudendo la porta.
Merda.
Gai gli fu addosso in tre secondi, spinto da Lee. Entrambi indossavano lo stesso maglione ridicolo: dello stesso verde della loro tipica tuta di spandex, con ricamato sul petto un Babbo Natale che si cimentava in una partita di braccio di ferro contro Rudolph la renna. Kami-sama, e Kakashi si era lamentato del suo.
«Mio Rivale! Sei arrivato! E con solo un’ora di ritardo», lo accolse il “padrone di casa”.
«Sai com’è, qui fuori ho incontrato una micina nella neve e mi sono fermato a chiacchierare con lei».
«Non dare la colpa a me per i tuoi ritardi, Kakashi-sen… Kakashi», lo rimproverò Sakura mettendogli in mano un bicchiere di quello che sembrava eggnog e che profumava di eggnog molto alcolico. Sì, gli sarebbe servito per arrivare alla fine di quella serata.
«Kakashi-sensei, sei arrivato!» giunse l’ululato di Naruto che si avventò sul jōnin circondandogli le spalle con l’unico braccio che gli rimaneva.
Aveva il volto rosso quanto il maglione che portava, i capelli biondi spettinati, gli occhi azzurri sorridenti e un po’ lucidi – e non di lacrime. Gli erano cresciuti un po’ i capelli e gli ricordava più che mai Minato-sensei.
«Ti prego, Naruto, è più di un anno che non sono più il tuo insegnante, non chiamarmi così».
«Tu sarai sempre il mio Kakashi-sensei».
«Inquietante». Sai. Sempre delicato, il ragazzo.
«Hai un maglione ridicolo, Kakashi-sensei», continuò l’Uzumaki, ridacchiando. Ubriaco, decisamente ubriaco. «Mi piace. È divertente».
«Prenditela con Tenzō».
«Senpai, ti ho già detto di chiamarmi Yamato, per favore», giunse la protesta del suo vecchio kohai, spuntato chissà da dove con dei un piattino di sushi in mano.
«E io ti ho detto di non chiamarmi “senpai”. Come vedi non possiamo avere tutto dalla vita».
«Inizierò a chiamarti “Hokage-sama” allora».
«Solo se vuoi trovarti a sorvegliare Orochimaru sotto la neve. Con Anko», minacciò, ora più che mai convinto della bontà dei suoi propositi di vendetta.
«Kakashiiiiii-senseiiii!» intervenne Naruto, stringendolo ancora più forte mentre lo fissava con occhi comicamente spalancati. «Stai diventando Hokage?!»
«Sì, Naruto, te l’abbiamo già detto», s’inserì Sakura, tornata con un bicchiere ed un paio di biscotti.
Errore madornale perché il ragazzo si staccò da Kakashi per lanciarsi su di lei, facendole quasi versare l’eggnog. Lei alzò gli occhi al cielo ma gli permise di stringerla.
«Sakura-chaaaan. Hai visto il maglione di Kakashi-sensei?» le sussurrò all’orecchio con l’evidente intento di non farsi sentire dall’interessato… con scarso risultato peraltro. «Non è ridicolo?»
Lei ridacchiò adocchiando ancora il petto del ninja. L’allegria si propagò a Naruto che scoppiò in una risata sguaiata, subito seguito dalla ragazza e dai presenti che avevano seguito lo scambio (Tenzō, quel traditore).
«Molto divertenti», borbottò Kakashi mentre trangugiava metà della sua bibita approfittando dell’ilarità generale.
Kakashi sospirò ma la realtà era che faticava a trattenere il sorriso. Ecco perché era lì. Ecco perché aveva accettato d’indossare quel maglione orrendo e di ritrovarsi in mezzo a troppa gente. Per i suoi studenti, per i suoi amici. Se l’avere addosso una maglia con ricamato un albero di Natale conciato come un rapper permetteva loro di ridere di gusto come stavano facendo ora, bè, allora ne valeva la pena.
O era ciò che pensava fino al momento in cui venne accecato dalla luce di un flash.
Lee, ancora ridacchiando, aveva preso una macchina fotografica dalla sacca della sedia a rotelle di Gai e aveva scattato una foto a lui, Sakura e Naruto proprio mentre arruffava i capelli a quest’ultimo. Bene, ora doveva distruggere quella pellicola prima che qualcun altro vedesse il futuro Hokage vestito come un tredicenne ubriaco.
«Non ci pensare nemmeno, Rivale», l’avvertì Gai, leggendogli nel pensiero.
Stava per ribattere quando alla mischia si unirono Ino, che si lanciò immediatamente su Sai, e Shikamaru, che reggeva tra le braccia la piccola Mirai ed aveva uno sguardo terrorizzato. Kakashi scorse Kurenai al tavolo dei dolci e le rivolse un cenno di saluto.
Finalmente i suoi ex allievi smisero di prestargli attenzione, troppo concentrati ad azzuffarsi tra loro e coi compagni, e lui poté migrare lontano dalla porta fino ad una panca di legno in un angolo, sulla quale si lasciò cadere sconsolato. Sarebbe stata una lunga serata. Però non era terribile come aveva temuto. Dal suo angolino, un Icha Icha in mano, Kakashi osservava i presenti festeggiare, mangiare, ridere, giocare e sentiva il cuore leggero. Quel dolore che era lì dalla guerra, che era lì da più di vent’anni, iniziava a scemare e diluirsi nel calore dell’affetto dei suoi compagni. Era una sensazione nuova e piacevole e Kakashi iniziava a crogiolarcisi dentro.
Era lì ormai da quasi un’ora quando Tsunade, il volto rosso come un peperone, una bottiglia di sake in una mano, si lasciò cadere accanto a lui sbuffando.
«Vedo che ti diverti». Il tono non era ironico e Kakashi cercò di sforzarsi di assumere la sua solita compostezza: se una Godaime tremendamente ubriaca poteva leggere la sua espressione così bene doveva darsi un contegno.
«In un certo senso», concesse.
«Bene. Fallo finché puoi ché da marzo sarai fregato», rise la donna, balzando in piedi e barcollando paurosamente.
Kakashi si sporse per afferrarla prima che cadesse, ma Shizune era già li accanto.
«Tsunade-sama, forse dovremmo…»
«Altro sake, Shizune!» E partì a passo di marcia verso il tavolo delle bibite.
Kakashi sorrise e si rimise a leggere il suo libro. Nemmeno cinque minuti dopo venne interrotto da una mano che offriva biscotti di pan di zenzero glassati. Sakura.
«Posso sedermi?» L’uomo sorrise, accettando un biscotto – il pan di zenzero era uno dei pochi dolci che tollerava – e facendole cenno di accomodarsi accanto a lui. «Stai bene, Kakashi-sen… Kakashi?»
«Perfettamente. E tu?»
«Sto bene. È divertente. Non me l’aspettavo», ammise la giovane mentre con un sorriso scrutava Naruto litigare con Kiba per il suo tentativo di usare il povero Akamaru come renna.
«Non eri in vena di festa?»
«Non particolarmente, no. C’è così tanto lavoro da fare con i feriti della guerra che l’unica cosa che voglio la sera è allungarmi sul divano a leggere. Venire ad una festa non era proprio nelle mie priorità».
«Capisco».
«Hai visto Sasuke-kun recentemente?»
Ah. Eccoci qui.
«Sono passato a controllare come stava settimana scorsa. Sta bene», aggiunse prima che potesse chiederlo lei.
«Sono contenta», disse Sakura, un piccolo sorriso sulle labbra, le mani che cullavano il bicchiere in grembo.
«Sai, sono convinto che Tsunade-sama ti darebbe il permesso di vederlo ogni tanto, se insistessi», l’incoraggiò Kakashi.
«Forse. Ma sto bene così. Preferisco non vederlo».
«Davvero?»
«Davvero», assicurò e gli sorrise. Un sorriso vero, luminoso. In pace.
Kakashi ricambiò e le rubò di mano l’ultimo biscotto di pan di zenzero, divorandone metà prima che lei potesse guardarlo. E sorrise anche quando lei gli tirò una gomitata nelle costole – probabilmente incrinandogliene un paio e facendolo quasi strozzare.
«Ladro».
«Stai bene coi capelli così», si complimentò il jōnin mentre con discrezione si massaggiava il punto offeso.
«Non pensare di farmi scordare il fatto che sei un ladro di biscotti solo facendomi un complimento», dichiarò Sakura, incrociando le braccia sul petto e imbronciando le labbra. «Non mi distraggo così facilmente».
Lui le arruffò i capelli e sorrise della sua faccia cupa.
«Forza, signore e signori, tutti qui che facciamo una foto-ricordo!» chiamò Gai dall’altro lato della stanza.
Sakura balzò in piedi e lo scrutò interrogativa notando che aveva ripreso a leggere Icha Icha.
«Vai pure. Io sto bene qui», disse lui in tono piatto.
«Non credo proprio».
E, esattamente come all’inizio della serata, gli afferrò una mano e lo trascinò via. Ma questa volta Kakashi lottò più strenuamente: era già grave che ci fosse una fotografia di lui con quel maglione ridicolo, figuriamoci una seconda. No, nemmeno morto. Peccato che la sua rapitrice possedesse una forza disumana e impedì qualunque suo tentativo di fuga.
Ci volle qualche manovra per far stare tutti nell’inquadratura ma infine l’Hatake si ritrovò pressato tra Sakura e Tenzō, con Naruto e Sai accoccolati davanti a lui ad impedirgli di scappare. Oh, da marzo gliel’avrebbe fatta pagare, a tutti loro.
«Andiamo, Kakashi, sorridi un po’», l’incitò Gai, che lo scrutava da dietro il cavalletto.
«No. Non voglio farla, perciò non sorriderò», borbottò.
«Kakashi-senseiiiii! È solo una fotografia!» protestò Naruto. «Vogliamo ricordarci per sempre del tuo maglione!»
«Le brucerò tutte», minacciò Kakashi, ostinandosi a tenere il broncio.
«Adesso faccio partire l’autoscatto. Sorridete!» avvertì Gai e, in tutta fretta, spinse sulle ruote per andare a piazzarsi nel posto vuoto davanti a Lee.
Peccato che avesse sottovalutato la potenza dello slancio e finì per colpire Shino e Hinata, facendo quasi cadere la povera ragazza, e investendo i piedi di Chōji che ululò di dolore. Infine riuscì a sistemarsi e sfoderò il suo enorme sorriso ed il pollice che erano la sua firma mettendosi in posa. Ma il flash non venne.
«Gai-sensei…»
«Adesso scatta. Pazienza, Lee».
Altri dieci secondi.
«Vedrete che scatta».
Altri dieci secondi.
«Solo un momento…»
Altri dieci secondi.
«Perché diavolo non scatta?!» ululò Tsunade mentre il flash li illuminava.
Kakashi sorrise.
***
«Gai?»
«Sì, mio Rivale?»
«Puoi stampare una copia di quelle foto anche per me?»
«Ma certo, Kakashi».
  
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