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Autore: Riflessi    02/10/2019    7 recensioni
Draco lo sapeva che quella donna -prima o poi- l'avrebbe fatto morire...
D'odio, o d'amore.
Che, in un modo o nell'altro, lei non sarebbe mai uscita dalla sua vita, per tormentarlo deliziosamente fino alla fine dei suoi giorni.
Hermione Granger era nel destino di Draco Malfoy come Tom Riddle era stato in quello di Harry Potter: una persecuzione costante, continua, perenne, che l'avrebbe portato alla pazzia totale... o forse chissà, l'avrebbe invece salvato dal profondo abisso della solitudine!
SEQUEL DE "LE FIABE OSCURE"
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 19
-Puffole pigmee e gufi postini-


 

Wallingford, Oxfordshire.

Nel mondo magico e babbano, si era sempre detto che la gelosia era il peggiore dei mali, perché esso era l'unico sentimento contro il quale era impossibile combattere.
La gelosia rende ciechi, irrazionali, rabbiosi. E Draco Malfoy lo sapeva bene, perché da quando aveva scoperto l'amore vero, aveva pure dovuto fare i conti con il suo più grande difetto: l'egoismo.

Draco, fino a quel momento, si era sempre considerato il padrone indiscusso di tutto ciò che possedeva, senza dubitare mai della correttezza di queste convinzioni; quasi come un re che detiene il potere per grazia divina, e che stabilisce la sorte di ogni suo povero suddito. Ma ora che Hermione Granger era entrata prepotentemente nella sua vita, Draco poteva considerare anche lei come una sua proprietà alla stregua di un elfo domestico?
Non ne aveva idea... lui in fondo, non aveva mai avuto crucci simili fino ad allora! Non gli era mai capitato, prima, di considerare una donna come una parte di sé, e della sua anima.
Queste erano sensazioni nuove e devastanti, per Draco Malfoy. Così inaspettate, che si era reso conto di dover ancora imparare a gestirle, e pure a contenere la possessività furiosa che lo animava, ogni volta che qualcuno si avvicinava troppo a colei che reputava di suo esclusivo dominio.

Infatti, appena l'uscio di casa Granger si era spalancato e di fronte ai suoi occhi stanchi era apparso Ronald Weasley, la mente di Draco -corrotta dai troppi anni d'odio e sospetto- aveva iniziato a fare strane congetture, alimentate dai vaghi ricordi del brevissimo ed adolescenziale flirt che LEI aveva avuto con il suo amico grifondoro.

"Chi si rivede!"
Fu Ron a spezzare la tensione nervosa, e lo fece con un tono di profondo tedio.

"Che cazzo ci fai tu qui?" Gli rispose invece Draco, rabbiosamente.

Il ragazzo con le lentiggini sollevò un sopracciglio, ma si limitò solo ad osservare attentamente l'uomo biondo che si stagliava sull'uscio. E da quell'esame si accorse che egli era più pallido e dimesso che mai, aveva gli occhi venati di rosso, la barba ricresciuta, ed il suo aspetto era sciatto, forse a causa dei giorni passati ad Azkaban, anche se l'aria fiera ed arrogante che aveva stampata in faccia non l'aveva abbadonato affatto.

"Ehi... calmati, Malfoy! Non farti venire strane idee. Non è come credi!"

Si affrettò a ribattere Ron che, in un raro momento di perspicacia, aveva capito subito le contorte deduzioni di quell'ex mangiamorte.

Si scrutarono qualche secondo, Draco Malfoy con ancora una certa diffidenza ad animarlo, e Ron Weasley invece, con la rassegnazione di chi sa che il soggetto è irrecuperabile.

"EHI RON!!! MA SI PUO' SAPERE CHI E'?"

Gridò Hermione dalla cucina, facendoli sobbalzare entrambi impercettibilmente, e mettendo fine a quello scambio intimidatorio di sguardi.

Poi, sogghignando in direzione di Malfoy, Ron alzò la voce per farsi sentire, e con l'espressione perfida, disse:

"E' il solito scocciatore che vende gli aspirapolveri, Hermione! Devo mandarlo via?"

Si sentì la ragazza sbraitare di rimando: "Ooh santo Merlino! Questi venditori porta a porta sono di un'invadenza ineguagliabile! Gli ho sbattuto la porta in faccia l'altro ieri, maledizione!"

Ron ridacchiò apertamente e Malfoy lo fulminò, sussurrandogli: "Che imbecille che sei!"

Dopodiché, Draco entrò in casa scansando poco garbatamente il ragazzo, e si diresse in cucina con un'agitazione folle nel cuore e la timida speranza che finalmente fra lui ed Hermione sarebbe andato tutto a posto.

 
***


Wiltshire, Inghilterra.

Da quando Lord Voldemort, nel lontano maggio del 1998, aveva abbandonato definitivamente questo mondo per mano di Harry Potter, i giornali magici non avevano più trovato niente di davvero serio, o almeno minimamente interessante, da far leggere ai propri lettori...

Questo stava pensando Lucius Malfoy con l'espressione indispettita, mentre sfogliava nervosamente La Gazzetta del Profeta nel suo salottino privato.

Erano undici lunghi anni, che i quotidiani magici parlavano di scandali e gossip da due falci tanto per riempire le consuete venti pagine, corredate da foto animate dove i soggetti ritratti rientravano da serate all'insegna del Whisky incendiario, o dove qualche mago in ristrettezze economiche veniva sfrattato dal suo appartamento ad Hogsmade. Sempre se a tutte quelle stronzate poi, non vi si aggiungeva il solito trafiletto puntualmente pubblicato ogni primo settembre, e messo lì per informare la comunità che ad Hogwarts era stato cambiato -come fosse una novità- l'ennesimo professore di difesa contro le arti oscure.

In quelle lunghe stagioni di magra editoriale perciò, l'improvviso, sconvolgente, e soprattutto tormentato amore tra suo figlio e l'eroina del mondo magico Hermione Granger, aveva rappresentato per la stampa l'evento più succulento degli ultimi deprimenti anni, come un tanto atteso temporale dopo mesi di siccità.
Dal primo giorno in cui li avevano scorti insieme infatti, i giornalisti si erano scatenati peggio delle tifoserie di Quiddich all'ultima giornata di campionato; ed anche se all'inizio Lucius aveva odiato con tutta l'anima il fatto di ritrovarsi quella giovane strega dentro casa, convinto che quell'unione fosse un sacrilegio, cominciava ad essere stufo perfino lui di tutte le malignità che scrivevano i quotidiani! In fondo, si trattava pur sempre di suo figlio e della donna che si era scelto come compagna, dannazione! C'era un limite a tutto.

A dispetto di ciò che aveva pensato in passato della loro relazione oscena poi, Lucius si era accorto da tempo, purtroppo, che quei due si amavano per davvero: l'aveva visto dalla disperazione di Draco negli ultimi mesi, e l'aveva visto negli occhi angosciati di Hermione Granger, quando era corsa alla villa per chidere l'aiuto suo e di Narcissa nella speranza di salvare Draco dal piccolo demone che lo tormentava.
E allora si era dovuto arrendere definitivamente, iniziando subito ad immaginarsi -da perfetto masochista- il futuro, per prepararsi psicologicamente ad esso, ed evitare così di farsi prendere un colpo apoplettico nel momento in cui il suo sontuoso maniero sarebbe andato di diritto in eredità ad una nata babbana! O di farsi prendere un infarto fulminante all'idea di avere per nipoti tanti piccoli odiosi mezzosangue grifondoro.

Mentre ragionava silenziosamente su questi fatti, Lucius aveva continuato a sfogliare il giornale, e ad un certo punto si stupì, rendendosi conto che, per una volta, il nome di suo figlio non era spuntato fuori per essere calunniato come al solito!
Perché ahimè... Lucius aveva perso il conto, delle volte in cui avevano accusato Draco di aver circuito Hermione Granger per ripulirsi la fedina penale, o di essersi accordato con lei per un matrimonio di convenienza che avrebbe fatto dimenticare le origini babbane della giovane e avrebbe dato a lui la possibilità di scalare i vertici delle istituzioni magiche fino, magari, alla poltrona da Primo Ministro!

Quante stronzate, per Merlino!

Purtroppo però, il signor Malfoy non aveva ancora imparato che non bisognava mai cantare vittoria troppo presto. Giunto alla dodicesima pagina della Gazzetta del Profeta infatti, vide un articolo fare bella mostra di sé sull'intero foglio...
Con una smorfia esasperata allora, ruotò gli occhi al soffitto, ed iniziò a leggere:

Le fiamme inghiottono i progetti ed i manufatti segreti del nono livello!
Un grave incidente è avvenuto quattro giorni fa al nono livello del Ministero della Magia. L'ufficio Misteri ha preso fuoco mandando nel caos tutti i dipendenti che, per fortuna, sono riusciti a domare le fiamme e a limitare i danni. Voci di corridoio affermano che nella faccenda sia implicato Draco Malfoy, che per una sospetta coincidenza si trovava proprio lì quando l'incendio è divampato.
Il Primo Ministro però, con un comunicato ufficiale, ha smentito immediatamente le illazioni, rilasciando alla stampa una dettagliata spiegazione degli eventi, che sembrerebbero essersi verificati a causa di una scintilla, generata da una pozione lasciata incustodita! Secondo Kingsley Shacklebolt la presenza del giovane erede della famiglia Malfoy nei pressi dell'ufficio, era dovuta ad un'altra questione, non meglio specificata.
Il dubbio che sorge è il seguente: stanno provando ad insabbiare la verità, o le cose stanno davvero così?

 
Edmund Barkley, La Gazzetta del Profeta.
 

Lucius chiuse di scatto il giornale, lo gettò nel caminetto ed uscì dal salotto borbottando chiaramente un:
"Ma andate a farvi fottere, giornalisti del cazzo!"


 
***


Wallingford, Oxfordshire.

Quando Draco entrò in cucina, intimamente terrorizzato all'idea che Hermione non lo volesse più nella sua vita, lo fece con fatica, ormai fin troppo provato dai quattro giorni passati ad Azkaban senza dormire né mangiare decentemente. Eppure, quando i suoi occhi penetranti incrociarono quelli caldi di lei... per un secondo, un solo secondo, Draco credette di non sentire più la stanchezza, il dolore, o la fame. Solo un calore in mezzo al petto, che da lì si irradiava in ogni parte del corpo facendolo sentire più vivo che mai.

La guardò intensamente, racchiudendo in quello sguardo tante cose che sicuramente non le avrebbe detto per colpa di quella timidezza orgogliosa di cui non riusciva a liberarsi ma, in compenso, sorrise...
Fu un sorriso impacciato, appena visibile, che però voleva dirle chiaramente: Eccomi. Sono tornato! E l'ho fatto per te. E solo a te ho pensato finora, giorno e notte. Come un chiodo fisso.

Dubita che le stelle siano fuoco,
dubita che il sole si muova,
dubita che la verità sia mentitrice: ma non dubitare mai del mio amore.


Hermione era rimasta paralizzata dalla sorpresa quando l'aveva visto stagliarsi sulla porta della sua cucina, e non era riuscita a dire nulla, se non il suo nome in un sussurro emozionato:

"Draco..."

Si era alzata dalla sedia e con gli occhi lucidi di commozione gli si era avvicinata piano, quasi non credendo alla sua reale presenza.

Quei quattro giorni erano stati un inferno pure per lei, che non era riuscita un solo, fottuto secondo, a togliersi il pensiero di Draco dalla testa; tutte le notti si era rigirata nel letto con il desiderio di stringerlo a sé e sussurrargli parole tranquillizzanti sperando, come la più folle delle creature innamorate, che i suoi pensieri potessero arrivargli, nello stesso modo che raccontavano i romanzi d'amore di fine ottocento; e placargli così tutte le ansie, le paure, le inquietudini. Hermione aveva perfino pianto stringendo i pugni sul cuscino, dandosi dell'idiota tante volte quanti erano i libri che aveva letto in vita sua, per averlo allontanato da sé.
La verità era che lei non poteva più fare a meno di quell'uomo! Che non riusciva più a dormire, senza di lui! Che aveva perso la felicità, da quando lui non era più con lei. Ma nonostante ciò, aveva continuato a fargli del male, lasciandolo solo proprio quando aveva avuto più bisogno di avere accanto chi lo amava. Stupida.

Quattro giorni strazianti... in cui la preoccupazione di saperlo in carcere, si era aggiunta alla paura di averlo perso, stavolta per sempre.

Eppure...
Draco era uscito da Azkaban, ed era andato da lei.

Tutti gli atroci dubbi che l'avevano dilaniata allora, svanirono per magia, perché lui era di nuovo davanti ai suoi occhi. Libero.
LEI era stato il suo primo pensiero.

Ti amo! Ti amo da impazzire, Hermione. E scusa... scusa se quel giorno lontano, alla villa, non sono riuscito a dirtelo, ma il fatto è sono così tremendamente orgoglioso che rovino sempre tutto!

Fu ricordando quelle parole che Hermione capì, una volta per tutte, che Draco doveva amarla davvero tanto...

Di qualunque cosa le nostre anime siano fatte,
la mia e la tua sono fatte della stessa cosa.


Un'emozione violenta la travolse da capo a piedi lasciandola quasi senza respiro, e giurò a se stessa che non avrebbe più dubitato di lui.
Mai più.
Sollevò gli angoli delle labbra in un piccolo sorriso, Hermione, e poggiò delicatamente una mano sul petto di Draco, incredula, assaporando il calore che si sprigionava dalla pelle di lui, il guizzo dei suoi muscoli tesi, il battito frenetico del cuore... come per scacciare dalla mente il timore che la sua presenza in casa sua fosse solo un sogno.

Rimasero così per diversi secondi, a guardarsi l'un l'altra senza parlare, ma con gli occhi così innamorati, che stavolta se ne sarebbero accorti perfino i ciechi... Poi, Draco le accarezzò una gota facendola sospirare. Hermione si ritrovò a socchiudere le palpebre sotto il suo tocco delicato, e a piegare il viso verso la sua mano, per baciargli piano il palmo aperto.
Sembrava un'azione banale, un gesto qualunque, ma per loro due, sempre così pronti a darsi battaglia e a ricadere nell'odio, era una cosa estrememente intima. E preziosa.

Amami o odiami, entrambi sono in mio favore.
Se mi ami sarò sempre nel tuo cuore.
Se mi odi sarò sempre nella tua mente.


Ed anche se erano entrambi troppo riservati per le plateali dimostrazioni d'affetto di fronte ad altri... per una volta, Draco non riuscì ad impedirsi di afferrare delicatamente Hermione per la nuca, e spingerla ad appoggiarsi contro il suo petto per bearsi del contatto con il suo corpo, del suo respiro delizioso sul collo, dei suoi capelli morbidi a solleticargli le spalle.
Non osarono di più, a parte quel piccolo ma intenso contatto: lei era troppo emozionata, e lui troppo provato dalla prigionia. C'erano cose che avevano voglia, e soprattutto BISOGNO di fare, che non potevano esser fatte dinanzi ad altri, purtroppo...
Trattennero perciò a stento il bisogno furioso di toccarsi, leccarsi, stringersi spasmodicamente, e Draco si limitò a baciarle la fronte, lasciando qualche secondo le sue labbra a contatto con la pelle tiepida di Hermione, mentre lei gli sussurrava, in tono preoccupato:

"Sei stanco, vero?"

Lui annuì, sospirando e tenendosela vicina.
Poi la lasciò andare, tornando a vestire l'espressione seria di sempre, nel frattempo che Harry e Ron borbottavano fra loro a bassa voce, quasi stessero litigando...

"Falla finita, Ron!" Stava bisbigliando l'Auror, mentre il cognato mimava conati di vomito per via delle smancerie che aveva appena visto.

Prima che il rischio di farsi scoprire divenisse pericolosamente reale, Harry dovette tirargli da sotto il tavolo un calcio nello stinco, e Ron soffocò un'imprecazione oscena proprio mentre Draco si girava a guardarli con le sopracciglia aggrottate.

"Bentornato, Malfoy!" Si affrettò a dire il Capo Auror con la voce squillante ed un sorriso falsissimo. Quest'ultimo lo guardò diffidente, dopo però rilassò l'espressione sospettosa, e disse:

"Grazie, Potter. So che sei stato tu a convincere il Primo ministro a scarcerarmi."

"Non c'è di che. Anche se credo non ci sia bisogno di specificarti che l'ho fatto per Hermione."

"Ovviamente." Gli rispose Draco, senza particolari espressioni.

Quando la sorpresa iniziale ed i convenevoli del caso si spensero, Harry raccontò brevemente a Malfoy cosa era successo con il libro e la fotografia di Grindelwald, ed Hermione si strinse nelle spalle, aspettando la sua reazione furiosa, sicura che l'avrebbe rimproverata aspramente per aver agito di testa sua, e soprattutto da sola... rischiando la vita.
Pochi istanti dopo infatti, gli occhi gelidi di Draco si posarono sulla sua figura quasi a volerla fulminare, ed Hermione abbassò lo sguardo, colpevole.
Ma proprio mentre lui apriva la bocca per sputare fuori ciò che gli premeva di puntualizzare, la voce di Ron si intromise provvidenzialmente:

"Ehmm... scusate! I-Io vorrei tanto continuare a parlare dell'Obscurus, del quadro, di Grindelwald, del bambino e di tutto quello che vi pare... lo giuro ma... ecco... è che... è quasi ora di cena, e io sto morendo di fame!"

Dopodiché, guardò la sua amica con l'espressione implorante: "Hermione, perdonami! Ma io devo urgentemente mettere qualcosa sotto i denti, altrimenti potrei cominciare a confondere puffole pigmee con gufi postini, perciò... o mi inviti a restare, o bisognerà rimandare la discussione a domani!"

E Ron sfoderò un sorriso smagliante, facendo cascare le braccia ad Harry, irritare Malfoy e ridere Hermione, per via della sua eterna sincerità da bambino troppo cresciuto.


 
***
 

Grimmauld Place, Londra. Qualche ora dopo.

Era freddo, quella sera. Ma d'altronde... Londra era sempre fredda! Il freddo inglese entrava nelle ossa e gelava perfino il respiro. Gli inverni, in Inghilterra, davano l'impressione di essere esageratamente lunghi rispetto agli altri posti d'Europa, forse a causa di quel famoso clima instabile e piovoso, unico nel suo genere. Da circa un mese però, aveva smesso di nevicare, e questo era già un grande passo avanti verso temperature più miti...

"Quando diamine si deciderà ad arrivare la primavera?!" Sbuffò infatti Ron, mentre camminava lungo il marciapiede che portava verso casa Potter.

"Siamo ancora a febbraio, Ron! Cosa pretendi? Che sboccino i fiori ed arrivino le rondini?" Gli rispose Harry, che passeggiava guardando il cielo stellato sopra di loro.

Dopo questo annoiato scambio di battute, rimasero in silenzio per qualche secondo a gustarsi i rumori della notte londinese: i cani che abbaiavano in lontananza, il motore di una macchina che svoltava l'angolo del quartiere residenziale di Grimmauld Place, gli uccelli notturni che vivevano nel piccolo parco attiguo.

Dopo la cena abbondante che aveva preparato Hermione, entrambi avevano preferito farsi una camminata, piuttosto che smaterializzarsi direttamente davanti alle loro abitazioni con due chili di cibo piantati nello stomaco. Erano talmente pieni, che Harry ad un certo punto aveva pensato di levitare dalla sedia di casa Granger come la povera zia Marge quando l'aveva gonfiata involontariamente.

La quiete che si era venuta a creare però, fu spezzata all'improvviso da Ron, che diede voce ad una riflessione che aveva fatto già da qualche ora, e a cui stava ancora rimuginando confuso:

"Harry... hai notato anche tu che Hermione è migliorata molto a cucinare?"

"Eh già!" Rispose suo cognato, che aggiunse subito: "Si è fatta dare anche molte ricette da Ginny!"

"Che strano..." Rifettè l'altro: "Non le era mai interessata la cucina! Cosa cavolo le ha preso all'improvviso?"

Harry però, invece di rispondere, iniziò a ridere sommessamente, senza riuscire a fermarsi.

"Che cazzo hai da ridere?!" Lo rimproverò Ron.

Ma così peggiorò solo la situazione, perché l'Auror iniziò a sganasciarsi apertamente, e ci vollero un paio di minuti prima che riuscisse in qualche modo a riprender fiato, per poter ribattere: "Non è colpa mia Ron, se tu sei un irrimediabile ingenuo!!!" E ricominciò a sghignazzare.

"E perché sarei un ingenuo, scusa?! Che ho detto di così stupido?" Si innervosì.

Harry prese un respiro profondo per calmare definitivamente le risate, e dopo un attimo riuscì a dirgli, quasi seriamente: "Dai su! Pensaci bene Ron..."

Quello aggrottò le sopracciglia, perplesso, ed il cognato fu costretto a spiegarsi:

"Noi uomini siamo molto più felici quando la nostra donna ci prepara una buona cena! Quindi... secondo te perché Hermione vuole improvvisamente imparare a cucinare!?!"

Ron fece altri due passi sul marciapiede, ma poi si fermò improvvisamente, folgorato dalla comprensione... e gli venne naturale stamparsi sulla faccia l'espressione più schifata che poteva assumere. Guardò il suo amico d'infanzia, e frignò come un ragazzino:

"Ooh mio Dio... c'entra Malfoy, vero?! Hermione lo fa per lui!!!"

"Direi proprio di sì! Ci sei arrivato, finalmente!" Annuì Harry, con l'aria divertita.

"Per la barba di Merlino!" Sospirò platealmente Ron. "Tutto questo è assurdo! Cavoli... se me l'avessero detto dieci anni fa, mi sarei impiccato al ramo più robusto del platano picchiatore!"
Poi parve riflettere un attimo, ed aggiunse: "E non escludo che non possa ancora farlo, sia chiaro!"

"Ron..." Sospirò l'altro. "Mi dispiace infierire, ma credo proprio che dovrai abituarti una volta per tutte. Ormai stanno insieme!"

Harry mise le mani in tasca e continuò a passeggiare, riflettendo su qualcosa a cui non aveva mai pensato seriamente, prima. Quando tornò a parlare infatti, lo fece con voce esitante, quasi stesse confabulando fra sé e sé, piuttosto che con Ron:
"E' come se... come se tutto l'odio che si sono riversati addosso in passato, sia stato semplicemente un modo per soffocare altri istinti. Quei due sono sempre stati come calamite, in fondo! Però hanno smesso di respingersi soltanto adesso, e tutto il disprezzo che hanno rabbiosamente accumulato con gli anni, ora lo stanno scaricando come avrebbero dovuto fare fin da subito... amandosi, a quanto pare! Anche Ginny una volta me l'aveva detto, che l'amore e l'odio sono due facce della stessa medaglia, e che quindi era perfettamente naturale che fra loro fosse finita così. Io non le avevo dato ragione all'inizio, e invece..."

Non terminò la frase... continuò piuttosto a camminare in silenzio, mentre Ron borbottava come dieci calderoni in un'aula di pozioni:
"Io lo trovo disgustoso, miseriaccia! Saperli insieme mi provoca lo stesso brivido alla schiena che mi passa se vedo un ragno bello grosso, peloso, e pieno di zampe! E' più forte di me, Harry! Mi viene il voltastomaco quando Malfoy si avvicina a lei per metterle addosso quelle zampacce pallide e viscide!"

Harry però sogghignò malignamente, e zittì il cognato una volta per tutte: "Beh... sarà pure così, ma... non credo che Hermione le trovi tanto viscide!"
Ron lo guardò male, si ficcò le mani nelle tasche del cappotto con uno scatto nervoso, ed allungò il passo, lasciandolo indietro.


 
***
 

Wallingford, Oxfordshire.

A volte, annientare l'immensa e pericolosa potenza di una maledizione, era davvero difficile. Essa sembrava vivere di vita propria, alimentarsi delle paure degli uomini e, fin troppo spesso, finiva per ucciderli senza pietà.
Ma in fondo, si sa... era proprio questo il suo scopo, e quello di chi ne scagliava una!
La magia oscura era un male incurabile, che si era insinuato fra la gente sin dagli albori della civiltà, da quando cioè i primi maghi avevano cominciato a scoprire la loro diversità rispetto ai babbani... e sarebbe esistita finché ad esistere ci sarebbe stata anche la magia onesta, pura, quella degli uomini retti dediti al bene.
Un'altra cosa che tutti sapevano, era che più grande era il maleficio, più forte sarebbe dovuta essere la forza per annullarlo.
Se poi esso veniva fatto da uno dei maghi oscuri più potenti dell'ultimo secolo, allora forse non sarebbero bastati nemmeno tutti gli incantesimi di liberazione conosciuti e tramandati dall'epoca di Salem ad oggi!

Perciò...
Solo un'arma molto, molto potente avrebbe potuto distruggere il quadro maledetto di Grindelwald ed il suo Obscurus!

Hermione rimuginava su questo pensiero esattamente da quando i suoi amici erano andati via, ma nonostante ciò, la soluzione al dilemma era sempre più lontana dal palesarsi allegramente.

Così, dopo aver terminato di lavare i piatti e di riordinare il piano cottura, stanca della pessima giornata, spense la luce della cucina e salì in camera sospirando di sollievo.
Aveva bisogno di dormire. Davvero tanto bisogno. E si ripromise che il modo di annientare il bambino maledetto l'avrebbe trovato un altro giorno.
Arrivò nella sua stanza mentre raccoglieva i capelli in una crocchia disordinata, e si beò, sospirando, del silenzio che vi regnava. Delicatamente poi, tolse le scarpe, si sfilò piano i pantaloni, la camicetta ed il reggiseno. Infine agguantò, al tenue bagliore lunare che filtrava dalle imposte chiuse, una t-shirt comoda, e si ritrovò a sorridere felice, prima di indossarla in tutta fretta.

Quella notte avrebbe dormito bene, lo sapeva con assoluta sicurezza.

Hermione si stampò sulla faccia un'espressione trionfante, quella che hanno tutte le donne quando qualcosa va esattamente come dicono loro... e che, tanto tempo fa, avrebbe fatto imbestialire lo stesso ragazzo che ora invece dormiva tranquillo nel suo letto.
Scostò le coperte e sprimacciò il cuscino, cercando di fare il più piano possibile per non svegliarlo.

Draco quella sera aveva mangiato in fretta, si era fatto una doccia, ed era crollato di stanchezza, reduce dalle notti insonni ad Azkaban. Era talmente esausto che non aveva protestato neanche all'idea di dividere la tavola con Harry e Ron!
Aveva cenato in silenzio, senza alzare gli occhi dal piatto, ma... nei rari momenti in cui l'aveva fatto, era stato SOLO per guardare lei, e con un'intensità tale, che Hermione si era sentita avvolgere da un calore mai provato prima.
In quel muto dialogo, a parlare era stato unicamente il suo sguardo dagli accecanti riflessi grigi, uno sguardo che l'aveva quasi implorata di non mandarlo via, ed Hermione aveva accolto quella silenziosa richiesta come manna dal cielo.

Si intrufolò sotto il piumone in cerca di calore, ascoltando nello stesso tempo il respiro regolare di Draco... che durò poco ovviamente, considerando la sua scarsa delicatezza nel mettersi a letto.

Un paio di secondi dopo infatti, Hermione lo sentì muoversi e borbottare, con la voce impastata dal sonno:
"Sei più goffa di un troll di montagna!"

Lei nascose il piccolo sorriso che le era nato spontaneo dalle labbra, e gli sussurrò piano:
"Scusa!"

A risponderle fu un grugnito incomprensibile accompagnato da qualche attimo di silenzio.

Lo abbracciò, accucciandosi contro il suo petto, poi... lui la avvolse fra le sue braccia, nonostante il sonno bruscamente interrotto, e la chiamò con voce bassa e roca:
"Hermione..."

Draco voleva dirle non sapeva neanche lui cosa. Forse niente, o forse troppe cose per poterle spiegare alle undici di sera, dentro un letto, e con una stanchezza che non gli permetteva neanche di tenere sollevate le palpebre.
Era così sfinito che sembrava essergli passato sopra un branco di ippogrifi, e la cosa più grave era che non riusciva neanche a stringere Hermione con tutta la forza che desiderava metterci.
Avrebbe voluto spiegarle che era stato devastante, starsene chiuso dentro una cella di tre metri per tre a rimuginare sulla sua vita, sui suoi errori, sulle sue personali disgrazie; che anche se non erano nulla quattro giorni rispetto a chi scontava dieci, venti, trent'anni, o addirittura l'ergastolo, a lui erano bastati per fargli capire cosa sarebbe potuto succedergli, se quel marchio nero sul braccio avesse avuto più significato per lui e se, in suo nome, avesse messo in atto più di qualche blanda minaccia di morte ad un vecchio preside!
Voleva dirle che in quei quattro giorni aveva capito di dover apprezzare meglio le piccole cose che possedeva, e di accontentarsi di ciò che Dio, gentilmente, gli concedeva, senza più piangersi addosso per le cose che invece NON aveva. Ed era per questo che, appena uscito, era andato di corsa da lei: perché non voleva più perdersi neanche uno dei suoi sorrisi fantastici, perché non voleva più sprecare l'occasione di farle sapere quanto era diventata importante per lui, perché non voleva più perdere tempo ad allontanarla nella sciocca convinzione di fare la cosa giusta per lei... e perché non voleva passare più nemmeno un giorno, uno solo, senza dirle che l'amava da impazzire.
 
"Hermione, io..."

Ma gli effetti quasi narcotizzanti del sonno prevalsero sulla sua ragione, facendogli perdere il filo logico dei pensieri, e Draco dovette arrendersi.

"Sssh! Dormi, Draco."
Lo interruppe lei, carezzandogli dolcemente una guancia pungente di barba: "Domani parleremo di tutto quello che vorrai, ma ora hai bisogno di riposare, amore mio!"

Di tutto quello che Hermione gli disse però, Draco non capì nulla, ormai di nuovo in stato di dormiveglia; solo due parole la sua mente annebbiata riuscì a percepire chiaramente, mandandogli il cuore in gola:
AMORE MIO.

Fu in quell'istante che il cervello di Draco parve risvegliarsi improvvisamente, anche se lo fece per pochi, brevissimi secondi... secondi che però bastarono per fargli dire qualcosa che riteneva di fondamentale importanza:
"Non scappare di nuovo, Hermione!"

Non lasciarmi ancora da solo a combattere contro gli spettri del mio passato ed il mio carattere di merda. Non andartene senza salutarmi. Non farmi risvegliare senza la tua presenza al fianco, e non toglierti più l'anello che ti ho regalato. Te ne prego.

La giovane aggrottò le sopracciglia confusa, credendo che lui stesse farneticando a causa del sonno. In fondo, perché mai sarebbe dovuta scappare?
Ma poi, lentamente, capì...

E si sentì tremendamente in colpa per ciò che aveva fatto quella volta a villa Malfoy, svignandosela come una codarda mentre lui dormiva.

"No! No che non lo farò Draco!" Si affrettò a tranquillizzarlo, con il cuore traboccante d'amore e gli occhi lucidi di commozione.
Povero amore! C'era stato male, per quello che gli aveva fatto.
Lo baciò più e più volte, stringendogli il volto assonnato fra le mani, ed ignorando la sua stanchezza. Infine aggiunse, un po' timorosa:
"Tu però non lasciarmi mai più!"

Lui spalancò improvvisamente gli occhi a quella richiesta, e nonostante il buio quasi completo in cui era immersa la camera, Hermione potè notare distintamente il luccichio cristallino del suo sguardo.
Draco sembrava aver di colpo perso sonno, come se quella supplica lo avesse indignato.
Lasciarla di nuovo? Non era mica così pazzo!

Errare è umano, ma perseverare è diabolico.

"Io ti amo, Hermione!"
Le disse infatti con l'espressione accorata, e lei capì che non le serviva più nessun'altra rassicurazione per rendere quel momento perfetto. Si avvicinò soltanto al suo orecchio, e gli sussurrò dolcemente:
"Anch'io, Draco. Davvero tanto!"

E si addormentarono con il sorriso sulle labbra, nella speranza che forse, d'ora in poi, tutto sarebbe andato finalmente a posto.




Continua...








Dubita che le stelle siano fuoco,
dubita che il sole si muova,
dubita che la verità sia mentitrice: ma non dubitare mai del mio amore.
-William Shakespeare-

Di qualunque cosa le nostre anime siano fatte,
la mia e la tua sono fatte della stessa cosa.
-Emily Brontë-

Amami o odiami, entrambi sono in mio favore.
Se mi ami sarò sempre nel tuo cuore.
Se mi odi sarò sempre nella tua mente.
-William Shakespeare-


 
   
 
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