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Autore: LorasWeasley    02/10/2019    4 recensioni
[TodoMomo|Accenni Katsudeku]
"Si girò a fissarla e le sorrise –Buongiorno.
-…Giorno- mormorò lei incerta.
-Come ti senti?
-Sono incinta, Shoto- le uscì di botto, diretto, perché non riusciva più a trattenerlo."
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Momo Yaoyorozu, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I - You - We'
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I'm pregnant


Shoto e Momo stavano insieme già da diversi anni.
Ci avevano messo tantissimo tempo per capire di piacersi, che ogni minima cosa che facevano l’uno per l’altra avesse scopi ben diversi dall’amicizia.
Come Momo avesse sempre il nome di Todoroki tra le labbra e più volte aveva tranquillamente detto ad alta voce che si fidava ciecamente di lui.
Shoto invece era sempre presente in ogni sua conversazione nonostante si tenesse ai margini e aveva provato una nuova emozione di rabbia ingiustificata quando anni prima erano andati a salvare Bakugou, si erano travestiti, e due uomini ubriachi avevano scambiato Momo per una escort, all’epoca non aveva ancora capito perché dentro di lui stava vivendo quella battaglia interna nel frenarsi da volerli ricoprire di ghiaccio o ustionarli.
Quando si misero insieme non fu qualcosa di troppo eclatante, a Shoto piaceva la riservatezza e Momo era troppo imbarazzata per fare una qualsiasi azione che avrebbe attirato l’attenzione di altri.
Successe verso la fine dell’ultimo anno scolastico, quando ormai i loro sentimenti erano maturati del tutto ed erano passati da una semplice cotta a vero e proprio amore.
Convivevano da quando entrambi avevano compiuto 20 anni e molto spesso lavoravano in coppia in alcune missioni.
Come quel giorno, che erano usciti per fare colazione insieme di mattina in un bar che Momo amava per le sue cioccolate calde, ma non erano riusciti neanche ad ordinare che li avevano chiamati per dei villain che stavano portando scompiglio al centro della città.
Cambiandosi di fretta e furia i due ragazzi arrivarono al punto stabilito e subito capirono che erano villain di poco conto, semplice bande che di tanto in tanto si univano per derubare qualcosa.
Si divisero i compiti semplicemente con uno sguardo e ognuno si avviò verso il gruppo che si era prefissato.
Shoto bloccava i nemici con il ghiaccio, impedendogli di muoversi o di usare la loro unicità, Momo invece creava qualsiasi tipo di arma con il suo corpo e li stordiva e li faceva svenire, successivamente li avrebbe legati.
Fu quando creò l’ennesimo tubo in metallo con la quale aveva intenzione di colpire l’uomo che le si stava avvicinando, che ebbe una fitta allo stomaco e la testa le girò.
Per un attimo vide tutto nero e quasi cadde a terra se non avesse avuto la prontezza di spirito di appoggiarsi al tubo in metallo usandolo come bastone per reggersi.
Distrattamente sentì la voce di Shoto che urlava il suo nome, prese un bel respiro e riaprì gli occhi.
Una volta che riuscì di nuovo a mettere a fuoco vide il suo ragazzo davanti a sé con i pugni chiusi che aveva appena messo ko l’uomo che la stava per colpire, infine si girò verso di lei e, senza urlare, ma con il timbro di voce severo si affrettò a dirle –Che diavolo ti è preso?
Spalancò gli occhi quando si accorse quanto il volto della ragazza fosse pallido, addolcì la voce e le si avvicinò velocemente prendendola tra le braccia –Ti senti male?-  mormorò preoccupato.
Lei lo spinse velocemente via annunciando un frettoloso –Devo vomitare- ed inginocchiandosi fece esattamente quello che aveva appena detto.
Quel giorno Shoto ignorò qualsiasi giornalista più di quanto già non facesse, consegnò velocemente i criminali alla polizia e poi si affrettò a portare Momo a casa, la mise a letto, le preparò un the caldo e chiamò Jirou, perché lui doveva di nuovo uscire visto che aveva ricevuto una nuova chiamata dalla sua agenzia e non voleva lasciare la ragazza sola a casa.
Tornò a casa all’una di notte, Jirou se n’era andata ore prima e quando l’aveva fatto gli aveva inviato un messaggio tranquillizzandolo sulla salute della sua ragazza: non aveva nulla di grave.
Momo stava già dormendo, era seduta sul letto con la testa reclinata di lato, era evidente che la ragazza lo stesse aspettando alzata e poi non ce l’aveva più fatta ed aveva ceduto al sonno, Shoto cercò di essere il più delicato possibile quando la sistemò in una posizione comoda facendola stendere e coprendola per bene con le coperte, si cambiò e si coricò anche lui, lasciandole un delicatissimo bacio sulla fronte e stringendola a sé.
Il giorno successivo Todoroki aveva il turno di mattina, si alzò presto per prepararsi, poi iniziò a preparare la colazione.
Stava sistemando le fette di pane caldo su dei piattini da portare a tavola quando sentì i leggeri passi della sua ragazza che lo raggiungevano in cucina.
-Perché non mi hai svegliato ieri notte quando sei tornato?- fu la prima domanda che gli fece.
-Perché avrei dovuto disturbati? Jirou mi ha detto che non avevi nulla di grave- si girò a fissarla e le sorrise –Buongiorno.
-…Giorno- mormorò lei incerta.
-Come ti senti?
-Sono incinta, Shoto- le uscì di botto, diretto, perché non riusciva più a trattenerlo.
Il piatto di porcellana che il ragazzo teneva tra le mani si ruppe quando toccò il pavimento, cocci e cibo si sparsero tutto intorno ai suoi piedi, ma non sembrò neanche accorgersene, le labbra ridotte a una linea sottile e gli occhi di colore diverso spalancati rivolti verso la ragazza.
Ruppe il silenzio dopo un tempo che parve a entrambi lunghissimo per dire semplicemente –Non è possibile.
-Jirou ha comprato tre test di gravidanza, tutti e tre positivi.
-No, ho preso tutte le precauzioni, non…
-Shoto sto con te da anni, non può essere di qualcun altro- voleva usare un tono duro, ma alla fine le si ruppe la voce.
Tornò il silenzio, Shoto si sentiva come se stesse vivendo quella scena dall’esterno, come se tutto quello non stesse capitando a lui, perché non poteva essere lui quello che stava diventando padre, giusto?
-Non vuoi avere una famiglia con me?- la voce di Momo era flebile, al limite del pianto.
-Sei tu la mia famiglia, solo tu, non voglio nessun’altro.
Non appena finì di pronunciare quell’ultima frase le lacrime di Momo iniziarono a scendere silenziose sulle sue guance.
Shoto si sentì morire dentro, voleva solo andare li ed abbracciarla, stringerla forte e sussurrarle che andava tutto bene, ma non poteva, perché era colpa sua se la ragazza stava piangendo e non poteva fare nulla per sistemare la situazione.
Non riuscendo a stare un minuto di più in quella casa si diresse velocemente verso la porta d’ingresso, disse un semplice –Sono in ritardo per il lavoro- e uscì fuori.
E scappò via da tutte le sue paure.
 
Passarono i giorni e la situazione divenne sempre più ingestibile.
Era come se avessero accantonato l’argomento, nessuno dei due aveva intenzione di uscire il discorso e l’aria era come pregna di elettricità, come se dovesse esplodere da un momento all’altro.
Shoto era quasi sempre fuori casa, quando tornava aveva nei confronti di Momo tutte le premure che le aveva sempre dato, ma era come più distante, perso nel suo mondo e nei suoi pensieri.
Momo, dal canto suo, aveva smesso di mostrare una qualsiasi tipo di emozione se si trovava in compagnia, anche lei si comportava normalmente, ma evitava il contatto fisico e limitava le conversazioni allo stretto necessario.
Entrambi sapevano che era una situazione che non poteva andare avanti, che sarebbe esplosa nel peggiore dei modi, ma nessuno dei due aveva intenzione di fare il primo passo.
Momo perché era certa di essere nel giusto e Shoto perché rimaneva delle sue idee e non aveva nessuna intenzione di cambiarle.
Erano passati dieci giorni, dieci giorni nei quali Shoto non riusciva più a dormire la notte, non in quel letto, non accanto a lei che le dava le spalle, senza alcuna possibilità di poterla stringere.
-Stanotte dormo da Midoriya.
Momo annuì brevemente mentre continuava a mangiare meccanicamente la sua colazione.
Quella fu l’unica frase che si scambiarono quella mattina.
 
Quando suonò a casa di Izuku e Bakugou fu quest’ultimo ad aprirgli la porta, il biondo gli lanciò uno sguardo scazzato e annunciò –Deku è a lavoro.
-Ho bisogno di un posto dove dormire.
Katsuki alzò un sopracciglio incredulo, non si aspettava un risvolto del genere.
Fu tentato di chiudergli la porta in faccia e mandarlo a quel paese, ma poi pensò a come avrebbe potuto reagire Deku venendolo a sapere e arrivò alla conclusione che non valeva la pena restare una settimana in bianco per quel coglione a metà.
Lo fece entrare con uno sbuffo e senza dire una parola, non gli chiese nessuna spiegazione e semplicemente se ne tornò a stravaccarsi sul divano dove stava giocando ai videogiochi.
Quando Midoriya tornò a casa si bloccò all’istante una volta superato l’ingresso, non era una cosa di tutti i giorni vedere il suo ragazzo e il suo migliore amico, che si odiavano tantissimo, stare seduti nello stesso divano in modo civile e senza spargimenti di sangue o oggetti distrutti.
-Ciao?- chiese incerto annunciando la sua presenza.
-Oi Deku, sto morendo di fame, ma quanto ci hai messo ad arrivare?- Kacchan mise in pausa il videogioco e lo raggiunse.
Gli passò una mano tra i capelli e, come se non ci fosse niente di strano in quella giornata, disse –Vatti a fare una doccia che io apparecchio e riscaldo il pollo di ieri, però muoviti.
Izuku lo fissò sbattendo più volte le palpebre, poi si girò a fissare il suo migliore amico, non lo vedeva solo lui, giusto?
-Shoto?
-Dorme qui- rispose Kacchan al posto dell’altro.
Izuku annuì non totalmente sicuro di quello che stava succedendo –Momo?
Questa volta fu Todoroki a rispondere, un secco –Non c’è- che fece capire a Midoriya che non era il momento di fare altre domande.
Dieci minuti dopo si trovarono tutti e tre intorno a quel tavolo a mangiare in religioso silenzio.
Bakugou sapeva che il suo ragazzo non sarebbe riuscito a stare per così tanto tempo in silenzio, infatti non si stupì per niente quando quasi sputò fuori un –Che cosa è successo?- il biondo era sicuro che se avesse tenuto dentro quella domanda per ancora un altro po' di tempo sarebbe esploso.
Todoroki rimase in silenzio per diversi minuti, alla fine se ne uscì con una semplice frase che lasciò senza parole anche Bakugou.
-Momo è incinta.
Il rumore delle posate di Midoriya che tintinnavano sbattendo contro il piatto che aveva di fronte ruppe il silenzio, il ragazzo si alzò di scatto e con un sorriso enorme esclamò –Ma è una cosa bellissima!- e guardò meglio il suo migliore amico –No?- chiese poi incerto.
Fu Bakugou a rispondergli, facendogli notare l’ovvio –Se è qui da solo e ha bisogno di un posto dove dormire, non penso sia così fantastico.
-È che io non lo voglio un bambino!
Shoto lo urlò, era strano che il ragazzo urlasse, ma si era tenuto tutto dentro per troppi giorni, era inevitabile che sarebbe esploso.
-Che diavolo stai dicendo?- Midoriya non si fece intimidire dal suo tono, era abituato a vivere con Kacchan dopotutto –Non puoi non volerlo come se potessi portarlo indietro.
-Ma non l’ho mai chiesto!
-Stai facendo ragionamenti del cazzo!- arrossì leggermente a quella parola, non era abituato a imprecare –Pensavo amassi Momo.
-Io la amo!- si affrettò a rispondere l’altro –Ma non voglio essere padre, non è una cosa che riesco neanche a concepire.
-Fammi capire, come vorresti sistemare la situazione? Abbandonando Momo e quel bambino?
-Io non…
-Sei venuto qui per avere un posto dove dormire, li stai abbandonando Shoto, non puoi dirmi che non è così.
-Non potete costringermi a…
Deku non aveva intenzione di fargli finire nessuna frase perché erano troppo assurde, non riusciva davvero a credere di star affrontando una conversazione del genere.
-A prenderti le tue responsabilità? Perché è di questo che si sta parlando.
-Non posso.
Deku sbuffò in un sorriso ironico –Voglio proprio sentirla la stupida scusa che racconterai sul perché non puoi.
Shoto lo fulminò con lo sguardo, la rabbia bruciava nei suoi occhi.
-Io odio mio padre. Ma ti rendi conto di quella che è stata la mia infanzia? Non ho una minima idea di dove si cominci per fare il padre! Non ho modelli di riferimento e quel bambino finirà solo per odiarmi!
-Ma cosa significa? Imparerai pian piano come si fa, non è che c’è uno schema da seguire… guarda me, mio padre non c’è mai stato ma non reagirei mai come stai…
Todoroki si alzò di scatto facendo sbattere i palmi delle mani aperte contro il tavolo
-Non conta nulla la tua opinione! Tu non dovrai mai vivere una situazione del genere! Non avrai mai uno stupido bambino!
Shoto non voleva davvero dirgli quelle parole, ma Midoriya l’aveva portato al limite e, in preda alla rabbia, gli era uscito tutto quello che pensava, ma non erano i toni giusti e il modo giusto, se ne rese conto all’istante non appena finì di pronunciare l’ultima parola.
Izuku non riuscì più a rispondergli e, per la prima volta da quando quella conversazione era iniziata, Katsuki si intromise prendendo la parola –Adesso ascolti me grandissima testa di cazzo- un piccola esplosione uscì dal palmo della sua mano sudata –Prima di tutto smettila di dare aria a quella cazzo di bocca che ti ritrovi sparando sentenze su argomenti dei quali non sai assolutamente nulla. Quando Deku vorrà un bambino, perché so benissimo che lo vuole, ne adotteremo uno. E tu ti rendi conto di chi sono io? Di quello che sono stato io? Ma Deku vuole comunque un bambino con me, perché si fida e perché sa che posso provarci. E io lo farò, ce la metterò tutta per creare una famiglia con lui, perché lo amo. E se tu amassi davvero Yaoyorozu ora saresti con lei per sostenerla e per condividere la felicità di avere qualcosa di vostro, esclusivamente vostro, che sta crescendo giorno dopo giorno. Hai paura di essere come tuo padre? Tranquillo, tu sei molto peggio, perché per quanto possa essere stato severo almeno lui c’è stato per te. Tu invece lo stai abbandonando prima ancora di averlo visto nascere. Sei solo un vigliacco.
Prese una pausa, aveva parlato tutto di botto, non era neanche troppo sicuro di quello che aveva detto, rimase con lo sguardo fisso su quello del coglione a metà e riprese concludendo il suo discorso –E adesso chiedi subito scusa a Deku per le merdate che gli hai urlato contro e poi corri a casa per riprenderti quella donna che continua ad amarti nonostante tu non ti meriti neanche un minimo delle sue attenzioni.
Shoto era distrutto, la bocca leggermente aperta dalla quale non riusciva a uscire neanche una parola, lo sguardo basso, le mani che tremavano.
-Non posso perderla- e quella rivelazione sussurrata fu come un’illuminazione, come trovare una risposta chiara e lineare dopo giorni di confusione.
Si alzò e si avviò alla porta così velocemente che per poco non si portò dietro la tovaglia del tavolo e tutto quello che stava sopra di esso.
Prima di uscire completamente dalla porta sembrò ripensare a qualcosa e si voltò nuovamente verso il suo migliore amico –Deku…- iniziò, ma non sapeva neanche da dove iniziare per scusarsi.
-Va bene così, Shoto- Midoriya gli fece uno dei suoi soliti sorrisi imbarazzati, gli occhi ancora umidi e il volto completamente rosso.
-Sparisci- concluse invece Bakugou.
E Shoto non se lo fece ripetere due volte.
 
“Sono un coglione”   20.09
“Ti prego perdonami”   20.09
“Ti prego Momo”   20.09
“Ti amo”   20.10
 
I messaggi vennero visualizzati, ma non gli arrivò risposta alcuna.
Todoroki non se ne fece un problema, non voleva discutere di quello per telefono, voleva guardarla negli occhi, stringerla tra le braccia e chiederle perdono per tutti quei giorni nei quali non l’aveva fatto.
Corse a casa, arrivò con il fiato corto, le mani gli tremavano così tanto che le chiavi gli caddero tre volte dalle mani, alla terza imprecazione la porta gli fu aperta da Jirou.
La ragazza aveva lo sguardo spento, Shoto non se ne accorse, troppo concentrato in quello che doveva fare.
-Dov’è?- chiese in fretta.
-In camera ma…- dovette bloccarlo e spingerlo con le spalle a un muro per tornare ad avere la sua attenzione.
-Cosa?- la voce del ragazzo era quasi disperata, perché gli stava impedendo di vederla ora che era così vicino?
-Shoto- la voce di Jiro era serissima, aspettò di continuare solo quando tutta l’attenzione dell’altro era completamente su di sé –ha perso il bambino.
 
Momo era seduta nella poltrona della loro camera.
Fissava il cielo scuro fuori dalla finestra, i capelli sciolti le ricadevano lunghi sulle spalle, le guancie bagnate di lacrime che continuava a versare silenziosamente.
-Momo- sussurrò il ragazzo rimanendo fermo davanti la porta della camera.
Lei si girò lentamente, lo guardò per diversi secondi, poi gli sorrise e allungò una mano verso di lui.
Era il sorriso più triste che Shoto le avesse mai visto.
-Ora puoi stare tranquillo, il problema è scomparso- la sua voce era rotta, spezzata.
Todoroki si sentì morire dentro.
Raggiunse quella mano tesa, l’afferrò con decisione gettandosi in ginocchio ai suoi piedi, le baciò le dita, il palmo, strofinò la sua guancia contro quest’ultimo.
-Perdonami, ti prego Momo, non posso vivere senza di te. Sono stato un coglione, sarei dovuto rimanerti accanto e magari tutto questo non sarebbe accaduto. Ti supplico di perdonarmi, l’ho capito solo ora, per favore Momo… Per favore… Ti amo…
Non riuscì più a trattenere le lacrime, la sua vita stava cadendo completamente a pezzi, se Momo l’avesse mandato via urlandogli contro l’avrebbe capita, ma non era un qualcosa che il suo cervello poteva concepire, perché non era niente senza di lei. Ovviamente continuava ad essere un eroe con un quirk fortissimo, ma una persona apatica, sola e distrutta.
La ragazza non fece nulla di tutto questo, perché anche lei era distrutta sia psicologicamente che fisicamente e nonostante tutto continuava ad amare Shoto come non aveva mai amato nessuno in vita sua. Ed in quel momento lui era l’unica persona alla quale voleva aggrapparsi, l’unica alla quale si permise di mostrare tutto il suo dolore supplicandolo con lo sguardo di salvarla da quel vortice buio e profondo nel quale stava venendo risucchiata minuto dopo minuto.
Cadde anche lei in ginocchio e si gettò contro il suo petto, lo strinse convulsamente artigliando le mani contro il tessuto della maglia, nascondendo il viso contro il suo collo iniziò a piangere senza più trattenersi, con i singhiozzi che le perforavano il petto.
E Shoto la strinse a sé come se fosse l’ultimo suo giorno di vita, un braccio a circondarle il busto magro e una mano tra le ciocche dei suoi capelli corvini.
E per un attimo, avendola finalmente così vicina dopo così tanto tempo al ragazzo sembrò di poter tornare finalmente a respirare.
-Non era un problema- sussurrò Todoroki dopo un tempo indefinito, quando fu certo che la sua voce non fosse più spezzata –Ero io il problema, solo io. Né tu né… quel bambino- lo disse piano e strinse più forte la presa quando sentì Momo sussultare leggermente nell’abbraccio.
-Sono stato solo un idiota, un vigliacco che non riesce a prendersi le sue responsabilità, e ci sono arrivato solo perché me l’hanno urlato in faccia Midoriya e Bakugou. Spero che tu possa davvero perdonarmi per questi giorni, so di non meritare nulla da te, ma non riesco più a starti lontano, per favore…
Yaoyorozu scostò leggermente il viso per poterlo guardare negli occhi, lei aveva i capelli scompigliati, le labbra screpolate e  gli occhi rossi, ma lui la trovò comunque bellissima e si sentì scoppiare il cuore di felicità quando la sentì mormorare con voce roca –Ti amo Shoto… Non ho mai smesso di farlo.
-Ne avremo altri- disse di getto il ragazzo.
E solo a quel punto fu davvero convinto delle sue parole, perché fino a quel momento era tornato a casa solo per lei, perché non voleva perderla, il bambino era solo un supplemento, un qualcosa che doveva tenere per riuscire a rimanere con la sua ragazza.
Ma dopo aver detto quelle parole capì che non era solo quello, che le parole dei suoi due amici l’avevano colpito davvero nel profondo: lui non era suo padre e l’avrebbe dimostrato.
Momo aveva spalancato gli occhi incredula, poi aveva iniziato a negare con il volto –No Shoto, se devi farlo solo per me allora io…
Non la lasciò concludere –Voglio davvero creare una famiglia con te e voglio farlo come si deve.
Le accarezzò la guancia con le dita e infine la baciò, fu un bacio che sigillò la promessa che Shoto sussurrò direttamente sulle sue labbra.
-Ne avremo altri Momo, te lo prometto.

[3406 parole]

 


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Ciao!
Inizio con il dire che questa storia fa parte di una serie di tre storie, la seconda è una Katsudeku che continua dal punto dove li lascia Shoto e la pubblico nel finesettimana, l'ultima invece parlerà di entrambe le coppie e la pubblico la prossima settimana.
Questa raccolta l'ho scritta più di un anno fa, prendendo spunto da una fanart che ho visto di Momo, seduta in una poltrona, che piangeva perché aveva perso il bambino, tutto il resto è venuto fuori da solo.
Sinceramente ora come ora sono in pari con le scan di questo fandom e, probabilmente, se avessi scritto questa storia ora l'avrei fatta diversa, non sono più sicura del personaggio di Shoto dopo gli ultimi avvenimenti, quindi credo di essere andata molto OOC con lui, ma ormai non mi andava più di cambiarla, è una storia che ho scritto un anno fa e così volevo lasciarla.
Per non parlare di Bakugou, che sono quel tipo di persona che lo shippa un sacco con Deku semplicemente perchè sono carini insieme e non ho altre ship con loro al momento, però mi rendo conto che è troppo difficile scrivere di loro due perché quasi sempre viene fuori un bakugou OOC, ma penso sempre che se finisce per mettersi con Deku praticamente potrebbe dire e fare di tutto.
Quindi, oltre questo, spero che la storia vi sia piaciuta.
Sarei felice se lasciaste qualche recensine, a prestissimo!
Deh
  
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