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Autore: Iron_Captain    03/10/2019    4 recensioni
Un killer misterioso che sta terrorizzando la città... Una verità che sconvolgerà la vita di Judy... Cosa accadrà e come riuscirà Judy Hopps ad affrontare e gestire queste situazioni?
Genere: Azione, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 28: Risveglio in ospedale

Bip bip bip bip bip…

Ancora quel suono…ma stavolta era più forte. Judy aprì lentamente gli occhi. La luce era talmente forte che non riusciva a capire dove si trovava. Si sentiva frastornata e incapace di alzarsi in piedi. Tuttavia riusciva a sentire chiaramente delle voci.

“Dottore, la stiamo perdendo!”

“Preparate il defibrillatore!”

“La aiuto io, dottore…”

“Dottore; l’effetto del sedativo sta svanendo.”

“Deve rimanere sedata, o rischiamo di perderla. Presto!”

Improvvisamente Judy avvertì un pizzico. Ebbe la sensazione di perdere nuovamente i sensi. Cercò di sforzarsi a rimanere sveglia, ma non servì a nulla; e quando li chiuse, le immagini che aveva visto sino adesso furono cancellate dall’oscurità.

Bip bip bip biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip...

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La prima cosa che Judy sentì quando riprese conoscenza fu un breve suono acuto che continuava a ripetersi a distanza di brevi intervalli.
Dopo aver sbattuto un paio di volte le palpebre, la piccola agente aprì completamente gli occhi. Girò lentamente la testa, appoggiata sul cuscino, in tutte le direzioni. Quando fu lucida, e non più frastornata, volse lo sguardo nella direzione da cui provenivano quei suoni. Alla propria sinistra c'era un macchinario bianco munito di uno schermo nero, sul quale venivano mostrate le immagini di alcune linee colorate che si muovevano da sinistra a destra, e che in alcuni punti salivano in alto e poi scendevano di nuovo per tornare sullo stesso livello in cui erano prima, e diversi numeri sparpagliati sullo schermo. A quel punto Judy ruotò nuovamente la testa nel tentativo di guardarsi attorno per capire dove si trovasse: la stanza non era tanto grande, ed era illuminata da una fievole luce proveniente dall'unica finestra presente; la quale aveva le tende chiuse per far sì che i pazienti non fossero abbagliati dai raggi del sole; grazie a ciò poté notare che le pareti avevano un colore opaco tendente al grigio. Alla propria destra c'era una specie di comodino, e sopra di esso c'era un vaso di vetro molto stretto e lungo con vari fiori colorati, una foto, con lei e il proprio partner abbracciati tra loro, all'interno di una piccola cornice sorretta da un piccolo piedistallo, e alcune scatole di dolciumi e altre cose da mangiare.
Soltanto quando Judy provò a mettersi seduta sul letto si rese conto di avere il braccio sinistro completamente immobilizzato, sopra la pancia, come se fosse legato. Quando lo toccò con l'altra zampa, sentì come se al suo posto ci fosse un sasso. Quando si tolse le coperte, vide che il braccio era avvolto in una specie di fascia molto dura, legata da un laccio che avvolgeva il proprio collo e che serviva a sorreggere il gesso quando si sarebbe alzata in piedi o messa seduta sul letto. Per qualche strano motivo, la piccola agente era confusa...e si sentiva ancora frastornata. Nel momento in cui provò a ricordare cosa era accaduto in questi giorni, la porta della stanza si aprì. Quando la dottoressa, un castoro femmina, vide che le coperte della paziente erano in parte tirate indietro, si accorse che la coniglietta era sveglia.
“Aspetta, non può alzarsi.” esclamò il roditore, che in preda alla preoccupazione corse verso la paziente coricata a letto per rimetterle le coperte ed impedirle di alzarsi. “Non siete ancora nelle condizioni di reggervi in piedi!”
“Non volevo alzarmi.” disse Judy con un filo di voce.
Quando la dottoressa ebbe quella risposta si tranquillizzò; dopodiché la visitò per controllare le sue condizioni di salute.
“Dove mi trovo?” iniziò a domandare Judy.
“Al Zootropolis Central Hospital.”
“Da quanto tempo mi trovo qui?”
“Da circa un mese e mezzo: è stata sottoposta a un intervento molto delicato che stava per costarle la vita.” fu la risposta del castoro femmina, che dopo aver fatto i controlli diede uno sguardo alla scheda clinica di Judy, dove c'erano appuntati i dati del suo precedente stato di salute.
Dopo aver avuto quelle risposte, la leporide fu improvvisamente invasa dall'agitazione; e ciò lo si poté capire dai suoni che emetteva l'elettrocardiogramma, che diventarono più frequenti di prima.
“Lucia!” esclamò Judy mentre tentò di rialzarsi in piedi.
“Si fermi!” disse allarmata la dottoressa mentre andò a trattenerla.
“Mi lasci...devo vedere mia sorella: devo sapere come sta!...Dove sta Lucia?”
A causa del fatto che aveva il braccio sinistro immobilizzato da quella fascia, che avvolgeva anche la spalla, la coniglietta non riuscì ad alzarsi velocemente, né poté opporre resistenza alla dottoressa che la stava trattenendo distesa sul letto.
“Si calmi, per favore!”
“La prego: mi dica come sta Lucia Hopps, la prego!” la supplicò Judy.
“Qui non è ricoverata nessuna Lucia Hopps.” rispose infine il roditore.
A quel punto la piccola agente abbassò le orecchie e smise di dimenarsi; mentre i suoni dell'elettrocardiogramma iniziarono a stabilizzarsi. Cominciò a pensare che Lucia fosse davvero morta e che non era riuscita a sopravvivere. Quel pensiero la rese triste, mentre le lacrime iniziarono a fuoriuscire dal viso e a rigarle il viso. Nel momento in cui il roditore vide la reazione della coniglietta decise di chiederle che cosa ricordava prima di aver perso i sensi ed essere stata portata in ospedale; ma quando sentì che qualcuno stava bussando alla porta, andò a vedere chi fosse.
Dal momento che possedeva un udito molto fine, Judy poté sentire la loro conversazione.
“Buongiorno...”
“E' successo qualcosa a mia sorella?” domandò Angelica preoccupata, che andava spesso in ospedale a trovare e a fare compagnia alla propria sorellina.
“No, ma ha ripreso conoscenza.”
“Posso vederla?” disse la leporide dopo aver fatto una breve pausa di silenzio.
Intuendo che avrebbe fatto quella domanda, il roditore la fece entrare.
“Dal momento che ha ripreso conoscenza in questo momento, la paziente potrebbe essere molto confusa e turbata; ma soprattutto non deve agitarsi, né compiere sforzi fisici o mentali. Ci siamo capiti?”
“Si.”
“Bene...e nel caso dovesse sentirsi male, prema l'interruttore a fianco del letto per chiamarci.”
“Si, lo so, grazie.” si limitò a rispondere Angelica, ansiosa di vedere in che condizioni fosse la propria sorellina.
Dopo aver sentito ciò, il roditore uscì dalla stanza, lasciando sole le due sorelle. A quel punto Angelica andò a sedersi sulla sedia a fianco del letto in cui si trovava Judy.
“Ehi sorellina, come stai?”
La piccola agente non rispose alla domanda: era turbata e sorpresa dal tono tranquillo della propria sorella maggiore, di due anni più grande di lei. Che non avesse saputo nulla della morte della loro famiglia? Se le cose stavano così, non sapeva come dirglielo, né aveva il coraggio di farlo.
Dopo essersi voltata, iniziò a piangere.
La reazione di Judy fece preoccupare Angelica, che oltre ad aver abbassato le orecchie ripensò alle parole della dottoressa.
“Judy…” la chiamò preoccupata la sorella maggiore, che dopo essersi alzata in piedi appoggiò una delle zampine sulla sua faccia e fece voltare lentamente la testa per guardarla in quegli occhi ametista, che in quel momento erano lucidi a causa delle lacrime.
“Mi dispiace!” esclamò Judy. “È colpa mia!”
“Che stai dicendo, sorellina?” chiese confusa Angelica.
“Non sono riuscita a salvarli; sono morti per colpa mia…!”
Mentre Angelica ascoltò sconcertata la propria sorellina, che poi iniziò a piangere, i suoni che emetteva l’elettrocardiogramma iniziarono a diventare più forti e continui.
“Calmati Judy!” disse ad alta voce la coniglietta afferrandole le spalle e guardandola negli occhi.
“I nostri genitori…sono morti!...Non sono riuscita a proteggerli. Merito di essere odiata e allontanata da voi…” disse infine Judy in lacrime.
Quella risposta lasciò sconcertata Angelica, nonostante fosse stata avvertita dalla dottoressa sul fatto che potesse essere confusa.
“Che stai dicendo, Judy?”
La piccola agente si sarebbe aspettata una qualsiasi reazione di rabbia e di odio da parte della sua sorella maggiore; ma ciò che vide nella sua espressione erano lo stupore e la paura. Si sentiva colta alla sprovvista, poiché sembrava che lei non avesse saputo nulla dell’accaduto. Possibile che non tutti i membri della famiglia fossero stati informati della morte dei loro genitori? No, non era possibile. Erano pur sempre i loro genitori.
“Tu…non sai che i nostri genitori sono morti?”
“Judy…i nostri genitori sono vivi, e sono preoccupati per te!” fu la risposta di Angelica, preoccupata del fatto che Judy avesse subito un qualche danno cerebrale dopo essere caduta a terra, quando era stata ferita quel giorno in cui aveva impedito a dei criminali di rapinare quella banca a Zootropolis.
Vivi?!
La leporide squadrò allibita la propria sorella maggiore.
Non è possibile: io li avevo visti morire, disse tra sé Judy, che ricordava perfettamente di averli visti morire davanti ai propri occhi per mano di Lucia Hopps, che non sapeva neanche se era sopravvissuta ed era ricoverata in un altro ospedale o se era deceduta.
“Quali sono le ultime cose che ricordi?”
“Sono per caso morta?” chiese Judy senza aver prestato attenzione alla domanda di Angelica.
Dopo qualche istante di esitazione, la leporide andò ad abbracciare la propria sorellina.
“No: sei viva…e questo è un miracolo per la nostra famiglia. I nostri genitori avevano pregato ed erano venuti a trovarti ogni giorno!...Anche quel tuo collega simpatico, che era preoccupato che non saresti sopravvissuta!” rispose piangendo.
Quelle parole colpirono Judy nel profondo; e quando sentì il calore del suo abbraccio e le lacrime che andarono a bagnare la maglietta bianca che i dottori le avevano dato, cominciò a riordinare le ultime cose che ricordava. Sapeva benissimo cosa le era capitata quel giorno alla banca, quando aveva tentato di impedire a quei criminali di rapinare la banca. Aveva perso i sensi…ed aveva avuto la sensazione di morire. Ma nel momento in cui ricordava di aver ripreso i sensi e di aver indagato su chi fosse il rapinatore dal quale era stata ferita, scoprendo che era uno dei propri fratelli, Lucia Hopps, fino al momento in cui aveva visto che il proprio partner e i genitori erano stati uccisi da lei e che aveva deciso di vendicarsi e uccidere quella killer, riuscendo nell'impresa a costo della propria vita, Judy ebbe la sensazione…di non aver vissuto quei fatti: li ricordava, ma sembravano non essere reali, e per di più non ricordava alcun dettaglio sulle indagini che stava conducendo, né come era arrivata a scoprire chi era realmente quella rapinatrice; persino le emozioni sentiva di non averle mai provate davvero, nonostante ricordava cosa aveva provato.
“Ma allora…” pensò la piccola agente a voce quando capì di aver fatto…un incubo.
“Dove sono i nostri genitori?” chiese agitata Judy.
Quando sentì quella domanda, Angelica si rimise seduta sulla sedia e si asciugò le lacrime.
“Appena erano venuti a sapere dal tuo partner che eri stata portata con urgenza in ospedale, sono venuti qui a Zootropolis. Alloggiano in un albergo…e aspettano di avere notizie sulle tue condizioni. Adesso vado…”
Non appena la leporide fece per alzarsi e andare a telefonare ai genitori, sentì qualcuno bussare alla porta. Quando la aprì, Angelica vide due conigli adulti dall’espressione preoccupata.
“Stavo per chiamarvi…”
“Come sta?” la interruppe bruscamente la mamma.
“Ha ripreso conoscenza…”
“Oh, grazie al cielo sta bene; le nostre preghiere sono state esaudite!”
“Stai calmo, Stu.” disse Bonnie nel tentativo di farlo calmare.
“Bonnie, nostra figlia è viva e ha anche ripreso conoscenza!” esclamò il padre di Judy entusiasta, il quale era stato teso e nervoso da quando la figlia era stata ricoverata in ospedale.
“Scusate se vi interrompo, ma dovete sapere che Judy non deve essere agitata; perciò è meglio che entriate uno alla volta.” disse Angelica dopo aver notato la felicità incontrollata del padre.
“Vado prima io, tesoro.” disse Bonnie al proprio marito.
“Oh…ok, va bene.”
Quando Angelica e Stu andarono a sedersi sulle sedie nel corridoio, Bonnie entrò nella stanza e chiuse la porta alle proprie spalle. Nel momento in cui le due conigliette incrociarono i loro sguardi, furono travolte dallo stupore e dalla felicità.
Quando Judy aveva sentito la conversazione tra la propria sorellina e i loro genitori, fu improvvisamente invasa dalla tensione e dal desiderio di volerli rivedere e abbracciarli, poiché aveva fatto un brutto sogno in cui loro erano morti; ed essere certa che non fosse un altro frutto della propria immaginazione, poiché le parole di Angelica le avevano dato una speranza.
Nel momento in cui la vide, davanti a sé, sgranò gli occhi, e al contempo cacciò le prime lacrime dagli occhi. Non le importava sapere quanti metri la separavano da lei o se non era nelle condizioni di camminare bene: voleva andare ad abbracciarla, e niente le avrebbe impedito di farlo.
Quando Bonnie vide la propria figlia che provò a togliersi i piccoli tubi infilati nella pelle e togliersi le coperte, facendo così emettere suoni più forti all’elettrocardiogramma, corse immediatamente verso la figlia.
“Judy, fermati!” esclamò impaurita la mamma.
Nel momento fu trattenuta da lei, la piccola agente la abbracciò intensamente e scoppiò a piangere.
“Mamma!” esclamò Judy. “Sei qui!”
Bonnie ricambiò l’abbraccio. Era sorpresa per la sua reazione, ma al contempo era felice di vedere che stava bene. Nessuna delle due badò al fastidioso bip dell’elettrocardiogramma.
“Si piccola mia, sono qui.”
“Mi sei mancata…credevo che non ti avrei mai più rivista!” rispose la piccola agente, che aveva avuto la sensazione di aver sentito la sua mancanza…e la paura di non riuscire a rivederla mai più.
Nel sentire quelle parole, la leporide adulta si sentì improvvisamente guidata dalle emozioni e dalla sensibilità.
“Ti prometto che niente e nessuno ci separerà mai.” le disse fissandola negli occhi.
“Mi dispiace…io non volevo…” fu la risposta di Judy, rendendosi conto di aver fatto preoccupare i loro genitori.
“L’importante è che sei viva.” disse Bonnie, che diede più importanza al fatto che la propria figlia era sopravvissuta.
“Voglio vedere papà.”
La mamma si limitò ad annuire. Dopo aver rimesso in ordine le coperte, e dato una carezza sulla testa, uscì dalla stanza. Dopo un pochi istanti entrò Stu. All’inizio aveva intenzione di rimproverarla, ma quando vide lo sguardo triste e sconvolto della piccola agente, provò una compassione talmente forte che gli fece cambiare idea. Dopo aver raggiunto il fianco destro del letto, si inginocchiò.
“Mi avevi quasi fatto morire d’infarto.” disse con tono cupo.
“Mi dispiace.” fu la risposta della leporide, che abbassò le orecchie e lo sguardo.
In una situazione simile Stu l’avrebbe rimproverata a dovere…ma questa volta non lo fece.
“Non farmi mai più prendere un simile spavento!” disse con tono severo, prima di andare ad abbracciarla ed iniziare a piangere.
“Si papà, te lo prometto.” rispose Judy, che grazie all’incubo che aveva fatto aveva capito quanto teneva e amava i propri genitori.
Dopo aver sciolto il loro abbraccio ed essersi asciugati le lacrime, Stu appoggiò le proprie zampe sulle sue spalle.
“Adesso è meglio che riposi un po’.”
“Si papà.”
A quel punto il leporide adulto si alzò in piedi e fece per uscire dalla stanza.
“Papà.”
“Si Judy?”
“Ti voglio bene.”
“Anch'io, bambina mia.” rispose Stu sorridendo.
Grazie alla presenza della propria famiglia, Judy si sentiva più lucida rispetto a prima, quando credeva che l’incubo che aveva fatto fosse stato reale. Non lo ricordava tutto, e ovviamente lo considerava un bene, ma ricordava i momenti più brutti che l’avevano colpita nel profondo dell'animo; e i sentimenti che aveva provato. Iniziò a chiedersi se avrebbe mai reagito in quel modo se avesse davvero perso la propria famiglia e gli amici a lei più cari: era quello il proprio lato oscuro? Sarebbe veramente diventata così omicida e violenta?
Mentre si pose quelle domande, un altro mammifero entrò nella stanza; era di basse dimensioni, con le orecchie a punta, il muso canino, con il pelo rossiccio, l’espressione furbetta, e con indosso la divisa della polizia. Portava un mazzo di rose rosse tra le zampe. Quando lo vide, Judy sgranò gli occhi, lucidi, e sorrise.
“Wow…hai veramente un brutto aspetto.” la prese in giro il volpino, dopo essere rimasto per qualche minuto in silenzio.
La coniglietta abbassò le orecchie e seguì con lo sguardo il proprio partner che andò a mettere nel vaso le rose. Si era completamente dimenticata che lui si divertiva a prenderla in giro e a provocarla.
Nick Wilde cominciò a squadrarla.
“Sembra che l’ambiente ospedaliero non ti faccia affatto bene.”
“Già.” si limitò a rispondere Judy soppesando le sue parole, poi girò lo sguardo dall’altro lato.
“Caspita quanto sei allegra: non ti ho mai vista così entusiasta come adesso.” continuò a prenderla in giro il canide dopo aver notato che lei era giù di corda.
“Sentimi Nick, oggi non sono dell'umore giusto per scherzare.” rispose Judy irritata, poiché aveva i pensieri rivolti all'incubo.
“Quindi non vuoi neanche sapere chi ti ha salvato davvero la vita?”
“Cosa vuoi dire?” chiese Judy irritata, volgendogli lo sguardo.
“Che siamo stati io e Finnick a salvarti la vita.” fu la risposta della volpe.
La coniglietta, dubbiosa se arrabbiarsi o no con il proprio partner, decise di ascoltarlo.
“E come?”
“Dopo che ti avevano portato in ospedale eri stata affidata nelle zampe di un dottore incapace: non sapeva operare e faceva agitare i tuoi genitori. Continuava a dire che le tue condizioni stavano migliorando, ma capitavano più le volte in cui il tuo piccolo cuoricino smetteva di battere, prima di ritornare a battere dopo qualche scossa del defibrillatore; per non parlare del fatto che non voleva avviare alcun intervento soltanto perché aveva paura di ucciderti e di finire nei guai…
Insomma, io non sopportavo l'idea di vederti in quelle condizioni, così avevo avviato un'indagine non ufficializzata insieme a Finnick, che non sapevo fosse un esperto di informatica, e avevamo scoperto che quel dottore non era laureato, ed era stato raccomandato da suo padre, che era direttore di un ospedale, se non erro…insomma, scoperto ciò l'ho fatto licenziare e arrestare per tentato omicidio colposo nei tuoi confronti. Poi sei stata operata da un dottore come si deve, ed ecco che sei viva.”
Dopo aver ascoltato quel racconto, Judy rimase davvero perplessa, poiché non credeva fosse davvero possibile lasciare operare un dottore che non possedeva una laurea in medicina.
“Quindi…avrei rischiato di morire.”
“Finché sono vivo non accadrà nulla del genere.” la rassicurò Nick.
La leporide gli sorrise.
“Allora ringrazia il tuo amico da parte mia…e grazie per avermi salvato la vita dal dottore incapace.”
“Lo farò…e non serve che mi ringrazi: aiuto sempre le conigliette emotive come te.”
Per tutta risposta, la coniglietta sbuffò e scosse lentamente la testa.
“Vuoi anche sapere chi ti aveva quasi ucciso?” chiese subito dopo Nick.
“Si.” rispose la piccola agente, ansiosa di saperlo subito.
“Ebbene era stato un procione di nome Jayden Athaway, un ex militare di fort Major, condannato dalla Corte Marziale per aver ucciso due reclute e ferito gravemente un suo ufficiale, e era stato cacciato via dall’esercito per insanità mentale. Aveva organizzato lui la rapina a quella banca, insieme ad alcuni mercenari, che li avrebbe pagato dopo aver portato a termine il colpo, usando armi in dotazione ai militari che guarda caso erano state rubate dall'armeria di fort Major. Ora quel predatore sarà di nuovo processato dalla Corte Marziale.”
Quando Nick finì di raccontare quest’altra storia, Judy lo guardò soddisfatta.
“Notevole, partner. Sei riuscito a salvarmi la vita e a rinchiudere il criminale che mi aveva quasi ucciso e spedito all’ospedale senza il mio aiuto.” disse la leporide complimentandosi con lui.
Prima che il canide potesse rispondere ai suoi complimenti con una delle sue battute, la dottoressa che aveva fatto i controlli alla paziente entrò nella stanza.
“Chiedo scusa per il disturbo, ma l’orario delle visite è terminato.”
La volpe volse lo sguardo verso il castoro, poi lo rivolse di nuovo alla propria partner.
“Salvata dal gong.” disse Nick citando un vecchio modo di dire. “Torno al distretto per dare la buona notizia ai nostri colleghi…e a prendere qualche penna dal tuo ufficio per compilare qualche rapporto.”
La coniglietta rise e scosse leggermente la testa.
“Sei il solito ladro di penne.” scherzò lei.
Pur avendo voluto replicare alla sua battuta, la volpe decise di non far irritare la dottoressa che stava attendendo all’ingresso della stanza. Dopo aver salutato le due mammifere ed essere uscito dalla stanza, tornò al distretto.
“Va tutto bene?” le chiese il roditore dopo essersi avvicinata al suo letto.
“Si…ho solo bisogno di stare un po’ da sola.” rispose Judy, che si sentiva molto stanca nonostante non abbia fatto nulla di impegnativo, a parte ascoltare i due racconti del proprio partner.
“Ok. Passerò tra una mezz’oretta per portarle il pranzo.”
Una volta uscita anche lei, la piccola agente poté finalmente rilassarsi sul letto. Era felice e commossa, perché la propria famiglia e Nick Wilde stavano bene ed erano vivi, ma soprattutto le erano stati vicini nel momento del bisogno. Si sentiva fortunata ad avere dei mammiferi come loro, e soltanto ora, dopo aver fatto quell'incubo, capì quanto tenesse davvero a loro, e che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggerli e stare loro vicino.

Angolo autore
Sorpresaaaaa…numero due.
Pensavate davvero che avessi avuto intenzione di terminare la mia fanfiction in Tragedia, con la lettera maiuscola, con un finale già raccontato più e più volte? La risposta è no.
Quale è una delle tante caratteristiche che deve saper fare un bravo scrittore? Saper stupire i propri lettori…e quando avevo pensato di inserire questo capitolo nella mia fanfiction, sin dal momento in cui avevo pensato alla trama, ho trovato giusto provare a vedere se sarei riuscito ad ingannare il lettore facendogli credere che avrei fatto prendere alla mia fanfiction una determinata direzione, fino ad arrivare a un punto in cui prende una svolta improvvisa per deviare in un’altra direzione. E da ciò che mi sembra di vedere...su tanti lettori ha funzionato.
Tuttavia volevo anche descrivere per intero l'incubo che aveva sognato la protagonista per poter arrivare al punto in cui racconto di come ricorda soltanto alcune cose. Insomma…quante volte è capitato a noi una cosa del genere? E ci era mai capitato di essere turbati quando ci svegliavamo? Penso che a tutti sia capitato una cosa del genere.
Arrivati a questo punto, volevo dirvi che ho intenzione di scrivere altri due capitoli, poi terminerò la fanfiction.
Volevo anche approfittare per fare i complimenti a Plando, il quale aveva indovinato, senza saperlo, sin dai primi capitoli della mia fanfiction quello che avevo intenzione di fare.
Se notate errori, fatemelo sapere, poiché volevo pubblicare il più presto possibile questo capitolo…dopo aver notato che alcuni miei lettori che seguivano la mia fanfiction hanno deciso di non seguirla più.

   
 
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