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Autore: Iron_Captain    10/08/2020    3 recensioni
Un killer misterioso che sta terrorizzando la città... Una verità che sconvolgerà la vita di Judy... Cosa accadrà e come riuscirà Judy Hopps ad affrontare e gestire queste situazioni?
Genere: Azione, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 29: Perché facciamo gli incubi?

Una volta dimessa dall’ospedale, Judy andò innanzitutto a salutare i propri colleghi, poiché aveva intenzione di chiedere al proprio superiore se fosse stato possibile prolungare i giorni di assenza per malattia: le disse non era possibile farlo, ma poiché aveva dei giorni di ferie arretrati poteva tornare ad essere operativa più tardi. Quando le chiese il motivo di tale richiesta, la coniglietta si limitò a rispondere che era per motivi personali. Prima di uscire dalla centrale, Judy incontrò e salutò il proprio partner, che stava per prendere servizio in quel momento.
“Bene bene bene…vedo che stai cercando di darti alla fuga dal lavoro eh?...Hai per caso paura che i nostri amici criminali non abbiano pietà di una dolce e tenera coniglietta ferita.” la prese in giro Nick mentre mise le zampe sui fianchi.
La leporide, con un sorriso malizioso dipinto sulla faccia, si avvicinò verso il canide con risolutezza, fino a guardarlo negli occhi.
“Dopo tutto il tempo passato a lavorare assieme, ancora non hai capito qual è la mia specialità, volpe ottusa?”
Il canide avvicinò di più il muso verso di lei, osservandola con il suo stesso sguardo. Era come se i due mammiferi si stessero sfidando, aspettando il momento giusto per iniziare a lottare.
“Me lo potresti ripetere, per favore?”
La piccola agente scosse la testa e fece finta di essersi irritata.
“La mia specialità, mio caro partner distratto, è quella di riuscire a mettere KO qualsiasi tipo di criminale anche se non sono in perfetta salute.”
Prima di replicare, Nick squadrò la zampetta ingessata di Judy, poi le rivolse di nuovo lo sguardo.
“Anche con una sola zampetta sana?” chiese Nick, in parte sarcastico, in parte seriamente.
“Puoi sempre mettermi alla prova, tesoro.” lo provocò la coniglietta.
“Sarei tentato di farlo…se non ti volessi bene.” replicò Nick.
Per tutta risposta, la leporide rise.
“Questa è nuova.” lo prese in giro Judy; dopodiché lo abbracciò.
Oltre a ricambiare l'abbraccio, Nick provò improvvisamente un senso di malinconia.
“Avevo cominciato a pensare che non saresti sopravvissuta sul serio.”
Dopo aver sciolto l'abbraccio, la piccola agente squadrò il volto del canide per accertarsi che non fosse una delle sue prese in giro.
“Sai bene che non è semplice farmi fuori.” disse Judy con tono determinato per tranquillizzare il proprio partner.
“Se tu sapessi in che condizioni ti trovavi prima, quando eri in ospedale, non avresti fatto una simile battuta.”
Quando vide il suo sguardo serio e severo, la leporide abbassò le orecchie, sconcertata da quella risposta.
“Io volevo solo fermare quei criminali, e per farlo avevo seguito il mio istinto…”
“Alle volte non è il caso di farlo…E quando eri in ospedale…ogni volta che il tuo cuoricino smetteva di battere, e sapendo che eri nelle zampe di un incompetente, avevo pensato che da un momento all'altro saresti morta.” rispose Nick trattenendo a stento la voglia di sgridarla. “Perciò ti chiedo di non farlo mai più.”
Dopo aver subito quel rimprovero, sentì il secondo abbraccio di quella volpe più forte del primo, e i singhiozzi che cercava di trattenere.
“D’accordo Nick, te lo prometto.” rispose Judy ricambiando l'abbraccio, colpita nel profondo dal comportamento protettivo del proprio partner.
Quando tornarono a guardarsi negli occhi, i due mammiferi si scambiarono un sorriso.
“Ti faccio un indovinello?” chiese Nick sarcastico.
“No…” fu la risposta di Judy, incerta se essere sarcastica o demoralizzata.
“Sai quale è il colmo per un asino?”
“Ti prego Nick, non continuare…” lo supplicò Judy abbassando le orecchie.
“Avere un febbrone da cavallo.”
Dopo aver detto ciò, la volpe iniziò a ridere.
La coniglietta, invece, sbuffò, poi abbassò lo sguardo e sbatté la propria zampina sana sulla fronte, poi scosse la testa, prima di rialzarla.
“Non cambierai mai, tu.”
“Che ci vuoi fare, Carotina: sono e sarò sempre la tua volpe acuta che continuerà a farti fare brutte figure.” replicò con sarcasmo Nick.
Invece di rimproverarlo, Judy fece un sorriso minaccioso, dopodiché lo guardò negli occhi.
“Mentre ero dal nostro amato capitano, ho approfittato per dirgli di tenerti d'occhio, e di mandarti a lavorare sulla stradale nel caso tu dovessi rovistare nel mio ufficio e prendere qualche mio effetto personale, o se insegnerai a Benjamin qualche barzelletta delle tue. Perciò, volpe malandrina, vedi di comportarti bene in mia assenza.”
In un istante il sorriso dispettoso di Nick svanì, lasciando così spazio a una finta espressione offesa, per stare al gioco della partner.
“ Sei proprio una guastafeste; ed il motivo per cui non ti inviterò mai a bere un drink con te.”
“Come se volessi farlo sul serio se non fossi così…guastafeste, come hai detto tu.”
Mentre i due migliori amici stavano continuando a scherzare, per così dire, dalla cima della scalinata della centrale, Rinowitz chiamò Nick, dicendogli che il capitano Bogo voleva vederlo.
“D'accordo, arrivo.” fu la risposta del canide.
“Buon lavoro, partner…e ricordati di firmare tutta la pila di scartoffie che si trovano sulla mia scrivania. A presto.”
Quando Judy fece per andarsene, la volpe le si parò di nuovo avanti e la afferrò per le spalle, guardandola poi dritto negli occhi.
“Aspetta…qualsiasi problema dovessi avere, non esitare a chiamarmi.” le disse con tono serio.
Quando vide la preoccupazione del canide, la leporide sorrise e cercò di tranquillizzarlo.
“Nick, guarda che vado a Bunnyburrow, a casa della mia famiglia: non mi accadrà niente di brutto.”
“Tu non esitare comunque a chiamarmi, nel caso tu abbia bisogno di qualsiasi cosa, o per parlare e basta…”
A quel punto alla leporide sfuggì un sorriso che il canide non poté notare, dal momento che erano abbracciati, e scosse leggermente la testa.
“Ok volpe premurosa.” replicò Judy sciogliendo l'abbraccio.
Solitamente i due partner, specialmente Nick, erano soliti sdrammatizzare la situazione ridendo, scherzando e prendersi in giro; il ché aiutava entrambi a non pensare a tutte le cose andate storte durante la giornata; ma quel giorno nessuno dei due mammiferi osò scherzare: nel vedere la propria partner in ospedale, quando era quasi sul punto di morire, Nick aveva capito quanto avesse bisogno della sua presenza: era stata la sua luce guida nei momenti più bui e difficili della propria vita, e quando aveva avvertito di perderla per sempre, aveva fatto di tutto affinché non accadesse ciò, anche a costo di venire cacciato via dalla polizia; non era pronto a stare senza di lei.
Judy, invece, era immersa nei suoi pensieri: nonostante avesse capito di aver fatto un incubo, era comunque turbata; aveva la strana sensazione che c'era qualcosa di reale…nonostante sapeva bene che era assurdo pensare che non si trattava del semplice frutto della propria immaginazione. A causa delle preoccupazioni che mostrava, soprattutto durante le indagini, Nick le diceva spesso, con il suo solito modo cinico, che era paranoica e si preoccupava troppo quando non era necessario. Grazie a quella paranoia, guidata dalle intuizioni e dall'istinto, i due mammiferi erano stati in grado di risolvere tutti i casi assegnati dal loro capitano. Era raro che fosse la volpe ad avere ragione su quell’argomento.
“Agente Wilde!” lo chiamò di nuovo l’agente Fengmayer dalla cima della scalinata.
Quando sentì di nuovo la voce della tigre, il canide sbuffò.
“Perdonalo: non sa quel che dice.”
“Ah ah ah ah…È meglio che vai, prima che il nostro superiore decida di mandarti a dirigere il traffico, o peggio alla stradale.” replicò Judy alla battuta.
A quel punto la volpe sorrise e le appoggiò una zampa sulla spalla destra.
“Buon ritorno a casa, cara.”
“Buon lavoro partner.” fu la risposta della leporide.
Dopo essersi salutati, il canide entrò in centrale, mentre la coniglietta tornò al proprio appartamento per preparare le valigie e tornare a casa, dai suoi genitori.

Dopo essere stata per un po’ di tempo in compagnia con i propri genitori e Angelica, Judy, con una scusa, aveva deciso di stare da sola per un po’ di tempo: si trovava al piano superiore del treno diretto verso Bunnyburrow, in una delle grandi cupole. Nonostante non sapesse il motivo, erano pochissimi i mammiferi di basse dimensioni che andavano all’interno di esse per osservare il panorama da un’altezza sopraelevata. In quel momento era sola, e mentre osservava dal vetro a “cupola" il paesaggio ai fianchi, e il cielo limpido con qualche batuffolo di nuvola sparso, scorrere veloci, la coniglietta continuava a pensare e a soffermarsi sull’unico frammento di quello spaventoso incubo che ricordava: la morte dei genitori, avvenuta davanti ai propri occhi. Ripensando a quell’episodio, continuava a chiedersi se si sarebbe realmente comportata in quel modo se qualcuno le avesse davvero portato via la propria famiglia; si sarebbe davvero infuriata fino a diventare una spietata omicida in cerca di vendetta? Ammise a se stessa di essere legata e di amare la propria famiglia, ed avrebbe mosso mari e monti pur di proteggerla in ogni modo possibile, anche se avesse fatto ricorso a metodi illegali…ma non voleva pensare alla prospettiva di fallire nello scopo, né riusciva a pensare cosa sarebbe realmente accaduto se le fosse capitato davvero di perdere tutti coloro che amava.
“Judy.”
La coniglietta volse lo sguardo verso la direzione da cui proveniva la voce. Dopo aver visto che era appena sopraggiunta la mamma, la piccola agente tornò a guardare il paesaggio dall’enorme finestra di vetro.
Dopo aver notato lo sguardo cupo della figlia, che rimase in silenzio, Bonnie andò a sedersi vicino a lei.
“Tesoro, che cos’hai?” le chiese preoccupata la coniglietta adulta mentre con tocco e movimenti delicati prese il mento della figlia e ruotò il suo viso fino a guardarla negli occhi; notando così la sua espressione malinconica e assente.
“Judy…Non ti senti bene?” chiese preoccupata la leporide adulta, che mise immediatamente la zampa sinistra sulla fronte della figlia.
“Si mamma…” si limitò a rispondere la piccola agente.
“Judy, piccola mia, dimmi la verità.” disse Bonnie, che capì benissimo che non stava bene…o che comunque c'era qualcosa che non andava; e non era soltanto per le orecchie basse che aveva in quel momento.
Dopo qualche minuto di esitazione come se fosse uscita da uno stato di trans, Judy iniziò a parlare.
“Mamma...perché facciamo gli incubi?”
Al sentire quelle parole, la mamma rimase in silenzio per qualche istante, poi riprese a parlare.
“È per questo motivo che sei mogia; perché hai fatto un brutto sogno?”
Judy Hopps si limitò ad annuire, poi abbassò lo sguardo.
“Ti va di raccontarmi ciò che avevi sognato, piccola mia?” le chiese Bonnie mentre le accarezzò la testa.
“No.”
Quando la leporide adulta ascoltò la sua risposta notò che aveva usato un tono…insolito: era acido, come se avesse fatto qualcosa di sbagliato e tentasse di nasconderlo mantenendo un atteggiamento aggressivo. Tuttavia aveva anche capito che cercava anche di trattenere le lacrime.
“Ascoltami, Judy; non devi aver paura di raccontarmi il brutto sogno che avevi fatto…”
“Tu non capisci!” replicò la piccola coniglietta con tono alterato; dopodiché cominciò a piangere. “La verità è che sono un mostro.”
Non appena Bonnie sentì le sue ultime parole, decise di armarsi di tanta pazienza, e di assumere un atteggiamento severo; e dopo aver alzato lo sguardo della figlia, le due conigliette si guardarono negli occhi.
“Ascoltami bene, signorinella: per prima cosa non voglio mai più sentirti dire che sei un mostro, perché non è assolutamente vero; e poi, Judy, tu non devi aver paura degli incubi, perché non sono reali, né lo diventeranno mai…e adesso, Judy, raccontami ciò che ti spaventa di quell’incubo!” la rimproverò Bonnie, che disse quelle parole perché non voleva veder soffrire in quel modo la povera Judy; e poiché sapeva che avere un segreto macabro e non confidarlo a nessuno significava farsi del male giorno per giorno, voleva che lo condividesse, in modo tale che avrebbe potuto aiutarla e consolarla.
Dopo aver ricevuto quel rimprovero, Judy squadrò il proprio genitore con malinconia, dopodiché abbassò lo sguardo e pianse. Le parole che aveva sentito l’avevano colpita nel profondo, tuttavia non riuscì a distogliere i pensieri da quell'incubo: era sollevata nel sapere che non erano realmente accaduti quei fatti, però le avevano dato una nuova consapevolezza su degli aspetti che di cui non aveva tenuto conto.
Bonnie aveva ragione: non poteva tenersi per sé quelle paure e quei dubbi che non facevano altro che farla sentire male ogni volta che si soffermava a pensare a come superarli.
Senza darle il tempo di parlare, la piccola agente iniziò a raccontare ciò che ricordava del brutto sogno. Non disse nulla sulle indagini, poiché non le ricordava affatto, ma si soffermò soprattutto al momento in cui aveva visto morire i propri genitori, e di come si era sentita talmente arrabbiata e in preda all'odio che non desiderava altro che uccidere nel peggior modo possibile quella killer, della quale confidò soltanto che era un membro della loro famiglia…uno dei loro figli.
“Ero così furiosa…così piena di odio e rabbia…sigh…che non desideravo altro che uccidere quella pazza…e…il fatto che fosse uno dei miei fratelli…”
La mamma ascoltò con attenzione il suo racconto, e non appena vide che Judy riprese a piangere a dirotto, la abbracciò intensamente, con tutto l’amore che possedeva, e iniziò a consolarla.
“Era solo un bruttissimo sogno Judy.”
“Io non voglio perdervi!” fu la risposta di Judy, che aveva deciso di confidarle le proprie paure. “Non sono pronta a lasciarvi andare!”
Prima di replicare Bonnie lasciò sfogare per qualche istante sua figlia.
“Guarda che io e tuo padre non siamo in pericolo, né corriamo il rischio di morire da un momento all’altro.”
“Ma se doveste esserlo…io non riuscirei a proteggervi…”
“Figlia mia: tu non devi lasciarti condizionare da quell’incubo o da un qualsiasi altro sogno, perché non sono altro che il frutto della tua immaginazione; sono e rimarranno irreali, anche quando sembrano essere realistici. Infatti gli incubi, a differenza dei sogni, non fanno altro che mostrarci le nostre paure e i fallimenti, ma non rappresentano fatti che si verificheranno nella realtà. Anche se nel tuo brutto sogno io e tuo padre eravamo stati uccisi nonostante ti fossi impegnata a proteggerci, sono più che convinta che muoveresti mari e monti pur di proteggere e vedere la tua famiglia al sicuro; e per quanto riguarda i tuoi fratelli e sorelle…io e tuo padre avremo i nostri difetti, e avremo anche commesso qualche errore nel nostro compito di crescervi ed educarvi, ma sono più che convinta che né tu, né nessun altro dei tuoi fratelli e sorelle abbia mai provato odio verso di noi o abbia desiderato la nostra morte. Si, ci sono le discussioni e i litigi (che possono essere tra me e tuo padre, o tra un figlio e un genitore); e nel momento in cui qualcuno di noi è arrabbiato è facile che insulta e dica alcune frasi che fanno male all'altro, e che in realtà neanche le pensa davvero; ma non sono segni di odio, ma bensì di sfogo: infatti, nel momento in cui si riacquista la calma e ripensiamo a ciò che avevamo detto e fatto, torniamo a chiarirci con il coniglio , o la coniglietta, con cui avevamo litigato e si fa pace. E questo lo facciamo perché la nostra famiglia ha delle fondamenta solide basate sull'amore, un amore che io e tuo padre ci siamo impegnati a costruire tra noi e i nostri figli; per questo motivo so per certo che nessuno dei miei figli odierà mai la nostra famiglia o farà mai del male ad essa. E se mai esiste un figlio che odia i suoi genitori e desidera la loro morte, o viceversa, allora significa che in quella famiglia non c'è amore, e sarà quindi destinata…a dividersi.
Quando io e tuo padre ci eravamo sposati, non avevano soltanto giurato di amarci e stare insieme in ogni momento e finché morte non ci separi, ma ci eravamo promessi che avremo fatto di tutto per far rimanere unita la nostra famiglia e di amare e prenderci cura dei nostri figli: infatti noi ti vogliamo bene allo stesso modo dei tuoi altri 275 fratelli e sorelle, e nessuno di voi è più o meno importante di un altro.”
Dopo aver fatto quel discorso alla figlia mogia, Bonnie le accarezzò il mento, poi riprese a parlare.
“Ti basta guardarti intorno per capire che non devi credere e soffermarti su quell’incubo.”
Judy rimase talmente colpita da quel discorso da non avere parole da dire. L’unica cosa che fece, d’istinto, fu abbracciare intensamente la propria mamma e piangere a dirotto. La mamma si limitò a ricambiare l’abbraccio e a coccolarla sulla testa.
“Stai tranquilla: è tutto passato.”
Fu in quel momento che sopraggiunse anche Angelica.
“Mamma…che è successo?” chiese Angelica preoccupata.
“Niente…” intervenne Judy, che dopo aver sciolto l’abbraccio con la mamma si affrettò ad asciugarsi il viso e a riprendersi da quello sfogo.
La leporide andò a sedersi vicino la propria sorellina.
“Va tutto bene?...Judy?” chiese Angelica temendo ci fosse stato un litigio tra loro.
“Si Angelica…io e nostra madre stavamo solo parlando…” dopo qualche minuto di silenzio, Judy riprese a parlare. “Quando ero ancora in ospedale avevo fatto un brutto sogno che mi aveva turbato profondamente.”
Dopo un breve silenzio, Angelica accarezzò la propria sorellina sulla guancia.
“Qualsiasi cosa tu abbia sognato, era soltanto un brutto incubo; l’importante è che tu sei viva e insieme a noi, sorellina.” disse cercando di confortarla.
Anche se Judy non riuscì a sorridere con allegria, era contenta e commossa di avere una famiglia che le voleva bene e che le stava accanto in ogni momento; ed era felicissima di non averla perduta per sempre, come era accaduto in quel brutto sogno.
“Papà ha detto che dobbiamo cominciare a prendere le valigie perché stiamo per arrivare a Bunnyburrow.” disse Angelica rivolgendosi subito dopo a Bonnie.
“Ok tesoro, raggiungi tuo padre; io e Judy vi raggiungiamo dopo.” Angelica si limitò ad annuire, dopodiché andò al piano di sotto.
La leporide adulta prese da una tasca del vestito un pacchetto di fazzoletti e ne diede uno alla piccola agente, che si asciugò come poteva il naso e il viso umido di lacrime.
“Andiamo Judy.”
Mentre le due conigliette si alzarono in piedi, Judy decise di fare una domanda a Bonnie, che le frullava in testa da quando aveva ripreso i sensi all’ospedale.
“Mamma…”
“Si Judy?”
La leporide incominciò ad esitare: temeva la risposta che avrebbe ricevuto dalla propria mamma se le avesse posto quella domanda, ma il discorso che aveva ascoltato prima, a proposito del fatto di non dare importanza agli incubi, le aveva dato abbastanza coraggio da poter porre quella domanda…ma per qualche strana ragione c'era qualcosa che la turbava, anche se non sapeva cosa. Tuttavia doveva sapere la risposta, qualsiasi essa stata.
“Per caso…io ho una parente che si chiama Lucia Hopps?”
Invece di risponderle subito, la mamma assunse una strana espressione turbata, e per di più rimase in silenzio per qualche minuto.
“Ne parliamo a casa, piccola mia.” replicò Bonnie.
Non appena la madre si avviò verso le scale, Judy la seguì. Era rimasta perplessa e stupita dal suo modo di “aggirare" la conversazione, dovuto sicuramente al fatto che il treno stava arrivando alla stazione in cui sarebbero dovuti scendere. Anche se era impaziente di sapere la verità, decise di aspettare…e di riprendere il discorso non appena sarebbero arrivate a casa.

Angolo Autore
Ehila miei fan!
Scusate se non mi sono fatto vivo in queste vacanze, e se non ho ancora finito questa fanfiction: in parte era sparita la mia ispirazione, ma dovete sapere anche che per scrivere questo capitolo ci ho messo tanto perché io stesso mi commuovevo a volte…ma alla fine si sa: per riuscire a scrivere bene un qualsiasi racconto be ci vuole tempo.
Detto ciò…che conclusione vi aspettate?
Spero stiate tutti quanti bene e che vi stiate godendo le vacanze.
Buona lettura e al prossimo, ed ultimo, aggiornamento di questa fanfiction.

   
 
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