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Autore: FatSalad    03/10/2019    2 recensioni
Bruno è un ragazzo taciturno e pratico che ha smesso da tempo di credere alle favole. Il contrario di Susanna, che quando non lavora in biblioteca si perde tra le nuvole e le parole.
A farli incontrare sono delle amicizie comuni, a farli conoscere sarà una persona molto importante per entrambi...
DAL TESTO:
«Insomma, non si vedono tanti manzi in biblioteca!»
«Come no? Vai nella sezione di scienze naturali e c'è pieno. Qualcuno è anche nella sezione dei bambini e quelli solitamente parlano, anche.»
«Ah. Ah. Diciamo gnocchi, allora?» aveva insistito Roberta agitando una mano e guardando per aria.
«Dovremmo avere una vecchia edizione dell'Artusi, per quelli.»
«Bei ragazzi?»
«Ehi, per chi mi avete preso? Di harmony ce n'è a bizzeffe!»
L'avevano punta nell'orgoglio, non aveva potuto demordere!
«Persone di sesso maschile, bella presenza e tangibili, insomma!»
«...»
“Merda... - aveva pensato allora - sono stata sconfitta dalla presenza tangibile”.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Galeotta fu la biblioteca'
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I se sono il marchio dei falliti. Nella vita si diventa grandi con i “nonostante”.
M. Gramellini, “L'ultima riga delle favole”


«Dunque vuoi farmi credere che non ti sei mai infortunato in questo luogo pieno di pericoli?» chiese Susanna osservando rapita gli strumenti di lavoro di Bruno, tenendo le braccia dietro la schiena, come se avesse paura di tagliarsi solamente ad osservare seghetti e lime.
«Ti ripeto che basta adottare delle norme di sicurezza, ma se proprio ci tieni a saperlo...» rispose il falegname lasciando in sospeso la frase per catturare la sua attenzione.
«Sì?» chiese Susanna voltandosi nella sua direzione.
«Beh, un paio di volte mi sono fatto un dito nero.»
«Si dà il caso che una volta anche io mi sia fatta un dito nero a lavoro, quando me lo sono chiuso nella porta del bagno.»
«Allora fai un lavoro pericoloso anche tu!» esclamò Bruno sgranando gli occhi.
«L'ho sempre detto!» disse Susanna prima di scoppiare a ridere.
Gli diede un colpetto sul braccio, e mormorò uno «Scemo!».
Era un po' di tempo che Susanna usciva con il gruppo di Valentina e Roberta, era entrata piano piano, quasi in punta di piedi per non turbare degli equilibri non scritti. D'altronde lei non aveva più un gruppo di amici da anni, aveva progressivamente perso quello delle scuole medie, quello delle scuole superiori e il gruppo di studio dell'università ed era in un certo senso rassicurante sapere che in un modo o nell'altro ogni sabato sera poteva trovare qualcuno con cui passare la serata.
Con Bruno si trovava particolarmente bene, in primo luogo perché poteva parlare a diritto per ore, raccontare, sforgarsi e lui l'avrebbe ascoltata finché non avesse finito. Significava una certa resistenza. Poi le aveva fatto leggere un paio di romanzi incompiuti di suo nonno, nonché autore da lei amatissimo, Giandomenico Dossi e, inosmma, non era certo una cosa che capitava tutti i giorni!
Quel pomeriggio era passata a trovarlo in negozio. Voleva scoprire come si svolgesse il lavoro di un falegname nel XXI secolo, perché, doveva ammettere, non ne sapeva niente. Le era sembrata un'idea carina in una giornata come tante altre, non poteva certo immaginare che quello sarebbe diventato un giorno indelebile nella sua memoria, per più di un motivo.
Bruno le aveva mostrato subito il laboratorio, dietro la zona espositiva e Susanna era stata colpita dall'odore di legno che aleggiava in quel luogo. Era confortevole quasi quanto l'odore dei libri nella sua biblioteca.
Iniziare a lavorare aveva cambiato non poche cose nella sua vita, ma solo adesso Susanna si rendeva conto che aveva dedicato troppo tempo e troppe energie alla biblioteca, al sogno di diventare direttrice, mentre avrebbe dovuto conservare altri interessi.
«Quando sarai direttrice ti farò un forziere del tesoro vero per la stanza dei bambini.» disse Bruno in quel momento.
Ecco, proprio l'argomento che non aveva intenzione di toccare.
«Ti ho già detto che non ho possibilità di fare carriera almeno per i prossimi vent'anni. Se hai intenzione di conservarmi il forziere fino ad allora... fai pure.»
«Mmm... magari a quel punto i pirati non andranno più di moda tra i bambini.»
«Ti immagini?! Che desolazione...»
Le note leggere della campana ad aria giunsero fino a loro, annunciando l'arrivo di un cliente in negozio.
«Chi è a quest'ora?» borbottò Bruno guardando l'orologio e andò in negozio.
Susanna lo sentì dire un “buonasera” senza particolari inflessioni e dopo essersi guardata intorno incuriosita per un altro istante, raggiunse Bruno.
Il suono della campana indicò che il cliente se ne stava già andando. Susanna vide di sfuggita due schiene: un padre e un figlio, immaginò.
«Che volevano?» chiese senza neanche pensare all'inopportunità della domanda.
«Un preventivo per un restauro.»
«Quindi oltre a farli li sai anche restaurare, i mobili?»
Bruno scrollò le spalle.
«In realtà è solo grazie ai restauri che il negozio rimane aperto, per-...»
Un grido interruppe il discorso. I due ragazzi si guardarono negli occhi, atterriti.
«Sembra quell'uomo.» disse Bruno e, pur senza fretta, si avviò verso la porta con passo deciso.
Susanna lo seguì da vicino ed entrambi sentirono distintamente la voce di un uomo che gridava aiuto. Poi lo videro: il signore che era appena uscito dalla falegnameria era disteso a terra in modo scomposto, a metà tra il marciapiede e la strada. Il figlio era inginocchiato al suo fianco e col terrore negli occhi urlava, guardando una macchia di sangue scuro allargarsi progressivamente sull'asfalto.


Ripensando a quel momento, Bruno non avrebbe saputo spiegare con precisione le dinamiche dei fatti, ma ricordava perfettamente che un attimo prima stava guardando il sangue che usciva da una gamba dell'uomo, l'attimo dopo era accanto a Susanna, entrambri chini sul ferito.
«Bruno, chiama il 118.» aveva detto lei, prendendo in mano la situazione, mentre il figlio continuava a dare spiegazioni sconnesse.
«Il piede... è scivolato... non so... c'era un vetro... o forse lo spigolo... non so... io... il sangue lo impressiona...»
Susanna lo fermò, dicendo:
«Mi aiuti: vada in negozio e cerchi un asciugamano.»
L'uomo, in evidente stato di confusione, annuì e obbedì.
«A che serve l'asciugamano?» chiese sottovoce Bruno.
«A togliermi di torno quel poveretto. Ora, per piacere, chiama il 118, se non vuoi mettere le mani in tutto questo sangue.»
Disse l'ultima frase con espressione un po' disgustata, Bruno aveva paura che la ragazza facesse più danno che altro.
«Sicura che...?» cominciò, ma lei sbottò.
«Sono una donna di 25 anni! Ho già visto molto più sangue di quello che vedrai in tutta la tua vita! E ho il mio certificato di pronto soccorso, non ti preoccupare. Ora fammi un favore: fa' quello che ti dico!»
Bruno a quel punto si decise che Susanna sapeva quel che faceva, mentre urlava nelle orecchie del ferito, aspettando una risposta e seguì le istruzioni.
In pochi minuti il figlio del cliente uscì dalla falegnameria brandendo uno straccio non esattamente pulito.
«Ho trovato questo!» disse, con gli occhi fuori dalle orbite.
«Bravo, adesso... fammi il piacere di bagnarlo con un po' d'acqua, grazie.» disse Susanna senza nemmeno alzare gli occhi da quello che stava facendo.
«Acqua, certo, acqua...» si ripetè quello rientrando in falegnameria.
«Che sta facendo? Che sta facendo?» ripeteva il ferito che aveva ripreso conoscenza e cercava in qualche modo di allontanare Susanna dalla propria coscia.
«Se non la smette di agitarsi Bruno le darà una botta in testa!»
Dopo aver dato uno sguardo al fisico massiccio e l'espressione corrucciata di Bruno, l'uomo si decise a darsi una calmata e per fortuna l'ambulanza arrivò di lì a poco.
Giusto quando il figlio del ferito uscì con il panno bagnato.
«Grazie.» disse Susanna, prendendo lo straccio e pulendosi sommariamente le mani dal sangue.
L'uomo e suo figlio salirono in ambulanza e tutto si concluse con la rapidità con cui era iniziato.
Bruno osservava ancora la strada quando sentì Susanna appoggiarsi a lui.
«Oddio... credo... di avere un calo di adrenalina...» disse la ragazza.
Bruno la prese per le spalle.
«Tutto bene?» chiese.
Lei annuì e poi... scoppiò a piangere, tremando visibilmente.
Oh no...” pensò Bruno, impacciato.
«Va tutto bene, Susi...»


«Susi, va tutto bene.» le aveva ripetuto mentre chiudeva il negozio in fretta e la invitava ad entrare in casa sua, due portoni più in là.
«Va tutto bene,Susi, sei stata bravissima.» le diceva accarezzandole la schiena, aspettando che la crisi isterica passasse.
«Non volevo che mi tornasse utile quel certificato di pronto soccorso... mai! Sono... sporca...» singhiozzò lei guardandosi le mani e il maglione insanguinati.
La ragazza tremava per le emozioni e per il freddo che aveva preso rimanendo all'aria aperta in quel clima freddo senza un cappotto.
«Vuoi farti un bagno?»
Susanna annuì e Bruno capì che non sarebbe riuscita a raggiungere il bagno da sola. L'accompagnò alla porta, sorreggendola.
«Va tutto bene, tutto bene...» mormorava per rassicurare se stesso oltre che la ragazza, mentre la adagiava nella vasca. «Riesci ad alzare le braccia? Ci riesci? Aiutami, così ti togliamo questi vestiti insanguinati, va bene? Ci riesci?» ripetè in tono paterno.
Bruno non capì se aveva annuito o se batteva vistosamente i denti e basta. In ogni caso riuscì a toglierle i vestiti con qualche impaccio, la lasciò con la biancheria addosso e aprì la doccetta della vasca.
«Ora ti fai un bel bagno, prenditi tutto il tempo che vuoi. Io intanto metto in lavatrice i tuoi vestiti e accosto la porta, va bene? Se hai bisogno di qualcosa chiamami, d'accordo?»
Aveva parlato senza mai guardarla, perché aveva paura che, ora che si sentiva più tranquillo, e lei aveva smesso di singhiozzare e piangeva sommessamente, avrebbe potuto accorgersi che Susanna era mezza nuda nella sua vasca da bagno. Si voltò solo quando la vide compiere qualche gesto legnoso e borbottare qualcosa.
«Come hai detto?» le chiese.
«Aiutami...» gli disse a bassa voce indicandosi la schiena.
Bruno deglutì.
«Certo» mormorò e le slacciò il reggiseno con cautela, cercando di toccarla il meno possibile.
«Stai meglio?» Chiese evitando di guardare nella sua direzione o in quella del reggiseno che teneva in mano. Si fece bastare un mugolio ed uscì dalla stanza ripetendo che la porta era socchiusa e lui era lì vicino per ogni evenienza.
Sospirò per riprendere il controllo. Preparò la lavatrice e solo quando stava per chiudere l'oblò si rese conto che anche i suoi vestiti erano sporchi di sangue in più punti.
L'adrenalina gli aveva fatto dimenticare di se stesso, ma cominciava a sentirsi piuttosto scosso anche lui o forse solo stanco. Si spogliò in fretta e cacciò tutto nella lavatrice. Aveva bisogno di cambiarsi e mangiare qualcosa di caldo.
Quando si fu vestito sentì un debole richiamo e si accostò alla porta del bagno.
«Susi?»
«Bruno, potresti prestarmi dei vestiti?» chiese Susanna e quando la vide seduta fuori dalla vasca avvolta in un asciugamano si sentì un cretino.
«Certo! Scusa, non ci pensavo...»
“Ero troppo impegnato a non pensare al tuo corpo nudo” decise di tenerlo per sé.
Le passò dei vestiti che aveva racimolato più in fretta possibile cercando di evitare quelli troppo grandi e sfatti.
«Vuoi...» si schiarì la gola e riprovò «Vuoi che ti aiuti ad asciugarti i capelli?» chiese poi rimanendo poggiato allo stipite esterno della porta.
Sentì un debole “grazie” e aspettò che la ragazza lo invitasse ad entrare.
«Hai una spazzola?» chiese Susanna e il ragazzo recuperò un pettine, sperando che potesse bastare.
Vide che era stanca, si stringeva le mani addosso, come se sentisse sulla pelle il dolore che aveva visto con gli occhi e socchiudeva le palpebre quando le asciugava i capelli, carezzandoli delicatamente.
«Come ti senti?» le chiese preoccupato quando fu sicuro che i capelli fossero ben asciutti.
«Mh.»
Non lo aiutò, ma Bruno credette di capire che Susi non stesse ancora bene.
«Vuoi stenderti sul divano mentre ti preparo qualcosa di caldo? Vuoi un tè?»
«No, Bruno, non importa, non ti disturbare...» protestò con un filo di voce.
«Scherzi?! Quale disturbo?! Mi dispiace per quello che è successo, prendi almeno un caffè o un tè, io sento che ne ho bisogno. Ti porto una coperta... anzi, vieni a stenderti sul letto, ho cambiato le lenzuola stamani, giuro.»
«No, davvero non...»
«Dai, guarda che occhi lucidi che hai! Vieni a distenderti, per favore, riposati un po'.»
Susanna in effetti si sentiva come convalescente, non cercò più di protestare e si fece condurre nella camera del ragazzo. Lui la accompagnò fino al letto a una piazza e mezzo e quando le scostò le coperte per farla stendere avrebbe voluto quasi dirgli che aveva freddo, che preferiva sentire il suo corpo vicino piuttosto che le lenzuola pulite. Ma era un pensiero incoerente, come se avesse la febbre.
«Aspettami qui, mi faccio una doccia veloce e ti preparo un tè, d'accordo?»
Susanna mugolò qualcosa, si stava già addormentando.


Susanna aprì gli occhi e si rese conto di non essere a casa propria. Sbattè le palpebre e cercò di capire se si trattasse di uno strano sogno o se si trovava davvero nella camera di qualcun'altro. Poi ricordò: la falegnameria, il sangue, il bagno di Bruno, i suoi vestiti troppo larghi addosso.
Cercò di alzarsi a sedere e il letto cigolò, richiamando il proprietario, che bussò delicatamente alla porta.
«Susi?» sussurrò «Sei sveglia?»
«Mmm... mi sento come se avessi un troll che mi prende a badilate nella testa, ma sono sveglia.» borbottò.
«Posso entrare?»
Susanna sbuffò. Questo ragazzo chiedeva il permesso per entrare nella propria camera!
Lo fece entrare e accese l'abat-jour per distinguere qualcosa. Bruno si sedette sul letto, scrutò il volto della ragazza dalle guance arrossate e chiese:
«Ti senti meglio?»
Susi scrollò le spalle, poi un pensiero la fece sorridere.
«A quanto pare il marciapiede è più pericoloso della tua bottega. Quanto ho dormito?»
«Un'oretta, temo che il tuo tè si sia freddato, ma se vuoi metto subito altra acqua a scaldare.»
Susanna lo guardò negli occhi, si perse per un attimo a contare le lunghe ciglia attraverso le lenti degli occhiali e si rese conto che non l'aveva mai sentito parlare così tanto da quando lo conosceva. Quel pensiero la fece sorridere.
«Ti sembra di avere la febbre?» mormorò Bruno allungando una mano per sfiorarle la fronte, ma si bloccò e la ritirò subito. Susanna avrebbe voluto essere più veloce per afferrargliela tra le sue e portare le dita del ragazzo sulla sua pelle, invece perse l'occasione. Poi vide Bruno che si abbassava su di lei e sentì le sue labbra sulla fronte.
«Mmm... non so se hai la febbre o sono tutte le coperte che ti ho messo addosso...» mormorò restando vicinissimo al suo viso, con un mezzo sorriso.
La sua voce era così bassa che Susanna sentì un brivido che la fece vibrare tutta come una corda di violino fino a farle rizzare i capelli. Cercò il suo sguardo che si era perso chissà dove ed entrambi sentirono che c'era qualcosa in quel momento, che nessuno dei due riusciva a spiegarsi, era come un sottile filo di tensione, una promessa o un mistero. Susanna voleva tentare ad assecondare quella sensazione, non pensò alle conseguenze, né ai significati di quel che stava facendo, si sollevò senza preavviso e unì la labbra a quelle di Bruno.


Il mio angolino:
Dopo 4 capitoli in cui si girano intorno, si studiano e... non succede niente, un capitolo che cambia completamente ritmo.
E adesso?!

 
   
 
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