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Autore: Ma_AiLing    04/10/2019    1 recensioni
Hermione, un pianoforte, e una dolce melodia.
Dal testo:
"E Hermione volava! Volava via con la fantasia, immaginava di essere una fata, o una sirena, e di vivere pazzesche avventure in altri mondi. Certo, non era molto razionale da parte sua, ma la musica, e soprattutto suonare il piano, le facevano questo strano effetto! Quando era seduta al pianoforte, poteva credere a qualunque cosa."
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hermione Granger | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, II guerra magica/Libri 5-7
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Nota: ho scritto questa storia tre anni fa per un contest di GiratempoWeb. Il contest prevedeva di ispirarsi a un’immagine di una creatura nel mare, e a questa traccia musicale: “The Departure” di Max Richter. Ho perso l’immagine e non posso allegarvela, ma vi consiglio vivamente di ascoltare la musica mentre leggete. In fondo, fa parte della storia.

"The Departure” - Max Richter (Youtube)

 

 

La melodia che faceva sognare una ragazza razionale
 

Quando Hermione era piccola, capitava che di domenica suonasse il pianoforte con il padre. Amava quei momenti. Suo papà era bravissimo, le sue dita lunghe si muovevano veloci e sicure sui tasti bianchi e neri, ma con una delicatezza speciale, come se li accarezzasse. Hermione era ancora piccolina e aveva appena iniziato a studiare pianoforte. Non era brava, o almeno, non quanto desiderasse, però il suo papà la incoraggiava sempre. E il momento più magico di tutti era quando si mettevano a suonare insieme: c’era una melodia che piaceva tanto a sua madre e che chiedeva sempre loro di suonare. Così suo padre le faceva cenno di avvicinarsi, e mentre lui suonava un complicato sottofondo, veloce e travolgente, Hermione suonava poche note, giusto qualche tasto, ma le due musiche si fondevano assieme per diventarne una sola. 

E Hermione volava! Volava via con la fantasia, immaginava di essere una fata, o una sirena, e di vivere pazzesche avventure in altri mondi. Certo, non era molto razionale da parte sua, ma la musica, e soprattutto suonare il piano, le facevano questo strano effetto! Quando era seduta al pianoforte, poteva credere a qualunque cosa.

Quella domenica di fine novembre, seduta al piano di fianco al padre, con il caminetto acceso che scoppiettava a fianco, si immaginava con una coda di sirena a nuotare nelle profondità del mare. Incontrava altre sirene e pesci dai mille colori. Faceva capriole nell’acqua come non sarebbe mai riuscita a fare in piscina. Il mare l’avvolgeva e lei cantava con le sirene sue amiche in una lingua antica e sconosciuta. E perché no, magari cercava anche di convincerle a non ingannare i poveri pescatori e marinai che si imbattevano in loro. 

Volava con la fantasia e nuotava nel mare. E si dimenticava di suonare! Ma dopo le prime volte in cui il padre le dava un leggero colpetto con il gomito affinché riprendesse, avevano deciso che la loro musica era più bella così, con quella pausa che faceva Hermione mentre viaggiava nel suo mondo immaginario. E allora di tanto in tanto Hermione restava ferma, e si concedeva il suo momento di distrazione, in cui tutto nella sua testa diventava possibile, perché quella era una melodia magica, e onde spumeggianti apparivano nei suoi pensieri. Ma poi tornava concentrata a suonare, ligia come era sempre stata. E le sirene, il profondo blu, restavano una fantasia.

Mai avrebbe creduto che di lì a qualche anno avrebbe ricevuto una lettera che le confermava che sì, la magia esisteva! Esistevano le fate, ma lei era una strega, esistevano le sirene, ma non erano così belle come lei credeva, ma soprattutto, avrebbe visto tutte queste meraviglie con i suoi occhi, nella realtà, e non solo nella fantasia! Era emozionata, davvero tanto emozionata. Ma poi, l’ansia di non essere abbastanza la prese. Perché lei non era figlia di Maghi, e non sapeva nulla sul Mondo Magico. E così passò i mesi seguenti a leggere, leggere, leggere, dimenticando il piano nell’angolo di salotto in cui era sempre stato, e quando suo padre la chiamava, gli rispondeva sempre che non aveva tempo, che stava leggendo. E oh, quanto l’appassionavano quei libri! Per suonare ci sarebbe stato tempo, tanto tempo in futuro. La scuola invece sarebbe iniziata il prossimo settembre!

Passarono gli anni, e ormai Hermione, il piano, non lo suonava più, né suo padre la chiamava per suonarlo assieme, credendo che avesse perso interesse per quello strumento che amava quando era piccina. Poi arrivò la guerra e Hermione modificò la memoria ai suoi genitori, creò per loro delle nuove vite e fuggì, pronta a combattere il male che aveva invaso il mondo. 

Fu una domenica d’autunno, mentre erano rintanati a Grimmauld Place, che vide Ron seduto al pianoforte. Suonava qualche tasto a caso con incertezza. Lei gli si avvicinò e gli si sedette accanto. Gli sistemò le dita nella posizione corretta e stava per insegnargli una melodia semplice semplice, quando prepotente arrivò il ricordo di domeniche intere passate al pianoforte di casa con suo padre, e quella musica che suonavano assieme le invase i pensieri e presto si librò nell’aria. Ora i ruoli erano invertiti: lei suonava la melodia difficile, veloce, mentre Ron premeva poco delicatamente i tasti per creare il motivetto che era solita suonare lei.

E alle immagini di sirene si aggiungevano quelle delle mille altre creature magiche che aveva imparato a conoscere. Chi l’avrebbe mai detto che lei, Hermione, bambina che sognava di essere una sirena, tra le sirene ci sarebbe stata davvero? Chi avrebbe mai scommesso che lei avrebbe sentito il vero (terribile) canto degli esseri marini? Certo, non ricordava nulla della prova del Tremaghi perché era in un sonno incantato, ma c’era stata, tra le sirene! Le aveva viste! E ora stava lottando per riportare la pace in quel mondo fantastico che l’aveva accolta. Con lei, i suoi migliori amici, Harry e Ron. 

Ron. 

Quando era piccola e suonava il piano, riusciva a vedere cose che non esistevano, poteva creare altri mondi a cui lei sola aveva accesso. E ora, seduta accanto a Ron, si domandava se quel che provava per lui fosse vero o solo una fantasia, un’idea strana frutto della sua immaginazione, frutto della musica che stava suonando. Forse era per questo che aveva smesso di suonare il piano: la faceva correre troppo con la fantasia, e lei aveva sempre amato la razionalità.

 

 

   
 
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