XV
S uryan
aveva passato tutta la notte a pensare. La sua
mente sembrava un treno in corsa senza una meta: andava avanti, senza
mai
fermarsi. Dentro di lei albergavano mille emozioni: paura, sorpresa,
speranza,
tristezza. Avrebbe
finalmente rivisto la sua migliore amica, la
sua famiglia, dopo mesi avrebbe
potuto riabbracciare Judit. Il tempo era trascorso così
velocemente che
sembrava ieri il disastro del treno, il viaggio imminente, il
rapimento, la
magia… però, allo stesso tempo, si sentiva
vecchia di un secolo. Era entrata in
quel Pub che era una ragazzina, anagraficamente lo era ancora, ma
qualcosa
dentro di lei era maturato. Non aveva a che fare con la decisione di
abbandonare il suo percorso di fede, bensì con
l’acquisire consapevolezza del
mondo circostante.
Qualcuno
bussò alla sua porta, facendo finalmente
arrestare il treno in corsa:
-Vuoi
prendere un po’ d’aria con me?
Il buio era tutto ciò
che circondava il suo
corpicino, stretto nel piccolo armadio. Le manine tremavano, l'urina
spingeva
per uscire, gli occhioni azzurri assottigliati come a volersi
proteggere dal
mondo.
-BASTARDO!
Le
ante si spalancarono e venne preso violentemente
per un braccio, che la donna spinse a terra assieme al corpo tremante.
Teneva
ancora gli occhi chiusi, sperava di aprirli e
di svegliarsi nella stalla in cui dormiva, insieme ai suoi amati
cavalli di cui
sembrava sentire il nitrito ad ogni colpo che la donna gli infliggeva
alla
testa.
Era un incubo.
-Sono
orfano- le raccontò, seduto insieme a lei su una
tovaglia stesa sul prato.
Suryan
lo guardò impietosita. Era sempre la stessa
storia. La stessa pietà.
Sentiva di stare per perdere i
sensi, il
dolore alla testa era troppo forte, le orecchie gli fischiavano.
-Giselle,
smettila di prendertela col bambino!
La sua voce fu l'ultima cosa che
sentì, prima di ricadere nel buio.
-Sono
scappato, quando ho raggiunto i quattordici
anni, ho rischiato di morire, poi, un angelo mi ha salvato.
Mise a fuoco lentamente
l'ambiente
circostante fino a riuscire a scorgere una ragazza. Una ragazza molto
carina.
-Ti
sei svegliato, finalmente.
Gli toccò la guancia,
bagnata dal sangue e dalle
lacrime. Non ebbe paura di sporcarsi.
-E
come ti ha trovato questo angelo?
-Io
ho trovato lei. Era notte, tarda notte. Vagavo
ricoperto di terra e sangue, finché non l'ho vista. I nostri
occhi si sono
incontrati...
...E la vita sembrò
finire lì per lui.
Collassò, privo di forze, non prima di averla vista piegarsi
su di lui, gli
occhi brillanti, i capelli sembrarono tingersi di un altro colore.
Quella
ragazza non ebbe paura di sporcarsi.
Helga
non aveva mai avuto paura di sporcarsi con lui, di
sporcarsi per
lui.
-Deve
essere stato difficile per te...
La
solita frase fatta. Era insopportabile.
-Beh,
sono qui, l'importante è questo!
Suryan
allungò un braccio verso di lui e dalla sua
mano comparve una rosa. Dapprima fu stupito di quel gesto, ma poi si
concentrò
sulla magia, un tipo a lui sconosciuto. Non poteva che essere una sola
cosa.
-Sei
speciale, Sur.
Come
da copione, lei arrossì. Era davvero ingenua.. -
Quel che puoi fare tu, non può farlo nessun altro.
-Beh,
sai, è successo di nuovo.
Jasper
la guardò, incuriosito. Tirò un vento caldo su
di loro.
-Ho
acceso un fuoco, quella notte, nella tempesta, ho
manipolato un elemento.
-Dovremmo bruciarlo vivo! E tu,
che hai da
guardare?!
Un altro colpo ben assestato. Un
altro fiotto di sangue.
-Il
fuoco? Sur, è incredibile!- finse, ignorando il
fiume di ricordi che quel giorno aveva deciso di scorrere in pieno.
Suryan
si alzò, sistemandosi il vestito.
Beatrix
lo sapeva. Sapeva che Suryan possedeva quei
poteri. Gli ostacoli sembravano non finire mai.
-Torniamo
dentro, vorrei bere qualcosa.
Bussò,
poco convinta di ciò che stava facendo. Sapeva
che, accettando l'invito di Claudius nel suo studio, sarebbe finita con
un
rimprovero.
Infatti
era serio e composto, le mani giunte a
sorreggere il capo, lo sguardo fisso sulle carte.
Helga
si accomodò con un peso sulle spalle più grande
di lei.
-Voleva
vedermi?
Claudius
la squadrò, prima di parlare. - Gli introiti
sono magicamente aumentati e, guarda caso, il nostro benefattore
è Jhonny. È
successo quel che penso? Vorrei tanto sentirti dire di no.
Mentire
non avrebbe portato alcun frutto, in ogni caso
Claudius lo avrebbe capito.
-Ho
accettato la sua proposta di matrimonio.
Silenzio.
Un silenzio pesante.
Quella
mattina, Helga aveva provato ad acconciarsi i
capelli come una donna adulta, legati fin sopra le spalle. Sentiva ora
il
bisogno di scioglierli e di toccarli per stemperare la tensione.
-Non
avresti dovuto. Non avresti decisamente dovuto.
Sbattè
violentemente le mani sulla scrivania. Helga
ebbe un sussulto. Quello studio era molto piccolo e arrivava poca luce,
decisamente ciò non contribuiva a farla sentire meno
assoggettata dalla
presenza imponente di Claudius.
-Come
ti sentirai adesso, legata per tutta la vita ad
un uomo che non ami, eh? Come vivrai al suo fianco?
-C'è
sempre tempo per imparare ad amarlo.
-Ma
a che scopo? Per finanziare un pub che comunque
prima o poi avrebbe chiuso?
-Non
solo per questo! Jhonny ha detto che avrebbe
riabilitato il mio cognome, i nostri figli lo porteranno insieme al suo.
-Non
voglio crederci- Claudius si fece rigido sulla
sedia. -Ti ho cresciuta io, con quali valori?
Helga
sentiva le lacrime premere per uscire. Del suo
cognome le importava ben poco, a quel punto, era di Jalice, di
Claudius, che
realmente le importava. Non avrebbe permesso la chiusura del pub, a
qualunque
costo.
-Grazie
di tutto, Claudius, ma ormai è arrivato il
momento che io decida da me cosa farmene della mia insulsa vita.
Come
si alzò, Claudius si decise a guardarla, il suo
sguardo tradiva tristezza. -La tua vita è preziosa, non
trattarla in questo
modo.
Le
lacrime sgorgarono copiose, a quel punto. Non era,
in fondo, così preziosa quanto quella dei suoi amici. Non
era riuscita ad
esserlo per la persona che amava, con che faccia avrebbe sostenuto di
essere
importante davanti agli altri, che non trascorrevano le proprie vite
nell'autocommiserazione, che non si lasciavano vincere dalle proprie
emozioni,
che affrontavano le difficoltà con un sorriso. Lei non era
nulla di tutto ciò,
poteva essere utile soltanto sposandosi.
-Grazie
di tutto.
Sfrecciò
verso la porta senza dire altro, il cuore
colmo di tristezza e gli occhi di lacrime.
Quando
si diresse verso la porta d'ingresso, quasi non
si accorse di essere andata a sbattere contro qualcosa. Contro qualcuno.
Quando
avvertì sul suo petto lo scandire dei battiti
del cuore di qualcun altro, oltre ai suoi, alzò appena il
capo e vide Jasper
molto vicino a lei.
Corse
immediatamente via, per poco non urtò anche
Suryan.
Corse
più veloce che poté, come l'aveva abituata
Hector, tra i rovi della foresta, che le strapparono dai capelli il
fermaglio,
facendoli ricadere sulle spalle, ormai tinti di un nero inchiostro.
Si
abbandonò sulla terra, stanca della corsa e ferita
dai rovi. Le lacrime si mescolavano col sangue sul suo viso.
Quando
Theron era tornato con in braccio una Helga
incosciente e ferita, Jasper si era chiuso nella sua stanza con foga,
sbattendo
la porta.
Aveva
sentito le voci di Suryan, di Jalice e Theron
chiamarlo per la cena, ma non ne aveva voluto sentire.
Non
voleva sentire niente, nessuno.
Aveva
cercato di sopprimere una parte di lui che stava
pericolosamente pian piano emergendo negli anni, ma che avrebbe
rappresentato
un ostacolo insormontabile se le avesse permesso di manifestarsi.
Ed
era Helga la causa di tutto. Doveva rinunciare,
sopprimere. In una vita di rinunce, sarebbe stata soltanto l'ennesima,
allora
perché gli importava tanto?
Dopotutto,
l'amore è la morte del dovere e il dovere
la morte dell'amore.
Hector si guardava intorno, alla
ricerca
della sua dama. Eccola lì, nel suo vestito verde, i capelli
scuri legati, i
guanti a coprire le sue delicate mani. Era lei, non aveva alcun dubbio.
Al
ballo non l'aveva riconosciuta, dal momento che non l'aveva mai vista,
eppure
in quell'istante capì.
-Hector,
sei davvero tu?
La
musica cessò improvvisamente e i due si trovarono
soli nella sala da ballo.
Le
figure negli arazzi sembravano guardarli dall'alto
in basso.
Hector
non disse niente, continuò a guardarla,
provocandola.
-Oh,
insomma, ci rivediamo e tu non dici niente. Che
c'è, ti aspettavi qualcun'altra?!
-Sì,
una bella biondona.
Judit
arricciò il naso, mettendo su un'espressione
davvero adorabile. In realtà, non era mai stato
così felice di rivedere
qualcuno in vita sua.
-Bah,
tanto questo è un sogno e tra poco mi sveglierò
in quel castello di pazzi.
Hector
sorrise. Per la verità, per la prima volta in
vita sua, non sapeva cosa dire. Forse non voleva proprio dire nulla, il
suo
desiderio consisteva nel guardarla, scorgere ogni parte del suo viso,
toccarla
come aveva fatto quella sera al ballo.
Ti
sei innamorato?
Le
parole di Beatrix rimbombarono prepotentemente
nella sua testa. No, non c'era tempo per pensarci, Judit stava correndo
un
grosso rischio.
-Judit,
ascoltami. Sei in pericolo, dobbiamo portarti
via da quel castello!
Judit
incontrò i suoi occhi, ricambiando il suo
sguardo preoccupato.
-Vuol
dire che mi porterete via da qui?
-Sì,
e la tua amica, Suryan, sarà dei nostri.
Gli
occhi di Judit, a quel punto, si riempirono di
lacrime. Anche il lampadario, con le sue cascate di cristalli, sembrava
piangere con lei.
-Sono
così sollevata, grazie Hector, GRAZIE!
Stava per avvicinarsi, le
braccia protese per
abbracciarlo. Il cuore di Hector iniziò a battere forte;
protese anche lui le
braccia, quando il buio lo avvolse e di quel calore che Judit gli
faceva
provare non rimase alcuna traccia.
Quella
sera era delle più belle: i raggi lunari
illuminavano la foresta circostante ed Helga, dalle finestre della sua
stanza,
poteva ammirarne la bellezza.
La
sua stanza era piccola, il letto accanto alle
finestre, un armadio ed una scrivania l'uno di fronte all'altra nelle
altre due
pareti.
Dalla
porta entrò Jalice: aveva gli occhi lucidi.
-Oh,
ti sei svegliata finalmente.
Quasi
non fece cadere la bacinella contenente acqua
dalle mani. Reggeva anche una pezza, probabilmente voleva
posizionargliela
sulla fronte.
La
testa prese a girarle improvvisamente. Si toccò la
fronte con una mano.
-Sdraiati,
hai la febbre molto alta.
Helga
fece come le aveva consigliato l'amica.
Jalice
doveva aver pianto, non c'erano dubbi. La causa
era sicuramente lei, sempre lei. Non faceva che recare problemi da
quando era
stata accolta da Claudius, una ragazzina i cui genitori si erano
suicidati a
causa dei troppi debiti accumulati; non solo Claudius li aveva pagati
per lei,
lui che non era molto ricco, ma le aveva offerto un tetto e del cibo.
Sposare
Jhonny e risolvere tutti i loro problemi finanziari era il minimo che
potesse
fare. Eppure Claudius era triste, Jalice era triste...
-Sono
un fallimento.
Jalice
la guardò, gli occhi si stavano riempiendo
nuovamente di lacrime. -Non dire così, Helga...
Era
la verità. Era un'incapace, una persona inutile.
-Perchè
mi tenete ancora con voi, non merito nulla.
-Non
è vero! Tu sei importante per noi, l'ultima cosa
che vorremmo è vederti in questo stato..
Helga
girò il capo verso la finestra. Non riusciva a
piangere.
-Basta,
io non ne posso più!
Olivia
sbuffava da un quarto d'ora a quella parte.
Sembrava non fosse capace di fare altro.
-Zitta,
sto cercando di pensare!
Quel
mattino Hector era andato a dare da mangiare alla
gatta Judit e verso pomeriggio si era addormentato dalla noia. Quel che
aveva
sognato aveva dell'incredibile. Non sognava spesso, eppure in quel
periodo non
faceva altro. Che Judit l'avesse sconvolto così nel profondo?
Ti sei innamorato?
-Ora
basta!
Sbattè
le mani sul tavolo, facendo sussultare Kirk
che, come al solito, stava bevendo.
Intravide
sulla soglia della porta una figura inerme,
che riconobbe come Suryan.
-Oh,
guarda un po' chi abbiamo qui!
Come
tutti quella sera nel pub, Suryan aveva una
faccia da funerale. Olivia le si avvicinò e le
sussurrò: - Scappa finché puoi,
questi sono matti da legare!
-Ti
ho sentito!- esclamò Kirk, rosso come un pomodoro.
-Vieni qui, bambina, non ti facciamo niente!
-Ti
consiglio vivamente di seguire il consiglio di
Olivia- le suggerì Daraen, in disparte.
-Volevo
parlare con te- disse Suryan, rivolgendosi ad
Hector.
-Sentiamo.
Spalle
dritte, petto in fuori, sembrava una bambina
che voleva fare l'adulta.
-Se
Judit non fosse Hidden, tu l'andresti a salvare lo
stesso?
Rimase
spiazzato. Era una domanda che, in realtà,
aleggiava nella sua mente da molto tempo, solo che non voleva darvi una
risposta.
Solo
i rantoli di Kirk spezzavano un silenzio che,
altrimenti, sarebbe stato opprimente per tutti. Per Hector lo era a
prescindere.
-Cerca
di capirmi, non vedo la mia amica da molto
tempo e voglio sapere se la persona con cui è stata
è affidabile.
-E
chi ti dice che io non menta?
-So
riconoscere le bugie.
Hector
stette in silenzio. Se le avesse raccontato del
sogno, l'avrebbe preso per pazzo. Quelle due erano inguaribili, avevano
così
bisogno l'una dell'altra da mettersi contro il mondo intero pur di
ritrovarsi.
Era quasi geloso.
-Non
ha importanza adesso.
-Ha
importanza per
me.
-L'andremo
a salvare, questo deve bastarti. Ora ho
altro a cui pensare, sayonara!
Suryan
lo guardò male. -Questa per te allora è stata
una domanda scomoda. Vedremo, Hector Dumont.
Carol,
dopo mille indecisioni, si convinse a tirar
fuori dal suo astuccio la sua penna.
L’oggetto
magico era laccato in oro e luccicava in
ogni sua angolazione. La principessa fece un profondo respiro e
scrisse, leggiadramente,
in aria:
-Grazie per
l’invito. Io e la Madre delle Streghe saremo lì
tra pochi giorni. A presto.-
Si
osservò dallo specchio posto davanti ai piedi del
letto. Aveva fatto bene? Era stata troppo sintetica e formale?
Neanche
il tempo di formulare altri dubbi che la
risposta non tardò ad arrivare:
-Sapere che
verrai nella mia dimora mi riempie il cuore di gioia. Spero che
riusciremo a
passare più tempo insieme. Per sempre , il tuo conte Max.
Arrossì
all’improvviso e si buttò sul letto con un
sorriso ebete che sembrava incorniciare tutto il suo volto.
Forse
questo compleanno sarebbe stato diverso.
-Sur?
- Beatrix si mosse velocemente verso la ragazza,
un po' preoccupata.
Suryan
notò subito lo stato d'animo dell'amica e in
silenzio assecondò il suo passo, fin dentro la libreria dove
venivano custodite
fotocopie di vecchi manoscritti magici.
-Cosa
facciamo qui?
-Scopriamo
chi sei.
Beatrix
sorrise rassicurante verso la ragazza;
quest'ultima però non era convinta. Qualcosa dentro di lei
le diceva che non
era il momento per scoprire la verità sulle sue origini.
Passarono
tutto il pomeriggio a cercare e a leggere
libri interminabili ma niente descriveva la situazione di Suryan.
Le
due, stanche e confuse, uscirono dalla grande
stanza per dirigersi verso Jalice e le sue prelibate pietanze, che
stavano per
essere messe a tavola.
-Non
so se voglio realmente sapere.
-Sei
sicura?
-Sì.
Le
due si scambiarono un ultimo sguardo di fronte lo
stipite della porta e Beatrix capì di dover cercare da sola
le risposte di
questo mistero che affliggeva l'amica.
-Ragazzi
manca davvero poco alla partenza, ci
rimangono due giorni. Spero che abbiate lavorato abbastanza e messo in
chiaro
gli ultimi dettagli del piano. La priorità è
salvaguardare e portare qui Hidden.
Nonostante siamo tutti a conoscenza del legame che ha con Suryan, state
attenti. Non sappiamo cosa le è successo in questi mesi a
Palazzo e soprattutto
ha un enorme e pericoloso potere. Tutto chiaro?
Romina
guardò negli occhi di tutti i ragazzi presenti,
uno per uno. Erano la sua famiglia e stavano per fare qualcosa di
estremamente
pericoloso. Si soffermò su Beatrix e Jalice. Avrebbe dato la
vita per loro e se
solo avesse avuto la possibilità di essere totalmente
sincera con sua figlia…
Tesoro,
stai tranquilla.
La
voce di Claudius le rimbombò nelle orecchie e
sorrise, furtiva. Sarebbe andato tutto bene.