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Autore: evil 65    05/10/2019    15 recensioni
Due anni sono passati dalla guerra contro Thanos.
Peter Parker e Carol Danvers sono ormai diventati buoni amici, alternando la loro vita da supereroi a rari momenti di vita quotidiana in cui si limitano ad apprezzare l’uno la compagnia dell’altra, come farebbero con qualsiasi altro membro degli Avengers.
Tuttavia, Peter vuole di più…anche se sa che non dovrebbe.
A peggiorare le cose, un misterioso serial killer dotato di poteri fugge da un carcere di massima sicurezza, cominciando a seminare morte e distruzione in tutta New York…
( Sequel della one-shot " You Got Something For Me, Peter Parker ? " )
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Lemon, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Ecco un nuovo capitolo!
Preparatevi per una bella sorpresa...




You're what ?!

Le anatre, pacate e giudiziose, emettevano versi misurati, che si confondevano distintamente lungo la riva del laghetto.
Qua e là, qualche bell'esemplare di anatra maschio si librava nell'aria, e con un grido sfrecciava sull'acqua a tutta velocità. Così facendo, disegnava  ampi semicerchi sulla superficie.
Alcuni chiurli dalle lunghe zampe e dai becchi appuntiti, allungando le sottili gambette da zanzara, uno dopo l'altro saltellavano di cunetta in cunetta e con un allegro sibilo si addentravano sempre più nel boschetto che confinava con lo specchio d’acqua.
Sopra di loro, la copertura in vetro della stanza era l’unica testimonianza che quel giardino fosse tutto fuorchè naturale. Si trattava infatti di un progetto botanico ideato dalle Oscorp Industries, che consisteva nella creazione di un ecosistema completamente funzionante all’interno di un edificio urbano.
Norman Osborn veniva spesso in questa zona per rilassarsi e rimuginare, ma quel giorno neppure la brezza soleggiata indotta dai sistemi di ventilazione artificiali del complesso riuscì a lenire l’irritazione che stava provando in quel preciso istante.
<< Fatti dire un paio di cose sul mercato americano, Joe >> disse bruscamente l’uomo, con la mano destra che reggeva un cellulare attaccato all’orecchio. << I produttori di sigarette…ascoltami…i produttori di sigarette hanno messo quantità di nicotina che provocano dipendenza nei fumatori per decenni prima che qualcuno se ne accorgesse. E quando il governo degli Stati Uniti si è dato una mossa…bhe, era troppo tardi! Il mondo intero era dipendente dalla nicotina. Quindi non provare a dirmi che è contro la legge aggiungere quell’accidenti che vogliamo nei nostri prodotti. Se io lo ritengo opportuno… >>
Si fermò di colpo e corrucciò la fronte.
<< Allora cosa? Nega, nega, nega! >> esclamò dopo qualche attimo di silenzio.
Poi, spalancò gli occhi e fissò intensamente lo schermo del dispositivo.
<< Figlio di puttana >> borbottò a bassa voce.
Sable inarcò un sopracciglio.<< Signore? >>
<< Mi ha messo in attesa. Incredibile >> ringhiò rabbiosamente Osborn, per poi lanciare il cellulare nel laghetto.
Affianco a lui, la donna si trattenne dal sospirare. Tipico di Norman Osborn, quando le cose non andavano secondo i piani sembrava un lupo pronto a balzare alla gola del primo animale che gli fosse capitato a tiro.
Il magnante prese un paio di respiri calmanti e volse la propria attenzione nei confronti dell’assistente.
<< Qualcosa ti preoccupa? >> chiese dopo aver notato che lei lo stava fissando.
Sable si mosse a disagio sulla punta dei talloni.
<< Stavo pensando alla situazione di Kasady, signore. Non dovremmo occuparcene, prima che possa compromettere la sicurezza della Oscorp? >>
<< Occuparcene come? Non abbiamo niente che possa tenere testa a quel mostro. Octavius se ne è assicurato personalmente >> borbottò amaramente l’uomo. << Come sta, a proposito? >>
<< Ancora in coma >> rispose la donna, suscitando un’imprecazione da parte di Norman.
<< Maledizione. Senza di lui non riusciremo mai a mandare avanti i lavori >> disse il magnante, portandosi una mano alla fronte e trattenendo un gemito.
Sable lo scrutò in attesa.
<< Signore…riguardo a Kasady? >>  chiese dopo quasi un minuto di silenzio.
L’uomo sembrò rimuginare sulla questione. << Lasceremo che se ne occupino i Vendicatori >>
<< E se Kasady dovesse parlare, una volta preso in custodia? >> obbiettò la donna, stringendo ambe le palpebre degli occhi.
In tutta risposta, Norman si limitò a lanciarle uno sguardo impassibile.
<< Allora potrai gestire la cosa come meglio credi >>.
 
                                                                                                                                                           * * * 
 
Carol aprì lentamente gli occhi, trattenendo un gemito a causa della luce improvvisa che filtrò dalla finestra della camera.
Ieri notte si era sentita piuttosto strana, come appesantita e completamente svogliata. In realtà era da almeno un paio di giorni che si sentiva svogliata in tutto, era perennemente stanca e apatica, e questo non era da lei. 
Sbuffando si tirò su dal letto, ma un grosso capogiro la costrinse subito a risedersi sul materasso. Che le stesse venendo l’influenza? Sperava vivamente di no, considerando quello che lei e il resto dei Vendicatori sarebbero stati costretti ad affrontare dopo l’ultimo fiasco con Carnage.
Già poteva sentire l’intera città di New York che li incolpava per la morte del sindaco e di tutti i danni subiti dalla metropoli. Era praticamente una prassi, quando si trattava di certe circostanze.
Pian piano si recò in cucina per mettere su del caffè, ma aprendo il barattolo e sentendone l’odore fu costretta a chiuderlo immediatamente. Era come se il solo pensiero di berlo la nauseasse. Tutto ciò non era normale, non per una come lei che, da quando era tornata sulla Terra, viveva con la tazza del caffè attaccata alla mano.
Il cibo che aveva mangiato ieri sera, prima di andare a dormire, le aveva forse provocato un’indigestione?
Si limitò a mangiare tre biscotti con le gocce di cioccolato, anche se li mandò giù con molta difficoltà. Non avevo per niente voglia di mangiare oggi.
Ok, la cosa stava iniziando a farsi davvero preoccupante.
Dopo circa mezz’ora passata a rimuginare, si infilò le infradito di fretta e prese il portafoglio. Poi, con passo spedito scese in strada e si diresse verso la farmacia più vicina.
Magari sarebbero stati in grado di dirgli cosa diavolo avesse che non andava.

                                                                                                                                                                * * *  
 
“ Carnage colpisce ancora! Decine di vittime”
“ I danni alla città sono enormi”
“ La polizia brancola nel buio”
“ Dove sono i Vendicatori?”
“ È morto il sindaco James Erbert”
“ I Vedicatori sono da ritenersi responsabili per quello che è successo”
Peter Parker rilasciò un sospiro mentre scorreva i vari titoli che spiccavano sullo schermo del proprio cellulare, tutti riguardanti gli eventi accaduti la sera prima. A quanto pare, la città aveva già cominciato a incolpare gli Avengers per la morte di Erbert, nonché tutti i danni che Carnage aveva arrecato alla metropoli.
<< Perché la cosa non mi sorprende? >> borbottò ironicamente a se stesso.
Un bussare alla porta lo distolse da quei pensieri.
Girò appena lo sguardo, mentre sua zia May entrava nella camera reggendo una tazza fumante tra le mani.
<< Ti ho preparato la cioccolata >> disse con un sorriso, mentre si avvicinava al letto e si sedeva accanto a lui.
Il vigilante sorrise a sua volta, afferrando la bevanda con un cenno di ringraziamento. La solita May, sempre pronta a tirargli su il morale, non importa la gravità della situazione.
“ Happy, sarà meglio che tu te la tenga stretta” pensò con un ghigno ironico.
All’inizio era stato un po’ titubante ad accettare la relazione tra sua zia e l’ex assistente di Tony, ma dopo qualche mese era giunto alla conclusione che quella donna meritasse di essere felice come un tempo. Era quello che Zio Ben avrebbe voluto, in cuor suo lo sapeva bene. E poi…chi era lui per giudicare, quando stava uscendo con una donna che in retrospettiva aveva almeno il triplo dei suoi anni terrestri ?
<< Ho visto quello che è successo al notiziario >> continuò May, con tono visibilmente preoccupato.<< Stai bene? >>
Peter bevve un rapido sorso di cioccolata e rilasciò un sospiro stanco.
<< Sì, io…penso di sì >> rispose dopo qualche attimo di silenzio.
La donna sorrise comprensiva e gli posò una mano sulla spalla. << Non è stata colpa tua >>
Il vigilante la guardò timidamente.
<< Lo so >> ammise con riluttanza, quasi come se stesse cercando di convincere se stesso. << Però…è difficile ogni volta. Quando non riesci a salvare qualcuno, capisci? >>
Si accasciò contro il cuscino del letto, il volto adornato da un’espressione molto più triste.
<<  Non posso fare a meno di ripensare al Signor Stark. Quando lui… >>
Si fermò di colpo. “ Quando lui si sacrificò per salvarci” avrebbe voluto dire, ma non ci riuscì. Anche dopo due anni, non poteva fare a meno di provare una fitta al cuore ogni volta che ripensava a quel momento. Il corpo del Signor Stark completamente martoriato, in parte bruciato, il sorriso stanco eppure soddisfatto, di chi aveva compiuto quello che voleva fare fin dall’inizio. Lui che lo abbracciava, Pepper che piangeva…l’odore del sangue e della cenere mischiati assieme su quel campo di battaglia in cui era stato deciso il fato dell’intero universo.
Scosse la testa per liberarsi da quei ricordi e tornò a fissare May con un sorriso timido.
 << Ad ogni modo, Carol e gli altri mi hanno aiutato a superare la cosa. Ormai l’ho capito, non posso salvare tutti >> disse con una scrollata di spalle.
La donna gli accarezzò dolcemente la guancia. << Sono felice che tu abbia delle persone su cui poter contare >>  
<< Anche io >> rispose l’altro, dandole un rapido abbraccio.
Rimasero avvinghiati per quasi un minuto buono. Quando quel lasso di tempo giunse al suo termine, May si stacco e gli scompigliò amorevolmente i capelli.
<< Non andare a dormire troppo tardi >> ordinò con tono malizioso.
L’adolescente roteò gli occhi, mentre la donna fuoriusciva dalla stanza.
Una volta che se ne fu andata, Peter rimase in silenziò per un altro po’. Bevve gli ultimi sorsi di cioccolata, posò la tazza sul comodino che aveva vicino al letto e si portò le ginocchia sotto il mento, assumendo una posizione contemplativa.
Rimase fermo e immobile, gli occhi socchiusi in profonda concentrazione. Poi, afferrò un piccolo auricolare dal cassetto del comodino e se lo mise all’orecchio.
<< Karen? >>
<< Sì, Peter? >> rispose rapida e concisa la voce dell’intelligenza artificiale.
Il vigilante sorriso soddisfatto e disse : << Esegui un’analisi incrociata di questi file. Voglio che tu mi dica qualunque cosa James Erbert e Vernon Claridge avessero in comune >>.
 
                                                                                                                                                         * * * 
 
Carol Danvers era accasciata sul divano del salotto, il volto adornato da un’espressione vuota, come se si trovasse in uno stato catatonico. Aveva gli occhi opachi, le labbra chiuse in una linea sottile e i capelli che le cadevano sulla fronte, oscurandole parte del viso.
Nelle mano destra, che penzolava senza vita oltre il bordo dei cuscini, reggeva una piccola asticella di plastica bianca.
Il campanello della porta suonò un paio di volte.
Lentamente, con movimenti quasi meccanici, la donna alzò lo sguardo.
Rimase ferma e immobile per circa un minuto. Poi, quando il citofono suonò una seconda volta, sospirò stancamente e s’incamminò fino all’uscio.
Non chiese nemmeno chi stesse suonando. Semplicemente, prese un lungo respiro…e aprì la porta.
Trattenne un sussulto, mentre i suoi occhi si posavano sulla figura sorridente di Peter Parker.
<< Penso di aver trovato qualcosa >>
<< Peter… >>
Senza darle il tempo di proseguire, l’adolescente la superò con un balzo ed entrò nell’appartamento.
<< Ho passato le ultime tre ore a leggere questi file su Claridge ed Erbert. Continuavo a chiedermi, “perché Carnage ha scelto proprio loro come vittime?”  >> disse mentre estraeva un tablet olografico da sotto la giacca. << All’inizio sembrava una scelta puramente causale, ma poi ho pensato…e se ci fosse un collegamento tra i due? >>
Iniziò a far scorrere diversi articoli sullo schermo del dispositivo, mentre Carol lo fissava impassibile.
<< Così ho cominciato a cercare, e indovina cosa ho scoperto? Boom! >> esclamò, mentre l’immagine di un uomo dai lineamenti affilati e dalla capigliatura rossa si materializzava sul tablet. << Entrambi gli uomini erano coinvolti nel processo e nell’incarcerazione di questa persona: Cletus Casady, serial killer che terrorizzò New York tra il 2009 e il 2011, fuggito di prigione a circa un mese di distanza dalla prima apparizione pubblica di Carnage  >>
Abbassò il dispositivo e lanciò a Carol un ghigno soddisfatto. Tuttavia, la donna non diede alcuna reazione visibile. Semplicemente rimase lì a fissarlo, come se stesse cercando di scrutare direttamente nella sua stessa anima.
Il vigilante si spostò a disagio sulla punta dei talloni.
 << Rhodey ce ne aveva parlato il giorno prima che attaccassimo la base dell’Hydra. Quella in cui abbiamo trovato la bambina >> continuò, arrivando alla conclusione che forse doveva fornirle più informazioni. << Claridge fu il giudice che si occupò del suo processo legale, mentre Erbert era il Procuratore Distrettuale che all’epoca guidò l’accusa contro Kasady. Certo, poteva solo essere una coincidenza, così ho fatto qualche altra ricerca. E  ho scoperto che l’ex compagno di cella di Kasady, Jack Crafford, è stato trovato morto nel suo appartamento due giorni dopo la sua fuga >>
Alzò il dispositivo ancora una volta, per permettere a Carol di vedere l’articolo di giornale che aveva fornito la notizia. Fatto questo, alzò un dito verso il soffitto e proclamò con orgoglio :  << Penso che Cletus Kasady sia diventato in qualche modo Carnage. E penso che voglia vendicarsi di tutti quelli che considera responsabili della sua incarcerazione… >>
<< Sono incinta >>
<< … >>
Tung!
Peter lasciò cadere il tablet sul pavimento della stanza.
Il tempo parve fermarsi. Un silenzio inesorabile sembrò calare sulla coppia, mentre il corpo del ragazzo si drizzava di scatto, come se pervaso da una scossa improvvisa.
Carol chiuse gli occhi, stringendo ambe le mani in pugni serrati.
Cazzo. E ora? Cos’avrebbe dovuto fare? Piangere? Ridere? Urlare?
Quante volte aveva guardato quel maledetto test. Come aveva potuto una cosa così piccola sconvolgerle completamente la vita?
Aveva controllato più e più volte le istruzioni, sperando di aver saltato qualche passaggio in cui dicevano che quegli aggeggi erano totalmente inaffidabili, che avevano poca precisione, che non funzionavano se faceva troppo caldo, che la prima volta era sempre incerto… non sapeva nemmeno lei cosa stesse cercando, qualsiasi cosa le avrebbe potuto dare un briciolo di speranza.
No, quegli stronzi sembravano perfetti, non sbagliavano mai, avevano anche il display con il numero di settimane. Maledizione!
Si era appoggiata a muro e aveva iniziato a scivolare verso il basso, conscia di star perdendo i sensi.
Quando li aveva riacquistai, pochi minuti dopo, tutto le era sembrava un brutto sogno.
Lei, Carol Danvers, la supereroina più famosa dell’intero universo…stava aspettando un bambino, una piccola creatura.
Si era alzata di scatto ed era uscita dal bagno, osservando l’appartamento - come sempre vuoto - inondato dal sole di quel caldo pomeriggio di Ottobre.
Si era diretta lentamente fino al divano, con la testa annebbiata. Come sarebbe riuscita a dirlo a Peter? Fu il primo pensiero che le aveva attraversato la mente.
Certo era il padre, di questo ne era più che sicura…ma era ancora così giovane, poco più di un ragazzo. Come poteva anche solo sperare che si sarebbe preso cura di un bambino? Probabilmente, non appena glielo avrebbe detto, lui sarebbe scappato a gambe levate e non si sarebbe più fatto vedere. Ma lo avrebbe capito, anche lei sarebbe fuggita, se non ce l’avesse avuto nella pancia.
Aprì gli occhi, scoprendo che Peter era rimasto fermo e immobile di fronte a lei, le pupille dilatate e la bocca leggermente spalancata. Sembrava un cervo catturato nei fari di un’autovettura.
<< Ma…avevi detto… >> sussurrò, dopo quello che parve un tempo interminabile. << Avevi detto che non potevi avere figli >>
<< Era quello che credevo >> rispose Carol, sedendosi sul divano e portandosi una mano alla fronte, nel tentativo di combattere un mal di testa imminente. << Ma forse...insomma, entrambi non siamo esattamente umani...forse è per quello...io...non lo so davvero... >>
La realtà tornò a colpirla come un muro di mattoni.
Dio, era incinta. Aspettava un bambino! Tra circa otto mesi sarebbe arrivato e lei non avevo la più pallida idea di come comportarsi.
Quel maledetto test era positivo. Come poteva essere stata tanto sfortunata da fare sesso con un essere umano per la prima volta da decenni e rimanere incinta? Come se non bastasse, non riusciva più a bere il caffè. Solo il pensiero la infastidiva all’inverosimile.
E poi sarebbero arrivate le voglie strane. Probabilmente avrebbe cominciato a mettere la panna nell’insalata come faceva la sua vecchia amica Maria quando era rimasta incinta di sua figlia Lucy. Era una brodaglia assurda, eppure lei la trovava squisita.
L’unica nota positiva era che per adesso non aveva le classiche nausee da gravidanza. Sì, ogni tanto certi odori le avevano fatto rivoltare lo stomaco, ma nulla di così tragico.
 << Lo so che non sei pronto per questo, sappi che lo capisco. Mi… mi sentirei anche io come te >> disse dopo qualche attimo di silenzio, alzando gli occhi in direzione di Peter.
Questi incontrò il suo sguardo e sussultò, come se la vedesse per la prima volta da quando avevano iniziato quella conversazione.
Non poteva credere alle sue orecchie. Non poteva essere seria! Il suo primo pensiero fu “Ditemi che non l’ho messa incinta per davvero o mi sparerò un colpo”.
Lui… con un figlio? A soli diciotto anni? No, no, no e ancora no. Non poteva accettare una cosa del genere! Non sapeva neppure se avrebbe voluto dei figli in futuro, figuriamoci adesso.
Lo spaventava il fatto che Carol sembrasse fin troppo sincera. O era una maestra nel mentire…o stava dicendo la verità pura e semplice. Era davvero incinta.
Lui…aspettava un figlio. Un bambino dalla donna di cui si era innamorato. Lui…un padre? Impossibile. Era solo un adolescente! Andava ancora a scuola, per l’amor di Dio!
Come avrebbe fatto a bilanciare la sua vita da supereoe con una cosa del genere? Come l’avrebbero presa le altre persone? I suoi amici, i suoi compagni di scuola, gli insegnanti…i Vendicatori? Come l’avrebbe presa sua zia ?
E Carol? Sarebbe stata nei guai per colpa di questa cosa? E soprattutto, voleva…voleva davvero avere un figlio da lui? Crescerlo, amarlo come una famiglia…era una prospettiva che non gli era mai passata per la testa.
Chiuse gli occhi, prendendo un paio di respiro calmanti.
 << Wow >> borbottò, mentre sentiva che la testa cominciava a girargli. << E io che pensavo che tu volessi andare piano >>
<< Infatti >> disse l’altra, affondando nello schienale del divano e alzando lo sguardo verso il soffitto.
Peter deglutì e si passò una mano tra i capelli.
<< Questa è…grossa. È davvero, DAVVERO…grossa >> sussurrò, come se stesse ancora cercando di metabolizzare il tutto.
Carol sentì una stretta allo stomaco.
<< Dovevamo stare più attenti >> disse a denti stretti.
Nel mentre, Peter aveva cominciato a vagare per la stanza.
Si fermò sull’altro lato del divano e iniziò a tamburellare le dita della mano destra sullo schienale.  << Lo so che ti risulterà folle… >>
<< Non do la colpa a te >>
<< …ma io credo di aver voluto che capitasse >> terminò il ragazzo.
Inutile dire che la donna si ritrovò incapace di trattenere un sussulto di pura sorpresa.
<< Cosa? >> sbottò, voltandosi di scatto in direzione del compagno con gli occhi spalancati per l’incredulità.
Lo aveva…lo aveva sentito bene? Non pensava di esserselo immaginata, ma doveva essere sicura.
Peter arricciò le labbra in un timido sorriso.
<< Lo sappiamo entrambi, nessuno dei due vuole andare avanti per inerzia. Ma qui…altro che inerzia, qui siamo sulle montagne russe! >>
<< Oddio >> borbottò la bionda, abbassando la testa e trattenendo un singhiozzo.
Il vigilante trasalì, visibilmente allarmato dalla reazione della compagna.
<< No, no, no, no! >> disse rapidamente, correndo fino a lei e accovacciandosi per incontrare i suoi occhi.
<< Non “Oddio”, questa…questa è una cosa bella! >> disse con un sorriso che avrebbe potuto illuminare l’intera stanza.
Carol incontrò il suo sguardo, totalmente incapace di credere a quello che stava succedendo. Doveva trattarsi di un sogno…o forse un incubo? Non ne era ancora del tutto sicura.
 << La storia delle montagne russe era di cattivo gusto, ma fare un figlio con te…non è di cattivo gusto! >> riprese Peter. << Cioè…non è quello che voglio dire… >>
Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Poi, afferrò il volto di Carol e la fissò intensamente.
<< Sono eccitato! Io voglio essere tuo padre >>
<< …Cosa? >> domandò l’altra, inarcando un sopracciglio.
Il vigilante rilasciò un sospiro frustrato.
<< No, io…voglio essere UN padre. Voglio essere un padre con te come madre, e questo è importante, che tu sarai una madre >> continuò, per poi piantarle una bacio sulla fronte.
Carol arrossì all’azione, mentre il compagno cominciò ad accarezzarle i capelli.
<< Io…Dio, spero che assomigli a te. Davvero, spero che assomigli a te >> disse con voce flebile, mettendo in quelle parole tutto l’affetto che provava nei confronti della donna che gli aveva rubato il cuore. << Una bambina con i capelli biondi, o un bambino con capelli biondi o…con i capelli di qualsiasi colore >>
Carol sentì il cuore batterle a mille, mentre i suoi occhi cominciarono a inumidirsi. Ma essendosi subito ricordata che ciò poteva nuocere al bambino, si fece forza e, ignorando il senso di colpa che provava in quel momento, si mise a ridere tra sé e sé e riuscì a trattenere le lacrime.
Mai così chiaramente come adesso, dopo che la casa le era sembrata così vuota e silenziosa, aveva percepito di non essere sola, che in lei viveva qualcun altro, sconosciuto, infinitamente caro a lei ma tuttavia un essere incomprensibile. Con il tempo avrebbe vissuto, sarebbe cresciuto e avrebbe perfino cominciato a muoversi, rigirandosi morbidamente dentro di lei.
Per questa piacevole e strana sensazione, tutto l'organismo le si riempì di un particolare senso di paura misto a gioia solenne.
<< Hai solo diciotto anni >> disse con un sorriso acquoso.
In tutta risposta, il vigilante si limitò a scrollare le spalle.
<< Ne sono consapevole >> offrì con un piccolo ghigno.
La donna rilasciò un sospiro stanco. << Tua zia mi ucciderà >>
<< Nhaaa, non rischierebbe mai di fare del male al bambino. Ma potrebbe tentare di castrarmi >> disse l’altro, simulando un brivido di paura.
Carol ridacchiò, per poi avvolgere la figura del ragazzo in un caldo abbraccio.
<< Sei davvero un idiota, Peter Parker >>.



Com'era? Spero di avervi scioccati almeno un po'. E soprattutto di aver trattato la cosa in maniera realistica. 
Stasera niente note, non voglio rovinare le sorprese del prossimo cap !

 
  
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