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Autore: NyxTNeko    06/10/2019    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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20 gennaio

Giuseppe assisteva, dalla finestra, all'allenamento di Napoleone e Luigi con le spade. La pioggia scrosciante impediva di avere la visuale completa del duello. Immaginava la difficoltà di Luigi: non sarebbe stato facile, per lui, tenere il passo del fratello più grande, poiché non era abituato a quegli sforzi così eccessivi in poco tempo. Tuttavia non poteva impedire o fermare Napoleone, lo conosceva abbastanza per capire che sarebbe stato inutile insistere: quando aveva un piano in mente non lo abbandonava mai.

Non poche volte Luigi, nei giorni scorsi, si era rivolto a lui per sfogarsi e il capofamiglia lo aveva lasciato fare, la migliore scelta era sempre quella di lasciar placare la rabbia e il furore, farlo riposare, piuttosto che opprimerla, facendola accumulare “Ci manca solo un altro come Napoleone in famiglia”. 

Anche la madre lo aveva pregato più e più volte di non far esagerare Napoleone, Giuseppe non le diede ascolto. Aveva completamente fiducia nel fratello e nelle sue idee, a volte ambigue e bizzarre, ma ben studiate. Non era il tipo che lasciava nulla al caso.

- Nabulio... ti prego... facciamo una...una pausa - si lamentò Luigi ansimando, affaticato. Il sudore si mescolava con la pioggia copiosa, il cuore gli batteva nel petto. Guardò il fratello, i capelli lunghi appiccicati sul viso, sul collo e sulle spalle, la divisa bagnata che, aderendo, evidenziava la sua magrezza. Non mostrava nessun segno di sforzo. Eppure Luigi aveva sentito tutta la sua energia e la sua forza in quei fendenti che gli aveva lanciato.

- Il nemico non aspetta i tuoi comodi! - gli rinfacciò Napoleone per nulla stanco, guardandolo negli occhi - E nemmeno il tempo lo fa - aggiunse scuotendo la sciabola con rapidità, che brillò quasi sinistra.

Luigi ebbe un sussulto di paura  - Sì... lo so ma non stiamo in battaglia e poi non ti chiedo tanto, solo cinque minuti, ti prego... poi non mi lamenterò più per tutta la durata dell’allenamento... lo prometto - riuscì a dire, supplicandolo.

A quelle parole Napoleone emise un sospiro profondo e gli fece un cenno di approvazione - Ma hai promesso di non lamentarti più, quindi cerca di recuperare al massimo le tue energie se non vuoi crollare, vai a mangiare qualcosa… - gli raccomandò e propose rimettendo la spada a posto.

- Tu non vieni? - gli chiese Luigi rincuorato nel vederlo senza quell'espressione fredda e malinconica.

- No - gli rispose con tono secco - Non ho appetito, andrò a dare un’occhiata ai cavalli - si allontanò verso la scuderia.

- Ah, allora vado - disse Luigi tutto allegro. Si precipitò immediatamente in casa per mettere qualcosa sotto i denti.

“A volte penso che sia troppo buono con lui…” pensò Napoleone “Avessi avuto io la sua fortuna, l’opportunità di continuare ad imparare senza subire umiliazioni e privazioni, guidato solamente da una figura autoritaria ma familiare…” entrò nella scuderia “Forse adesso sarei come lui” accarezzò il suo destriero e quelli dei fratelli, nervosi per via del temporale - State calmi, non è nulla, solo un normalissimo temporale invernale - li rassicurò con dolcezza e malinconia. 

- Già è terminato l'addestramento? - Chiese Giuseppe al piccolo Luigi, vedendolo aggirarsi per la cucina, aiutandolo a prendere dei dolcetti.

Luigi negò - Sono riuscito ad avere una tregua - riferì il ragazzino con sollievo - Con me è stranamente permissivo - ridacchiò furbetto.

- Ma non abusare di ciò - gli consigliò il capofamiglia - Dovresti ormai conoscere il suo carattere... 

- Certo - annuì Luigi un po' meno allegro. Aveva assistito ai suoi scatti d'ira e alla sua aggressività, soprattutto negli ultimi giorni. 
La politica era sempre fonte di nervosismo e agitazione. E poi lo schiaffo che gli aveva dato lo ricordava ancora bene, posò una mano sulla guancia. Quello sguardo terrificante... rabbrividì violentemente. Giuseppe lo stava osservando senza dire nulla, intuendo i suoi pensieri, le sue sensazioni, le provava anche lui quando si trovava davanti Napoleone - L'ultima cosa che vorrei è prenderlo in giro, però non sono abituato ai suoi ritmi... è troppo rapido... irraggiungibile... - confessò a testa bassa, quasi vergognandosi di quello che aveva appena enunciato. Non ci poteva fare niente, aveva poca volontà e molta pigrizia.

- Ti capisco Luigi - esordì Giuseppe dopo un lungo silenzio, poggiando una mano sulla spalla - Ho provato molte volte vergogna e disagio confrontandomi con lui...- ammise sospirando.

Il fratello alzò lievemente la testa e lo guardò, si ricordò di alcuni accenni che Giuseppe aveva emesso, a mo' di confessione: del fatto che considerava Napoleone come un fratello maggiore, i suoi rimproveri, le sue ramanzine, il suo carattere duro, deciso, i suoi sforzi e la sua voglia di voler superare i suoi limiti. - Mi diceva sempre di sentirsi stretto in quel corpo minuto, invidiava non poco la mia robustezza, me lo ha rinfacciato spesso, ovviamente io cercavo di approvare ciò che diceva, di sminuirmi per non farlo sentire diverso... - guardò Luigi negli occhi - Lo è sempre stato e lui lo sapeva benissimo...

Luigi annuì involontariamente, per reverenza più che per convinzione, non aveva mai visto Giuseppe così serio - Non so che intenzioni abbia nostro fratello, Luigi - parlò ancora il maggiore - Ma non deluderlo, sforzarti di fare quello che dice, di renderlo un po' più felice, non essere un altro me, mi vuole bene, certo, abbiamo lo stesso sangue, però non scommetterebbe mai su di me, se lo sta facendo con te, vuol dire che ha grande fiducia nelle tue capacità - la sua voce tremò leggermente, il dodicenne non capiva se per rabbia o frustrazione - Non te lo sto ordinando come capofamiglia, come primogenito, per cui puoi anche non obbedirmi, sappi che se non seguirai il mio consiglio perderai lui, non me 

- Che intendete dire con 'altro me'? - domandò incuriosito da quell'espressione utilizzata.

- Mi vede come la copia di nostro padre... - rispose subitamente, rivolse gli occhi verso Luigi e notò che la curiosità era aumentata anziché diminuita, per cui decise di accontentarlo - Napoleone ha sempre avuto un atteggiamento ambiguo nei suoi confronti: con noi era buono, gentile, durante quelle poche visite che faceva quando era vivo, mai un rimprovero o uno schiaffo, nonostante ciò, Napoleone non aveva mai perdonato il suo atteggiamento voltagabbana, alleandosi con gli invasori, criticava aspramente il suo carattere frivolo, poco volenteroso, accondiscendente, quasi sciocco, 'come un qualsiasi aristocratico a Versailles, uno stupido e inutile parassita'.

Luigi si accomodò per ascoltare meglio - Ovviamente non lo disse mai al diretto interessato, per una questione di rispetto e di orgoglio, quando giunse, in Francia, si convinse che studiare lì lo avrebbe reso più forte sia fisicamente sia interiormente, inoltre avrebbe potuto conoscere il nemico a fondo per abbatterlo, per poi tornare in Corsica e convincere il padre a riprendere a combattere contro gli invasori - continuò il maggiore, sedendosi poco lontano - Nostro padre morì prima che entrambi potessero rivedersi, da allora prova un senso di colpa in quanto non era mai riuscito a pacificarsi, venderebbe la sua anima pur di chiarirsi con lui e di chiedergli scusa

- Quindi è così che è diventato severo e cupo... - emise Luigi.

- Fosse solo questo, fratello - sospirò amaramente - Non so con certezza ciò che ha passato in Francia, so solo che è cambiato molto rispetto a quando eravamo piccoli...ora va, i cinque minuti sono passati da un pezzo, non vorrei che piombasse qui a prenderti per i capelli...

- È vero! - esclamò Luigi prendendo un altro dolcetto per Napoleone, lo salutò educatamente e scappò via. Nessuno gli aveva mai parlato tanto del fratello militare, quel discorso lo aveva colpito, ora conosceva l'origine della sua tristezza, del suo dolore.

Giuseppe si avvicinò al camino per scaldarsi, era una giornata fredda oltre che piovosa, si strofinò le mani. La madre lo raggiunse, fissandolo, lui si voltò e la interrogò - Avete sentito tutto, madre?

- Sì - fece la donna. Il figlio maggiore la rimirò dalla testa ai piedi, nonostante gli avvenimenti era rimasta una donna bella, forte, orgogliosa, autorevole, molto spesso anche autoritaria, proprio come suo fratello, erano davvero simili, seppur in lei non ci fosse quella rabbia viscerale, quella voglia di riscatto e di vendetta, quell'ambizione che brillavano negli occhi gelidi di Napoleone. Sua madre era una roccia incrollabile.

- State pensando al fatto che sia stato troppo diretto nel dirgli quelle cose vero? Lo avete stampato in volto - disse Giuseppe sospirando.

- Era inevitabile, Giuseppe - effuse solamente - Andrà con Nabulio...spero solo che non cambi come lui - sospirò a sua volta. Le venne in mente il secondogenito da bambino, solitario, irruente, già severo, una vera peste, ma affettuoso con lei, in modo particolare, protettivo - Ora è così freddo... diffidente - mormorò. 

Quei minuti, Napoleone li aveva trascorsi nella scuderia, immerso nei ricordi, la pioggia continuava a scendere copiosa, lo aveva riportato indietro nel tempo e nello spazio: gli allenamenti personali a cui si sottoponeva ad Autun con qualsiasi condizione climatica. La pioggia in particolare, lo attirava, il suono che produceva, l'ambiente che mutava, era affascinante. La vedeva come strumento in grado di migliorare le sue abilità. Durante un temporale o una normalissima giornata piovosa era comunque più difficoltoso avere la stessa mira o velocità nell'usare le armi; il fango poi rallentava gli spostamenti, aumentando la resistenza del corpo.

I suoi compagni lo reputavano un pazzo che voleva farsi ammazzare - Meglio no? - aveva esordito uno di quelli, al riparo e al caldo - Almeno imparerà a starsene al suo posto, invece di voler sfidare la sorte, con quel fisico magrolino che si ritrova dove pensa di arrivare

Quella frase rimbombava ancora nelle orecchie, istintivamente strinse i pugni e digrignò i denti, ringhiando sottovoce - Vi farò rimangiare quelle frasi una ad una, maledetti vermi, vigliacchi...

Rammentò poi della rabbia che provò, in quel momento, intensa, quasi bestiale, accecante sentì le lacrime riempire gli occhi grigi e un groppo formarsi in gola, i tentativi per frenare quel pianto, non poteva mostrarsi debole, lo aveva giurato a sé stesso - Voi! - gridò furente - Voi osate paragonarvi ai grandi uomini del passato! Voi vi permettete di pronunciare i loro nomi! Voi, viscidi vermi, codardi, spaventati dalla pioggia che bagnerebbe i vostri costosi vestiti di seta e rimuoverebbe il vostro discutibile trucco, siete disgustosi, siete patetici - puntò la spada verso la finestra, dove c'era quell'aristocratico che aveva parlato, assieme ad alcuni compagni - Se vi vedessero vi truciderebbero all'istante, femminucce, così si è ridotta l'aristocrazia? - li stuzzicò sarcastico.

Quelli si sentirono pungolati dal suo discorso, sfidati da quell'insinuazione, e scesero dal corso, intenzionati a farlo tacere - Come si permette quel poveraccio di trattarci così? Di parlare in questo modo di noi, aristocratici dal sangue blu? Gliela faremo vedere! - Si armarono e scesero.

Non appena li vide, Napoleone sogghignò “Era questo che volevo, li umilierò definitamente” si disse sguainando la spada, attendendoli. Era bramoso di batterli, di dimostrare la sua superiorità, di metterli in ginocchio. Li affrontò tutti, anche con due spade contemporaneamente, senza alcuna difficoltà, erano abili spadaccini, ma non  essendo gli altri abituati a muoversi in quelle condizioni e con quegli abiti ridicoli, furono sconfitti poco dopo.

In breve tempo si passò dal duello armato alle zuffe: calci, pugni, morsi, insulti, sputi. Di tutto. Alla fine il vincitore era sempre e solo uno: Napoleone. 

Luigi era giunto nella scuderia, lo osservò senza dire una parola, era ritto, in piedi, di spalle, immobile, probabilmente stava pensando a qualcosa, era teso, nervoso, un po' adirato, aveva i pugni stretti. Sperò di non essere lui la causa della rabbia. Si augurò di rallegrarlo con il dolcetto, non voleva vederlo così torvo. Avanzò di qualche passo.

Napoleone udì una presenza dietro di sé, si voltò di scatto, già pronto ad afferrare la spada, bloccandosi nel riconoscerlo - Sei tu…Luigi mi hai fatto prendere un colpo! - si sistemò i capelli bagnati, gocciolanti. I cavalli nitrirono all’unisono per poi calmarsi pochi istanti dopo.

- Scusa non volevo spaventarti, ma desideravo darti questo dolcetto, prima di riprendere l'addestramento - disse porgendogli un biscotto di burro all’inglese - La mamma ha insistito tanto…- mentì il fratello, conoscendo il forte legame con la madre.

- Ti ringrazio ma non voglio niente! - gli rispose freddamente - Dirò a mia madre di farmi perdonare, ora riprendiamo, forza - controllò l'orologio - Abbiamo perso pure dei minuti preziosi, dobbiamo recuperarli immediatamente! - Uscì dalla scuderia seguito dal fratello minore che mangiò il dolcetto, borbottando qualcosa di incomprensibile alle orecchie del fratello. Napoleone mosse la testa a destra e a sinistra - La pioggia sta diminuendo e fra un po' smetterà del tutto, il vento è già cambiato...

- Davvero? - domandò Luigi.

L'ufficiale annuì - Viene da nord-est ora, è grecale - precisò, lo scrutò, era stupefatto - Niente di eccezionale, imparerai studiando le mappe e la rosa dei venti, ti saranno chiare cose che adesso ti appaiono straordinarie

- Va bene - disse Luigi fidandosi delle sue parole “Forse non sarà così malaccio fare il militare, e poi se dovesse accadermi qualcosa ho mio fratello” riflettè tra sé “È severo, ma anche permissivo, soprattutto se vede che sono ubbidente”.

- Dunque, riprendiamo fino a quando non smette e poi ci facciamo un bel bagno, va bene?

- Più che bene - rispose prontamente. Napoleone si accorse del suo atteggiamento volenteroso “Spero solo che non sia dovuto al fatto di terminare subito”. Sfoderò lentamente la spada e si mise in posizione, lo stesso fece Luigi, cominciarono a duellare.

Smise di piovere qualche ora più tardi, si lavarono, pranzarono, proseguirono fino a quando calò il buio. Luigi era sfinito, anche Napoleone si era stancato, pur non mostrandolo, in quanto dovette insegnargli parecchie tattiche a lui sconosciute e perfezionarne le basi. Fu comunque soddisfatto e lo lasciò riposare per il resto della giornata. “Questa è l'età perfetta per modellarlo e renderlo il mio aiutante, sono sicuro che alla fine diventerà bravissimo e mi sarà utile”.  

 

   
 
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