Film > Ribelle - The Brave
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Autore: Jesy_Styles    06/10/2019    1 recensioni
(Mericcup) (OcxOc) (kind of Next Gen)
Merida è una principessa scozzese, Hiccup è un vichingo. Si incontrano, si amano, sono costretti a separarsi per sempre, ma lo fanno promettendosi di rivedersi. Tuttavia gli anni passano, entrambi si innamorano di altre persone e la promessa sembra non esistere più. E se il destino avesse altri piani per loro? E se, quando meno se lo aspettano e nel modo più insolito, le loro strade tornassero ad incrociarsi?
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Merida, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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𝘾𝙖𝙥𝙞𝙩𝙤𝙡𝙤 2 -   𝙄𝙜𝙣𝙞𝙨   𝙁𝙖𝙩𝙪𝙪𝙨

Merida aveva scelto il nome "Finlay" per suo figlio perché significava guerriero, quello che lei aveva sempre voluto essere e quello che pianificava per lui. 

Voleva che diventasse forte, capace di proteggere se stesso, la sua eventuale famiglia, e il suo popolo. Si era ripromessa che non gli avrebbe mai fatto montare la testa, che gli avrebbe sempre insegnato ad essere umano e a considerarsi tale, gli avrebbe insegnato la giustizia e l'onore, ma cosa più importante: lo avrebbe lasciato libero di fare le sue scelte, se non avessero danneggiato il suo destino da re, come lei non aveva potuto fare.

Avere un figlio non rientrava certo nei suoi progetti prima di scoprire di essere incinta. Non aveva mai voluto sposarsi ma ciò non precludeva il cercare piacere fisico, aveva quindi condiviso il letto con molti uomini e il bambino era stato un mero incidente di percorso. Nonostante avesse un'idea di chi fosse non aveva mai cercato il padre di suo figlio, non aveva bisogno di lui e non aveva il desiderio di rivederlo, avrebbe gestito da sola quell'inconveniente. 

In un primo momento, quando aveva scoperto la sua condizione, era stata arrabbiata. Vedeva tutto come una sfortuna nera, un ostacolo alla libertà che era riuscita con così tanta fatica ad ottenere; da principessa guerriera sarebbe passata a regina madre, pensava che si sarebbe scordata le sue solite cavalcate e le sue battute di caccia insieme al padre e ai fratelli, per questo i sentimenti che provava verso la creatura erano tutto tranne che positivi. 

Aveva iniziato a ricredersi poco a poco, lentamente come guarendo da una ferita, aveva iniziato a rifletterci a mente fredda solo quando, verso il quarto mese, si era toccata la pancia ormai sporgente e aveva sentito il primo movimento del bambino. 

Non era stato un calcio, nessun tipo di colpo era stato assestato alla sua pancia, si era solamente mosso, probabilmente aveva fatto una capovolta. Merida aveva come avuto l'impressione che nel suo stomaco sguazzasse un piccolo pesce. 

Era rimasta interdetta, per un attimo, poi si era accarezzata esitante il ventre. Aveva cercato di convincersi che la sensazione di calore nel petto che aveva provato fosse suggestione, ma questa convinzione andò sempre di più scemando giorno per giorno, ogni volta che sentiva un calcetto o un movimento. Aveva riflettuto, era giunta alla conclusione che forse quel bambino non le avrebbe rovinato la vita. Non ci sarebbe stato bisogno di accudirlo personalmente, una volta partorito avrebbe potuto sparire alla mattina e tornare alla sera come faceva sempre perché a lui avrebbe pensato sua madre, che era tanto felice di questo arrivo, con le balie di corte. Forse, aveva pensato, in quel modo sarebbe anche riuscita a volergli bene, e così, inaspettatamente, fu. 

Pensava a tutto questo mentre allattava, guardando il neonato che fino a pochi giorni prima era dentro di lei. In una sola settimana era cresciuto molto, le sue piccole braccia e gambe presentavano dei tenerissimi rotoli di carne, il suo viso era diventato più pieno. 

Gli accarezzò una guancia, provocando da parte sua una minima reazione, quella di aprire per una manciata di secondi gli occhi come a voler vedere cosa fosse stato, per poi richiuderli subito dopo. Merida sorrise dolcemente, tolse il dito dalla guancia del figlio e alzò lo sguardo verso il camino che ardeva davanti a lei, scoppiettando. La sera era diventata uno dei suoi momenti preferiti della giornata, quando dopo cena si sedeva nella sua stanza, davanti al camino e di fianco alla finestra, ad allattare Finlay. 

Quando il bambino fu stanco di mangiare e si separò dal suo seno, Merida lo ricoprì e prese in braccio il figlio, tenendolo sollevato di modo da essere faccia a faccia con lui. Finlay si stiracchiò, allungò le piccole mani verso di lei sbadigliando e la regina rise, lasciandogli un bacio in fronte. Lo stava ancora vezzeggiando, in un modo che non era decisamente da lei, quando la porta della sua camera si aprì rivelando i suoi tre fratelli. Non si curò nemmeno di sgridarli e fece loro segno di avvicinarsi. In pochi secondi fu circondata da loro che facevano a gara per tenere in braccio suo figlio e la serata passò così, come tante altre a venire, tra sciocchezze, risate e storie da raccontare. 

Mentre cantava la ninna nanna a Finlay e lo metteva nella culla, Merida si rese conto di essere, finalmente, felice.

***

DunBroch, Scozia, quattro anni dopo 

A quattro anni Finlay si era già guadagnato una fama nel castello. Chiunque lo conoscesse gli voleva bene. 

Harry, Hubert e Hamish se lo contendevano in ogni momento mentre lui stravedeva per tutti e tre. Lo avevano nominato loro erede e la povera Maudie si era ritrovata a dover fare i conti anche con lui che, come gli zii alla sua età, le faceva agguati mentre passava nei corridoi con la colazione, faceva sparire i pasticcini un minuto prima che dovessero essere serviti ad un banchetto importante e metteva a soqquadro la cucina. 

La regina Elinor aspirava a farne un gentiluomo, cosa che non era riuscita a fare con nessuno dei suoi figli, e aveva iniziato subito con le sue lezioni di galateo e corteggiamento fingendo di non vedere  gli evidenti segni del suo disinteresse. Finlay non era il tipo da stare seduto a un tavolino, sollevare la tazzina con due dita e bere il te a piccoli sorsi, difatti resisteva solo pochi minuti prima di spolverare tutti i dolcetti che si trovava davanti. La regina prendeva allora a rimproverarlo animatamente, come con tutti i suoi figli, ma bastava che il bimbo la guardasse con i suoi occhioni verdi, che rendeva lucidi a comando, perché lei rinunciasse alla sua predica e lo liquidasse con un bacio su ogni guancia. 

Il nonno Fergus lo viziava, portandolo ad assistere agli allenamenti di Merida e dei gemelli, regalandogli soldatini e cavalieri giocattolo. Inoltre lo adorava perché  non si era ancora stancato di sentire la storia della sua gamba persa. 

Il rapporto con Merida, invece, era diverso. 

Quando a fine giornata  si liberava dai suoi impegni da regina e trovava del tempo da dedicare a lui, Merida andava a fare visita al piccolo. Finlay lasciava ciò che stava facendo e si preparava a saltarle in braccio non appena sentiva il cigolio della porta.

Merida, da quell'orario in poi, si trasformava nella sua "mama". Giocavano alla guerra con le armi finte o con le figure di legno finché Finlay non si stancava, allora Merida lo cambiava, lo metteva a letto e gli leggeva storie prese da antichi libri di leggende scozzesi. Quando era ispirata le inventava e Finlay preferiva questa opzione. Le storie di Merida parlavano di imprese eroiche, persone che si trasformavano in orsi, donne guerriere e, il particolare che più affascinava il bambino, di draghi e cavalieri che lei chiamava "vichinghi". Raccontava così bene, dettagliatamente, che Finlay pensava li avesse visti davvero.

"Màthair, un giorno ucciderò anche io un drago e ti porterò la coda!" Esclamò alla fine della storia di quella sera, balzando in piedi e alzando un pugno. La sua immaginazione di bambino vedeva una coda squamosa penzolare dalla sua mano e una folla di scozzesi che acclamava il suo nome. 

Merida rise teneramente, facendolo sedere con delicatezza.
"Finlay...- lo rimbeccò, "Non ti ricordi chi è sempre l'eroe delle mie storie? Lui è un vichingo, ma è buono come il suo drago, qual'è il suo nome?" Chiese guardandolo seria, aspettandosi una risposta precisa da lui.

Il bambino sbuffò, gonfiando le piccole guance e facendo svolazzare un ciuffo rosso fuoco, troppo lungo, che gli cadeva davanti al viso. "Hvitserk" rispose, "Ed è un eroe valoroso e forte come i nostri anche se è un vichingo, lo hai inventato perché devo ricordarmi che gli stereopo...stereoto... insomma che non sono tutti uguali." Concluse guardando la madre negli occhi, aspettandosi un segno di approvazione o disapprovazione che fosse.

Merida ridacchiò quando Finlay si incartò sulla parola "stereotipi", ma annuì perché in fin dei conti aveva formulato bene la spiegazione. 

"Bravissimo." Si congratulò, facendolo stendere e rimboccandogli le coperte. "Ora vedi di fare il bravo e dormire, o domani non ti godrai la tua festa." Gli raccomandò, dolce ma decisa, per poi baciargli la fronte scostando i capelli rossi che il giorno seguente avrebbe tagliato.

Finlay annuì, "Oidhche mhath, mama" buonanotte, mamma.

***

Il giorno seguente la famiglia reale si recò nel bosco, nella radura in cui anni e anni prima il re aveva sconfitto l'orso Mor'du, in occasione del quinto compleanno del principe ereditario. Oltre a loro era presente un manipolo di guardie come scorta, strategicamente nascoste tra gli alberi circostanti. 

Pranzarono sull'erba e mangiarono la torta di compleanno preparata da Maudie. I gemelli e Merida si sfidarono uno a uno, usando armi finte, mentre Finlay li guardava rapito, battendo le mani e incitando il primo che passava in vantaggio. Durante la pausa che sfruttavano per bere e riposarsi, Merida si scambiò uno sguardo di intesa con i fratelli e subito i ragazzi presero da parte il nipote, distraendolo con sessioni di solletico e lotta corpo a corpo perse di proposito, finché la regina non tornò nascondendo qualcosa dietro la schiena. L'atmosfera si fece silenziosa, Finlay scese dalle spalle di Hubert mettendosi in piedi, imitato dagli zii e dai nonni. 

"Finlay, ormai sei diventato un ometto, dunque ti meriti un regalo speciale per questo compleanno." Disse Merida in tono solenne, guardando negli occhi il figlio. Finlay sostenne il suo sguardo, rimase serio ma dentro fremeva dalla voglia di sapere a cosa sua madre si riferisse.

Merida si inginocchiò e mostrò ciò che nascondeva dietro la schiena: un arco, piccolo a misura di bambino ma identico al suo, quello che Finlay la pregava ardentemente di poter provare. 

Il piccolo principe non riuscì a trattenere l'entusiasmo. Saltò al collo di sua madre facendola sbilanciare, ringraziandola ripetutamente e riempiendola di baci sotto gli sguardi inteneriti dei gemelli, Ellinor e Fergus.

Trascorsero il resto del pomeriggio a insegnare a Finlay a tirare con l'arco, perfino Ellinor lasciò da parte le sue prediche sul non rotolarsi per terra, non urlare o non correre. 

Si trovavano sulla strada di ritorno verso il castello quando Finlay sfrecciò lontano dal gruppo. Ellinor e Merida lo chiamarono in coro, la prima preoccupata la seconda anche arrabbiata ma, prima che qualcuno potesse fare qualsiasi cosa, Harris prese in mano la situazione. "Lo recupero io." Disse, e saltò giù da cavallo correndo nella direzione in cui era sparito il nipote.

Il giovane principe seguì il rumore dei passi di bambino di Finlay fino a quando non lo raggiunse. "Finlay! Non correre!" Gli urlò, rallentando il passo quando notò che lui stava camminando lentamente, cauto come se non volesse spaventare un uccellino.

"Ma zio Harris, c'è un fuoco fatuo!" Bisbigliò, senza girarsi, indicando un punto davanti a lui.

"Non importa, non devi scappare punto e bas-" si interruppe quando il bambino si fece da parte e, nella direzione in cui puntava il suo dito, Harris vide una fiammella blu galleggiare a qualche centimetro dal terreno. Chiunque in Scozia sapeva che i fuochi fatui non erano leggenda, ma era anche risaputo che vederne uno era un evento raro e che aveva un significato ben preciso: i fuochi fatui indicavano la strada verso il proprio destino.

Iniziò a muoversi con la stessa cautela del nipote e il fuoco fatuo li guidò verso uno spiazzo senza alberi, dove l'erba era secca, come se fosse bruciata. Lì Harris e Finlay si trovarono di fronte l'impensabile: un drago. Una bestia alta più di un paio di metri, dalla pelle nera e squamosa, con una coda lunga come un serpente, gli occhi grandi e la bocca enorme. Finlay cacciò un urlo e si rifugiò in braccio a suo zio, che nonostante avesse paura riuscì ad attivare l'istinto protettivo verso di lui, stringendolo forte come se fosse potuto servire a proteggerlo. 

L'animale piegò la testa di lato, il suo muso assunse quella che poteva sembrare un'espressione curiosa, come se li stesse studiando. Harris mosse un piccolo passo all'indietro, mossa stupida che non lo portò alla morte solo grazie alla sua buona stella, indeciso se scappare fosse una buona idea o meno, pensando a quale opzione tra il restare immobile e il correre via fosse meno rischiosa, quando una voce gridò quello che doveva essere il nome del drago: "Sdentato!"

La bestia diede le spalle agli umani e in pochi istanti era sparito tra gli alberi. Harris e Finlay rimasero immobili per qualche secondo, finché i passi pesanti del drago non furono solo tonfi lontani. Allora, Harris recuperò l'uso delle gambe e corse via, più veloce che poteva, stringendo un Finlay terrorizzato al petto. 

Raggiunse la sua famiglia, ora circondata dall'intera scorta a spade e lance sguainate. Si fermò di colpo e gli girò la testa, riuscì a malapena a dire che entrambi stavano bene. Aveva corso letteralmente più forte che poteva ma nel panico e nella premura di scappare non ci aveva fatto caso. Quando le guardie si fecero da parte e Merida gli corse incontro, quasi strappandogli dalle braccia il corpicino scosso dai singhiozzi di Finlay, Harris si rese conto di non sapere quanto tempo fossero stati via. Hubert e Hamish lo sostennero quando gli cedettero le gambe e cadde in ginocchio ansimando, si lasciò accarezzare e baciare da Ellinor, aspettò di calmarsi e si rimise in piedi salendo poi a cavallo. Non parlò, non accennò al drago o al fuoco fatuo, sapeva che doveva parlarne prima di tutto con Merida ma rigorosamente in privato. 

Fergus stroncò sul nascere l'interrogatorio di Ellinor, Hubert e Harris controllarono a vista il gemello per tutto il tempo. Merida cavalcò per l'intero tragitto rimasto al fianco del fratello, tenendo nel frattempo Finlay stretto al seno con un braccio. Non disse nulla, ma il fatto che Harris evitasse il suo sguardo le dava un brutto presentimento; quella sera lo avrebbe preso da parte e gli avrebbe parlato.
 

Angolo autrice
Ciao ragazzi, so cosa state pensando e sono dispiaciuta anch'io di non essere riuscita ad andare avanti prima. Il fatto è che il periodo della fine dell'estate e l'inizio della scuola è stato un disastro: La vacanza studio, i compiti da finire, l'inizio dell'anno con tutti gli impegni che comporta e un piccolo blocco dello scrittore hanno fatto sì che io riuscissi a pubblicare il secondo capitolo solo ora. 
Inconvenienti a parte, mettetemi al corrente del benché minimo errore di grammatica o di altra natura, siete liberi di lasciare tutte le critiche che volete ma vi prego di essere educati. Ringrazio in anticipo chi legge, segue la storia e lascia recensioni. 
Alla prossima!

 
   
 
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