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Autore: DavideWolfstar    06/10/2019    0 recensioni
Dal testo: "Penso che c’avevano ragione gli antichi, quelli là quando pensavano al futuro non lo vedevano mai proiettato davanti di loro. Il futuro per loro era alle spalle, perché il futuro non c’è, non esiste, non ne conosci memoria, appare alle spalle all’improvviso, ti sorprende, ti fa scherzi, ti fa agguati. Il presente invece siamo noi, il nostro corpo attivo e in movimento"
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: questa storia partecipa al #writober di Fanwriter,it, ho cambiato il prompt della pagina e quello scelto alla fine è Il futuro

C’è chi non fa che parlare di futuro. Ne parlano i vecchi dicendo ai nipoti, siete voi il futuro. Ne parlano i genitori ai figli dicendo loro: costruisciti un futuro. Ne parlano i giovani: ci avete rubato il futuro. Tutti che parlano di futuro, tutti che lo vedono steso davanti a loro. Il futuro è davanti, lo stai costruendo giorno per giorno. Il futuro è adesso, ora quello che farai sarà tutto importante per il futuro che vorrai. Quante di queste sciocche frasi sento ogni giorno. Ora non voglio far filosofia, non c’ho voglia, ho una certa età, né troppo giovane, né troppo vecchio, non posso perder tempo dietro a queste cose. Però penso che c’avevano ragione gli antichi, quelli là quando pensavano al futuro non lo vedevano mai proiettato davanti di loro. Il futuro per loro era alle spalle, perché il futuro non c’è, non esiste, non ne conosci memoria, appare alle spalle all’improvviso, ti sorprende, ti fa scherzi, ti fa agguati. Il presente invece siamo noi, il nostro corpo attivo e in movimento. Il passato invece è davanti a noi, lo abbiamo già vissuto e possiamo guardare i passi che abbiamo lasciato sulla neve, a ritroso.
Anche io credevo nel futuro, credevo che mi sarebbero accadute grandi cose. Dopo il liceo, un professionale di indirizzo sociale, credevo che avrei studiato preso una laurea e poi avrei fatto ricerca, avevo scelto la sociologia. Immaginate un ragazzone grosso due metri, spalle larghe, passato da cestista che si ritrova in un’aula studio a studiare Max Weber e Emile Durkheim. Ed io ci ho creduto, ho iniziato alla Sapienza il mio primo anno. Ho scoperto che la sociologia era molto più affascinante di quanto non credessi, ho capito veramente quello che mi diceva il professore di diritto che aveva preso una seconda laurea in sociologia, quando diceva che non esiste una sociologia univoca.  Ho fatto un ottimo primo anno, bei voti. Tutti trenta, tranne un ventinove, ma non mi importava molto il voto.
Ad un’età del genere tutti pensano al futuro e io sognavo il mio. Sarei diventato dottore in sociologia, avrei preso una qualche magistrale interessante, avrei fatto domanda per il dottorato, avrei iniziato la mia carriera di ricercatore. E c’ero quasi arrivato a raggiungere questi obbiettivi alla fine. Laurea triennale con la lode, magistrale con la lode anch’essa.
Ora mancava solamente raggiungere il mio sogno: il dottorato. C’era un dottorato in Germania tenuto proprio da un docente italiano, volevo fare domanda proprio per quell’università. Ottimi voti, ottime referenze, ottime capacità. Potevo farcela. E ce l’ho fatta in effetti. Solo che ho dovuto rinunciare. Mia sorella aveva avuto un incidente, dovevo starle dietro. Mamma e papà non potevano starle dietro ed io da bravo fratello maggiore decisi di accollarmi questa responsabilità. Dai che è solo un anno, poi faccio domanda da qualche altra parte. Magari sempre là, il professore mi pare abbia capito. Ma in un anno ne accadono di cose.
Futuro, non vi azzardate di parlarmi di futuro. Chi siete voi per parlare di futuro? Avevo un futuro davanti che più roseo non poteva essere, il lavoro dei miei sogni e poi tutto è finito nell’oblio. Una semplice parola ha cambiato tutta la mia vita. Cancro. Ma si può avere un cancro a 26 anni?
Mi illudevo ancora di avere un futuro, qualche mese di chemio, forse un’operazione e poi una vita normale. Qualche controllo ogni tanto e poi si riprende tutto. La chemio è una tortura che non consiglio neppure al mio peggior nemico, eppure non ne puoi scampare quando sei ammalato di cancro. Un ciclo di chemio, solo un ciclo di chemio e andrà tutto bene. Mi ripetevo mentre avevo tagliato i capelli a zero.
Andrà tutto bene un bel niente. Vorrei dirlo al Michele di qualche mese fa. Il Michele che ancora aveva un futuro, o credeva di averne uno. Il Michele che non sapeva, no, non immaginava neppure che dopo un ciclo di chemioterapia non era cambiato niente, anzi sì, il tumore aveva avuto delle metastasi e quindi mio caro Michele di qualche mese fa, mettitelo bene in testa, non esiste il futuro.
Sei mesi di vita, non di più. Questo mi hanno detto i dottori, ma forse si sono sbagliati, ne sono passati quattro e tutto sommato le cose non sono precitate così bruscamente. Forse resisto un po’ di più, forse questo tumore è un po’ sadico, dopo avermi tolto il futuro mi allunga l’agonia e la disperazione. Io voglio farla finita al più presto. Fossi più coraggioso mi toglierei la vita io stesso.
 
Il futuro? Parlate di futuro quanto volete, ma intanto ci fotte a tutti il futuro. Può essere un tumore, un incidente d’auto, una crisi economica. Il futuro è cosa incerta, cosa mai nata. Quando il futuro arriva ha come volto il presente, e quando è presente bisogna accettare quello che porta. Non è Babbo Natale il futuro, è una roulette russa. A qualcuno dice culo, ad altri un po’ meno. E per favore, non parlate a me di futuro. 
 
Chiedo scusa se questa storia non è granché. L'ho scritta di getto e ho deciso di pubblicarla adesso perché mi ero finalmente messo in pari con le storie del #writober e volevo rimanere in pari. Tutto il giorno che provo a buttar giù qualcosa, inizialmente il prompt da cui partivo era bromance, ma nonostante ami le bromance non ho avuto idee interessanti, dunque ho scritto questa storia che non è granché, ma almeno al contrario delle altre idee aveva un inizio e una fine. 
   
 
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