Anime & Manga > Boku no Hero Academia
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Autore: LilyShakarian    07/10/2019    2 recensioni
Kimiko, dal passato triste e oscuro, dovrà affrontare i suoi demoni.
Mizu e il suo desiderio di aiutare gli altri, troppo spesso anteponendo se stessa.
Due nemesi ma che, come lo Ying e lo Yang, la Luce e l'Oscurità, si completano.
Un'indagine in corso, un assassino spietato, forse qualcuno lo aiuterà nella sua redenzione.
Questa storia comincia prima dell'inizio di My Hero Academia e pian piano si metterà in pari.
Possibili SPOILER più avanti.
Utilizziamo la teoria secondo cui Dabi è Touya Todoroki, ma NON È SPOILER. È per l'appunto solo una teoria. Se la cosa dovessere cambiare, metteremo l'avviso.
Presenza di OC, personaggi originali.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dabi, Hawks, Nuovo personaggio, Shōta Aizawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Triangolo
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Quel giorno dal Doragon staccò nel tardo pomeriggio. Dalle sei del mattino non si era fermata un secondo e se solo ci avesse provato, Gorou sarebbe comparso come per magia al suo fianco, dandole altre mansioni per “tenersi occupata”. Certo, come se non lo fosse, soprattutto in quel periodo. Anche se la convivenza con Touya era cominciata da poco, non la si poteva descrivere come una passeggiata. La presenza del ragazzo la faceva sentire a disagio, cosa abbastanza strana per lei visto tutto ciò che aveva fatto. Ogni volta che lui le rivolgeva la parola, avvertiva una strana irrequietezza, oltre quella sensazione fastidiosa di ricevere più volte dei pugni allo stomaco. Anche sostenere lo sguardo con lui era un’impresa davvero ardua, il contatto visivo tra loro si poteva cronometrare.

Si chiamano sensi di colpa, cara mia.”

Ripeteva quella vocina interiore e non mentiva. Sparire per tutti quegli anni, lasciando credere a quello che un tempo era il tuo migliore amico, confidente e fratello che praticamente eri già polvere, non era stata una mossa proprio perfetta. E’ vero, la sua testa era davvero una matassa incasinata, con solo stampato l’obiettivo del suicidio, ma visto che le cose adesso erano cambiate, poteva dedicare qualche minuto a pensare al suo passato e ogni volta che assemblava quel suo puzzle di ricordi immaginario, si leggeva una sola parola: Egoista.

E questo egoismo non si placava, visto che ogni volta che lui provava ad aprire il discorso “spiegazioni”, lei trovava sempre il modo di sorvolare la questione. Non sarebbe stato il massimo per lei ammettere gli errori e dare ragione a lui, troppo difficile.

Appena giunse al suo appartamento si soffermò davanti alla porta, facendo un bel respiro profondo così da accantonare nuovamente quei pensieri e finalmente varcare l’entrata.

Mai l’avesse fatto.

Il cordiale “sono a casa” morì in un respiro davanti alla scena che si trovò davanti. Il tavolo era ricolmo di barattoli di soba vuoti e altrettanti dentro il lavandino che facevano capolino formando una torre. Cartacce varie abbandonate su più punti della mobilia, compreso il pavimento, e varie magliette lasciate sulle sedie e sul divano. E proprio su quest’ultimo l’artefice di tutto ciò se ne stava comodamente sdraiato come un pascià, in attesa che le sue schiave gli imboccassero gli acini della più succulenta uva. Ancora sull’uscio della porta, Kimiko strinse il pomello così forte da riprodurre degli strani rumori scricchiolanti. Touya, avvertita finalmente la sua presenza, spostò il capo fissandola con sorriso solare, innescando il pulsare del nervo sulla tempia della ragazza.

« Bentornata Kim… devi aver avuto molto da fare. »

Lei neanche rispose. Tenne fisso lo sguardo omicida su di lui mentre chiudeva lentamente la porta, facendo scattare la serratura con più mandate. Continuando a mantenere gli occhi su di lui - con un’ inquietante espressione da pazza- si sfilò via la giacca di pelle, tardando un po’ ad appenderla visto che, non guardando cosa stava facendo, non riuscí a prendere il gancio dell’appendiabiti al primo colpo.

Lui serrò le labbra ed assottigliò lo sguardo confuso, chiedendosi di quale strana sostanza si fosse fatta la ragazza. Intanto Kimiko si avvicinò lentamente al divano, con strani tic nervosi che le provocavano spasmi muscolari ad ogni passo. Touya si mise seduto per lasciarle spazio e lei non perse tempo per prendere posto vicino a lui. Poggiate le mani sulle ginocchia continuò a fissarlo, inclinando appena il capo sulla spalla e tirando leggermente il lato del labbro per provare un accenno di sorriso. Touya sospirò profondamente cercando in tutti i modi di fissarla serio, ma l’espressione di lei gli provocò uno strano senso di ansia. Quell’espressione l’aveva già vista in alcuni componenti della sua famiglia e non si poteva associare assolutamente alla tranquillità. Si schiarì la voce, facendo un cenno col capo per indicare alla ragazza la tv.

« Hai sentito le imprese della tua amica? »

« Chi sarebbe la mia amica? » Chiese facendo l’ingenua, sbattendo le lunghe ciglia, pronta ad esplodere da un momento all’altro. Lui deglutì, allungando il braccio per prendere il telecomando dal tavolino. Con uno scatto, Kimiko gli afferrò il polso iniziando a stringerlo lentamente.

« Lasciala pure accesa… »

« Kim… le tue unghiette stanno trapassando lo strato di pelle bruciata… »

« Davvero? Non dirmi che sei preoccupato? Da quello che ho visto le mani non ti servono… » Indicò con l’altra mano il mucchio di spazzatura.

« Beh… ho pensato che lavorando in un bar, ti piacesse pulire… » Sorrise sarcastico, ma ciò fece stringere di più la presa attorno al suo polso.

« Adesso vado a farmi una doccia e tu, da bravo ragazzo che soggiorni a sbaffo in casa mia, rimetti tutto in ordine… ok? » Sorrise solare, tirandolo appena.

« Potrei… magari quando metti a posto il casino che tu hai lasciato per anni nella mia vita, no? » Il sarcasmo si spense in un’istante, lasciando posto alla serietà che ne valorizzava di più il suo sguardo penetrante. Kimiko serrò i denti, sollevando appena il labbro superiore in una smorfia disgustata e con un gesto secco gli lasciò il polso. Fece per alzarsi, ma questa volta fu il ragazzo a trattenerla per non farla scappare come le altre volte.

« Touya… lasciami. Usa questa forza per sistemare la casa che ti accoglie…»

« Quando tu smetterai di scappare dalle cose più serie che ci riguardano…»

« Ci? Sei tu che ti stai mettendo il problema. Ormai è passato, si va avanti. »

« Come scusa? Parli proprio tu che per una cazzo di vendetta hai mandato a puttane tutto?! Vedo che tua madre non è tornata comunque in vita, ops! » Gli occhi di lei iniziarono a rifulgere in una tonalità più intensa, mentre lui sorrideva con aria beffarda, sapendo di aver toccato il tasto giusto.

« Non provare a nominarla…»

« Altrimenti che fai? Mi uccidi? Ah, giusto! Meglio prendere la strada più facile. Eliminato il problema la signorina espia le sue colpe! » Le lasciò il braccio, così da poter applaudire. « Che brava! Ne ho conosciuto una simile a te, solo che lei ha preferito la strada della pazzia così da farsi rinchiudere lontano dai problemi… Proprio delle grandi donne dalle grandi responsabilità! »

No, Kimiko non gli permise di finire il tutto con un sorriso o con un nuovo applauso. Concluse il tutto con un forte e sonoro schiaffo contro la sua guancia che gli fece voltare il capo. Rimase in silenzio a guardarlo per un po’, osservando sgorgare dei rivoli di sangue da alcuni punti metallici.

« Sarò pure una stronza ed egoista del cazzo… » Disse a denti stretti. « Ma tu fai proprio schifo… »

Lo superò dandogli una leggera spallata, dirigendosi verso la camera da letto per lasciarlo da solo in quel silenzio che proprio lui, questa volta, aveva creato.

Così non mi stai aiutando affatto.” Pensò tra sé mentre chiudeva a chiave la porta. Nemmeno perse tempo a togliersi scarpe e vestiti. Si lasciò cadere sul morbido materasso, sospirando profondamente mentre chiudeva le palpebre. Non avvertí nessun rumore particolare dall’altra stanza, tranne quello delle trasmissioni tv. Inspirò profondamente sistemandosi di fianco sperando, mentre chiudeva lentamente gli occhi assonnati, che se ne fosse andato.

§§§



Mizu si risvegliò con una sensazione di piacevole tepore. Dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, si guardò attorno. Con la pallida luce dell’alba che iniziava già a filtrare dalle tende, riuscì a distinguere la figura che le riposava accanto, con un braccio attorno a lei. Osservò il volto di Shota e notò quanto anche lui avesse bisogno di riposo, il lavoro alla U.A. lo stava davvero sfinendo. Gli spostò una ciocca dal viso, senza sapere che lui avesse fatto lo stesso con lei la notte prima, e tentò di alzarsi senza svegliarlo. Oltre a domandarsi come mai lui fosse lì, guardandosi allo specchio si rese anche conto di non aver più indosso i suoi abiti da Hero, forse era stato proprio Shota a cambiarglieli. Raggiunse la cucina e iniziò a preparare del caffè e delle uova per colazione. Poco dopo, mentre era di spalle, la voce bassa di Shota la fece sobbalzare.

« Come stai? » Le chiese, raggiungendola.

« Bene. Ieri non mi hanno ferita, ero solo sfinita. Era tanto, troppo, che non agivo sul campo. » Versò il caffè caldo in due tazze, poi ne porse una all’uomo. « Non ero più abituata, sto perdendo colpi, dovrei riprendere ad allenarmi. » Spense il fornello e servì le uova nei piatti, aggiungendo qualche fetta di pane. « Come mai sei qui? » Gli chiese poi, iniziando a mangiare.

« Ho visto il notiziario ieri, dovresti chiamare tua sorella, anche lei si è presa un bello spavento. »

« Si, capisco, ma perché tu sei qui? »

« Pensavo ti fosse successo qualcosa. » Si grattò nervosamente la nuca.

« Insomma, non riesci a dirlo, ma ti sei preoccupato. Ho capito. » Kotton si strusciò alle gambe di Shota facendo le fusa, poi saltò sul tavolo e iniziò a miagolare. Mizu gli fece un grattino, prima di farlo scendere e aprirgli una scatoletta di cibo.

« Senti, Mizu… » Iniziò Aizawa, ma lei lo fermò.

« No, aspetta, Shota. Vorrei prima dire qualcosa io. » Prese un lungo respiro e lo guardò negli occhi. « So quello che ho detto, che ti avrei fatto capire cos’hai perso e tutte quelle baggianate mentre cercavo di essere forte e non perdere quel poco di dignità che mi era rimasta. In queste settimane che sei sparito, ho capito che, per quanto io ci provi, non serve a niente. E’ evidente che non proviamo le stesse cose, mi stavo solo imponendo in maniera sciocca e immatura su di te. » Gli sorrise, in modo tranquillo. « E’ finita e devo lasciarti andare, passare oltre. Restare buoni amici e colleghi, senza risentimenti o strascichi di sentimenti passati. »

« Il fatto che io mi sia fiondato qui quindi non significa niente? » Mizu sobbalzò, Aizawa aveva alzato la voce, palesemente spazientito.

« Cosa devo dirti, Shota? Non li capisco i tuoi segnali! Facciamo l’amore ma mi sbatti in faccia che non vuoi una relazione con me. Mi eviti, poi corri al mio capezzale. Non ci capisco più niente! E sono stanca di aspettarti, davvero. »

« C’entra per caso Hawks? » Il tono di Eraserhed si fece più pungente e il suo sguardo si assottigliò. Mizu lo guardò, allibita.

« Cosa?! No! Adesso sei davvero infantile! Perché stai mettendo in mezzo lui, quando il problema sei tu!» Entrambi non si erano resi conto di essersi alzati in piedi e di starsi urlando contro. Mizu prese in braccio Kotton e si diresse all’ingresso, dove aprì la porta. « Grazie per essere passato e per esserti preoccupato, ma penso che tu debba schiarirti un po’ le idee, Shota. Ci sentiamo. » Aizawa guardò Mizu sbigottito, lo stava davvero cacciando. Raccolse le sue cose e se ne andò in silenzio. Dopo che fu uscito e la porta fu chiusa, entrambi si accasciarono sui rispettivi lati sulla porta. Dopo qualche minuto, Shota si alzò e andò via, mentre Mizu rimase lì a terra, con Kotton tra le braccia.

« Perché deve sempre andare così, Kotton? Io lo so che noi siamo diversi, siamo meglio di così, perché continuiamo a ferirci? » Il micio fissò la padrona con i suoi enormi occhi verdi, confuso. Il suono del telefono la costrinse ad alzarsi per rispondere.

« Healing Water. » Emise con tono basso e roco.

« Ehi, Doc. Non dirmi che dormivi ancora e ti ho svegliata! » La voce di Hawks risuonò squillante come sempre, ma un po’ offuscata dal vento.

« No tranquillo, ero sveglia. Sei in volo? »

« Si, sto giusto andando al laboratorio delle analisi. Ho avvisato di contattare me, visto lo stato catatonico in cui ti ho lasciata nel tuo letto ieri. »

« Sorvolerò su questo doppio senso… cosa intendi? Sei stato tu a riportarmi a casa? »

« In carne, ossa e piume. Eraserhead non te l’ha detto? »

« Stavamo discutendo di altre faccende e... deve averlo scordato. »

« Immagino… » Disse, malizioso.

« Puoi anche smetterla di immaginarti cosa sia successo, abbiamo solo litigato alla grande. »

« Come mai? »

« Non mi va di parlarne… Piuttosto, verresti a prendermi? Vorrei venire al laboratorio insieme a te. »

« Dammi cinque minuti. »

Chiusero la chiamata e lei iniziò a prepararsi, finché poco dopo non sentì bussare alla finestra.

« Non potresti usare anche tu la porta, come le persone normali? » Lo ammonì, scocciata, riavvolgendosi in fretta nella vestaglia.

« Ma io non sono normale come gli altri » Sentenziò, sicuro di sé per poi ridere di gusto quando Mizu alzò gli occhi al cielo.

« Aspettami qui, faccio in fretta. » La donna fece per andarsene, ma poi fu colta da un’illuminazione. « Aspetta! Sei stato tu o Shota a cambiarmi i vestiti stanotte?? »

« Temo sia stato lui, per sua fortuna. Possiamo rimediare se ti aiuto a rivestirti ora. » La squadrò con un finto fare famelico e Mizu, paonazza per la rabbia e l’imbarazzo, gli lanciò una ciabatta, mancandolo miseramente. « Troppo lenta, Doc. » Mizu si allontanò verso il bagno, tra le risa dell’Hero che echeggiavano persino nel corridoio. Guardò il suo riflesso nello specchio della doccia, era ancora rossa per la vergogna.

Ah e quindi Shota si immagina le cose eh? Ma per piacere, ammetti almeno con te stessa che sei intrigata da Hawks!” Si immerse sotto il getto dell’acqua, ma non la aiutò a calmarsi. Dopo una doccia rapida, si vestì velocemente e si legò i capelli in una coda alta.

« Pronta. » Confermò rientrando in stanza e trovandosi una scena piuttosto insolita: Hawks cercava di accarezzare il gatto ma Kotton gli soffiava.

« Al tuo micio non piaccio. »

« Ho l’impressione che preferirebbe darti la caccia, sei un uccello dopotutto. »

Mizu salutò Kotton, consigliando ad Hawks di non fare lo stesso, poi si lasciò prendere in braccio e partirono in volo alla volta del laboratorio. L’Hero si accorse subito che la dottoressa era più nervosa del solito.

« Hai qualche idea su cosa ci diranno? » Le chiese per allentare un po’ la tensione.

« No… nessuna. » La vide arrossire e distogliere immediatamente lo sguardo.

« Che c’è, Doc? Non è mica la prima volta che voli tra le mie braccia. » Le fece, sornione. « O e la mia estrema vicinanza a farti questo effetto? »

« Ci provi proprio gusto a mattermi a disagio, vero? »

« Solo un pochino. » Ammise lui, ammiccante. Mizu lasciò perdere, arrendendosi divertita, poi cambiò discorso.

« Comunque grazie per ieri, sono un po’ arrugginita. »

« Se hai bisogno di qualcuno con cui allenarti, devi solo chiedere. La mia agenzia sarà ben lieta di accoglierti.» Mizu gli sorrise sinceramente per quell’offerta.

Atterrarono davanti al laboratorio e quando entrarono, scoprirono che il detective Tsukauchi era già lì da qualche minuto e li stavano aspettando.

« Ah dottoressa, non pensavo sarebbe venuta anche lei. »

« In quest’indagine ci sono dentro fino al collo anche io, non potevo mancare. Ieri non mi hanno ferita, è bastato un po' di riposo per tornare come nuova. »

Proseguirono verso l’ufficio del ricercatore con cui avrebbero parlato, ma Healing Water si sorprese di conoscerlo. L’uomo, sulla cinquantina, le sorrise e le strinse calorosamente la mano.

« Mizu! Non posso crederci, sei davvero tu? Ricordo quando Lysa ti portava al lavoro con sé e io ti offrivo sempre una caramella, anche se lei non voleva che mangiassi troppi zuccheri. » Alla donna si illuminarono gli occhi, mentre l’Hero e il Detective osservavano confusi la scena.

« Adesso, ricordo! Signor Hirasa! Non sapevo lavorasse qui, certo che il mondo è davvero piccolo. » Il trio si accomodò mentre Mizu diede qualche delucidazione ai suoi colleghi. « Mia madre era medico e lavorava nello stesso ospedale col signor Hirasa, ma sto parlando di vent’anni fa. »

« Non dovresti farmi sentire così vecchio. » Ridacchiò lui. « Passando alle cose serie, immagino che il motivo per cui siete qui, sia il risultato del campione raccolto dall’ultima scena del crimine, corretto? »

« Esattamente, cosa può dirci a riguardo? » Chiese Tsukauchi. Il dottor Hirasa si fece tremendamente cupo e serio in viso.

« La sostanza diluita nell’acqua che ci avete fornito, presenta una chiara natura di forma parassitaria. Non ci sentiamo di escludere che quel fumo nero abbia una propria coscienza e che risieda in uno o più ospiti. Inoltre era mescolato con DNA dal doppio cromosoma X, quindi l’ospite che ha compiuto il massacro mediante il parassita, è una donna. » Mizu trasalì. « Non vi ho detto ancora la cosa peggiore e che ci impensierisce di più: non riusciamo a spiegarci in che modo, ma queste tracce di DNA allo stesso tempo sono collegate a quello di All Might… »

La notizia lasciò i presenti ammutoliti, sbigottiti e confusi.


Angolino delle autrici

Ben ritrovati! Anche oggi nn ci dilunghiamo troppo, fateci sapere cosa pensate del proseguimento della storia ^^

Vi lasciamo come sempre i link alle pagine FB

LilyShakarian

LadyBarbero

A presto!
Lily&Lady

   
 
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