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Autore: unforgivensoul    11/10/2019    1 recensioni
Diciannove agosto 1970: John Deacon compie diciotto anni e i suoi compagni di band gli organizzano una festa a sorpresa. Brian fa colpo, Freddie sembra introvabile, Roger perde di vista la sua gemella e si concede al divertimento più sfrenato. Il bassista, nel frattempo, si ritrova a dover condividere il proprio nascondiglio con una sconosciuta che, forse a causa dei troppi Martini bevuti, gli ricorda vagamente il suo compagno di band.
#Maylor
- Sequel della mia os Deaky-
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perdonate l'infinita assenza...a voi, il tanto atteso Maylor.

Il giorno seguente, ore 14: 30 


“E a quel punto… sono scappato” borbottò Roger, concludendo il racconto.

“Scappato?” chiese conferma Anita, perplessa.

“Beh, sì. Che altro avrei dovuto fare?” sbuffò il batterista, stringendosi le ginocchia al petto. Era seduto sul letto dell’amica, se così poteva definirla, con un lenzuolo azzurro ad avvolgergli i fianchi nudi.  Si era svegliato poco meno di un’ora prima, preda dei postumi della sbronza della sera precedente, e, dopo un iniziale attimo di spaesamento, i ricordi avevano cominciato a riaffiorare. La polaroid, gli sguardi indagatori degli amici e della sorella, l’espressione mortificata di Brian e l’ansia che si impossessava di lui, facendolo boccheggiare in preda al panico. Poi era semplicemente corso in salotto, aveva afferrato la giacca e si era dileguato nel giro di un paio di minuti, ignorando le voci che lo chiamavano.

“Avresti potuto chiedere a Brian di parlare in privato ed essere sincero con lui, per esempio” suggerì la riccia, aggiustandosi la vestaglia in modo che le stringesse la vita.

“Per dirgli cosa? Non c’è niente da spiegare. Il nostro rapporto funziona così fin da quando ci siamo conosciuti. Ogni tanto capita che…succeda. Questo non significa che ci sia qualcosa di cui parlare. Un sacco di ragazzi lo fanno, con i propri amici” ragionò il biondo, cercando di trovare una spiegazione a quanto accaduto.

Anita aggrottò le sopracciglia, rivolgendogli uno sguardo compassionevole. “Intendi…sesso? I ragazzi fanno sesso con i propri amici, di solito?”.

“SHH!” la zittì il batterista. “Non c’è bisogno di usare quella parola!”

“Sesso?”

“Lo fai apposta?!” sbottò Roger, esasperato.

“Lo fai anche con quell’altro? Il ragazzino, intendo” domandò la rossa, abbandonando la camera da letto. 

“John? Cosa? No! Fino a ieri non pensavo nemmeno che sapesse cosa fosse il sesso” rispose Roger, disgustato, mentre saltellava verso la cucina, cercando di infilarsi un paio di boxer.

“Uhm, capisco. E che mi dici di quell’altro? Sì, il cantante dai begli occhi truccati!” indagò ulteriormente la giovane, riempiendo due tazze di caffè.

“Freddie! Sei pazza?!  No! Ovvio che no! Che schifo! È praticamente mio fratello!” negò il biondo, approfondendo la smorfia di disgusto che gli solcata il volto.

“Allora forse ciò che c’è tra te e il bel chitarrista non è solo un modo di passare il tempo tra amici, non credi?” rise Anita, divertita dalla reazione del biondo.

D’un tratto, il viso di Roger divenne inespressivo. Sì, la ragazza non aveva tutti i torti.

“Non dire sciocchezze! E poi, vorrei ricordarti che è per colpa tua se mi trovo in questa situazione!” cambiò argomento in tutta fretta.

La ragazza alzò le mani in segno di resa. “Sì, d’accordo, in parte è colpa mia! Ma non potevo sapere che preferiste far finta di nulla. Insomma, per quanto mi riguarda, pensavo che foste una coppia che voleva espandere i propri orizzonti. Siete carini e la vostra musica è decente, così ho pensato: perché no? Avevo voglia di divertirmi! Non mi aspettavo di ritrovarmi un batterista ubriaco sulla soglia della porta!” spiegò la rossa, alzando gli occhi al cielo.

“Decente un cazzo. La nostra musica promette bene…vedrai! E per la cronaca sappi che ci ho messo parecchio per scoprire dove abitassi e che ti ho aspettato per ore fuori da quella porta. Dove diamine eri alle quattro del mattino?!” bofonchiò Roger, sorseggiando il proprio caffè.

“Al lavoro! Non sei l’unico ad avere dei sogni, rockstar!” lo canzonò Anita, affondando i denti in una ciambella e spingendo la confezione di dolci verso il batterista, invitandolo a servirsi. 

Questo ponderò l’idea per qualche secondo, poi ne afferrò uno. 

“Che fai? La cameriera?” domandò incuriosito, masticando lentamente.

“La spogliarellista. Ma il mio sogno è fare l’attrice!” confessò Anita, senza il minimo imbarazzo.

Colto alla sprovvista, il biondo fallì nel deglutire il boccone e tossì ripetutamente. “Beh, questo spiega un sacco di cose…” mormorò appena si riprese.

“Lo prenderò come un complimento” rise la riccia, posando la tazza sul bancone della cucina. “Tesoro, non prenderla sul personale ma ora dovresti proprio andare. È già passata l’ora di pranzo e tra poco arriverà una ragazza a dare un’occhiata all’appartamento…ho davvero bisogno di una coinquilina con cui dividere l’affitto! Posso riaccompagnarti a casa, se ti va. Prima o poi dovrai tornarci, no?”

“Oh, certo. No, no…tornerò a piedi. Insomma, non so dove sono ma ci sono arrivato camminando, qui. Quindi è fattibile, giusto?” riflettè il batterista, confuso.

“Sì, non vivo lontano da casa di Brian!” sorrise Anita, avviandosi verso il bagno. “Se avessi bisogno di me, tua sorella ha il mio numero di telefono e, nel caso in cui te lo stessi chiedendo, no, non abbiamo fatto nulla che il tuo chitarrista disapproverebbe, ieri sera. Ti sei tolto i vestiti e sei crollato sul letto, tutto qui” aggiunse poi, punzecchiandolo.   

“Non è il mio chitarrista!” si affrettò a smentirla il biondo. Tuttavia, non valse a nulla: Anita si era già liberata della vestaglia e chiusa alle spalle la porta del bagno.

 

Ore 15:15

 

“Ed eccoci qui, per la terza volta in meno di mezza giornata…” sospirò Freddie, scendendo dalla macchina di Brian. Lui e Veronica l’avevano presa in prestito per andare a controllare se Roger fosse tornato al proprio appartamento.

“Magari è tornato a casa, nel frattempo. Non possiamo saperlo! E poi Brian non è da solo: lui e John sopravvivranno per trenta minuti!” disse la ragazza, sfilando le chiavi dal cruscotto e abbandonando il sedile del guidatore.

“Dico solo che dovresti rilassarti, tesoro” spiegò il frontman, posando le mani sulle spalle di Ronnie e guardandola negli occhi. “Sai meglio di me che non è la prima volta che Roger non torna a casa per la notte. Si sarà fermato a dormire da un amico. Insomma, non gli do tutti i torti. Lo avrei fatto anche io se fossi stato esposto in quel modo…” cercò di rassicurarla. “È…qualcosa di molto personale. Non si dovrebbe essere forzati a dirlo o roba simile, non credi, cara?”

“Ma certo, Fred. Hai ragione” mormorò la giovane, intenerita dalle parole dell’amico. Sapeva bene che le paure di Roger erano le stesse che affliggevano Freddie e che parlarne, per quest’ultimo, risultava ancora qualcosa di nuovo e complicato.

“Non voglio mettergli fretta o altro. Vorrei solo sapere dov’è e che sta bene. Cose da gemelli!” aggiunse Veronica, sorridendo.

Il giovane rise, scotendo la testa. “Sì, immagino sia qualcosa del genere. Andiamo allora, su, cara. Controlliamo un’ultima volta!” esclamò, estraendo un mazzo di chiavi dalla tasca.

Ronnie lo ringraziò con un forte abbraccio ed un bacio a fior di labbra, per poi dirigersi con lui verso l’ingresso. “Non l’ho mai detto a nessuno ma è parecchio che lo so, sai?” confessò, appoggiandosi allo stipite della porta.

Il frontman aggrottò le sopracciglia, interrompendo per pochi secondi la ricerca della chiave dell’appartamento. “Mi è sembrato piuttosto evidente dopo il nostro incontro, la vigilia di natale. No, tesoro?” ridacchiò, imbarazzato.

“Oh no! Freddie, non mi riferisco a te! Parlo di Roger. Lo so fin dall’inizio: conosco mio fratello meglio di quanto conosca me stessa e Brian è un libro aperto. In più ho beccato Rog a rovistare nei pantaloni di Brian una volta…” rivelò Veronica, stringendosi nelle spalle, pensierosa.

“E non mi hai mai detto niente?! Siamo una band: il che significa che ognuno si fa gli affari dell’altro! È un po’ come il matrimonio: non si deve omettere nulla, cara!” ammiccò Freddie, aprendo finalmente la porta.

Veronica lo superò, fiondandosi all’interno. Chiamò il nome del fratello un paio di volte ma in risposta ricevette solo un disturbante silenzio, rotto di tanto in tanto dall’abbaiare del cane dei vicini. Rassegnata e preoccupata, la ragazza si voltò verso l’amico.

“Ehi… dagli tempo, tesoro. Tornerà a casa!” la rassicurò Freddie, dirigendosi verso di lei per prenderla tra le braccia.

 

Ore 15: 20

 

“Quindi…tu e Rog…” iniziò il bassista, interrompendo il silenzio imbarazzante che li aveva avvolti mentre, seduti sul divano del salotto di Brian, attendevano il ritorno di Freddie e Veronica.

Il chitarrista si morse un labbro, annuendo impercettibilmente. “Già”.

Voleva bene a John, davvero. Lo considerava un bassista eccellente ed un tipo sveglio, nonché intelligente: sicuramente uno dei pochi in grado di capire i suoi “discorsi sulla scienza”, come li definivano Freddie e Roger. Dal momento in cui John era entrato nella band, erano riusciti a legare piuttosto in fretta, complice la stima reciproca e il desiderio di fare musica insieme, ed avevano trascorso parecchie serate fianco a fianco, a smontare e a rimontare ogni genere di oggetto che li incuriosisse o a guadare le stelle, ubriachi di birra e stesi sul tetto della casa di Brian. Tuttavia, il loro rapporto non si era mai approfondito quanto quello che il bassista aveva instaurato con Roger e Freddie. Alla loro timidezza serviva più tempo: parlare dei propri sentimenti, domandare un consiglio o dimostrare affetto in modo più esplicito che con una fraterna pacca sulla spalla era ancora un tabù per loro. Ci sarebbero arrivati, alla fine. Per ora, avevano bisogno della mediazione degli altri due per avere una discussione profonda senza sprofondare nel più totale imbarazzo.

 “Uhm, fico!” annuì John, incerto su cosa dire. Si pentì subito delle parole scelte ed avvampò, evitando gli occhi dell’altro. “Nel senso, non ho mai provato ma…immagino che sia…fico. Ecco. Dicono. Sì, alcuni lo…dicono” aggiunse velocemente, peggiorando la situazione.

“Sai, John, non siamo obbligati a parlarne. Ora lo sai ma…non significa che dobbiamo…sai…” offrì Brian, nel tentativo di togliere entrambi dall’imbarazzo.

“Oh” sospirò il bassista, sollevato. “Dio, speravo lo dicessi!” ridacchiò, posandosi una mano dietro al collo in un gesto di nervosismo. “Non sono bravo in queste cose!”

“Nemmeno io!” sorrise Brian, rilassandosi. “Uhm, perché non mi parli di quell’amplificatore? Quello che stai costruendo…” suggerì, nel tentativo di allentare la tensione.

 Proprio in quel momento, il campanello suonò ed entrambi i ragazzi tacquero, guardandosi.

“Non possono essere loro, vero?” ragionò John.

Il chitarrista scosse la chioma ricciuta in senso di diniego. “No, non possono essere loro” confermò. “Dunque…” iniziò, incerto, prima di essere interrotto da un altro trillo lungo ed impaziente, seguito in rapida sequenza da altri più brevi.

“Roger!” esclamò Brian, correndo alla porta.

“Ce ne hai messo di tempo!” sbuffò Roger, incrociando le braccia al petto. “Senti, devi darmi le chiavi di casa. Le ho dimenticate”.

Brian rimase interdetto per qualche secondo, limitandosi a fissare il batterista. Aveva passato la nottata insonne, attanagliato da sensi di colpa e preoccupazione, varando le opzioni peggiori e disperandosi al solo pensiero di non rivedere più l’amico. Ed invece eccolo lì, alla sua porta: i capelli scompigliati, i vestiti sgualciti ed un forte odore di alcool e tabacco impregnato addosso. Nessuna scusa, solo una lamentela. Come se non fosse successo nulla, come se le cose potessero riprendere da dove le avevano lasciate.

“No” mormorò Brian, semplicemente. A dirla tutta, non pensava nemmeno che le chiavi fossero in casa. Riordinando, non le aveva trovate ed era certamente più probabile che il batterista le avesse perse.  Tuttavia, poco importava: doveva parlargli e se pensava di essere confinato lì sarebbe stato più semplice.

“No?”. Il biondo alzò un sopracciglio, indispettito. “Dammi quelle fottute chiavi, Brian!” ordinò, tendendo una mano aperta in segno di impazienza.

“Ti ho già detto di no. Dobbiamo parlare, Roger” dichiarò il chitarrista, in modo risoluto.

“No che non dobbiamo…” cercò di sovrastarlo il biondo, senza successo.

“Parlo io. Tu ascolta e basta, okay?” sospirò Brian. “Da quanto va avanti questa storia, mmh? Da quando hai sedici anni? Da quando ci conosciamo, comunque. D’accordo, all’inizio poteva essere la curiosità dovuta all’inesperienza e poi, perché no, potevano essere gli ormoni ma Rog, onestamente, è passato parecchio tempo da quando mi infilavi la mano nei pantaloni mentre mia madre era occupata a stendere il bucato o in qualche altra faccenda domestica.  È qualche anno, ormai. E non siamo più bambini: frequentiamo entrambi delle ragazze. Tu, in particolare, ne frequenti e, se fosse stata solo questione di curiosità o ormoni, a questo punto avremmo già smesso. Non credi?”

“Divertimento, Brian. Mai sentito parlare di…” ribatté Roger, alzando gli occhi al cielo.

“Divertimento, sì, lo so. Lo dici sempre. In realtà, ho perso il conto delle scuse che accampi ogni volta che succede. Una volta è perché sei ubriaco, l’altra perché la tipa con cui avresti dovuto uscire ti ha dato buca, quella dopo è perché sei arrabbiato e ti vuoi sfogare o perché Freddie ha compagnia e non vuoi tornare a casa” elencò Brian, il tono di voce arrabbiato che mutava in un mormorio stanco e ferito. “Ho sempre fatto finta di niente perché temevo che avresti messo fine a quello che avevamo ma questa notte, mentre aspettavo che tornassi, mi sono sentito così stupido! Rog, non ho intenzione di continuare a far finta di niente…”

“D’accordo. Allora finisce qui” deglutì il biondo, tremando lievemente. Le parole del chitarrista lo avevano scosso. Il motivo? Erano la verità, mal celata per molto tempo e portata alla luce ora, tutta d’un tratto. Non era pronto per sentirla.

Brian si avvicinò, afferrandolo per un braccio, ma prima che potesse rispondere un John Deacon impacciato si presentò sulla terrazza.

“Ehm, ehi Rog! Brian, io raggiungo Ronnie e Fred. Li ho chiamati, gli ho detto che…beh, lo sai. Voi…fate ciò che dovete. Intendo parlare…non…” spiegò timidamente.

“Okay, okay! Ho afferrato, John!” si affrettò a venirgli in soccorso il chitarrista. Roger, dal canto suo, si era lasciato andare ad un sorriso divertito, nonostante la tensione della situazione.

“Certo!” annuì il bassista, salutandoli con un cenno del capo.

“Carini quei pantaloni” commentò il batterista, appena rimasero nuovamente soli.

“Cosa?” chiese Brian, passandosi le mani sulle cosce, confuso.

“Ti fanno delle belle gambe. Ed un bel fondoschiena. Forse potrei guardarli più da vicino…” mormorò Roger, sul punto di inginocchiarsi davanti a lui.

“No, no, no! Non finirà così la conversazione! Non questa volta” si oppose il chitarrista, allontanandosi.

Il biondo si ricompose, stizzito a causa del tentativo fallito. “D’accordo. Continua” sbuffò.

“Hai detto che non vuoi più nulla. Non è l’unica soluzione, lo sai. Finiamola con le scuse e i silenzi…proviamo a…ad essere onesti. Rog, non mi sei indifferente. Anzi, se devo dirla tutta, credo che tu mi piaccia più delle ragazze che frequento. Anche più dell’astrofisica, forse” confessò Brian, con gli occhi lucidi ed un sorriso speranzoso.

“Wow, questa si che è una notizia. Non pensavo ti piacesse qualcosa al di fuori di quella roba scientifica. Nerd. Ecco cosa sei: un cazzo di nerd” sospirò Roger, sfuggendo allo sguardo indagatore del chitarrista. “Devi sempre rovinare tutto con i sentimenti. Te l’ho già spiegato: nessuno sopporta gli uomini sentimentali e…” continuò, interrompendosi solo quando sentì il pollice di Brian accarezzargli una guancia ed asciugargli una lacrima. In quel momento si accorse di star piangendo.

“Rog, stai piangendo” sorrise dolcemente il riccio, prendendo il volto dell’altro tra le mani.

“A quanto pare…” deglutì il biondo, alzando gli occhi azzurri per incontrarne un paio marroni.

Brian scosse la testa, ridendo. “Non dobbiamo definirci, ne’ etichettarci in qualche modo. Solo, possiamo essere onesti su quello che sentiamo? Mi piaci parecchio, Rog”.

“Neanche tu sei male” singhiozzò il batterista, appoggiando la fronte a quella di Brian. “Ma sei davvero un insopportabile nerd” aggiunse, abbozzando un sorriso.

Il chitarrista lo strinse tra le braccia, posando un dolce bacio sulle sue labbra umide. “Sì, lo so” ridacchiò. “Un passo alla volta, d’accordo?” domandò, tornando serio.

Roger annuì. “Un passo alla volta” acconsentì, lasciandosi andare ad un sospiro di sollievo e nascondendo il viso tra le braccia di Brian.

 

Ore 16:15

“Brian?”

“Dimmi, Rog”

“Ora lo vorresti un pompino o..?”

“Roger!”

“Allora?”

“Sai che lo voglio…”

“Lo sapevo!”

Grazie a chi legge . Un abbraccio e  BUON COMING OUT DAY a tutti!

 

 

 

                

 

 

 

 



 

 

 

 

 

   
 
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