Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: summers001    11/10/2019    0 recensioni
BriennexJaime | Fix-it | Multichapter breve
Dal testo:
“Oh, cammini di nuovo.”
“Ne sembrano tutti così sorpresi.”
E rubò un sorriso da Brienne. Jaime la guardava sorridere e ne rimase incantato. Non se la ricordava sorridere. O forse sì, in una di quelle tante notti a Grande Inverno, quando aveva scoperto che la barba sul collo le faceva il solletico, così tanto da farla contorcere prima di scoppiare a ridere a crepapelle.
“Siamo abituati a pensarti morto.” Brienne rispose acida con una frecciatina, lanciata apposta perché ferisse, ma non in profondità. Dopo un lungo silenzio alzò persino gli occhi per controllarlo.
“E tu hai visto anche i morti camminare, di cosa ti stupisci?”
Brienne rise di nuovo involontariamente. Si coprì la bocca per nasconderlo, ma Jaime pareva attendere proprio quella reazione con gli occhi che non la lasciavano un secondo e la controllavano. “Smettila!” lo supplicò.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From beginning to the end'
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Capitolo 5
 
 
 
Erano arrivati nell’angusta stanza di Jaime così velocemente che Brienne non parve neanche rendersene conto. Un momento era seduta al tavolo e mangiava, il momento dopo la mano di lui la stava accarezzando lungo le cosce. Il suo fiato era caldo, le respirava a contatto con la pelle e le dava piacevoli brividi che le correvano lungo gambe e la pancia. Avrebbe voluto anche lei allungare una mano per cercarlo e sentirlo.
Le bocche di entrambi sapevano della cena appena consumata. Il grasso della carne ungeva ancora le labbra e la barba di Jaime, mentre sulla pelle di Brienne creava una patina oleosa che si mischiò presto a saliva.

Jaime aprì e richiuse bruscamente la porta tirandosi con sé la donna, mentre a capo chino rideva e si sentiva vivo. Si ritrovò Brienne davanti e non riusciva a smettere, fino a che sul suo viso comparve una strana espressione tra il confuso ed il divertito. Per lavarla via e fugare ogni dubbio la baciò di nuovo e cercò con la mano la sua pelle, trovandosi invece sopra uno strato di metallo immodificabile e duro, così diverso dalle morbide forme che si aspettava di toccare.
“A te piace rendermi le cose impossibili.” Le disse col sorriso sulle labbra, mentre si faceva aiutare a sciogliere i nodi che tenevano insieme parti della sua armatura, che una dopo l’altra cadevano a terra con un tonfo che non parve infastidirlo. C’erano quindici dita frenetiche che provavano volta per volta, attorcigliandosi, a liberarle prima le gambe, poi il petto e poi le braccia e presto la frenesia e le inspiegabili risate presero entrambi.

Jaime si fermò a guardarla. Brienne non era una bellezza convenzionale. Non aveva i capelli lunghi e morbidi, non profumava di rosa, il suo seno non era prosperoso ed i suoi lineamenti non erano delicati, però aveva gli occhi del colore del mare, i suoi muscoli fibrillavano ogni volta che lui la toccava, le gambe lunghe ed il sedere alto e sodo gli facevano venire strane idee e poi il colore così candido della sua pelle lasciava trapelare le sue emozioni come un libro aperto. Quando era imbarazzata si tingeva di rosso e rimaneva a bocca aperta, tra lo stupore e l’incertezza, proprio come in quell’istante.

“Nervosa?” le chiese, perché in fondo anche lui lo era.

Brienne scosse il capo. “No.” Bisbigliò piano. Si avvicinò fremente e gli afferrò il bordo della tunica e della camicia. Li tenne insieme tra le dita e glieli tolse entrambi via, lasciandolo all’improvviso a petto scoperto. Lo cercò con la punta delle dita, lo sfiorò delicatamente, così piano da fare il solletico.

Istintivamente anche Jaime la cercò ed infilò la mano sotto la camicia, gustandosi il contatto della sua pelle liscia e del ventre piatto, scoprendole la vita grande appena quanto un palmo di mano e la lunghezza del dita. Aveva i muscoli tesi, l’addome contratto ed il respiro trattenuto. Con lentezza esasperante le scoprì l’ombelico, il costato, il seno piccolo. Quando le sollevò via l’indumento notò sotto ogni braccio delle escoriazioni lineari. Le riconosceva, erano quelle lasciate dal bordo dell’armatura che sfregava continuamente contro la pelle. Brienne portava i segni di una guerriera addosso.

La portò con sé verso il centro della minuscola stanza, finché non riuscì a sedersi sul letto con Brienne che gli troneggiava in piedi davanti. Le accarezzò le gambe sopra ai pantaloni, sopra e sotto, fino a raggiungere i lacci che le reggevano gli indumenti addosso. S’appese con un dito e se li trascinò giù, lasciandole un bacio sul ventre tonico.
Brienne lo aiutò scavalcando i vestiti. Gli mise poi le mani sulle spalle attirandone l’attenzione. Jaime la guardò dal basso verso l’alto: aveva i capelli spettinati, il verde degli occhi scomparso attorno alle pupille nere, le labbra schiuse bagnate della sua saliva in un’espressione arresa ed inebetita e respirava velocemente. Lei gli accarezzò il capo arruffandogli ancor di più i capelli biondi, un po’ impepati dagli anni. Era così bello che quasi la spaventava. Gli sorrise aspettando che anche lui sorridesse e poi lo raggiunse abbassandosi sulle ginocchia.
Jaime stava aspettando, Brienne lo sapeva. Fremeva e quasi tremava dall’attesa, come se i ruoli si fossero invertiti.

La donna si avvicinò piano al bordo dei suoi pantaloni e poi con fare frenetico e nervoso sciolse via il laccio che li teneva. Jaime la lasciò fare sorridendo per quei gesti goffi che non aveva in nessun’altra attività. Avesse avuto due mani, gliele avrebbe prese entrambe e l’avrebbe guidata con cautela, lentamente, come lei si meritava d’esser guidata ed amata. Si dovette accontentare di incrociare solo cinque dita e distendersi, sperando che lei lo seguisse.
Brienne gli si chinò addosso. Il seno piccolo le pendeva dal torace e gli sfiorava la pelle sull’addome. Jaime si piegò per riuscire ad avere una miglior visuale, ma il fianco era ancora indolenzito, quasi la pugnalata che aveva preso mesi prima gli avesse lasciato un livido.
Brienne se ne accorse e lo guardò. “Hai cicatrici nuove.” Concluse lei, ma lui non rispose. Aveva visto il suo petto nudo diverse volte: quando erano in viaggio da soli, prima di venir catturati, quando Jaime la stuzzicava spogliandosi, cercando di sminuirla e farla sentire una donna debole e nient’altro davanti alla virilità del suo corpo; quella volta in cui le era svenuto addosso in una vasca da bagno; a Grande Inverno quando era stata lei a spogliare entrambi. Ognuna di quelle volte, aveva memorizzato tutte le cicatrici, ogni linea del suo corpo, prima di nascosto, poi sempre più sfacciatamente, quasi vergognandosene.

C’era una ferita lunga, irregolare, ancora rossa, persino in rilievo. Dov’era lei mentre qualcosa si infilava nella carne di Jaime e gli spillava tanto sangue? Brienne si incupì mentre ne saggiava la consistenza con la punta delle dita. Dovette alzare gli occhi per cercare il suo viso per ricordarsi che lui era ancora vivo, che respirava ed era lì con lei. Una smorfia gli aveva deformato il bel viso. “Fa male?” chiese lei.

“Punge.” Rispose Jaime. “E prude.” Aggiunse, resistendo alla tentazione di grattarla e rovinare il momento. Si concentrò sulle carezze di lei per dimenticarsene. Buttò la testa indietro e tornò a distendersi sul materasso, ancora coi piedi a terra e le gambe aperte ad offrirle tutto.
Brienne si sentì prendere da un’insicurezza nuova, una titubanza che quasi sfociava nella paura o nell’ansia. Che ti prende, si diceva, l’hai già fatto con lui. Ma allora non sapeva cosa fosse, che aspettarsi il mattino dopo, quanto la guerra sarebbe durata, quanto tempo Jaime sarebbe rimasto. Ora quanto tempo sarebbe rimasto Jaime? Che voleva da lei, che sarebbe successo poi?

“Tutto bene?” le chiese Jaime alzando il capo.

“H-hm.” Mormorò Brienne istantaneamente per celare ogni perplessità.

“Vieni qui.” La invitò lui. Si mise di profilo sul piccolo lettino per farle spazio e la aspettò allargando le braccia per poterla tenere vicino.

Il contatto della pelle nuda contro la pelle nuda diede ad entrambi i brividi, trasportandoli come in un altro mondo lontano. Lì il seno di Brienne era sodo ed i capezzoli turgidi schiacciati contro il suo petto, quasi lo invitassero. Jaime chiuse gli occhi e soffiò via dalla gola un’onda di calore che dalla pancia l’aveva travolto in basso ed in alto, fino ad avvolgerlo tutto ed ormai era pronto abbastanza per tuffarsi dentro di lei.

“Sei nervoso.” Constatò Brienne, ripetendogli le parole che lui stesso le aveva detto poco prima, studiando l’espressione a volte assente, altre volte concentrata ed i gesti veloci e ripetitivi.

Jaime scosse il capo. No, era irrequieto, impaziente, frenetico e smanioso. La strinse di più ed altra pelle toccò altra pelle, la sua virilità toccò la femminilità di lei, separati dal tessuto sottile dei suoi pantaloni, rendendolo ancor più ansioso. Aprì gli occhi e la guardò, sperando di leggere lo stesso desiderio dentro di lei. “Hai degli occhi bellissimi.” Riuscì a dirle. Un complimento che gli venne fuori dal nulla, che per la verità avrebbe sempre voluto farle, ma non l’aveva mai detto a voce alta.

Brienne schiuse le labbra colpita, emozionata, perché mai a nessuno era mai piaciuto niente di lei: era stata ammirata per come combatteva, per la devozione ed il coraggio di cui faceva bella mostra. Ogni volta che leggeva sgomento negli occhi di chi la guardava, provava orgoglio per la donna che era riuscita a diventare. Quelle poche parole invece, quello stupido complimento mormorato da Jaime, la trasformarono in una timida dama con le guance porpora. Stava per dire qualcosa, ringraziare forse, ma lui fu più veloce e le prese la bocca con la sua. Le schiacciava prepotentemente le labbra sul volto e con la lingua si fece spazio fino a toccare la sua, allora si calmò e le sue carezze diventarono più lente e languide. Ogni contatto ed ogni carezza divennero sempre più elettrizzanti un bacio dopo l’altro. Il timore lasciò spazio ad una insolita allegria che ricordava quella del vino.

Istintivamente Brienne lo avvolse con le gambe e lui le si schiacciò addosso. Provò anche lei quella frenesia da cui lui s’era fatto prendere poco prima e lo cercò con le mani, trovando finalmente il coraggio che le era mancato poco prima. Lo sfiorava, lo toccava, lo prendeva, ne studiava ogni reazione ed il suo modo naturale di arrendersi a lei. Le piaceva guardargli il petto e le spalle imperlate di sudore, mosse dall’affanno e dall’impazienza, gli occhi chiusi e l’espressione in estasi e contrita.

“Ferma, ferma.” La bloccò Jaime dopo un po’. Provò ad allontanarsi, ma il letto era piccolissimo e si ritrovò subito sul bordo che minacciava di farlo cadere. Si risistemò e la pregò di nuovo di aspettare. La baciò e con la bocca sulla sua, respirava dal naso con affanno. Chiuse gli occhi sperando che il buio lo distraesse, si prese una pausa, ma niente. Le sorrise ad occhi chiusi, scoprendo i denti. Sulla guancia gli comparve una fossetta nascosta dalla barba. Brienne la toccò come se non ci credesse che fosse lì. Jaime aprì gli occhi e si trovò con quelli nei suoi. Il sorriso scomparve in fretta e la baciò subito di nuovo. Fece per sistemarsi sopra di lei, mentre Brienne apriva le gambe ed occupava tutto il materasso. Poi sentì Jaime dentro di lei e tutto intorno a lei: il rumore del suo respiro affannoso; il fiato caldo sulla guancia, il collo e la clavicola; le braccia che la circondavano ai lati della testa; il rumore della pelle sudata che sbatteva contro la pelle; la mano che le prendeva la sua, gliela alzava sulla testa e poi si perdeva tra i capelli; la bocca che la baciava al centro del petto e sulle labbra; gli occhi ridotti ad una fessura color smeraldo tra le palpebre che cercavano i suoi; l’odore misto di saliva, sudore e sesso che impregnava le coperte.

Sin dalla prima volta che era stata con lui, Brienne aveva conosciuto un uomo completamente diverso da come veniva dipinto. Era stato gentile, premuroso ed attento, lontano dal gemello perverso e spregiudicato di cui si portava la fama. Si preoccupava, la cercava, la studiava tra un gemito e l’altro, cercando di cogliere la sua reazione ogni qual volta che cambiava il ritmo e la forza di ogni movimento. La guardava attraverso le palpebre socchiuse, troppo pesanti da tenere aperte. Le sue pupille si concentravano sulle iridi di lei, sulle gocce di sudore lungo il suo collo, su quella macchia rossa che le aveva appena lasciato sulla spalla. E quando le sembrò sul punto di perdersi, ne saggiò il sapore poggiando un suo dito sulle labbra di lei, beandosi di quel contatto.

Anche Brienne cercava di non perdersi niente di Jaime: l’espressione quasi disperata; gli occhi persi in un’estasi simile al dolore; la sua mano che le stringeva prepotentemente la carne e le dita; le sue labbra sulla pelle che la baciavano, mordevano, sfioravano. Era ancora bello, bello come il sole al buio. Ed era così indifeso tra le sue braccia. Voleva stringerlo, proteggerlo, allungare le dita, entrargli nelle ossa, raccoglierlo e tenerlo unito, vivo. Lo strinse forse per sentire ogni centimetro di pelle addosso, fino a quando Jaime soffocò un rantolo, un verso tra la spalla ed il collo di lei ed in pochi secondi le scese di dosso.

Brienne si scostò, posizionandosi di profilo per fargli spazio. Il letto pareva sempre più piccolo, costringendo Jaime ad attorcigliare le sue gambe con quelle di lei. Brienne lo accoglieva nel suo spazio, come se fossero ormai l’uno abituato alla presenza ed al corpo dell’altro. Timidamente il cavaliere la sentì allungare le mani e poggiarsi sul suo petto.

“Avrei dovuto procurarmi un letto più grande.” O una stanza più grande, pensò Jaime, allungando un braccio per consentirle facile accesso vicino al suo cuore. La abbracciò ed immerse il viso nei capelli disordinati di lei, crespi e scomposti ma che sapevano di erba, acciaio e mare, l’odore che aveva avuto la propria infanzia.

“Va bene così.” Rispose piano Brienne, lasciandosi stringere ed abbracciare.

“Se vuoi che stia vicino a te, basta chiedere.” La canzonò Jaime con un sorrisetto arrogante e soddisfatto sul viso, per un attimo tornato ad essere il cavaliere sicuro di sé e mascherando al contempo l’insicurezza di cui si era sempre sentito affetto vicino a lei.

Le guance di Brienne presero fuoco. Non poteva vedersi, ma sapeva di essere arrossita. Nascose il viso imbarazzata, con l’atteggiamento innocente che all’uomo ricordava una timida e giovane vergine, facendolo sorridere intenerito. La sua reazione dovette irritare ancora di più Brienne, che riscossasi dall’imbarazzo, gli diede una spinta, facendolo quasi cadere giù se solo non le si fosse appeso addosso, girandole un braccio attorno alle spalle.

Finirono col ridere e punzecchiarsi a vicenda, fino a crollare sfiniti tra le coperte calde ed umide. Brienne si addormentò per prima. Jaime aveva la testa sul cuscino ed i capelli di lei tra il naso e la bocca. Li appiattì con la mano, cogliendo l’occasione anche di carezzarle la testa. La donna si era stretta nelle sue spalle e con la fronte si era quasi poggiata ad altezza del cuore. Era nascosta tra le lenzuola e Jaime la scoprì, preoccupandosi che respirasse là sotto. Le sue gambe ed i suoi piedi sporgevano fuori dal letto al freddo, convincendo sempre di più l’uomo a cercarsi una stanza più grande, appartata, ma sempre affacciata sul mare.

Jaime si guardò attorno studiando l’ambiente minuto. Era ancora buio nella notte fonda, la pietra delle mura fredda, la luce sempre scarsa. Quando si girò, vide l’armatura di Brienne, scompostamente depositata a terra, un rompicapo da dover ricostruire più tardi. Era lucida, perfetta, ben tenuta, rifletteva luce dorata. Su una sedia invece era abbandonato il mantello bianco. Jaime ricordava la consistenza di quel mantello sotto le dita, quel tessuto talmente spesso e lucido che non si lasciava mai piegare e creava quel gioco d’ombre e di movimenti ogni qual volta che lo indossava e si girava o svolazzava via. Era come per Cercei giocare con la sua gonna, sollevarla e farla volteggiare quando programmava un’uscita d’effetto.

Quei colori, il bianco e l’oro, ormai per Jaime non significavano più niente. Erano stati per anni sporcati ed infangati dalla perversione di ogni cavaliere di cui riuscisse a ricordare il nome. Guardò allora Brienne dormire.
C’era qualcosa che lo turbava. Sapeva di essere con lei, sapeva di poterla stringere, baciarla e fare l’amore con lei, eppure sembrava tutto così effimero e sottile. Con la punta del naso cercò di scavare nei suoi capelli, fino ad arrivare al volto e riuscire a catturarne le labbra, costringendola così a svegliarsi.

Brienne, sorpresa, non riuscì neanche ad aprire gli occhi. Non sapeva che ora fosse e per un momento brevissimo si dimenticò persino dove si trovava. Jaime la stava inondando di baci frenetici che diventavano uno ad uno sempre più spasmodici e tormentati. Erano diversi da quelli di qualche ora prima in cui c’era solo una dolcezza immensa a cui non sapeva dare un nome. C’era quasi dolore e timore questa volta.

“Che cos’è?” chiese Jaime tra un bacio e l’altro, imprimendole con prepotenza la forma delle sue labbra.

“Cosa?” domandò Brienne con un filo di voce impastata di sonno.

“Questo.”

La donna allora sembrò titubare. Si staccò da lui, prese fiato, ma non le uscì niente dalle labbra, quasi avesse difficoltà o paura di dare un nome a quello che rappresentava qualunque cosa ci fosse tra loro due.

“Vuoi saperlo da me?” le chiese lui venendole in soccorso, riprendendo quell’assurdo metodo di conversazione continuamente interrotto. Brienne fece cenno di sì col capo, mentre ora anche lei si era fatta trasportare da quella folle danza. “Un impegno.” Rispose Jaime.

Non era la risposta che lei s’aspettava, né quella che sperava. Per certi versi la spaventava. Un impegno, una promessa, un nodo.

Il fantasma di quell’armatura dorata, pudica, pulita e casta lo perseguitava alle spalle. Lo sentiva, lo avvertiva nelle ossa, era sbagliata, non poteva portarla, nessuno dei due avrebbe potuto. Tutti quei giuramenti, quelle promesse gli erano andati stretti tutta la vita. Quando aveva Cercei vicino erano sopportabili, perché anche lei aveva fatto le stesse promesse sposando Robert e fra loro c’era sempre stata l’euforia del segreto, che solo quando aveva smesso di amarla lo aveva assalito al collo impedendogli di respirare. Ed ora aveva paura di smettere di respirare di nuovo, di essere messo ancora in un angolo dalle ambizioni della donna che era nel suo cuore.

“Un impegno.” Ripeté Jaime.

** 

Il mattino seguente quando Jaime si svegliò, sentì il letto estraneamente grande e vuoto. Appena riaprì gli occhi vide Brienne già in piedi al centro della stanza, circondata da mille granelli di polvere che le danzavano attorno alle tenue luce del mattino. Indossava la camicia lunga e nient’altro. Da quella prospettiva vedeva le gambe snelle e sode che spuntavano fuori dall’indumento. Era così diversa senza vestiti, senza quell’armatura addosso che ingannava tutti. Era eccitante alla tenue luce del mattino. Era bella a modo suo, forte e così donna nel suo timido modo di nasconderlo.

Si alzò ritrovandosi, nudo in pochi passi in punta di piedi, dietro di lei. Brienne ebbe appena il tempo di sentire il letto cigolare che Jaime la strinse alle spalle. Il  suo mento le arrivava appena sulla spalla, le braccia la intrappolavano e la sua mano scivolava sull’ombelico e sui fianchi.
“Lady comandante.” Le fece lui con voce languida.

“Suona bene.” Rispose Brienne con un fil di voce, ma orgogliosa.

Avrebbe voluto toccarla tra le cosce, prenderla lì, così, ma la sua armatura era davanti a loro due e li guardava, lo minacciava, incombeva su di lui che si dovette allora accontentare di poter stringere quella donna impossibile tra le braccia ed annusarne dal collo l’odore acre che insieme avevano lasciato tra le lenzuola.
“A me non piace.” Confessò alla fine Jaime.

“Cosa? Perché?” chiese Brienne con una sorpresa che non s’aspettava neanche lei di sentire nella sua voce.

“Non potrai mai sposarti. Tarth ed il suo bel mare rimarranno senza un degno erede.” Spiegò Jaime sotto voce, portandole una ciocca di capelli dietro all’orecchio. Lo disse sognante, immaginando di poter essere una persona come tante, un Lord come tanti, con una donna come tante, una Lady come tante, lontano da quel folle avido mondo di regine e cavalieri.

“Nessuno vuole sposarmi.” Rispose Brienne derisoria, prima di capire, ripetendo a memoria una frase che aveva continuamente pronunciato durante la sua adolescenza. Quando Jaime la accarezzò di nuovo, Brienne realizzò e si paralizzò. Non ebbe il coraggio di voltarsi e cercare nei suoi occhi una risposta o un nuovo significato a quello che lui le aveva appena detto, per paura che lo intendesse per davvero e per paura che così non fosse.

“N0n è vero.” Disse solo lui.

“E Castel Granito allora?” chiese Brienne come per ribadire un concetto, come per metterlo di fronte al fatto che si trovavano nella stessa posizione. Tremava e non riusciva a metter correttamente in fila i pensieri, che le vorticavano furiosamente negli occhi. “Sei ancora un cavaliere.” Aggiunse, cercando di spiegarsi. Per la prima volta temette di scoprire quanto la sua rotta fosse diversa da quella di Jaime, quanto le loro strade divergessero ancora una volta e definitivamente.

Ad un tratto l’idea del cavalierato e della cappa bianca a Jaime sembrò estranea. E cosa ne sarebbe stato di Castel Granito? Un angolo della sua testa sembrava parlare per nome di suo padre. Eppure non era proprio del castello che gli importava. Si bloccò, fissando la pelle sporca e scamosciata degli stivali abbandonati ai piedi del letto. Era il nome dei Lannister a cui teneva? La consapevolezza di essere libero da Cercei, di non dover giustificare pubblicamente quella relazione con il celibato? La possibilità di prendere moglie, riconoscere dei figli? Guardò Brienne, poi la sua armatura e seppe allora di non poter continuare a percorrer quel cammino. “Ho bisogno di allenarmi prima di tornare in servizio.” Mentì, ma almeno suonava credibile. Mentì così bene che riuscì a convincere anche sé stesso.

Il capo di Brienne si mosse frenetico, accettando quella bugia. Cercò di ignorare la paura di perderlo che stava provando proprio lì tra le sue braccia. Si voltò e gli si trovò di fronte. Gli arrotolò le braccia al collo e si strinse addosso a lui, che sorpreso la accolse carezzandole il capo.


 




Angolo dell'autrice
Saaaaaalve. 
Torno ora dopo tanto tempo causa trasloco. Vogliate perdonarmi. Però almeno torno con un capitolo bomba, più o meno, no? ;P Vogliatemi bene lo stesso!
Ho provato a scrivere il capitolo NC17, come avevo promesso, senza alzare il raiting. Non sono mai stata troppo esplicita, credo, e la cosa mi ha tolto molto tempo, devo ammetterlo. Beh fatemi sapere cosa ne pensate!
Comunque, come avrete ormai capito io adoro l'angst. Ricominciano i problemi, soprattutto perché siamo arrivati al classico lieto fine, ma dove si va da lì? Che succederà? Che ne faremo delle nostre vite? E' un tema che mi sarebbe sempre piaciuto trattare dal punto di vista di Jaime in particolare. 
E niente, vediamo che succede? 
Ringrazio chi mi ha seguito fin qui e chi ha letto oggi. Mi scuso di nuovo per il ritardo ed al prossimo capitolo ;)
  
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