Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: hikaru83    12/10/2019    6 recensioni
La storia di Sherlock e John, il modo in cui si sono incontrati, tutto ciò che hanno vissuto, la conosciamo bene. Molti di noi avranno rivisto la serie abbastanza volte da citare le frasi senza che le altre persone riescano a capire, ma neanche ci importa, noi sappiamo (e se il nostro interlocutore abbassa la media di intelligenza dell'intero quartiere non è nemmeno colpa sua). E molti di noi hanno avuto problemi con il modo con cui l'hanno conclusa (per ora). E allora che fare? Allora ho deciso che la storia provo a scriverla come vorrei fosse andata, magari grazie a qualcuno che ha sempre osservato ma non abbiamo mai visto. Qualcuno che come noi era sempre con loro, ma al contrario nostro ha potuto cambiare le carte in tavola.
Rivivremo la storia, e basterà cambiare una cosa, per cambiare un sacco di cose.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Voi dite che mi sono persa un altro venerdì? Ehm...sembrerebbe. Sta volta ho la scusa però che è il compleanno di Izumi quindi le dedico il capitolo, così sembro meno in ritardo XD

Mi chiedete spesso quando le cose si distaccheranno completamente dalla serie...se devo scegliere un momento direi che è questo capitolo. Come ho già detto molte volte io non ho cambiato molto, in realtà ho cambiato una cosa sola (qui) che modifica però l'intera storia. Nel senso che sì, ho inserito un personaggio misterioso (ancora per poco, giuro ancora per poco) e ho fatto diventare Mary Moran, quindi ovviamente sapendo questo tutto si legge in maniera differente, ma la trama fino ad adesso è rimasta pressochè immutata.
Il cambiamento che ho messo ora è del tutto differente, è una modifica nella trama che se in questo capitolo non cambierà nulla vista dal di fuori, mi ha permesso di modificare tutto il resto. Quindi sì, le cose stanno decisamente per cambiare. Per ora però leggetevi questo capitolo XD
Buona lettura.





Dalla tua parte




2014
Natale


 
Convincere Mycroft ad andare con tutti gli altri a passare il Natale dalla sua famiglia non è stata certo la cosa più facile che le sia mai capitato di fare. Quell’uomo sa essere testardo come pochi.

Crede che, a persuaderlo, sia stato solo il fatto che Mary sarebbe stata con loro.

Era  evidente per lei che John, fino a quel momento, non aveva perdonato sua moglie. Non l’aveva allontanata; continuava a vivere con lei, ma i suoi atteggiamenti erano glaciali.
Stava con lei perché doveva farlo.

Non aveva altri motivi per farlo.

Se all’inizio aveva capito che la vita matrimoniale non era fatta per lui – non una con quella donna, almeno – l’idea di rispettare la parola data, il fatto che lei fosse incinta; lo facevano sentire in colpa per non essere felice. Lo facevano sentire un pessimo marito.

Ma ora, dopo gli ultimi avvenimenti, stava con lei per obbligo, senza più provare nulla. Nessun senso di colpa, perché per lui oramai quella donna non valeva nulla.

Ma c’era sempre un bambino di mezzo, e quel bambino non aveva alcuna colpa. Aveva bisogno di tempo per tornare a fingere di essere felice con Mary.

Dopo i mesi scorsi, lei era certa che il dottore avrebbe usato Natale come scusa per riavvicinarsi. Se John doveva fare qualcosa, la faceva per bene.

Quella donna però non riusciva a capirlo. Non aveva idea che John molto probabilmente sarebbe stato in grado di perdonare qualsiasi cosa fatta direttamente a lui, ma non l’avrebbe mai perdonata per aver tentato di uccidere Sherlock. Perché lui lo sapeva, sapeva che la spiegazione di Sherlock non aveva senso, ma fingeva di essersela bevuta. Forse un po’ deluso per il fatto che Sherlock avesse davvero creduto che quella scusa avesse una minima possibilità di essere presa sul serio da lui, ma era stato al gioco.

Sparare al petto di una persona per ferirlo e non ucciderlo era impossibile, a meno che non fosse possibile guardare dentro a una persona, vedere perfettamente gli organi e i vasi sanguigni; e anche in questo caso non si può sapere di come il proiettile possa deviare il suo percorso. Fondamentalmente se ti sparano – al petto, poi – è perché vogliono vederti morto. E John lo sa.

Chissà se lo dirà mai a Holmes...

C’è un altro motivo però perché lei vuole che Mycroft sia lì con loro. Sherlock è stato troppo tranquillo in quei mesi. Davvero, troppo troppo tranquillo. Questo voleva dire solo una cosa: che aveva qualche bruttissima idea in testa.

Lei spera che Mycroft riesca a rendersene conto prima che Sherlock combini qualcosa di irreparabile.

Avevano saputo dell’incontro con Magnussen, e di come ancora Sherlock non avesse trovato il modo di sconfiggerlo. Ma lei era certa che da allora non era stato con le mani in mano. Anche perché, se fosse stato così, per quale motivo aveva invitato Wiggins? Quel tizio era piuttosto bravo con la chimica, e la cosa non la faceva sentire per nulla tranquilla.

Non sapeva cosa aspettarsi da Holmes. Era imprevedibile come una folata di vento.

Sapeva che poteva essere letale.

Il suono di un messaggio in arrivo la strappa dai suoi pensieri. Solo tre parole risaltano sullo schermo. Lei non riesce a trattenere una risata.

“Per favore, uccidimi!”.

Non potè evitare di rispondere dopo aver preso fiato:

“Deduco che ti stai divertendo! XD Solo che, Myc, non è il messaggio più adatto da mandare a un killer. Potrebbe prenderlo sul serio!”. 

Il giorno in cui si erano incontrati, non poteva immaginare quanto avrebbe riso con quell’uomo.

“Certo. Mi sto divertendo tantissimo; quanto può divertirsi un lupo al guinzaglio. E sì, se lo prendessi sul serio non potrebbe essere tanto peggio di così!”.

Mycroft è così dannatamente esagerato, a volte. Lei lo adora quand’è così, si diverte tantissimo.

“Coraggio, capo, sono solo le due del pomeriggio!”, gli rivela, sapendo già cosa questo le farà ricevere come risposta.

“Oddio... Solamente?”.

Come volevasi dimostrare.

“La vena degli Holmes è evidentemente quella di una drama queen! XD”.

Come si fa a non prenderlo in giro, proprio non lo sa.

“Aspetta che torni a casa e vedi come ti faccio ridere”, minaccia lui, come se potesse spaventarla sul serio.

“Dai, Myc, ci sono io a casa a controllare tutto per te, lo sai. Stai tranquillo e goditi la giornata!”.

“Sei rimasta da me?”

Precisamente dove credeva se ne andasse? “Oscar non è voluto partire, ed è un ottimo cuoco”, risponde, come se questo giustificasse tutto. La verità è che in quella casa c’è la migliore attrezzatura informatica di sempre a disposizione.

“Quanto vorrei essere lì”.

Si ritrova a ridacchiare, ricordando quando Mycroft dà del teatrale al fratello, quando lui è esattamente uguale. “Drama queen!”, non può evitare di scrivergli. Quanti spettacoli nel West End[1] hanno perso attori come gli Holmes tra le loro file.

Ride guardando lo schermo e rileggendo la loro conversazione. A volte Mycroft si comporta come un bambino. Eppure dovrebbe essere abituato a fare cose che non vuole fare. Con tutte le riunioni e le cene di lavoro che si sorbisce ogni settimana, ormai dovrebbe averci fatto il callo.

Lei intanto continua a spulciare sul computer, gemello di quello che Myc ha portato con lui, da cui può praticamente fare le sue veci; e questo le fa capire quanto il gelido iceman si fidi di lei.


Guarda e riguarda i numeri, le cifre, gli ordini. Se potesse, controllerebbe ogni bit. Sente che c’è qualcosa che non va, qualcosa che i suoi occhi hanno notato ma che il suo cervello, troppo zeppo di informazioni, non riesce a leggere chiaramente.

Fino a quando lo nota. Un elicottero ha avuto l’ordine di partire, ma non è stato Myc a dare l’ordine, ed è diretto al cottege degli Holmes.

Fa il numero di Mycroft in meno di un secondo.

«Rispondi, rispondi... Cazzo, Myc, rispondi!» inveisce. Niente, il telefono squilla a vuoto.

Mette giù e chiama Wiggins. Non gli dà nemmeno il tempo di dire una parola che domanda: «Myc non risponde. Che sta succedendo?»

«Sta dormendo. Anche gli altri,» risponde l’uomo, con quel tono di voce tra l’annoiato e il mezzo fatto che ha sempre.

«Dormendo?» chiede spazientita.

«Sherlock doveva fare una cosa,» rivela lui, come se fosse la cosa più normale del mondo aver dato chissà cosa a tutti per permettere a Sherlock di fare qualsiasi cosa la sua mente iperattiva ha elaborato.

«Hai avvelenato Myc?» Sente che la vena del suo collo sta per esplodere. Cosa diamine sta succedendo?

«Solo fatto dormire, stanno tutti bene. Si sveglieranno tra poco. Oh, ecco, vedi? Si stanno già...» La voce dell’uomo si spegne mentre si sente il rumore del telefono strappato dalle mani di Wiggins.

«Ragazzina...» La voce di Mycroft è debole e incerta, ma almeno sembra che stia bene.

«Myc, Sherlock...» prova a spiegargli.

«Lo so, ha preso il computer. Devo mandare i servizi segreti. Mi dispiace.» La voce è spezzata e distrutta, e lei sa che non c’entra il sonnifero che ha ingurgitato a sua insaputa.

«Myc, non vorrai...»

«Se Sherlock non peggiorerà la situazione, no. Altrimenti non so come posso salvarlo, questa volta.»
 

Ovviamente Sherlock ha peggiorato la situazione uccidendo a sangue freddo Magnussen.

Cosa non sarebbe disposto a fare per assicurarsi che John sia al sicuro? Davvero pensa che ora che Mary non ha più motivi per fare la killer, smetterà definitivamente con quella vita e diventerà una mogliettina fedele e devota?

Come possa lasciare John solo con Mary è una cosa che lei non riesce a capire. Forse perché lei conosce il vero volto di quella donna e lui no.

Comunque, dopo quell’azione, Mycroft non ha potuto far altro che farlo partire per la missione suicida rispettando gli ordini venuti dall’alto; ordini a cui nemmeno lui può disubbidire.

Ma lei non può permettere che le cose vadano così.

Già una volta ha permesso che Sherlock e John venissero separati, e i risultati sono davanti agli occhi di tutti. Non è una cosa che accadrà ancora; non se lei può impedirlo.

E grazie a Jim, lei può.

Ed è per questo motivo che, a distanza di giorni dall'ultima pazzia di Sherlock, sta lavorando agli ultimi dettagli per impedire che il destino divida ancora una volta Holmes e Watson.

Loro sono in aeroporto. È il suo momento.

Ha lavorato su quel programma in segreto per tutto il tempo libero che è riuscita a ritagliarsi. Nessuno deve saperlo, altrimenti andrà tutto a farsi benedire.

Al sicuro nel suo appartamento, lontano da qualsiasi fonte possa legare quella linea internet a lei o a Mycroft, scrive le ultime righe di codice e poi prende la chiavetta nera. Quella microusb, l’ultimo regalo di Moriarty.

«Non so dove sei, Jim, ma grazie! Farò un bel lavoro, te lo prometto. Rimarranno di stucco, sarai orgoglioso di me,» dice, ringraziando quel criminale, col cui contributo può davvero cambiare le sorti del gioco.

Non può essere questa la fine.

Se per gli altri lo è, ora, volenti o nolenti, inizieranno a giocare con le sue regole.

Inserisce il video nella rete, che in pochi secondi diventa virale.

«Jim, avevi dannatamente ragione. Creare scompiglio è davvero divertente!» dice, osservando lo schermo da cui oramai il viso di Jim Moriarty sorride e la sua voce chiara e
cristallina risuona per tutta Londra, e nell’intero Paese:

«Vi sono mancato?»


«E adesso come la mettiamo?» sogghigna, immaginando le espressioni di puro panico che il suo scherzetto avrà creato.

Non ci vuole molto prima che il suo telefono squilli.

«Ragazzina, hai visto?» Mycroft è nervoso. Non sapere dev’essere una cosa a cui non è abituato.

«Sì.» Cerca di non sorridere mentre risponde, altrimenti capirà subito che lei c’entra qualcosa.

«Mi hanno ordinato di far tornare Sherlock.»

«Ottimo.» È inutile, non può non sorridere. E poi, non crede che Mycroft possa arrabbiarsi se scoprisse quello che ha fatto.

«Non mi sembri particolarmente sconvolta della cosa,» dice infatti. Dal tono di voce lei riesce a immaginare lo sguardo affilato e attento.

«Lo sai, preferisco soffermarmi sulle buone notizie, e il fatto che Sherlock non sia più in una missione suicida è una notizia più che buona. Per quanto riguarda il video, ci toccherà investigare, inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta, no?»

«Perché ho la sensazione che sai più di quello che mi stai dicendo?»

«Sono certa che tu non voglia veramente che risponda a questa domanda. Myc, tu hai eseguito gli ordini: hai mandato tuo fratello in una missione suicida dimostrando la tua fedeltà alla Nazione, eccetera eccetera. Sono stati loro a ordinarti di far tornare Sherlock. È stata una loro decisione in base a un video virale che per quanto ne sanno e ne sappiamo potrebbe essere vero. Certo, potrebbe anche essere uno scherzo di qualcuno con un senso dell’umorismo molto sviluppato, chissà... Quello che è certo è che tu hai fatto ciò che dovevi fare e nessuno può dire il contrario.»

«Scommetto che bruci dalla voglia di sapere come ha reagito la nostra amica comune,» le risponde l’uomo dopo un attimo di silenzio.

«In effetti mi incuriosisce la cosa,» ammette.

«Diciamo solo che è stata più sorpresa di me.»

«Non mi è mai sembrata un tipino a cui piacciono le sorprese.»

«Neanche a me. L’aereo è atterrato. Devo andare a parlare con Sherlock.»

«Quanto vorrei essere lì...»

«Rimani ferma e buona nella mia tasca, contenta?»

«Tu si che sai come trattare una donna.»

«Perché non trovo mai le parole adatte per risponderti a tono?»

«Perché sono io quella intelligente. Vai, ora, dai! Sono curiosa.» Il fruscio della stoffa sul microfono del cellulare, il suono un po’ ovattato ma nel complesso buono, le fa capire che Myc sta mantenendo la parola e lei sentirà tutto in diretta. Poggia il cellulare sulla scrivania sistemandosi l’auricolare. Nel frattempo controlla se dalle telecamere di sicurezza dell’aeroporto può riuscire a vedere qualcosa.

D’accordo, d’accordo. Non è per questo che Myc ha il controllo di tutto, ma...

No, un momento, è proprio per questo che ce l’ha. Per controllare Sherlock. Perciò lei sta facendo solo le veci del suo capo.

La visuale non è delle migliori. Non può usare lo zoom senza far finire tutti in minecraft[2], ma comunque le permette di osservare, almeno l’esterno, oltre che sentire.

Li vede salire sull’aereo ma, una volta che iniziano a parlare, non sente quello che si aspettava. Anche se, a pensarci bene quando c’è Sherlock di mezzo, quando mai le cose vanno come ci si aspetta.

«Un esilio più corto di quello che pensavamo, ma adeguato visto il livello del tuo disturbo ossessivo compulsivo.» È la voce di Mycroft.

«Devo tornare indietro!»

Sherlock dove vorrebbe andare, di preciso?

«Cosa?»

«C’ero quasi, c’ero molto vicino.»

Non credeva che sarebbero bastati così pochi minuti per perdere Sherlock. Perché doveva essere impazzito, non aveva senso quello che diceva.

«Di cosa stai parlando?»

«Tornare indietro, dove? Non sei andato molto lontano.» interviene John, che per una volta, ne sa quanto Myc.

«Ricoletti e la sua abominevole moglie, non avete capito?»

«No, certo che no! Non ha alcun senso, Sherlock.» Quella invece è Moran. Lei non si stupisce che sia salita anche la donna. Era impossibile che se ne stesse buona a terra.

«Era un caso, un caso molto famoso di cento anni fa. Era nel mio disco rigido. Sembrava morta, ma è tornata in vita,» continua Sherlock, seguendo un filo logico tutto suo.

«Come Moriarty?» domanda John. È così strano come a volte riesca a seguire il filo logico di Sherlock, quando tutto il resto del mondo non riesce nemmeno a capire cosa stia blaterando.

«Si era sparata in testa, esattamente come Moriarty,» gli risponde, quasi sicuramente orgoglioso del fatto che John riesca a capirlo.

«Lo hai saputo solo ora. Lo abbiamo appena scoperto, è su ogni schermo tv del Paese.»

E non solo TV, le verrebbe da dire.

«Sì, allora? Mycroft ha chiamato cinque minuti fa. Che progressi avete fatto? Che avete fatto finora?»

«Il punto è: che hai fatto tu, finora?» John sembra divertito, completamente all’oscuro di ciò che è successo a Sherlock, di cosa sta parlando esattamente. Non che lei lo sappia.

«Sono stato nel palazzo mentale.»

«Certo,» Mycroft è molto meno divertito.

Ha la netta sensazione che lui sappia cosa è successo al fratello, e non crede che sia solo una questione di “Palazzo mentale”, qualsiasi cosa sia.

«Facevo un esperimento. Come avrei risolto il crimine se fosse avvenuto nel 1895.»

«Oh, Sherlock!» Dal tono di voce, direbbe che Mycroft più che poco divertito, sia abbastanza infuriato, in realtà.

«Avevo tutti i dettagli perfetti, ero lì con tutto me stesso, ero immerso.»

Quella conversazione è surreale. Doveva assolutamente farsi spiegare quella cosa da Myc, quando sarebbe tornato a casa. Non era la prima volta che sentiva parlare di “palazzo mentale”, ma non aveva mai potuto chiedere spiegazioni. Anche se probabilmente Jim glielo avrebbe spiegato. Lui sembrava sempre disposto a insegnarle qualcosa.

«Certo che lo eri.» La voce di Mycroft è stanca, nervosa.

«Hai letto il blog di John, la storia del vostro incontro,» aggiunge la voce di Mary, probabilmente controllando il cellulare di Sherlock per cercare di trovare qualche informazione. Peccato che il cellulare di Sherlock è pulito, se ne è occupata personalmente per Myc solo la notte scorsa.

«Ho bisogno di vedermi attraverso i suoi occhi, a volte. Sembro più intelligente.» 

Come fanno quei due a non capire quello che hanno e a sprecare così tanto tempo? Questa cosa lei non riesce davvero a concepirla. Chissà come ha reagito John ascoltando questa confessione.

«Pensi che qualcuno possa crederti?» Il maggiore degli Holmes non ha nessuna voglia di darsi al romanticismo, non in questo momento.

«No, può farlo. Io l’ho visto. Il palazzo mentale è un mondo completo nella sua mente.»

Si ritrova sempre ad amare la fiducia incondizionata che John riserva a Sherlock, e solo a lui, nonostante tutto.

«Sì, e ho bisogno di tornarci.»

«Un palazzo mentale è una tecnica mnemonica. So cosa può fare e so cosa è impossibile che faccia.»

È sempre più convinta di dover chiedere a Mycroft di cosa stanno parlando, perché lei questa cosa non riesce proprio a capirla.

«Magari c’è qualcos’altro che io conosco e che tu ignori.» puntualizza Sherlock.

«Oh, davvero? Hai fatto una lista?» sbotta il maggiore degli Holmes.

«Sei un po’ ingrassato. Quel gilet è più nuovo della giacca.»

Solo a lei Sherlock sembra nervoso?

«Smettila, adesso basta. Hai fatto una lista?» Non è da Mycroft lasciare che i sentimenti prendano il sopravvento, eppure sembra proprio che in quel momento stia lasciando che succeda.

«Di cosa?»

«Di tutto, Sherlock. Tutto quello che hai ingoiato.»

«No, in realtà entra in una specie di trance, gliel’ho visto fare.»

John, John, John... Ingenuo o forse solo fiducioso? Insomma, che Sherlock sembri strafatto è il minimo che si possa dire, lui come può credergli così spassionatamente?

«Abbiamo un accordo, io e mio fratello, fin da quel giorno. Dovunque io lo trovi, in qualsiasi vicolo o qualsiasi dormitorio, c’è sempre una lista.»

Mentre ascolta quella conversazione assurda, nota un tentativo esterno di entrare nell’archivio dell’MI5 in un file specifico, quello di Ricoletti, e anche se non conoscesse quel numero, sa che non è Holmes a cercare, altrimenti avrebbe utilizzato il suo codice di sicurezza. John poi è probabilmente già tanto se con il cellulare riesca a leggere le mail; e non è il numero di Sherlock, quindi può solo essere Mary.

Ovviamente Mary.

Ma questa volta lei è pronta. Aspetta un’occasione del genere da tempo.

«Molto bene,» sogghigna. «Vediamo un po’ se oltre a leggere i file secretati, riesco a darti anche il mio regalo,» dice mentre scrocchia le nocche, pronta a digitare.

Le sue dita cliccano veloci e sicure sulla tastiera. Ha lavorato a quel virus da così tanto tempo che conosce ogni riga di codice a memoria. Non si farà scappare un’occasione simile.
«Cara mia, ti stavo aspettando. Finalmente... Vieni pure, ti spalanco le porte. Così posso darti il mio regalo creato appositamente per te.»

Il suo programma in meno di tredici secondi entra nel cellulare di Mary, regalandole tutti i segreti della donna. Ormai Moran non può più nasconderle nulla, per lei. Sorride. «Ti ho preso, stronza!»

Intanto, sull’aereo il dialogo continua, e lei comunque non si perde una battuta.

«Non può aver preso tutto in cinque minuti.»  esclama John.

Lei immagina che la lista di cui parlava Sherlock sia molto lunga.

«L’avrà fatto prima di salire sull’aereo.» Mycroft è sicuro.

«Non sembrava drogato.»

«Nessuno dissimula meglio di un drogato.»

Se poi il drogato in questione è Sherlock Holmes...

«Non sono un drogato. Ne faccio uso, allevio la noia e occasionalmente miglioro i miei processi mentali.»

«Santo cielo, questo può ucciderti! Puoi morire!»

Questa è l’unica cosa che fa spaventare sul serio John.

«Di solito l’uso controllato non è fatale, e l’astinenza non dà l’immortalità.»

Sarcastico, stupido Sherlock!

«Che stai facendo?» È il suo capo a chiederlo, probabilmente a Mary vedendola digitare sul cellulare.

Myc tranquillo, crede solo di poter entrare nei nostri archivi come meglio crede, peccato che si sbaglia di grosso.

«Emilia Ricoletti, cerco informazioni.»

«Oh, perché non ci ho pensato? Ho accesso al più alto livello dell’archivio dell’MI5.»

«Già, è lì che sto cercando.»

Illusa.

«Cosa pensi della sicurezza dell’MI5?»

«Averla sarebbe una buona idea.»

Ohhh, ce l’hanno mia cara, la migliore che tu possa sognare!

Può immaginare l’espressione incredula di Myc. Sa che se n’è occupata lei. Sa che è impossibile accedere a quelle informazioni, quindi sa che l’ha fatta entrare. Sicuramente le chiederà informazioni più tardi.

«Emilia Ricoletti, non risolto, come dice lui.»

«Potete stare zitti tutti, per cinque minuti? Devo tornare là. C’ero quasi quando siete saliti e avete iniziato a sbraitare.»

Strafatto, ha decisamente ragione Mycroft, dev’essere strafatto.

«Sbraitare? Scusa, abbiamo interrotto la tua sessione?» John non riesce a credere a ciò che sta sentendo. Lei si chiede quanto sia arrabbiato e quanto spaventato.

«Sherlock, ascoltami...» La voce di Mycroft le stringe il cuore.

«No, non voglio incoraggiarti,»  risponde secco.

«Non sono arrabbiato con te.» Come fanno a non capire quanto iceman abbia in realtà un gran cuore?

«Oh, che sollievo, ero preoccupato. No, aspetta, non lo ero affatto.»

Si chiede quanto sarebbe sbagliato se potesse arrivare da loro e dare un bel ceffone a Sherlock. A volte si comportava come un bambino viziato e petulante.

«Sono stato qui per te, sono qui per te e sarò sempre qui per te. È tutta colpa mia.»

«Non ha niente a che fare con te.»

“Centri tu, ovvio che ha a che fare con lui”, vorrebbe potergli dire.

«Una settimana in una cella doveva bastare.»

«Per capire cosa?»

«Che nel tuo caso l’isolamento equivale a rinchiuderti insieme al tuo peggior nemico.»

«Oh, santo cielo» Il silenzio dura per qualche istante e poi: «Che cosa hai detto?»

«Non ho detto niente.» dice John.

Ma di che sta parlando Sherlock?

«No, tu hai detto... Cosa avete preso oggi, morfina o cocaina?»

Che diamine sta succedendo, che sta dicendo?

«Sherlock che stai dicendo? Sherlock?» Le voci sono concitate, lei ha paura; vorrebbe vedere, essere lì.

«È svenuto, Mycroft. Spostati e chiama un’ambulanza. È andato in overdose.» Ed ecco che il dottor Watson esce allo scoperto nel momento del bisogno.

Lei sa che il suo capo è paralizzato, quindi allerta Anthea che sa chi chiamare per fare in modo che la cosa non si sappia. È meglio che Sherlock non venga messo in mezzo ad altri scandali.

«Passatemi la valigetta del pronto soccorso,» comanda John. Non si fa prendere dal panico. Sa come deve muoversi in una vera emergenza e sembra che la sua calma riesca a far riprendere anche Mycroft.


Non poter vedere quello che succede la rende nervosa. Può solo sentire, ed è certa che il rumore di sottofondo sia il cuore di Mycroft che sta battendo spaventato.

Ci mettono quasi un quarto d’ora a farlo tornare indietro. «Vi sono mancato?»

Sobbalza dal suo appartamento. Persino il gatto la guarda incuriosito.

«Sherlock, stai bene?» gli domanda John?

Non riesce a credere nemmeno lei che possa essersi già ripreso.

«Sì, ma certo, perché non dovrei?»

«Sei andato in overdose. Dovresti essere in ospedale.»

«Non c’è tempo. Devo tornare a Baker Street subito, Moriarty è tornato.»

«È quasi una speranza, se ti salva da questo.» Mycroft ha decisamente avuto troppe emozioni in questi giorni.

Il rumore di carta strappata le fa immaginare sia la famosa lista.

«Non ne ho, adesso. Ho un lavoro che devo finire.»

«Sherlock, me lo prometti?» Mycroft si preoccupa davvero un sacco per il fratello, ma lui non lo vede, o finge di non vederlo.

Non sa quale delle due cose le dia più fastidio.

«Che ci fai ancora qui? Non dovresti cercare di proteggermi, piuttosto, da bravo fratello maggiore?»

Quando fa queste uscite contro Mycroft, lei lo prenderebbe a schiaffi con le sue mani.

Si sente rumore di passi. Probabilmente stanno scendendo dall’aereo.

Infatti, guardando il monitor, li vede sbucare dal portellone.

«Dottor Watson? Lo tenga d’occhio, la prego.»

Altri passi in sottofondo e anche John è uscito, lasciando Mycroft da solo.

Sente solo fruscii, come se si fosse piegato a raccogliere qualcosa, poi la sua voce stanca: «Sentito tutto?»

«Sì. Torna a casa. Devi spiegarmi quella cosa del palazzo mentale.»

«Dobbiamo capire cosa sta succedendo con Moriarty.»

«Io e te sappiamo che non sta succedendo nulla. Adesso fa il bravo e torna a casa.»

La chiamata si interrompe. Lei si prepara a uscire. Prende il portatile, scollega la batteria per sicurezza. Accarezza il gatto ed esce. L’aspetterà a casa sua, è sicuramente più comodo.
 



Continua


Note: Tatan vi è piaciuta la minima, "piccolissima" modifica che ho fatto? Certo con questa cosa ho potuto divertirmi parecchio dopo, speriamo che la storia continuerà a piacervi, dal prossimo capitolo non ho quasi più i Moffis da poter usare come scudo, acciderbolina.
Ancora tanti auguri Izumi, guarda te che capitolone ti è capitato, questo destino...
Grazie a tutte per le recensioni e le letture, e alla prossima (speriamo venerdì)
[1] Grazie beta mia grazie! Tu sai!
[2] È un videogioco abbastanza famoso la cui grafica copia quella tutta pixel dei primi videogiochi degli anni ’80.
  
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