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Autore: KiarettaScrittrice92    14/10/2019    0 recensioni
Marinette Dupain è una delle più brave ballerine dell'Operà de Paris, ma quando il misterioso Fantasma che vive nascosto in quel luogo scopre le sue magnifiche doti canori le promette qualcosa che lei non potrà mai più rifiutare: un amore pericoloso, violento e proibito.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ballo in maschera

L’intera Parigi, quel giorno, era in fermento: la voce che  l’Operà Populaire de Paris avesse organizzato un sontuoso ballo in maschera, per farsi perdonare di quell’agghiacciante tragedia che era finita nella copertina di ogni giornale, aveva fatto il giro di tutta la capitale francese.
Il proprietario, il signor Bourgeois, aveva organizzato tutto perfettamente ed era sicuro che quella sera niente sarebbe potuto andare storto. Avrebbe attirato nuovamente clientela per i prossimi spettacoli, ma soprattutto avrebbe messo in bella mostra la sua adorata principessa.
Quando il calesse si fermò davanti alla maestosa opera architettonica illuminata a festa, già i fuochi d’artificio scoppiavano nel cielo notturno, dando quell’aria magica e gioiosa. Scese prima lui, porgendo poi il braccio alla figlia, che con il suo solito fare elegante e altezzoso, poggiò appena la mano guantata sul suo avambraccio, scendendo i pochi gradini della carrozza. Indossava un elegante vestito nero e oro, che le dava un aria ancora più aristocratica e portava una maschera di pizzo legata dietro la nuca, il cui nastro s’intravedeva appena sotto l’acconciatura perfettamente curata. Il padre invece, era semplicemente vestito con un elegante completo scuro e una maschera molto particolare, con il becco e la cresta di un gallo che sporgevano in modo quasi imbarazzante da essa.
Una folla e un via vai infinito di gente vestita in maschera e col viso coperto girava per la piazza, salutandosi ed entrando dentro l’Operà; segno che l’evento aveva avuto l’effetto desiderato.
«Vedrai tesoro mio, questo sarà l’evento perfetto per mostrare il tuo talento.» disse tutto orgoglioso Andre Bourgeois alla figlia.
«Lo spero bene! Dopo la terribile figura dell’altra sera se questo spettacolo non andrà in porto la mia carriera sarà rovinata!» esclamò lei irritata, come se i tragici incidenti di quella sera fossero stati causa di suo padre.
Lui, però, la ignorò: continuando a descrivere come aveva organizzato il ballo e l’evento. Tutto quanto preparato da lui e senza l’aiuto di quel cialtrone che scriveva opere meravigliose, ma poi le rovinava con le sue stesse mani spacciandosi per il fantomatico fantasma.
«Ci sarà un magnifico prologo sulla scalinata all’ingresso, che dovrebbe iniziare tra poco, e poi avrai tutto il tuo spazio per cantare quel pezzo che ti piace tanto. Per concludere ci sarà un meraviglioso brindisi!»
La ragazza si impettì, tutta fiera, lanciando occhiate ai nobili che entravano nel teatro e sorridendo appena quando li sentiva bisbigliare nell’osservarla. Sapeva bene che sia stessero ammirando la sua persona e il suo abito, sia la stessero prendendo in giro per la figura miserabile dell’ultimo spettacolo, stavano comunque parlando di lei e presto avrebbe dimostrato a tutti di cosa era capace.
Entrarono proprio nel momento in cui il corpo di ballo dell’Operà aveva cominciato le danze, attirando l’attenzione del pubblico nella zona centrale del salone e sulle scale. Anche i ballerini e le ballerine erano in maschera, tutti rigorosamente in bianco e nero e danzavano all’unisono in una perfetta coreografia che stava lasciando a bocca aperta ogni nobile che si era recato a teatro quella sera.

Masquerade, mascheriamo la realtà
Masquerade, quante facce di te ci stai celando
Masquerade, per beffare la beltà
Masquerade, neanche tu lo saprai chi sei davvero!


Chiuse gli occhi e serrò la mascella, innervosito da quello scempio che stava ascoltando. Quella non era musica, non era arte, quello era un’accozzaglia di parole senza senso: un modo osceno e mondano per nascondere ciò che era accaduto qualche sera prima e prenderlo in giro.
Ovviamente quell’incompetente ingrato del proprietario aveva fatto di testa sua e stava rischiando di mandare a monte tutta la fatica che aveva fatto per mantenere un certo livello in quel teatro che era tutta la sua vita. Certo, sicuramente bisognava in qualche modo rimediare a quell’incidente, ma non in quel modo così ridicolo. Senza considerare il fatto che chiunque avesse ideato quell’aborto che definivano musica, in cui le strofe erano un ammasso di parole senza senso, stava evidentemente prendendo in giro proprio lui, puntando il dito sulla sua figura e facendolo apparire più come un pagliaccio che come il re indiscusso di quel teatro.
No, non poteva accettare quello scempio. Doveva intervenire, poco importava se avrebbe terrorizzato nuovamente gli avventori, poco importava se avrebbe dovuto farsi vedere da tutti per la prima volta dopo tanti anni nell’ombra. L’arte non poteva essere trattata in quel modo.

Masquerade, tra colori e vanità
Masquerade, la magia che ti avvolge col suo manto
Masquerade, folla di mondanità
Masquerade, un miraggio che appare per incanto


«Padre è stata davvero una grande trovata!» esclamò entusiasta Chloé, guardandosi attorno, con aria ammirata, magari sperando anche di trovare un ricco nobile da accalappiare, che non fosse ceco come quel Visconte che non era riuscito a vedere la sua bellezza, mettendosi a obbedire come un cagnolino a quella ballerina da quattro soldi.
«E soprattutto non c’è nemmeno l’ombra di chissà quale fantasma.» commentò lui tutto orgoglioso.

Masquerade, non sai chi ti mentirà
Masquerade, anche tu sei celato lì nell'ombra
Masquerade, puoi nasconderti di qua
Masquerade, ma qualcuno insiste nel fissarti.

 

«Nathaniel, davvero, non credo di poterlo accettare.» commentò titubante la giovane corvina, prendendo nuovamente tra le dita il costoso anello che aveva appeso al collo e guardandolo con aria leggermente triste.
«Prendilo come pegno della mia promessa. – rispose lui – E quando ti sentirai pronta, lo metterai al dito.»
Lei scosse la testa, indecisa su cosa rispondergli. Come poteva dirgli che, nonostante ciò che aveva pronunciato sul tetto del teatro, presa dall’emozione di quel momento, il suo cuore era ancora in tumulto. Come poteva spiegargli che il sentimento che provava verso di lui era nulla paragonabile alla passione sfrenata che scaturiva in lei cantare e stare con il Fantasma. Ora che era a mente lucida non era più sicura di amarlo, ma allo stesso tempo non era nemmeno sicura del contrario.
«Ti prego Nathaniel, per ora non devi dirlo ad anima viva. Questo fidanzamento, vero o no, deve rimanere un segreto.» sussurrò, prendendogli entrambe le mani.
«Ma perché un segreto? Che cos’abbiamo da nascondere? Anche se non è una promessa ufficiale… – il rosso abbassò gli occhi, leggermente imbarazzato – In fondo ci amiamo, no?» 
Si avvicinò lentamente a lei sfiorandole le labbra con le sue in un delicato e tenero bacio. Una cosa era certa, la dolcezza con cui Nathaniel si approcciava a lei, il Fantasma non l’aveva mai avuta. O forse sì? Ricordava qualcosa dei primi anni a teatro, di quando ancora non conosceva la vera identità del suo Angelo della Musica e si beava della sua voce dolce e gentile, mentre le insegnava a cantare. Era quasi assurdo pensare che quella voce così sublime e calda potesse appartenere a un uomo che solo qualche giorno prima aveva ucciso una persona solo perché la compagnia non aveva rispettato le sue regole.
«Dai, vieni a ballare.» sorrise Marinette, distogliendosi da quei pensieri e trascinando il rosso in mezzo al salone d’ingresso, a ballare insieme agli altri avventori in maschera.
La ragazza sapeva bene che in quel modo avrebbe comunque attirato l’attenzione di tutti: in fin dei conti non si era mai vista una ballerina della compagnia, nonostante i suoi ultimi ruoli da protagonista, che danzava insieme a colui che faceva da mecenate al teatro; ma in quel momento le importava poco. Mentre volteggiava con lui incrociò diversi sguardi, alcuni ammirati per il meraviglioso abito rosso che sulla gonna presentava dei pois neri e che aveva confezionato con fatica lei stessa, a cui aveva abbinato una semplice maschera con la stessa fantasia della gonna; altri ancora semplicemente incuriositi. Vide la sua amica Alya farle l’occhiolino, mentre danzava con un giovane in smoking con un paio di occhiali, anche lui leggermente scuro di pelle; ma vide anche la soprana della compagnia assottigliare lo sguardo, come volesse lanciarle fulmini e incenerirla.
Tutto ciò però non la toccava. In quel momento il suo unico pensiero era divertirsi, danzare, sentirsi parte di qualcosa, sentirsi libera con l’uomo che, in quel momento, avrebbe voluto amare per sempre. Si sentiva volteggiare su una nuvola, come se tutto il resto del mondo non esistesse e ci fossero solo loro due e la musica.

Masquerade, mascheriamo la realtà
Masquerade, quante facce di te ci stai celando?
Masquerade, per beffare la beltà
Masquerade, neanche tu lo saprai chi sei davvero!
Masquerade, tra colori e vanit
Masquerade, la magia che ti avvolge col suo manto
Masquerade, folla di mondanità
Masquerade, un miraggio che appare per incanto...

 

Fece il suo ingresso trionfale e in un attimo sia i cantanti che la folla si zittirono all’improvviso, indecisi se cominciare a scappare urlando o rimanere paralizzati lì dov’erano.
Lui dal canto suo, li osservava tutti con quell’aria di superiorità, gli occhi verdi nascosti dietro la maschera nera da felino, abbinata perfettamente al suo abito nero, come a rappresentare la sventura che si stava abbattendo sul suo teatro.
Era la prima volta che appariva in pubblico e doveva essere impeccabile, nell’abbigliamento come nelle movenze. Tutta quella gente mediocre e superficiale che si trovava lì non sapeva godere dell’arte se non festeggiando e ubriacandosi. Li osservò tutti con aria di sufficienza, che non aveva nulla a che vedere con lo sguardo di chi si crede superiore, no il suo era solamente disprezzo per quell’insulto a ciò che riteneva davvero bello.
Cominciò a scendere le scale, mentre la gente si scostava spaventata, lasciando passare.
«Amici miei, come mai questo silenzio? – domandò con tono quasi ironico – Mi sono reso conto che avevate bisogno di me, perciò sono qui per non lasciarvi mai più! Da quello che avete fatto stasera è chiaro che vi mancavo, visto lo spettacolo penoso e frivolo. Vi farà piacere sapere che io, mentre voi vi crogiolavate nel rammarico e negli alcolici, ho scritto un opera. Una mia rivisitazione di Don Juan, in cui la passione trionfa.»
Sollevò un’astuccio scuro, in cui aveva conservato lo spartito della sua ultima fatica a cui si era messo a lavorare non appena si fu ritirato nel suo antro dopo l’incidente, per poi gettarlo terra, ai piedi della prima scala, sparpagliandone tutti i fogli.
A quel punto il suo sguardo si posò su di lei, bella come un raggio di sole, in quell’incantevole vestito che in qualche modo le si addiceva. A rovinare l’armonia della sua immagine però c’era lui, che la stringeva tra le braccia, mentre il suo sguardo leggermente impaurito lo osservava. Lo vide ingoiare un grumo di saliva, per poi assottigliare leggermente lo sguardo, come nel tentativo di sfidarlo.
Distolse gli occhi, aveva altro da dire prima di occuparsi di lui.
«Vorrei ricordare un paio di punti che forse non sono stati ben afferrati da tutti voi e in particolare dal nuovo proprietario. – riprese, per poi avvicinarsi alla bionda che indietreggiò appena di qualche passo – Mademoiselle Bourgeois mi perdonerà, ma a me sembra di applaudire a un oca che starnazza!»
Qualcuno a quell’affermazione trattene il fiato, mentre la ragazza semplicemente si morse il labbro inferiore trattenendosi dal piangere o dall’urlare, o addirittura da ambedue.
«E tu, caro paparino. – proseguì nel silenzio assoluto, avvicinandosi questa volta al proprietario – Non compete a te, né l’arte né tantomeno l’assegnazione dei ruoli, perciò non azzardarti mai più a favorire la tua incompetente figlia. La star indiscussa della prossima opera sarà soltanto una.»
Si volse nuovamente a lei e per un attimo gli sembrò che i suoi occhi azzurri e dolci fossero contenti di quelle attenzioni, ma fu solo un attimo, perché subito dopo su di essi tornò quell’ombra di terrore e tristezza che la ragazza non riusciva in nessun modo a nascondergli. Nel vedere quegli occhi spaventati qualcosa nel suo cuore si mosse, più veloce della sua mente, mentre una melodia, suonava nella sua testa e lui semplicemente si fece guidare da essa: facendo sentire per la prima volta la sua voce a tutta Parigi. Sembrava quasi di sentire davvero il canto di un’angelo.

Saprà secondo me
cantare con virtù
se vuole trionfare, però,
deve fare di pi
se mai vorrà ritornare a me, sua guida,
sua guida...

Marinette si staccò dall’abbraccio protettivo di Nathaniel, attratta per l’ennesima volta dalla sua voce. Il ragazzo tentò di trattenerla, richiamandola, ma fu tutto inutile. Avanzava, incantata da quel suo portamento regale e da quei suoi occhi verdi come i più bei smeraldi. Anche lui si avvicinò lentamente a lei, nel silenzio assoluto della sala che sembrava osservarli con paura e allo stesso tempo emozione.
Tra tutti, madame Bustier si teneva una mano al petto, quasi commossa da quella scena che si stava creando davanti a lei e a tutto il teatro.
Erano l’uno di fronte all’altra, i loro sguardi s’incrociavano ed era ormai evidente a tutti che c’era qualcosa d’intenso e misterioso tra di loro: qualcosa che si vedeva, ma che allo stesso tempo era incomprensibile a chiunque altro. Tutto intorno a loro sembrava essersi fermato, come se un incantesimo li avesse colpiti.
Ma la magia in un attimo finì, quando lo sguardo del biondo si posò sul petto della ragazza, notando quell’anello.
Con la mano guantata e munita di artigli afferrò la collana, graffiando leggermente il petto di lei, per poi strappargliela di dosso.
«Arrenditi, ormai appartieni a me!» gridò, ma non ebbe il tempo di dire altro, perché in un attimo Nathaniel e la sua spada gli furono addosso e lui con uno spintone lo allontanò, per poi fuggire e calarsi in una botola vicino alle scale che si era aperta a un suo schiocco di dita, come una voragine.
Il rosso stava per seguirlo, quando una mano lo fermò, mentre il caos e le urla di spavento e terrore incominciavano a percorrere ogni angolo del teatro.
Il visconte si voltò, notando l’insegnante di danza tenere la mano di una terrorizzata Marinette.
«Forse è il momento che voi sappiate con chi avete a che fare…» disse la donna, per poi trascinarli via da quel caos.

  
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