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Autore: Ofeliet    15/10/2019    1 recensioni
Tutto sommato quando viene trasferito all'ambasciata di Roma Ludwig si scopre a non protestare in alcuna maniera, e dopo una settimana ha già il biglietto aereo in mano. Una nuova vita lontano da casa in un condominio forse un po' troppo fuori dalle righe, un ambiente completamente diverso, tutto stravolgeva i suoi piani.
Ma, nonostante tutto, si era innamorato.
{ GerIta | HumanAU }
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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« Che cazzo ci fai tu qui? » la domanda di Lovino era legittima. Ludwig stesso se la stava ponendo, per quanto con toni più pacati. Aveva frainteso il tutto, e ora ne stava pagando la conseguenza. L’imbarazzo aveva preso il controllo della sua mente, rendendolo incapace di articolare qualsiasi frase, facendogli solo aprire bocca e richiuderla come farebbe un pesce rosso. « Ti ho chiesto che cazzo ci fai qui. » ripete Lovino, facendo diversi passi in sua direzione.
« Lovino, calmati. Chi è? » Ludwig si sente grato per l’intervento dell’altro uomo, che finalmente riesce a identificare come il fratello minore.
« È il tedesco. » brontola allora Lovino, mentre l’altro sembra posare il suo sguardo su di lui. Emette un lieve verso di sorpresa, per poi sorpassare il fratello e avvicinarsi. Ora che lo vedeva più vicino, notava i capelli più chiari e i lineamenti più delicati.
« Come mai sei entrato nel nostro appartamento? » gli chiede lui, e Ludwig riesce solo a boccheggiare di nuovo. Messo a confronto con l’aria più disponibile dell’altro, la sua mente sembra calmarsi e finalmente il raziocinio riprende la direttiva.
« Ich- Io ho sentito urla e mi sono preoccupato e… » il fratello minore di Lovino alza una mano come per fermarlo, mettendolo in pausa.
« Mi dispiace se urlando abbiamo dato fastidio. » dice, con un sorriso, facendolo sentire un po’ sollevato.
« Lo capisco, ma io ho sfondato la porta- »
« Che cazzo significa che hai sfondato la porta? » sbotta allora Lovino, passandogli accanto per accertarsi dell’effettivo stato di questa. Era in effetti fuori dai suoi cardini. « Sto stronzo ha sfondato la porta. »
« Sì, Lovino, lo vedo. » commenta l’altro, che l’aveva raggiunto subito dopo. Il suo senso di colpa era divenuto una voragine. Non avrebbe dovuto fare un’azione simile.
« Mi dispiace, domani stesso contatterò il falegname per farla riparare- »
« E sarebbe anche il minimo! » esclama Lovino, toccando la porta e vedendola cadere definitivamente. Ludwig si avvicina, prendendola e tentando di rimetterla sui cardini, riuscendoci. Non si chiudeva, ma almeno poteva ancora rimanere in piedi. Sospira sollevato.
« Domani mattina sarà la prima cosa che farò. » Lovino continua a guardarlo male, e Ludwig non riesce a dargli torto. Ha sfondato una porta che non andava toccata, ficcando il naso in una faccenda dove lui non c’entrava per niente. La rabbia degli altri due gli sembrava la reazione più spontanea a riguardo.
« Lo spero per te. So dove abiti. »
« Lovino, dai, non insistere, ha detto che già domani verrà riparata. » nonostante il fratello cercasse di mantenere un’aria di conciliazione, Ludwig non si sentiva a suo agio.
« Se la situazione è a posto, credo sia meglio che io me ne vada. »
« Sì, decisamente. »
« Lovino! » esclama l’altro, per poi voltarsi nella sua direzione. « Buonanotte e a domani. »
Ludwig doveva sentirsi più sereno, sapendo di non essere incappato nelle ire di nessuno. Eppure anche una volta chiusa la porta dietro di sé non riusciva a rimanere sereno. Aveva agito d’impulso. Non era una cosa che faceva di solito. Non riusciva a spiegarsi come aveva potuto sfondare una porta in quella maniera. Ormai aveva a che fare con il fatto compiuto. Non gli rimaneva altro che aprire internet e cercare qualcuno che potesse riparare quella porta prima che divenisse una questione di stato.
Ludwig scorre la lista sullo schermo del telefono, guardando minuziosamente le recensioni e i servizi offerti da ogni singolo professionista, ma la sua mente continuava a spostarsi altrove, al suo agire troppo impulsivo per quella serata, al danno al quale cercava di rimediare il prima possibile e anche al fratello di Lovino. La sua memoria confusa e piena di adrenalina offuscava la sua mente, dandogli una vaga immagine del soggetto, ma gli era apparso decisamente più conciliante del fratello. Forse era un bene, oppure era un abbaglio preso dal suo stato di agitazione. Non sapeva dirlo.
Ormai era vicino alla mezzanotte, e doveva andare a dormire. Si segna il numero del falegname più convincente che trova, e si mette a letto, cercando di stemperare lo stato di ansia che continuava ad annebbiare la sua mente. Domani sarebbe stata una lunga giornata.

Alzarsi era un incubo.
Non aveva dormito. Il suo sonno era stato agitato e confuso, rendendogli impossibile un riposo sereno. Non aveva idea di quando aveva dormito così male l’ultima volta.
Con fatica Ludwig si alza, infilandosi la tuta per la sessione di corsa mattutina. Correre gli piaceva, e l’attività fisica aveva il potere di rilassarlo. Si sentiva inquieto quella mattina, e soprattutto si sentiva osservato. Non riusciva a spiegarselo. Con una certa apprensione rientra in casa, infilandosi sotto la doccia. Si fa un veloce piano della giornata, mettendo in cima alla lista la chiamata al falegname. Questi, curiosamente, si dimostra ben disposto a venire nel giro di mezzora. Era un comportamento atipico a detta della propria esperienza, ma dentro di sé Ludwig è profondamente grato di poter risolvere il problema così velocemente. Prendendo dei grossi respiri raccatta coraggio e si avvia verso la porta dei vicini. Questa, stranamente, gli appare intatta dalla sua irruzione, ma ci bussa ugualmente.
Passa qualche istante, e finalmente il pezzo di legno viene scostato, rivelando il viso del fratello di Lovino. Questi lo osserva, inizialmente confuso, e poi gli sorride.
« Buongiorno. » gli dice, cercando di non morire di vergogna per ogni volta che la sua mente tornava alla serata precedente.
« Buongiorno. » gli risponde lui, con voce ancora assonnata. Probabilmente l’aveva svegliato.
« Ho chiamato per la porta, mi hanno assicurato che saranno qui tra mezzora. » fa una pausa, in attesa di una reazione che non arriva. « Ho pensato fosse giusto avvisare. »
L’altro si appoggia alla porta ancora non scardinata, e Ludwig si sente scrutato. « Visto che ci vorrà mezzora, perché non entri per un caffè? L’ho appena messo su. »
Una parte di lui non se la sente di accettare, ma si ritrova a seguire l’altro quasi ipnotizzato.
« Sai, Lovino è già al lavoro e mi annoio a fare colazione da solo. » gli dice lui, appoggiando la mano sullo schienale della sedia. « Non stare in piedi, accomodati. »
Si ritrova ad obbedire senza fiatare, osservando la cucina. Non era cambiata molto da quando il signor Romolo abitava lì, ma aveva un’aria diversa. C’era un tocco più delicato e accurato nella tovaglia sul tavolo, e persino negli stracci che pendevano accanto al lavandino.
« Ieri non abbiamo avuto il tempo di presentarci. Io sono Feliciano. » gli dice con un sorriso, allungando la mano che Ludwig stringe con riflessi pronti. Aveva dita delicate e sottili, insolite per un uomo.
« Mi chiamo Ludwig. »
« Un nome insolito. »
« Sono tedesco. » Feliciano fa un’espressione sorpresa, forse un po’ troppo teatrale. Probabilmente uno scherzo della sua mente stanca. Feliciano allora gli sorride, per poi volgere la sua attenzione verso la caffettiera. Aveva una figura sottile, ora che poteva osservarlo.
L’uomo si volta verso di lui, appoggiando due tazzine sul tavolo insieme allo zucchero, per poi versare il caffè. Lo faceva con un’abilità che si scopre a invidiargli. Le poche volte che aveva tentato di fare il caffè finiva per farci un disastro.
Feliciano invece finisce di riempire le tazze, per poi sedersi e prendere a sorseggiare dalla sua. Lui fa lo stesso, rendendosi conto di non aver messo lo zucchero, e si affretta a farlo, sotto lo sguardo dell’altro uomo.
« Sei da tanto tempo in Italia? »
« Ormai sono tre anni. »
« Parli bene l’italiano. » commenta Feliciano con un sorriso. Era un apprezzamento che riceveva spesso, nonostante le gaffe fatte nei primi mesi di permanenza.
« Mi piace molto la lingua. » l’altro annuisce, accondiscendente, riprendendo a sorseggiare il proprio caffè.
« Lavori qui? Oppure sei all’avventura? »
« Lavoro all’ambasciata. » non amava che gli si facessero domande personali, ma l’uomo che aveva di fronte sembrava avere il potere di ricevere ogni risposta che desiderava. Feliciano abbandona la sua tazzina, appoggiandosi sulla mano.
« Quella vicina a Villa Torlonia? »
« No, la mia è dalle parti di piazza Repubblica. »
« Bel posto, un mio amico abita da quelle parti. » Feliciano sembrava avere amici particolari, e persino molto ricchi. Aveva cercato un appartamento in zona, ma i prezzi erano decisamente da capogiro.
« Sì, lo è decisamente. » la sua risposta avrebbe certamente fatto calare il silenzio, probabilmente uno imbarazzato, costringendolo a cercare una scusa per potersi defilare velocemente.
« Lovino mi ha detto che conoscevi mio nonno. » l’espressione di Feliciano cambia, e Ludwig lo osserva alzarsi in piedi, raccogliere la sua tazza e offrirgli ancora un po’ di caffè che gentilmente rifiuta.
« Sì, siamo stati vicini per… diverso tempo. Era una brava persona. » non riesce a vedere l’espressione dell’altro, impegnato a lavare le stoviglie.
« Sì, lo era. Dopo che ha lasciato questa casa a me e Lovino sicuramente San Pietro gli aprirà le porte del paradiso senza problemi. » Ludwig emette uno sbuffo, nel tentativo di mascherare una risata divertita, e anche Feliciano ride, voltandosi nella sua direzione dopo essersi asciugato le mani. « Spero che anche noi due possiamo essere buoni vicini. »
« Spero non mi porterai rancore per l’incidente di ieri sera. »
« Ma certo che no! Quello che hai fatto è comprensibile, lo avrei fatto anch’io se fossi in grado di buttare giù una porta. »
Feliciano non assomigliava per niente al fratello, e nel constatarlo Ludwig si sente un po’ più sereno. Probabilmente la loro convivenza non sarebbe andata così male. Feliciano non sembrava un cattivo vicino, e non sembrava nemmeno condividere lo stesso temperamento del fratello. Era piacevole.
Il rumore di un citofono lo fa scattare in piedi. Era il suo.
« Credo sia il falegname. Vado ad aprirgli. » Feliciano annuisce, tornando ad asciugare il ripiano, e Ludwig si affretta a tornare al proprio appartamento, dando le indicazioni all’operaio che ci impiega un po’ a salire lungo le scale. L’uso dell’ascensore non era contemplato. L’uomo esamina i cardini, la struttura della porta, prende le misure con dei tempi che sembrano durare un’eternità. Feliciano è uscito sul pianerottolo e gli si è messo vicino a rimirare il lavoro dell’artigiano. Non ha più parlato, ed entrambi rimangono in attesa del responso.
« Allora, i cardini di mezzo sono andati, e vanno cambiati, ma è andata bene che la porta non si sia ammaccata perché sarebbe stato un casino portarne una fino a qua per cambiarla. »
Ludwig tira un sospiro di sollievo.
« Quanto tempo ci vorrà? »
« Mezza mattinata, massimo. » Feliciano tira un sospiro di sollievo.
« Visto, niente di grave. » Ludwig vorrebbe condividerne il buonumore, ma non ci riesce appieno.
« Sono contento. » risponde, controllando l’orario. « A lavoro terminato mi lasci una fattura, provvederò a saldarla. » il falegname non fa domande, concentrandosi sulla sua mole di lavoro, ma Feliciano sembra piuttosto contrariato.
« No, non serve. »
« È un mio dovere, è colpa mia se si è rotta. » Feliciano sospira, apparendo per niente soddisfatto. « Io ora devo prepararmi per il lavoro, ma passerò stasera per ritirare tutta la documentazione. » Feliciano allora gli sorride, dandogli il saluto prima che lui chiuda la porta.

« Buongiorno Ludwig. »
« Buongiorno Feliciano. »
« Anche oggi al lavoro? »
« Sì. » ormai erano diventate frasi di rito. Non riusciva a spiegarsi il perché le sue tempistiche coincidevano perfettamente con quelle di Feliciano, ma già da diversi giorni ogni mattina si ritrovava a fare le scale insieme al suo vicino. Una parte di sé era contenta di scambiare due parole al di fuori dell’ambito lavorativo, ma l’altro temeva di essere molto presto a corto di argomenti di conversazione. Feliciano, però, sembrava intuire la sua mancanza e compensava il loro dialogo di curiosità che lo avevano interessato.
Ludwig gliene era molto grato. Feliciano parlava tanto, e la sua dialettica era piuttosto vivace. Aveva una cadenza insolita, diversa da quella a cui era abituato. « …e quindi gli ho detto “non puoi muovere un affresco” ma questo non voleva starmi a sentire”. »
Feliciano faceva il restauratore. Probabilmente aveva una vastissima conoscenza dell’arte, e un po’ moriva dalla curiosità e della voglia di rivolgergli sempre più domande, costringendosi subito al contegno. Era consapevole che sarebbe stato inappropriato approfittarsi della gentilezza dell’altro in quella maniera.
« Mi stai ascoltando? » gli dice allora Feliciano, fermandosi e voltandosi a guardarlo. Ora che era qualche gradino più sotto sembrava ancora più piccolo.
« Sì. Mi interessa. » Feliciano lo scruta per qualche istante, per poi sorridergli e tornare al suo racconto. Con calma raggiungono il piano terra, e si danno il saluto.

« Ludwig, buon pomeriggio. »
« Buon pomeriggio Feliciano. »
« Tornato dal lavoro? » ancora una volta aveva incrociato Feliciano. « Io sono sceso per vedere se c’è posta. » aggiunge, guardandosi imbarazzato le ciabatte. Non ci aveva fatto caso, ma non importava. Si sentiva piuttosto stanco, ma una parte di lui aveva bisogno di essere almeno un po’ sociale. Con calma Ludwig si avvicina, dando un’occhiata alla propria casella postale. In realtà sapeva che non vi avrebbe trovato nessuna busta, ma si era ritrovato a mimare i gesti dell’altro uomo che osserva con curiosità la busta di plastica che teneva in mano. « Lì che c’è? »
« Ho fatto un po’ di spesa. » dice lui, alzandola, permettendo a Feliciano di osservarla con curiosità.
« Sento odore di fragole. » commenta questi, sorridendogli. « Spero tu abbia preso la panna. »
« No, me ne sono dimenticato. » dice, sospirando scocciato. Aveva fatto di tutto per evitare la calca alle casse e si era scordato una cosa così importante. « Me le mangerò così. »
« Io ne ho da prestarti. » Ludwig scuote la testa.
« No, non potrei mai chiedere una cosa simile. » Feliciano sospira, mentre lui prende la strada delle scale.
« Ma siamo buoni vicini! Se io ne avessi bisogno sono sicuro tu faresti lo stesso. » non aveva idea come ma Ludwig sapeva che Feliciano aveva centrato il punto. Si trova a girarsi nella sua direzione, e guarda Feliciano che sembra in attesa di una sua risposta. « Non farti pregare. »
Ludwig sospira, riprendendo a salire le scale, sentendo Feliciano seguirlo. Gli sembrava di approfittarsi della sua gentilezza. Una volta sul piano Feliciano lo intercetta, sparendo dietro la porta dell’appartamento. Era davvero un sacco gentile con lui, tanto che aveva la sensazione di non meritarselo.
« Ecco qui! » esclama Feliciano, apparendo sulla porta e dandogli in mano la bomboletta di panna montata. « Puoi ringraziarmi dopo! »
« Sei sicuro di volermela dare così? »
« Massì, le fragole vanno assolutamente mangiate con la panna. Te lo dice un esperto, fidati! » Ludwig sorride, stringendo meglio l’oggetto che aveva nelle mani.
« Allora ti ringrazio. »

Un lieve bussare alla porta lo distoglie dalla lettura del romanzo. Era insolito che qualcuno bussasse alla sua porta, soprattutto di domenica mattina. Confuso si alza sul divano, mettendo un segnalibro nella pagina dove si era fermato, e a lunghi passi si avvicina alla porta.
C’era Feliciano all’uscio.
« Scusami Ludwig, so che è domenica e che forse hai da fare, ma avrei bisogno di un favore. » non sapeva dire se fosse una sua impressione ma l’altro gli appare un po’ teso.
« Dimmi. »
« Non è che hai un po’ di zucchero da prestarmi? Mi sono accorto che è finito, e oggi sicuro non c’è qualcuno aperto qui vicino, forse potrei provare dallo spaccio- »
« Te lo posso prestare, ho un pacco in più. » il viso di Feliciano si distende, ma l’uomo pare mantenere una vaga tensione nel suo corpo. « Entra pure. »
Ludwig si dirige verso la dispensa, in cerca dello zucchero di scorta, non prestando particolare attenzione a quell’ospite inusuale. « Hai una bella casa. Molto tedesca. » commenta allora Feliciano, per poi portarsi la mano alla bocca imbarazzato. « Intendevo dire che ha un’aria molto organizzata. »
« Sono stato cresciuto con l’ordine. Se c’è qualcosa fuori posto non riesco a dormire la notte finché non è tornato tutto ordinario. » Feliciano ride, più sollevato, e poi guarda un’altra volta l’interno della casa.
« Certo che la forma è identica alla casa del nonno, ma ha un’aria completamente diversa. Forse è per via delle finestre. Qui non si sente il rumore del traffico. » Ludwig arrossisce, come se fosse stato colto in flagrante. Non c’era niente di imbarazzante nel desiderare una casa tranquilla. Era più il pensiero che lui e Feliciano pensassero in maniera affine, oppure che notassero gli stessi dettagli, a metterlo in imbarazzo.
« Sì ho scelto questa casa anche per la calma. »
« Anche quando quelli del piano di sopra scendono le scale. »
« Quello purtroppo era compreso nel pacchetto. » Feliciano ride, e persino lui si scopre a sorridere. L’altro si appoggia sullo schienale del divano, guardandolo direttamente.
« Ti piace vivere qui? » era una domanda personale. Solitamente lui si sarebbe infastidito e avrebbe cercato di chiudere la conversazione il prima possibile. Invece aveva di fronte lo sguardo chiaro di Feliciano che lasciavano trasparire una sincera curiosità, e lui non si sentiva messo a disagio.
« Tralasciando Francis e Antonio che urlano per le scale, sì. » Feliciano ride, torna dritto in piedi e gli si avvicina. Era raro che gli fosse così vicino. Ludwig deglutisce, lasciando che l’altro entri nel suo ambiente vitale. Feliciano allora allunga le mani, e prende il pacco di zucchero che ancora aveva con sé. Se n’era completamente dimenticato.
« A me piace vivere qui. » gli dice, sorridendo. « Spero potremo essere buoni vicini. Tu sicuramente lo sei. »
« Non sono certo di esserlo. » stranamente aveva la gola secca.
« Certo che lo sei! » esclama allora Feliciano, assumendo un’aria seria. « Sei disposto a prestarmi lo zucchero. È la prima regola da rispettare se vuoi essere un buon vicino. » Ludwig non era certo che fosse la verità, ma vedendo il viso sorridente di Feliciano non se la sentiva minimamente di argomentare almeno per quella volta.

« Credo sia saltata la luce a tutto il quartiere. » era una bella scocciatura. Certo non era la prima volta che succedeva, ma quei improvvisi e gratuiti black-out non facevano mai piacere. Ormai erano le nove passate, il buio avvolgeva la casa. A tentoni aveva raggiunto il mobile dove teneva la torcia, accendendola una volta presa, e si era diretto verso il pianerottolo dove c’erano già i due fratelli. Lovino nel vederlo aveva assottigliato lo sguardo, mentre Feliciano gli si era avvicinato, commentando su quanto l’esperienza fosse pessima. Non gli dava torto.
« Ehi, la sotto, va tutto bene? » era la voce di Elizaveta, dal piano di sopra. Ludwig vedeva una luce muoversi, probabilmente anche la donna aveva una torcia.
« Sì, qui tutto bene. »
« Qualcuno chiami l’amministrazione. L’acea. La nasa! » era stato Arthur. Si era affacciato alla tromba delle scale. Sembrava piuttosto irritato.
« Oppure chiamiamo il tuo assistente e lo facciamo correre per generare energia. Diventeremmo energeticamente indipendenti. » dice Laura, che si era affacciata. « Comunque mio fratello ha delle torce, vengono due euro l’una. »
« Come è possibile che tuo fratello riesce a fare lo strozzino pure in una situazione del genere? » esclama Antonio.
« È per questo che sei povero, spagnolo! » replica la ragazza, defilandosi sotto le risate divertite di gente che Ludwig non riesce a definire. Lovino allora si avvicina al corrimano, guardando in alto e tentando di fulminare qualcuno al piano di sopra. Ogni volta che c’era un black-out tutti loro si riversavano nel corridoio, rendendo il palazzo un po’ più vivace del solito.
« Se i black out qui sono così, potrei abituarmi. » dice a bassa voce Feliciano, che era rimasto accanto a lui per tutto quel tempo. « Non mi piace molto il buio. »
« Non durerà molto. » le poche luci illuminavano il viso teso di Feliciano, che allunga la propria mano nella sua direzione e tocca il bordo della sua maglia. In genere il contatto fisico lo infastidiva, ma poi guardava il viso nervoso dell’altro e non se la sentiva di scacciarlo. « È una cosa normale. Dovreste comprare delle torce, succede quasi regolarmente. » non era incoraggiante da dire, se ne rendeva conto, ma la sua mente era rimasta fissa alle dita di Feliciano che gli sfioravano involontariamente la pelle del braccio, impedendogli di fare pensieri completamente razionali.
« Non costringermi a venire lì sopra, stronzo! » lo strillo di Lovino lo riporta alla realtà, e probabilmente anche Feliciano che toglie la sua presa.
« Sì, rissa! » sente esclamare Laura, e poi quella più pacata di Ned che accettava scommesse su un eventuale scontro. Non preannunciava niente di buono. Feliciano allora si incammina verso il fratello, prendendolo per le spalle.
« Dai Lovino, non ti ci mettere anche tu. Già la situazione non è delle migliori. » l’altro scatta come se fosse stato colpito, ma sembra dare retta al fratello, ritirandosi dal corrimano. Finalmente la luce torna, e Lovino allora corre ad affacciarsi, vedendo probabilmente il suo contendente.
« Ti vedo, stronzo. » Antonio non sembra replicare, forse era stato portato via da Francis alla stessa maniera, ma non ha molta voglia di rimanere a indagare sulla faccenda. Era stanco e voleva solo tornare alla sua lettura, dimenticando il contatto con Feliciano che ancora bruciava. Non voleva pensarci.
« Ludwig. » la voce dell’altro lo riporta alla realtà, facendogli almeno spegnere la torcia.
« Sì? »
« Grazie. » gli sorride, facendolo arrossire imbarazzato.
« Non ho fatto niente di speciale. » Feliciano di fronte a lui sospira, ma riprende a sorridergli.
« Buonanotte Ludwig. »
« Buonanotte. » ignorando le nuove strilla, questa volta uno scambio di battute tra Arthur e Francis, chiude la porta di casa dietro di sé e si passa una mano sul volto. Si sentiva troppo stanco. Non riusciva a capire cosa l’avesse esaurito così velocemente. Per una volta non era lui a dover sedare le discussioni, di rito, tra i vari condomini.
Con calma ripone la torcia al suo posto, guardando poi il suo libro abbandonato sul divano. Non aveva più desiderio di leggere per la serata. Forse doveva provare ad andare a dormire.
Anche infilarsi a letto non lo stava aiutando. Continuava a rimanere lì, sdraiato, a fissare il soffitto con tante domande e, raro evento, senza alcuna risposta da dare. Certo la sua esistenza era cambiata da quando i due fratelli si erano trasferiti. Poteva dire di avere un’interazione che era condizionata da semplice interesse che Feliciano sembrava avere nei suoi confronti. Più ci pensava e più si rendeva conto che non sapeva molto di lui. L’altro faceva tante domande e forniva poche risposte alle sue, sembrava essere circondato da un velo di mistero minuziosamente costruito che gli faceva voglia di indagare per sapere.
No, non doveva. Lui stesso non amava rilasciare informazioni personali, ficcare il naso nelle faccende private di altri individui era un suo personale veto. Se Feliciano non voleva andare oltre al suo amore per la pasta, l’arte e la siesta non sarebbe stato di certo lui quello a insistere.
Sì, la faccenda non lo riguardava.
Per una volta era contento di andare d’accordo con i propri vicini nonostante le premesse e non avrebbe permesso a se stesso di rompere l’equilibrio che si era formato.
Ludwig sospira, rigirandosi nel letto. Era la cosa giusta da fare, e ora persino la sua nascente curiosità era stata sedata senza alcun problema. Poteva dormire tranquillo, eppure il sonno non sembrava giungergli in alcuna maniera. Con una certa stizza si alza dal letto, riprendendo il romanzo. Ora era sicuro di poter poi dormire.

   
 
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