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Autore: Crateide    15/10/2019    2 recensioni
«Che folle magnifica idea», hai sussurrato, lo ricordo come se mi stessi parlando ora, ti sento nel vento, «fuggire con te, andare lontano senza voltarsi mai indietro, sarebbe un sogno. Vorrei vivere con te solo, con l’unica persona che abbia mai amato nella mia triste vita su quest’isola maledetta.»
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Esmeralda, Phoenix Ikki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Iniziativa: Questa storia partecipa al #Writober 2019 di Fanwriter.it.

Prompt: 1000K (giorno 15).

Numero parole: 982 (testo canzone escluso).

 

 

 

 

 

Accettami così, ti prego non guardare

nella mia testa c'é un mondo da ignorare

Voglio che tu sia mia complice discreta

Accettami e sarai la mia bambola di seta

 

La prima volta che ti ho vista, ho avuto paura. Forse, per la prima volta in tutta la mia vita.

Ho avuto paura che tu potessi essere solo un’illusione, una triste illusione creata da quel luogo inospitale e terribile, che aveva deciso di tormentarmi inviandomi visioni effimere di una dolcezza per sempre perduta.

Invece, tu eri reale. Ricordo ancora la prima volta che i nostri sguardi si sono incrociati. Mi spiavi di nascosto, mentre tuo padre mi urlava contro insulti, mi riempiva di lividi e graffi. Eri triste, stavi piangendo. Le ho viste chiaramente le lacrime bagnarti quegli occhi così sinceri e puri, che stonavano così tanto con quell’ambiente aspro, con quell’aria velenosa e con quell’uomo che pareva aver perso ogni briciolo di umanità, di compassione.

Ti sei avvicinata la sera o forse in piena notte. Dove vivevo io non c’erano finestre, era impossibile capire a che punto del giorno mi trovassi.

Sei emersa dalle ombre e ti sei fermata, con una brocca d’acqua in una mano e una pezza bianca nell’altra. Siamo rimasti a fissarci per un tempo che mi parve infinito, finché non mi hai sorriso. Un sorriso bello, che ai miei occhi ti faceva brillare come il sole di mezzodì o come una luna piena e pallida, irraggiungibile e bellissima.

Ti sei accostata a me con timore, forse temevi che ti avrei scacciata.

«Ciao, io sono Esmeralda. Voglio solo prendermi cura delle tue ferite», mi hai detto e io ti ho lasciata fare, stringendo forte i denti per non urlare.

Avrei voluto piangere, sai? In fondo ero poco più di un bambino, come te. Invece, ho ricacciato indietro le lacrime e ti ho guardato con la mia finta spavalderia, masticando un ringraziamento. Quel giorno non ti ho ringraziata a dovere non perché non avessi apprezzato il tuo gesto, ma perché non sapevo come sdebitarmi e perché avevo paura che tu potessi vedere cosa avevo nel cuore: tanta tanta paura.

Tu mi hai sorriso di nuovo e mi hai parlato senza sosta, dicendomi che avresti rischiato qualsiasi cosa, anche la vita, pur di venirmi a curare le ferite.

«Non è giusto che tu soffra in questo modo, ma non posso farci nulla, se non darti un po’ di conforto», mi hai detto e sei arrossita.

Eri così delicata e dolce, Esmeralda...

 

Accettami e vedrai, andremo fino in fondo

Non pensare a cosa è giusto e cosa sta cambiando

Andiamo al polo nord o al sud se preferisci

Accettami ti prego, dimmi che ci riesci

Non ho detto mai di essere perfetto

Se vuoi ti aiuto io a scoprire ogni mio difetto

Se ne trovi di più, ancora mi sta bene

Basta che restiamo ancora così insieme

 

Quando mi sono innamorato di te?

Sorrido mio malgrado, nonostante le lacrime che mi appannano la vista.

Sai che non lo so? In mezzo a tutto quel dolore, quelle privazioni, quell’odio che mi corrodeva pian piano tu eri l’unico raggio di speranza che mi dava la forza di non mollare, che mi trascinava ancora vivo a fine giornata, certo che tu saresti venuta da me e mi avresti rivolto parole gentili e sorrisi sinceri e cure affettuose.

Hai pianto tante volte per quelle orrende percosse che tuo padre mi infliggeva, chiedendomi perdono, come se la colpa fosse stata tua. Era una cosa che non potevo sopportare. Proprio tu, un’anima innocente, non poteva incolparsi per crimini non suoi!

Non so cosa mi abbia spinto a farlo, forse l’emozione o quel sentimento che non riuscivo più a negare a me stesso e che nonostante l’aridità di quell’isola era alla fine sbocciato, ma ti ho stretto a me e ti ho proposto di fuggire, all’improvviso, senza pensare che sarebbe stato inutile, senza pensare che se tuo padre ci avesse scoperti – e lo avrebbe fatto – ci avrebbe uccidi entrambi. Tu, però, mi hai guardato con quegli occhi grandi e languidi, senza paura, come se non aspettassi di sentire altro. Mi hai preso per mano e mi hai parlato fra le lacrime.

«Che folle magnifica idea», hai sussurrato, lo ricordo come se mi stessi parlando ora, ti sento nel vento, «fuggire con te, andare lontano senza voltarsi mai indietro, sarebbe un sogno. Vorrei vivere con te solo, con l’unica persona che abbia mai amato nella mia triste vita su quest’isola maledetta.»

«Io non sono perfetto, Esmeralda. Io... io... diventerò come tuo padre», ti ho risposto con il cuore straripante di tristezza.

«No! Tu non sarai mai come lui, mai.»

«Come fai a dirlo?»

«Perché c’è bontà nel tuo sguardo e c’è... c’è amore.»

Poi, sei arrossita e io con te. La mia mano ha tremato fra le tue, mentre le nostre labbra, come guidate da un atavico richiamo, si sfioravano leggere...

 

Amo, amo, è qualcosa di speciale

Su e giù per lo stomaco è come un temporale

Amo, amo, è il sugo sulla pasta

Finché non è finito non saprò mai dire basta

Amo, amo, è un dono di natura

Perchè la nostra storia non è solo un'avventura

Amo, amo, è una semplice canzone

E serve a me per dirti che sei una su un milione

 

E io ti avrei davvero portata via con me una volta conquistata l’Armatura della Fenice. Era questo il mio obiettivo, ciò che mi impediva di arrendermi, di buttarmi giù, di soccombere all’odio e alla violenza di tuo padre.

Una volta conquistata l’Armatura, nessuno sarebbe mai riuscito a contrastarmi e io ti avrei salvata.

Tuttavia...

Tu sei stata uccisa.

Chiudo gli occhi per non guardare la tua tomba sotto di me, per impedire a me stesso di scoppiare di nuovo in lacrime. Quelle che ho versato il giorno della tua morte, sul tuo corpo che diveniva sempre più freddo, erano le ultime che Ikki di Phoenix avrebbe mai conosciuto.

I nostri sogni si sono infranti con la tua vita schiantata da quel mostro che ti ostinavi a chiamare padre e che io ho ucciso. Lo so che non avresti approvato, ma non avevo altra scelta. Tu eri morta e a me non restava che realizzare il tuo ultimo desiderio, quello di andarmene da quest’isola che ogni giorno continuo a maledire. L’unico modo era conquistare l’Armatura della Fenice e l’unico prezzo da pagare era diventare un assassino.

L’ho pagato, quel prezzo, ma non me ne vergogno. Non più. Mi dispiace Esmeralda, ma nonostante siano passati tanti anni, io non riesco a provare pietà per tuo padre. Spero, però, che tu possa provarla per me.

Non sono mai stato l’anima innocente che credevi, mi dispiace di averti delusa.

Tu, invece, sei sempre stata l’unica per me e, te lo giuro su questa Sacra Armatura, continuerai a esserlo anche quando il mio corpo avrà cessato di vivere.

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell’autrice:

Ciao a tutti,

nonostante siano eoni che bazzico su questo fandom, prima solo come lettrice e poi come autrice, è la prima volta che scrivo su Ikki ed Esmeralda. Come avrete notato non ho inserito la canzone per intero, ho saltato il primo ritornello, ci tengo a precisarlo.

Non sono molto abile con le song-fic, ma quando ho letto il prompt, non ho potuto fare a meno di pensare al brano di Alex Britti, che mi ha accompagnato nell’infanzia.

Beh, spero che questo scorcio nei pensieri del mio Bronze preferito vi sia piaciuto e mi auguro di avergli reso giustizia.

 

p.s.: per chi fosse masochista volesse, QUI sul mio blog trovate tutte le altre storie scritte fino a oggi per il writober.

 

Senza alcuna pretesa,

Elly

 

 

 

   
 
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