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Autore: Angelica Cicatrice    16/10/2019    1 recensioni
Clopin aveva dedicato tutta la sua vita nel donare il sorriso ai bambini di Parigi. Non desiderava altro nella sua umile vita da giullare della piazza. Eppure, qualcosa stava per stravolgere quella felice monotonia, e la paura di essere dimenticato o messo da parte ( per colpa dell'arrivo di un nuovo cantastorie ) lo avrebbe logorato. Per non parlare dell'imminente giorno della Festa dei Folli. I due giullari si sarebbero scontrati in un duello all'ultimo spettacolo? O sarebbe accaduto qualcosa di assolutamente inaspettato da far rovesciare gli eventi? Il re degli zingari non si era mai posto il quesito: e se esistesse, in questo mondo folle, una persona come me ?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                          Conto in sospeso

Le foglie secche scricchiolavano sotto le suole delle scarpe, mentre il mantello nero svolazzava tra le folate del vento. Il sole era sorto da alcuni minuti, e la foresta sembrava così tranquilla, come se niente avrebbe disturbato quella quiete apparente. Il re degli zingari si muoveva come una pantera nascosta in mezzo alla vegetazione, con passo furtivo senza emettere il minimo rumore. Si spostò da un cespuglio all'altro e stava osservando alcune impronte lasciate sul terreno fangoso. Era certo che fossero tracce della banda nemica. Nei giorni successivi, dopo che i suoi uomini erano stati trucidati, aveva ispezionato  buona parte della zona, per cercare ogni indizio, anche il più piccolo, che lo avrebbe potuto condurre al rifugio di quei vandali assassini. Dopo aver ritrovato Roxanne, e aver riscoperto il suo legame con lei, dentro di se aveva sentito crescere un motivo in più per continuare a combattere. Avrebbe scovato quella banda e finalmente avrebbe messo fine a quella storia. Giustizia fatta, tutto sarebbe tornato come prima, e lui sarebbe ritornato alla Corte dei Miracoli con la sua bella giullare. Clopin stava assaporando quel dolce momento, quando si rese conto che le impronte si stavano allungano verso una direzione a lui 
sconosciuta. Senza indugiare, si fece largo tra i folti cespugli, mantenendo lo stato di allerta e caricandosi di tutto il coraggio che possedeva.

PV Roxanne

Un dolce fascio dorato, che penetrava da una fessura della finestra, mi stava scaldando il viso. Feci sbattere le ciglia per alcuni secondi, dando agli occhi il tempo di abituarsi alla luce solare. Stiracchiai le gambe e sbadigliai. Avevo il sospetto che fosse già mattino inoltrato. Di solito mi svegliavo sempre all'alba. Ma ripensandoci era comprensibile, dopo l'indimenticabile notte che avevo passato col mio giullare. Sorridendo maliziosa, mi girai dall'altra parte.
- Se ogni notte sarà così, potrei prenderci gusto, sai...- non terminai la frase perché mi resi conto che non c'era nessuno. Clopin, che aveva dormito sdraiato accanto a me, era svanito. Coprendomi col mantello, mi guardai in giro per la stanza.
Tutto era esattamente come la sera prima; il vassoio con i grappoli d'uva, il calice di vino sul tappeto, e perfino le briciole di pane secco erano ancora sparpagliate sui cuscini. Ma di Clopin neanche l'ombra.
- Clopin! - lo chiamai con la voce ancora impastata dal sonno. Nessuna risposta. Mentre cominciai a recuperare le mie vesti, mi accorsi che mancavano quelli del mio amato: allora fui certa che fosse uscito, ma mi chiedevo dove fosse andato. Perché non mi aveva svegliata? Cominciai ad agitarmi. Conoscendolo, sapevo quanto fosse imprevedibile e che era capace di qualsiasi cosa. Mi vestì in fretta e furia. Indossai la gonna lunga con il pareo, la camicia rossa e il corsetto nero. Dopo aver indossato le scarpe e il mantello verde muschio, afferrai la maniglia della porta per girarla. Ma con mio gran stupore, la porta non si aprì. 
- Ma cosa?...- feci ad alta voce. Provai nuovamente a girarla, ma la porta sembrava bloccata. Possibile che l'avessi chiusa a chiave ieri sera? Mi accorsi però che anche la chiave era scomparsa. Cosa stava accadendo? Il mio piede, muovendosi in avanti, fece tintinnare qualcosa sul pavimento. Abbassai lo sguardo e la vidi; la chiave in ottone che stavo cercando.
Perché si trovava lì? Afferrandola, collegai quel mistero all'assenza di Clopin. Che fosse opera sua? Possibile che mi avesse chiusa nel carretto con l'intento di...tenermi lontana da lui? No, non è possibile. Perché avrebbe dovuto farlo?
Ma non ci volle un genio per capire la questione, e una nuova ansia mi pervase l'animo. Era ovvio, che volesse tenermi lontana da qualcosa di rischioso. Con il cuore in gola, infilai la chiave nella serratura, e con un solo giro, la porta si sbloccò. Prima di uscire, presi sia il piccolo pugnale da legare sotto alla gonna, sia quello grande donatomi da Zacarias. Chiusi il carretto e posi la chiave all'interno della scollatura della camicia. Dopo di che cominciai a perlustrare la zona in quei dintorni. Non avevo bisogno di farmi altri quesiti inutili: Clopin voleva trovare da solo la banda di criminali e risolvere il problema, senza coinvolgere nessun'altro. Specialmente me. "Dannazione, Clopin!" pensai mentre mi facevo largo tra i cespugli colmi di rovi.

Pv Clopin

Le tracce mi portarono nel folto più sperduto della foresta. In quel punto, i rami degli alberi erano così colmi di foglie, che neanche un piccolo raggio di sole riusciva a penetrarvi. Mentre continuavo la mia indagine, i miei pensieri volarono alla mia Roxanne. Mi chiedevo se si fosse svegliata. Avevo preso la decisione giusta? Il mio me, il giullare della piazza, aveva desiderato rimanere al suo fianco, baciarle la spalla nuda ogni tanto per svegliarla dolcemente. Ma l'altro me, il re della Corte, sapeva che dovevo approfittarne per chiudere quella faccenda scomoda, e tenere la propria amata al sicuro. Per quel motivo, avevo addirittura cancellato le mie orme lungo il tragitto. Conoscendo Roxanne, sapevo che mi avrebbe cercato, quindi dovevo fare in modo di non essere reperibile. Avevo promesso a me stesso che avrei risolto tutto in poco tempo, così sarei presto tornato indietro, da lei. Non potevo nuovamente metterla in pericolo. Lei era troppo importante per me, ormai lo sapevo. Non era solo una questione di consapevolezza, del fatto che lei facesse parte del mio passato. Nonostante non avessi recuperato tutti i ricordi, avvertivo qualcosa di più, che era nata e cresciuta dalla nostra seconda conoscenza, ma ancora non capivo cosa fosse. Quel monologo interiore si interruppe appena mi trovai in un vicolo cieco. Che strano, eppure le tracce mi portavano lì. I miei sensi da gitano mi misero in allerta, e presi il pugnale, guardandomi attorno. Rimasi ad osservare ed ad ascoltare l'intera natura che mi circondava. Dovevo stare attento. Potevo essere preso alle spalle e attaccato da un momento all'altro. Ma diversamente dalle mie aspettative, non accadde nulla. Neanche un leggero fruscio tra i cespugli. A quel punto, mi mossi verso la parete di pietra che mi ostacolava il passaggio. Seguendo l'istinto, feci scorrere la mano lungo quella parete. Spostandomi di lato, arrivai vicino a una specie di siepe, che copriva la parete, come a voler nascondere qualcosa. Senza temporeggiare, presi il pugnale e sradicai alcuni arbusti e scoprì che c'era una fessura, larga abbastanza per poterci entrare. Forse avevo trovato ciò che stavo cercando. Caricandomi di coraggio, entrai in quella strana grotta, camminando di lato. Passarono più o meno cinque minuti e mentre proseguivo mi resi conto che lo spazio intorno si stava allargando. Finalmente potevo muovermi con facilità. Man mano che mi addentravo nel luogo, cominciai a intravedere le prime ombre delle pietre e delle pareti rocciose. I miei occhi si abituarono a quelle sfumature di colori che variavano dal grigio fumo al grigio sfumato. 
" Se è questo il loro nascondiglio, potrò coglierli di sorpresa. Non si aspetteranno un'azione in pieno giorno " pensai, mentre mi muovevo nel buio, cercando di essere silenzioso. Procedetti strusciando contro le pareti, plasmando le rocce con le mani e muovendomi a quattro zampe per familiarizzare col posto. Vivere alla Corte dei Miracoli, facendo a volte la guardia nei tunnel oscuri, mi aveva aiutato a perfezionare gli altri sensi, come l'udito e il tatto. Riuscivo a spostarmi con facilità senza aver bisogno della luce per poter vedere. Mentre trattenni il respiro, a un certo punto i miei occhi intravidero due fiammelle rosse nell'oscurità. Erano piccoli tizzoni ardenti e sembravano avvicinarsi sempre di più. Come un fulmine, afferrai il pugnale, ma un brivido mi percorse la schiena quando vidi quelle piccole luci scagliarsi su di me, veloci come il lampo. Quella strana cosa che si stava fiondando, emise un ringhio rabbioso, e allora feci oscillare il pugnale. Qualcosa di grosso e possente mi venne addosso, e capì che si trattava di un animale furioso. Nonostante il buio, riuscivo a percepire in anticipo i suoi attacchi, e solo in quel momento realizzai che doveva trattarsi del cagnaccio che mi aveva braccato quella sera. Le fauci della bestia avevano serrato il mio braccio sinistro. Anche se era protetto dal guanto, avvertì comunque un dolore acuto, per non parlare della sua 
presa, così forte da scuotermi del tutto. Col pugnale lo attaccai varie volte, ferendolo sul corpo e dove immaginavo ci fosse la gola. L'animale emise qualche guaito di dolore, e man mano sembrava perdere il controllo della lotta. Dopo altri interminabili secondi, rotolando nella polvere, affliggendo altre ferite profonde, riuscì ad avere la meglio sul cane. Non era mia intenzione ucciderlo, ma non potei fare altrimenti. Mi accorsi che tutto era finito quando i guaiti cessarono e la mascella della bestia aveva smesso di massacrarmi il braccio. Mentre quella povera belva giaceva senza vita a terra, io ansimai cercando di darmi il tempo di riprendermi. Anche se si era trattato di un animale, ero abbastanza stanco e scosso. Poi, avvertì un suono.
Clap clap! Battiti di mani. 
Mi girai di scatto verso la fonte del suono, ma era troppo buio per vedere qualcosa. 
- Bravo! Bravo! - disse una voce cavernosa. Ero così concentrato su quella situazione, che non ebbi il tempo di capire cosa stesse accadendo. Quattro mani mi afferrarono per le braccia e le gambe. Una trappola? Mi dimenai come un pazzo per cercare di liberarmi, ma ero ancora esausto per la lotta di poco fa. Mentre continuavo in quel disperato tentativo di liberarmi, sentì dei passi avvicinarsi, intanto i miei polsi venivano legati dietro alla schiena. 
- Uno spettacolo favoloso! Non potevo aspettarmi di meglio dal re degli zingari di Parigi - disse ancora quella voce.
Ero furioso e frustrato.
- Bastardi! - imprecai verso quella voce misteriosa - usare un povero animale incattivito come arma per aggredire e uccidere. E' una cosa da barbari! -.
Ringhiai contro il nuovo arrivato che, molto probabilmente, doveva essere il capo della banda. Mentre me ne stavo in ginocchio, con mani e caviglie immobilizzate, avvertì il bagliore di alcune luci che aumentarono man mano. In poco tempo, la caverna fu illuminata, tanto bastava per poterne studiare lo spazio. Era un vero e proprio rifugio segreto, ma senza tendaggi o carretti, ma solo con il minimo indispensabile per sopravvivere. Mentre mi guardavo attorno, il mio ospite si mosse e uscì fuori dall'ombra. Finalmente avevo dinanzi a me l'artefice di tutto.Come tutti i suoi sottoposti, era vestito di nero, con mantello e cappello, e una fascia che gli copriva mezzo volto. Ero certo, però, che non fosse il suo vestiario personale.
Era uno zingaro, come me, ma della razza più viscida che non potevo tollerare. 
- Il mio fedele segugio è stato un sacrificio prezioso - disse lui, mentre si inginocchiava accanto alla carcassa del cane - Inoltre, questo era il suo ultimo compito, e mi ha dato una gran soddisfazione; mettere a dura prova il grande Clopin Trouillefou. Il mio cucciolo è stato addestrato per questo -.
- Ora basta! Si può sapere chi sei?! - tuonai, con una sensazione sgradevole che mi saliva dallo stomaco. La luce giallastra che le torce emanavano, illuminavano quella figura che pian piano si alzò e mi si avvicinò con fermezza, mentre alcuni gitani portarono via la belva morta. 
- Come, non ti ricordi di me? - mi chiese, e si tolse la benda per mostrare completamente il volto. Scrutai quei lineamenti così duri e aspri. Due occhi, chiari come il ghiaccio, erano marcati da un velo di crudeltà, mentre il mento era delineato da una barba fine che si univa ai contorni dei baffi. Ero certo di non averlo mai visto prima di allora, e quelle sensazioni si riversarono nei miei occhi confusi. Lui lo capì, e ridendo ricominciò:
- Oh, cielo! Quella botta in testa deve averti recato un gran danno, maggiore di ciò che mi aspettavo -. Aggrottai la fronte e i miei pensieri andarono a quella sera...quando tutto era incominciato. Il motivo per cui ero svenuto nel mio teatrino...e le fiamme che divamparono subito dopo. Ma soprattutto, la causa della mia perdita di memoria. Sollevai lo sguardo.
- Tu...- dissi, sconcertato dalla rivelazione. In quel momento, avevo la sfrenata voglia di ammazzarlo.
- Esatto, io! Ma sappi una cosa, non era nei miei piani, credimi - disse, in tono canzonatorio - Intendo, non volevo che le cose finissero così...io ti volevo morto -. Quella verità non mi sorprese più di tanto. In quel momento capì che tutti i miei sospetti erano fondati. Allargai un sorriso e dissi:
- Peccato che sono stati i tuoi piani ad andare in fumo...- non avevo smesso di finire la frase, che uno dei sottoposti mi diede un colpo sulla schiena. Avvertì un dolore atroce, e già sapevo che i punti della ferita si erano aperti. Ma nonostante ciò, non potei fare a meno di ridacchiare.
- Hai fegato, pagliaccio, a prenderti gioco di me - disse poi l'uomo dagli occhi di ghiaccio. Sollevai nuovamente lo sguardo, e senza timore aggiunsi:
- Se ti infastidisce tanto, allora hai l'occasione giusta per rifarti -. Non ci tenevo, certo, a morire. Ma non avevo alcuna paura di rischiare. Mi ero preparato a tale evenienza, fin dal giorno in cui mi ero allontanato dalla Corte. L'unico mio rammarico, sarebbe stato non poter rivedere Roxanne...
- Visto che sei stato così vigliacco da sacrificare il tuo animaletto domestico per intrappolarmi qui, allora accomodati pure, sarà molto facile -.
L'omone rimase esterrefatto per qualche secondo. Era ovvio che non si aspettava quella mia offerta. In realtà, era un altro dei miei tentativi per proteggere la Corte e la mia gente. Se mi avesse ucciso, non avrebbe avuto modo di scoprire il mio reame. Poteva anche torturarmi, ma non avrei ceduto. Mai!
- Quanto sei stupido, mio caro re! - esclamò il mio nemico, sfoggiando un sorriso diabolico. Tra la fila dei denti superiori, brillava un incisivo d'oro.
- Pensi davvero che abbia orchestrato tutto ciò solo per farti fuori? - fece lui, col volto a pochi centimetri dal mio - Se ora ti uccidessi, non potrei realizzare il mio sogno di gloria -. 
Era ovvio che quel maledetto voleva farmi sputare il rospo. Mi avrebbe usato per condurlo alla Corte dei Miracoli. 
- Credi di farmi paura? Potrai usare ogni metodo, ma ti avverto, non ti dirò mai dove si trova il mio regno. Anche a costo di impazzire - dissi con decisione.
- La Corte dei Miracoli? - chiese lui, mentre lo fissai con aria di sfida. Ciò lo fece sghignazzare, e si unirono anche i suoi odiosi compari. Cosa avevano da ridere?
- Ora capisco perché nel tempo libero ti esibisci come pagliaccio di strada - mi prese in giro lui. Quella situazione era così irritante. Sembrava che quel tizio mi conoscesse bene, eppure io non riuscivo a ricordarlo. Unica spiegazione, era che mi avesse spiato per tanto tempo, a mia insaputa.
- Per quanto mi accattivasse l'idea, almeno in principio, posso tranquillizzarti, Maestà - confessò - Non mi importa un accidenti del tuo reame da quattro mura. Ciò che voglio...sarai tu stesso a darmelo. Stando semplicemente legato e buono lì, come un tenero cagnetto -. 
Cosa stava tramando? Se non desiderava scoprire la Corte, allora cosa cercava di ottenere? Era tutto così assurdo. In quel momento, avvertì un verso provenire da un angolo in penombra della caverna. Sembrava un richiamo di avviso, un segnale indirizzato al capo della banda.
- Bene, bene. Finalmente...- disse lo zingaro con voce addolcita. Poi lo vidi allontanarsi verso uno spazio buio, come a volersi nascondere. Un paio di mani mi bendarono bocca e occhi. Non potei fare altro che subire, dato che le corde che mi stringevano erano troppo spesse. Un dolore acuto mi straziò l'orecchio sinistro. Qualcuno di loro mi aveva strappato via, con violenza, l'orecchino a cerchio. Le mie grida di dolore rimasero soffocate dalla benda che mi tappava la bocca.    
- Stai calmo, mio sovrano. Dobbiamo accogliere come si deve la nostra preziosa ospite. Quindi non farci fare brutte figure -.
Con quelle parole, ebbi un brutto presentimento, e sperai con tutto il cuore che non fosse come temevo...

PV Roxanne

Percorrendo una zona della foresta che non avevo mai visto, stavo seguendo delle orme di animale. Non ne avevo la conferma, ma pensai che potessero essere tracce lasciate da un cane, magari lo stesso cane che aveva braccato Clopin, quella sera. Non poteva essere una coincidenza. Pregai allora, che quella belva non lo avesse aggredito, e a passo svelto mi trovai in un vicolo cieco. Uno spazio erboso, pieno di cespugli e arbusti. Guardandomi attorno, mi assicurai che non ci fosse anima viva, a parte me. Perlustrai quel posto, che mi aveva lasciata allibita. Le orme si fermavano proprio su un punto, dove il terreno fangoso 
era secco e ricoperto di foglie gialle. A un certo punto, i miei piedi calpestarono un pezzo di terreno, troppo duro e che emetteva uno strano suono. Ticchettai con le punte delle scarpe e il suono sembrava quello del bussare a una porta di legno. Inginocchiandomi, spostai il cumulo di foglie e scoprì che c'era una botola, come una di quella del palco allestito durante la festa dei folli. Portava un anello di ferro arrugginito e sporco. Lo afferrai e tirai con tutte le mie forze, finché la botola non si aprì, facendo espandere un mucchio di polvere. Agitando una mano, i miei occhi cercarono di scrutare in mezzo all'oscurità che si presentava all'interno di quel nascondiglio sotterraneo. Se le tracce si fermavano proprio in quel punto, non c'erano dubbi. Quella botola portava di sicuro al covo dei vandali, e forse avrei anche trovato Clopin. Ma ebbi qualche esitazione. Mentre ero combattuta se fiondarmi là sotto, avvertì un fruscio alle mie spalle. Mi voltai di scatto, e feci vagare gli occhi per qualche secondo, tenendo stretto il manico del grosso pugnale. Ma non accadde nulla. Nessuna figura sospetta e minacciosa uscì fuori e quindi, senza pensarci ancora, mi decisi a scendere per quella apertura. Appena mi trovai dentro mi accorsi che si trattava di un tunnel ben scavato e che si apriva abbastanza da sembrare un corridoio a grandezza d'uomo. Dovevano averci lavorato un sacco di mani e per tanto tempo, pensai. L'aria, almeno quel poco che potevo avere, era fredda e sapeva di terriccio. Con mia sorpresa notai che, nonostante il luogo sotterraneo, c'era una lieve luminosità necessaria per poter rendere visibile la via. Tuttavia, avevo un dubbio; mi chiedevo se stavo facendo la cosa giusta e se intrufolandomi lì dentro avrei trovato davvero Clopin. E se non avesse proprio scovato il trucco della botola? Forse si trovava altrove. Mentre continuavo a camminare, tenendo gli occhi  puntati dritto, i miei piedi incontrarono qualcosa. La punta della scarpa aveva scalciato contro un oggetto metallico, il cui suono prodotto si ripeté in un profondo eco. Abbassai lo sguardo e a qualche centimetro da dove ero, vidi un orecchino d'oro a cerchio. Dopo averlo recuperato lo analizzai con occhi attenti. Era l'orecchino di Clopin! Il cuore cominciò a battermi forte e per un momento mi sentì mancare l'aria. Con un sorriso dolce-amaro, realizzai che stavo proseguendo nella giusta strada e che dovevo sbrigarmi per andare a cercare il mio amato. Conservai quell'oggetto infilandolo nella scollatura, e ripresi il tragitto lungo il tunnel. A un certo punto mi trovai davanti a un bivio. Due nuove strade che si diramavano, così uguali con due destinazioni altrettanto misteriose. Quale delle due era quella giusta? Con l'ansia che cresceva di più, guardai prima l'una e poi l'altra, entrambe avvolte da una lieve oscurità. Mi mossi leggermente verso quella che portava a destra, e allora il tintinnio dei cammei sul mio scialle mi diede un'idea. Mi sciolsi il pezzo di velluto nero e rimasi un attimo a riflettere. Il solo pensiero che mi martellava mi dava una profonda amarezza, ma era l'unica soluzione. Dopo che fui pronta, finalmente presi la via di destra e avanzai con decisione, soffermandomi ad ogni dieci passi. Trovai un altro bivio subito dopo, e decisi di prendere il tunnel a sinistra. Mentre proseguivo, mi resi conto che l'oscurità stava diminuendo, e un certo chiarore si faceva largo nel tunnel, dandomi maggiore speranza di avanzare con più sicurezza. Ero ormai arrivata alla fine di quel piccolo labirinto, e una strana luce giallastra mi stava invitano a venir fuori di lì. Senza avere fretta, mi appoggiai alla parete e provai a sbirciare. Quello che vidi fu; uno spazio che dava l'idea di una tana spoglia, con alcune torce appese al muro che donavano un blando bagliore. Mentre stavo pensando che ero arrivata alla giusta meta, i miei occhi si posarono su una figura, proprio al centro del posto. Ebbi un sussulto quando capì che si trattava di Clopin. Notando che non c'era nessun altro nei paraggi, mi avvicinai silenziosa in quel punto. 
- Clopin...sono io - gli sussurrai nell'orecchio. Guardandolo da vicino, notai che era stato imbavagliato sia alla bocca che agli occhi. Appena udì la mia voce, lui si dimenò freneticamente, ostacolato dalle corde ai polsi e alle caviglie. Gli staccai il bavaglio agli occhi e dalla bocca per lasciarlo parlare.
- Vattene! Corri via! - urlò il giullare, e solo in quel momento un altro, forte bagliore mi prese alla sprovvista. Un paio di braccia mi afferrarono e mi costrinsero a mettermi in ginocchio. Cori e grida rimbombarono per tutta la caverna, mentre l'ansia e la paura si impadronirono di me. 
- Lasciateci andare! - gridai, cercando di non mostrare paura nei confronti di quei barbari. I due uomini mi tennero stretta e mi legarono con una spessa corda. Intanto, una decina di uomini, tutti diversi di aspetto, ma con il medesimo sguardo assassino, ci circondarono muniti di pugnali e coltelli. 
- Benvenuta nella nostra dimora, bellezza - disse uno di loro, che si avvicinò così tanto da avere il suo alito puzzolente sulla faccia. Cercai di dimenarmi come potevo, ma era impossibile, la corda sembrava dura come il marmo. I miei occhi allora si posarono di lato. Il mio re del piazzale aveva il volto livido di rabbia e lanciava occhiate di disprezzo ad ogni membro della banda. A un certo punto, si sentì un battere di mani. Gli schiamazzi cessarono. Un silenzio tombale ricoprì l'intero spazio e non capì cosa stesse accadendo.
- Branco di sciagurati! Non vi ho insegnato niente? - disse una voce profonda, pacato ma con una nota di rimprovero - E' questo il modo di trattare una dama? -.
Subito dopo, gli stessi uomini che mi avevano legata tagliarono la corda che mi imprigionava. Ebbi un momento di smarrimento, mentre la schiera di furfanti si mise da parte. La prima cosa che feci, appena tornai lucida, fu accovacciarmi vicino a Clopin, per accertarmi che stesse bene.
- Clopin, ti hanno fatto del male? - gli chiesi, mentre ero già intenta a controllare la ferita sulla schiena. Lui scosse la testa, e mi guardò.
- Non preoccuparti per me, cherì... - mi disse, ma notai sulla sua espressione il grande rammarico del fallimento. 
- Tranquilla, mia cara, il tuo pagliaccio sta meglio di me. Lo abbiamo trattato coi guanti - sentì ancora quella voce. Mi alzai in piedi e richiamato il mio coraggio, avanzai di qualche passo verso un punto annegato nell'oscurità. Era da quella parte che proveniva la voce misteriosa.
- Chi sei? Il capo della banda, vero? - chiesi mantenendo il sangue freddo. In quell'angolo buio, riuscì a intravedere un'ombra alta e massiccia.
- Se qui ci fosse un capo, quello sarei io - rispose l'uomo. Il suo atteggiamento mi fece innervosire e facendo qualche passo in avanti dissi:
- Allora mostrati invece di nasconderti nel buio -. A quel mio ordine, lui emise una risatina che metteva i brividi.
- Da che pulpito viene la predica! - fece poi - Proprio tu, una giullare lavora di strada che lavora in incognito, e che pretende di essere presa sul serio.
Patetico! -. 
Quella affermazione mi fece rimanere di sasso. Chi era quell'uomo? Sembrava che mi conoscesse bene. Mi girai verso Clopin e anche lui sembrava confuso.
- Comunque, dato che ci tieni così tanto, ti accontenterò, mia cara - disse, e quell'ombra si mosse, uscendo fuori allo scoperto.
Quando il capo dei criminali si mostrò, i miei occhi si spalancarono man mano che la mia mente mi riportò a quel fatidico e spaventoso incontro.
- Tu...- riuscì a dire, e feci qualche passo indietro. Gli occhi di color ghiaccio, colmi di malizia e crudeltà, mi stavano fissando intensamente.
- Roxanne, conosci questo tizio?! - mi chiese il giullare, evidentemente sorpreso. Lo guardai e capì che non poteva ricordarselo. Ma io non avevo dimenticato.
- Certo che mi conosce, vero, Roxanne? - disse con voce ammaliante lo zingaro. Lo stesso maledetto brigante che quel giorno mi aveva minacciata con la spada.
- Purtroppo sì... - tagliai corto, mentre la rabbia mi stava salendo dalle viscere. Quel giorno, mentre io e Clopin ci stavamo allontanano dal ruscello, due loschi figuri ci bloccarono la strada, e mentre il mio amato cercava di proteggermi, ero stata immobilizzata da quell'uomo grande e grosso. Grazie alla mia agilità ero riuscita a liberarmi e a stenderlo, dopo una frenetica lotta corpo a corpo. Non pensavo che lo avrei incontrato di nuovo.
- Quindi ci sei tu dietro a tutto questo? - chiesi, rimanendo fredda e distaccata - Hai diffuso il caos a Parigi, piccato incendi e devastato la vita di tanti innocenti... per cosa? Per trovare la Corte dei Miracoli? O volevi forse vendicarti di Clopin? -.
Anche se non lo conoscevo, trattandosi di un malvivente del genere, rimaneva pur sempre uno zingaro che era stato umiliato da un altro della sua razza, e non mi sarei sorpresa se quel tizio ne avesse fatto una questione di principio, arrivando addirittura a dare fuoco e fiamme un'intera città. I gitani potevano essere molto vendicativi, se gli toccavi l'onore o cose che ritenevano preziose. Lo zingaro fece una smorfia, come se non condividesse le mie parole. Si sbottonò il colletto del mantello, che lo fece svolazzare per aria senza curarsene più di tanto. 
- Beh, una parte di ciò che hai detto è vera. Ma la questione è molto più...complessa - cominciò a spiegare con calma - Ma abbiamo abbastanza tempo per raccontarvi tutto. Sono sicuro che anche il re dei pagliacci sarà lieto di ascoltare la storia. Di certo, sarà migliore delle sue favolette per poppanti -.
Uno strano suono, come quello di nocche che scricchiolano, mi arrivò alle orecchie. Clopin era in evidente stato di puro nervosismo. Era ovvio; sentirsi così umiliato senza poter controbattere era per lui un colpo basso. Intanto l'uomo davanti a noi si mise "comodo", sedendosi per terra.
- Da quel pomeriggio, dopo aver subito una dura umiliazione, ho cominciato a ponderare una vendetta. Inoltre, volevo accertarmi di una cosa che mi stava a cuore. Dato che mi trovavo nei pressi delle porte di Parigi, ho pensato allora di mettere su un gruppo di modesti compagni. Non è stato difficile, sai, mio caro re? Non tutti gli zingari della tua città ti ammirano e sono disposti a ubbidirti. Molti di loro si lamentano del tuo modo di governare -. 
Volgendo lo sguardo al mio amato, vidi i suoi occhi accendersi di una rabbia spaventosa. Non avevo mai visto Clopin in quello stato.
- Ovvio, se lo sapessi questa gente si ritroverebbe con un cappio al collo. Sono i veri parassiti che vivono al di fuori del mio regno. Solo un lurido verme come te poteva attirare questi schifosi opportunisti -. 
Lo zingaro fece l'impassibile, fingendo di non aver udito nulla, e così proseguì.
- Prima di ciò, mentre giravo per le strade di Parigi, ho avuto modo di ascoltare voci riguardo un giullare di nome Clopin, uno stravagante personaggio dal costume sgargiante che si esibisce al centro del piazzale. Con quelle poche informazioni, fui certo che si trattava di una mia "vecchia conoscenza". Ma sai, la vera sorpresa è stata quando ho saputo che lo stesso pagliaccio era anche il re degli zingari, capo della tanto chiacchierata Corte dei Miracoli. Pensa un pò! -
L'omone fece una pausa e si lisciò con le dita i baffi che si incurvavano verso la barba.  
- In quel momento mi son detto: però, non sarebbe male dare una lezione a quel buffone di strada, per aver ucciso i miei uomini più fidati. Ma al tempo stesso avrei anche eliminato il grande Clopin Trouillefou, il re degli zingari di Parigi. Avrei preso due piccioni con una fava e mi sarei costruito una bella reputazione. Inoltre, una volta fuori gioco, magari avrei preso io il tuo posto, o per lo meno avrei esercitato la mia influenza su tutti i gitani del paese -.
- Così hai cominciato a dare fuoco alle campagne, bruciato la taverna di Marcel, e alla fine hai distrutto anche il mio carretto...- disse Clopin, con tono aggressivo, come un lupo in gabbia. Anche io sentivo la collera che mi stava divorando l'anima. Tutto ciò che stavo udendo era insopportabile.
- Esatto. Ma non fraintendermi. Come ti ho accennato prima, non avevo alcuna intenzione di darti noie, come la questione della memoria. Io ti volevo semplicemente carbonizzato. Per essere precisi, i primi incendi sono stati opera dei miei uomini. Puoi capire anche tu, che sei un capo, a volte i sottoposti possono esagerare quando si annoiano -. 
Dalla cerchia di zingari, alle nostre spalle, si levò un coro di risate divertite. Al contrario, io e il mio amato eravamo disgustati da quel racconto. Quel'essere ripugnate era senza cuore, e non si rendeva conto del male che aveva seminato, delle vite innocenti che aveva coinvolto in quella assurda vendetta. Il solo pensiero che dei poveri bambini potevano rimanere uccisi in qualche incendio, come la piccola Cosette, mi fece tremare sia dalla paura che dall'ira.
- Ma non soffermiamoci in queste sciocchezze, arriviamo alla sera fatidica. Grazie alle mie spie, ero venuto a conoscenza dei tuoi piani per indagare sulla faccenda e dei tuoi gruppi di perlustrazione. Sfruttando la tua indole da zingaro giustiziere, avevo creato un diversivo per farti uscire allo scoperto. Sapevo che ti saresti esposto e così ti ho attirato al piazzale, con delle false tracce. Appena sei entrato nel teatrino, col favore delle ombre, ti ho tramortito alla testa, facendoti perdere i sensi. Avevo una gran voglia di ucciderti quando eri nuovamente cosciente, ma non c'era tempo. Così, ho dato fuoco a tutto. Ero sicuro di aver raggiunto i miei scopi...peccato che, il giorno dopo, sono venuto a sapere che ti eri salvato per miracolo -.
Quel ricordo, così angosciante, mi ritornò alla mente. Se solo non mi fossi gettata in mezzo al fumo...se non lo avessi fatto, davvero Clopin non avrebbe avuto via di scampo. Mi sentì osservata, e con la coda dell'occhio mi accorsi che Clopin mi stava osservando. Sembrava dirmi " sei stata tu, il mio miracolo" e per un breve secondo, i tratti del mio volto si addolcirono. Poi, tornano alla storia, ricollegando gli eventi, mi tornò in mente il cane.
- Anche quel cane, quindi, era uno strumento per uccidere Clopin. Quel pomeriggio, hai usato un altro diversivo per attirarlo ed eliminarlo - affermai, mettendo man mano insieme tutti i tasselli del mosaico. Lo zingaro allargò un sorriso, fece segno di applaudire soddisfatto ed esclamò:
- Brava! Hai indovinato! Ma c'è un dettaglio che dovrei precisare. Il mio cucciolo era riuscito a trovarti e ti aveva anche azzannato, vero pagliaccio? Ma poi sei riuscito a scappare e a nasconderti. Non ero preoccupato, poiché ero certo che seguendo l'odore del sangue, il segugio ti avrebbe scovato in pochi minuti. Ma con mia grande sorpresa, qualcosa era andato storto... -. I suoi occhi di ghiaccio si spostarono da Clopin a me. Quelle gemme così fredde mi fissarono e non potei fare a meno di rabbrividire. 
- Un altro miracolo o semplicemente fortunato? No...Qualcuno doveva averti aiutato...e ne ho avuto la certezza, quando il cane mi ha portato a questo - spiegò lui, e dal taschino del vestito tirò fuori un qualcosa di luccicante. Quando lo mostrò, davanti ai nostri occhi, mi pietrificai. Era uno dei miei cammei dorati. Lo stesso che quella volta, per distrarre il cagnaccio, lo strappai via dal pareo, sporcato col sangue di Clopin, e infine gettato oltre il vicolo.
- E' stato in quel preciso momento che ho realizzato un elemento importante: la zingarella con l'orecchino a mezzaluna era ancora con te. La mia preda preferita - disse l'uomo, facendo un sospiro piuttosto lascivo, che mi fece contorcere le budella. Mentre cercavo di riprendermi avvertì il mio amato farsi avanti.
- Quindi, cosa vorresti dire? Che da quel momento i tuoi piani sono cambiati? -. Lo zingaro annuì senza fare troppe cerimonie.
- Esattamente. Se in principio volevo vendicarmi di te, farti la pelle e tante altre cose, i miei piani si sono mutati. Sapevo ormai, che tu e la giullare avevate una forte amicizia, e così, per tua fortuna, da preda sei diventato un'esca infallibile - terminò lo zingaro, con una risata cavernosa. In quel momento tutto mi fu chiaro. Tutto ciò che era successo negli ultimi tempi erano collegati solo e soltanto a me. Ero così occupata a far tornare la memoria a Clopin, che non avevo neanche sospettato di una cosa simile. Ma in fondo, chi ci avrebbe mai pensato? Mon diè, tutte quelle persone, gli uomini e 
abitanti della Corte...Zacarias...tutti erano morti solo per colpa mia!...Ma perché?! Perché proprio io?...
Insieme al dolore, la rabbia stava salendo sempre di più. I miei occhi si offuscarono da un velo di mille emozioni, troppo forti da celare. 
- Cosa c'è, mia cara? Oh, ti senti forse in colpa, adesso? - cominciò a prendersi gioco di me, con una gran faccia tosta - Non guardarmi in quel modo. Niente sarebbe successo se tu mi avessi dato il colpo di grazia. La prossima volta assicurati di eliminare il tuo avversario, è un consiglio da buon amico - disse  con tono canzonatorio.
- Hai ragione, ma tu non sei mio amico! - esclamai, serrando i pugni. Lo zingaro si avvicinò allargando un sorriso, mentre rimanevo ferma, come segno di sfida.
- Oh, ma possiamo esserlo, mia cara Roxanne Roux...-. A quelle parole, mi senti trafiggere nell'animo, come se una freccia mi avesse colpita in pieno petto.
- Oh, scusami, forse dovevo dire Roxanne Carraro? -. Anche con quel' ultima frase mi sentì spiazzata.
- Roux...Carraro? - ripete alle mie spalle Clopin, con voce confusa. 
- Già. Voglio sapere la tua, re degli zingari, qual'è migliore? - chiese il furfante - Sarai daccordo con me che sia Roux. Senti come suona bene! Invece, Carraro, che razza di cognome è?! -.
- Taci! E' il cognome di mio padre, e ne vado fiera! - urlai con rabbia, non riuscendo a tollerare quell'umiliazione. Mentre la mia voce riecheggiava in ogni angolo della caverna, i miei occhi, che ardevano di una fiamma nuova, erano incollati a quelli esterrefatti del mio nemico.

Nella grotta tutto divenne calmo e tranquillo. Neanche un sospiro o un lieve fiato uscì fuori dalle bocche dei presenti. Solo il leggero danzare delle lingue di fuoco, che bruciavano sulle torce, osava farsi sentire. Il re dei giullari, ancora legato e in ginocchio, era rimasto senza parole. Ma ancora non sapeva di tutta la storia che riguardava la sua bella giullare...e lo zingaro assassino. Che legame c'era tra loro due?
Roxanne, con il petto gonfio di orgoglio, e con gli occhi vermigli che brillavano colmi di fierezza, sembrava una nobile creatura, coraggiosa e giudiziosa.
- Io sono Roxanne Carraro, figlia di Lorenzo Carraro e Yolèn Roux...- detto ciò, con una mossa fulminea, fece svolazzare la gonna, afferrò il pugnale legato alla coscia, e lo puntò verso quell'essere immondo.
- E adesso, mi dirai chi sei e come fai a conoscermi...- 

Angolo dell'autrice:
Rieccomi, finalmente! Gente, non potete neanche immaginare come sto in questo periodo O.O Tra varie cose, faccende quotidiane, cosplay da terminare in tempo ( tra poco di sarà il Lucca Comics ** uff sono così ansiosa, anche perchè porterò Roxanne <3) e quindi ho ritardato di moooolto questo capitolo. Ne sono consapevole ç_ç Comunque finalmente tutti i tasselli cominciano a incastrarsi: avete capito chi è il cattivone, ovvio XD E pensare che non era nei miei piani farlo ricomparire ( vabbè ma ormai tutto quello che succede in questa storia non era in origine nei miei piani XDD ).
Non ve lo aspettavate, vero? ^^ Beh, non rilassatevi perchè ci sono ancora parecchie cose da sapere, e spero che il prossimo capitolo vi faccia rimanere a bocca aperta XD 
Mi dispiace molto per Roxy, perchè adesso si sente così in colpa per tutta la faccenda ( scusami, cara, ti sto facendo patire le pene dell'inferno ç_ç). Ad ogni modo, fatemi pure sapere che ne pensate, perchè sono curiosa <3
Alla prossima, grazie a tutti <3
 

  
    
  
    
           


    
         
   
 
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