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Autore: Fre Angel    16/10/2019    1 recensioni
[The Beatles]
[The Beatles][The Beatles]Questa è un'opera di fantasia. La storia che segue è frutto dell'immaginazione dell'autore e non è da considerarsi reale. È una fan fiction ispirata al testo della canzone "Penny Lane" dei Beatles, i quali detengono i diritti sul brano.
Ascoltando il brano e traducendolo quando avevo tredici anni, mi è venuta in mente questa storia, che è quindi soltanto una mia personale interpretazione della quale detengo ogni diritto.
La storia è presente anche sul mio blog, a questo link https://freangel.home.blog/2019/02/15/penny-lane/
Agatha è una donna ormai adulta, sta per iniziare una nuova vita da moglie e madre ed è forse per questo che si perde nei ricordi della sua adolescenza. Quando ascolta "Penny Lane" per la prima volta, la sua mente non può fare altro che ripercorrere i momenti più belli della sua prima, vera e non tradizionale storia d'amore. Spinta da una forza improvvisa, prova a rincontattare i due uomini che ha tanto amato. Quanto sono cambiati? Quanto ricordano anche loro dei giorni passati tra Liverpool e Amburgo? Quanto spesso pensano a lei?
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Threesome, Triangolo
Capitoli:
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If I were you   
I’d realize that I               
Love you more 
Than any other guy      
And I’ll forgive 
The lies that I    
Hard before                      
When you gave me no reply

 
Paul. I suoi occhi grandi, le pupille che aumentano leggermente per metterla a fuoco. Non si sarebbe mai aspettato di vederla lì, proprio quel giorno. Lo aveva sperato a lungo, per anni aveva immaginato di incontrarla dopo ogni concerto, di leggere una sua lettera tra le migliaia che riceve quotidianamente; e proprio quando si è arreso alla certezza che mai sarebbe tornata, lei è davanti ai suoi occhi.
Ora che le parole di Penny Lane risuonano in ogni casa e in ogni negozio di Inghilterra, ora che i versi scritti da lui e John per dire definitivamente addio al ricordo di lei vengono canticchiati da migliaia di ragazzi, ora lei si è palesata e lui avverte del calore in fondo al petto: è la sensazione di essere di nuovo unicamente Paul, la stessa che prova quando gli altri vanno via e lui rimane da solo con John.      
 Agatha è rimasta ferma, immobile, senza alcun pensiero a tenerle la mente occupata. Poi Paul sorride.  Lei ritrova quel sorriso sincero, luminoso che lo fa apparire sempre più piccolo della sua reale età, e di rimando sorride anche lei, sentendosi di nuovo una ragazzina di Liverpool. Sembrano due adolescenti, il tempo si è come arrestato dentro gli studi di Abbey Road: non sono passati anni, solo pochi secondi dal loro ultimo incontro. Si avvicina a lei a grandi passi e lascia uscire l’energia del sedicenne rinchiuso nel corpo di un giovane adulto.
«Gathie!» è felice di vederla, non ci sono dubbi a riguardo. La stringe forte, le passa una mano su tutta la schiena, come per confortarla, per darle calore dopo la pioggia che l’ha infreddolita. Un gesto premuroso, tipico di Paul che da ottimo osservatore ha sempre saputo di cosa lei avesse più bisogno. Non ha più lo stesso odore che Agatha ricordava: ora sa di colonia pagata a caro prezzo mista a fumo di sigaretta.
«Sei zuppa, ma non eri tu quella che non voleva ci bagnassimo come pulcini?» sorride passandosi il pollice sulle labbra.
I ricordi del passato si affievoliscono e lei riesce a vederlo meglio, osserva i cambiamenti del tempo sul suo aspetto: è più robusto, più alto, è vestito in modo più eccentrico –camicia viola, sotto una giacca grigia e pantaloni bianchi leggermente larghi sulle caviglie- come la moda del momento impone di fare. Sul suo volto è presente un velo di peluria nera, non deve farsi la barba tutti i giorni. Questo incuriosisce Agatha che non ha mai avuto modo di confrontarsi con le versioni adulte di John e Paul. Che abitudini hanno ora? Quali sono i loro pensieri? Hanno ancora dei sogni che inseguono nonostante siano arrivati all’apice del successo già da parecchi anni?        
Avrebbe voglia di fargli tutte quelle domande, ma rimane in silenzio e quando si accorge di essere stata zitta per troppo tempo, si schiarisce la voce, cercando di non sembrare troppo impacciata. «Spero di non disturbarvi» non riesce a capire il perché si senta così intimidita: Paul è sul serio felice di vederla, lo sa, ma dopo due lustri lontani riesce ancora a riconoscere le espressioni sul suo volto? Sono ancora le stesse di una volta, o si sta dando false speranze?               
«Figurati se disturbi, è che…» si ferma, per la prima volta da quando è entrata lo vede imbarazzato. Si liscia i pantaloni, poi scuote la testa. “È ancora Paul, deve prima far ordine tra i suoi pensieri per poter parlare” pensa lei, e un po’ si rasserena. «Perché ci hai messo tutto questo tempo?»    
Eccola, la domanda che non avrebbe mai voluto sentire. Già. Perché tutto quel tempo? Non sa cosa rispondere, si agita, la mente cerca alla rinfusa tutte le scuse possibili, ma le vengono in mente solo frammenti del suo passato recente. “Non ho avuto tempo”, “il matrimonio è avvenuto così in fretta”, “la pioggia”…  poi dalla sua bocca esce la verità, quella che non ha mai ammesso ad alta voce: «Avevo paura». Paul ride, di nuovo. Si diverte? Lei incrocia le braccia al petto, sbuffando innervosita.
«Come hai potuto pensare a una cosa del genere?» Agatha scuote la testa, lo fissa senza capire, ma dallo sguardo che ha la ragazza, Paul sa che deve continuare a parlare. «Ci sono state volte in cui avevamo bisogno di te, altre in cui avremmo voluto condividere tutto questo con te» spalanca le braccia e Agatha osserva la sala di incisione. Si passa la lingua sulle labbra, incapace sul serio di credere a tutto ciò. Che c’entra lei con il loro successo? «Continui a ispirare la nostra musica» le risponde Paul, come se avesse ascoltato i pensieri dentro la sua testa. «Ti abbiamo cercata sempre quando tornavamo a Liverpool, i primi tempi. Passavamo davanti casa tua, ma non c’eri mai. Alcuni vicini ci hanno detto che ti eri trasferita a Londra, ma le tue sorelle non hanno voluto darci il tuo nuovo indirizzo, neanche il numero di telefono. Non abbiamo avuto mai il coraggio di fermare i tuoi genitori, è vero, ma sono sicuro che non ci avrebbero aiutato più di tanto».     
Ad Agatha comincia a girare la testa, avverte un senso di vuoto dovuto sia alla mancanza di cibo, sia alle dichiarazioni di Paul. Quanto tempo hanno perso? Perché le sorelle non le hanno mai detto nulla? Cosa sarebbe successo se una di loro avesse parlato? Ci sarebbe stato ancora Philip? O avrebbe trovato il coraggio di tornare da loro? Afferra lo schienale di una sedia lì vicino, la gira e si mette seduta, nauseata perché conosce la risposta a tutte quelle domande: non avrebbe mai sposato Philip e non avrebbe mai avuto in grembo il bambino che già ama più della sua stessa vita.       
«Tu non ne sapevi nulla?» le chiede Paul, probabilmente non per la prima volta, visto il tono di voce alto. Torna alla realtà e scuote la testa. «Sei stata la protagonista di molte canzoni, anche se non sempre ce ne siamo resi conto. Scriviamo di getto, poi quando proviamo per la duecentesima volta capita che io e John ci guardiamo e lì lo sappiamo: l’abbiamo scritta per te. Sei la nostra musa, ecco.»
«Non ho mai ascoltato le vostre canzoni. Cioè, solo Penny Lane, stamattina» Paul è visibilmente offeso da ciò, o forse solo perplesso. Non gli capita da tempo di avere davanti una persona che non conosce neanche una loro canzone. «Ascoltare le vostre canzoni, capire i riferimenti ad altre donne, mi avrebbe fatto male. Sono sempre stata contenta, anzi, orgogliosa del vostro successo, ma mi sono voluta allontanare il più possibile da questa Beatlemania. Non leggo neanche le notizie che vi riguardano, so qualcosa di sfuggita sull’India perché me ne hanno parlato Rosmary e Serena, ma non ho mai voluto approfondire sul serio.» Con la mano tremolante, Agatha sposta i capelli umidi dal suo volto. Paul non parla, sta assimilando tutte quelle informazioni. Non deve avergli fatto bene scoprire che i molti testi scritti per lei non sono mai arrivati a destinazione, probabilmente come a lei non ha fatto bene sapere che è stata cercata a lungo.
«E come sta John?» una domanda sciocca forse, ma che mette ancora più in difficoltà Paul, Agatha lo nota dal fatto che lui si sta grattando la testa. Poi la melodia di un fischio interrompe quel momento, e con le mani dentro le tasche dei pantaloni, entra nello studio George.        
«Agatha, ti ricordi di George, vero?» fa Paul, con lo stesso tono cordiale che aveva usato anni prima, la seconda volta che i due si erano visti.           
George le fa un cenno con la testa a mo’ di saluto e lei si ricorda di quanto la tranquillizzava il caldo abbraccio di quel ragazzo. Gli aveva affibbiato il soprannome “kitty” perché le ricordava il carattere di un gatto: freddo e distaccato all’inizio, dolce e affettuoso nei momenti in cui gli andava. Non avevano mai interagito molto, quasi mai parlato sul serio ma le piaceva stare vicino a lui, la sua positività riusciva a calmarla anche nelle lunghe notti caotiche di Amburgo.  
«Certo che mi ricordo di Kitty»
George sorride e arrossisce leggermente. Neanche adesso trova il coraggio di dire ad Agatha che non sopporta e non ha mai sopportato quel soprannome. Il suo silenzio mostra in realtà tutto il rispetto e l’amicizia che nutre per Paul e John. Aveva intuito fin dall’inizio che il rapporto tra i tre era più profondo di quanto facessero trasparire. Non aveva mai giudicato la loro relazione e non aveva mai voluto dare una sua opinione quando Agatha si allontanò dai due ragazzi: John non lo avrebbe neanche ascoltato, troppo preso a nascondersi dietro l’immagine dell’uomo che non soffre mai; con Paul avevano caratteri così diversi che avrebbero potuto anche discutere a lungo per questioni futili, così non gli era mai sembrato il caso rischiare un clima teso per un problema privato.            
Guardando Agatha negli occhi capisce immediatamente che è il caso di lasciarli soli. Sa che si è presentata senza avvertire nessuno dei due, o oggi non avrebbero provato. Pensa rapidamente che andando fuori lo studio può avvisare John in tempo. «Sto ancora dormendo, meglio se vado a farmi una tazza di tè. Mi ha fatto piacere rivederti, Gathie»
Lei annuisce. «Anche a me» dice totalmente sincera. «Credo di essermi persa il meglio di voi» aggiunge poi quando rimane sola con Paul.   
«Hai avuto il meglio di noi» Paul la corregge. «Vedi tutto questo? È fantastico, è vero. Non dobbiamo più preoccuparci dei conti a fine mese, se decidessimo di andare in tour avremmo a disposizione un intero piano negli alberghi più lussuosi, siamo invitati alle feste più divertenti e alla moda, ma non siamo più noi. Siamo i personaggi che abbiamo scelto di essere. Hai visto le fan lì fuori? Non adorano le nostre persone, adorano ciò che rappresentiamo. Tu hai conosciuto i veri noi.»               
«E ora siete molto diversi?»      
«Tra di noi no, ma andiamo in India quando iniziamo a perderci»           
Agatha lo guarda senza capire sul serio. Le sorelle le parlano ogni tanto di questo ritiro spirituale, ma il discorso viene sempre interrotto appena si pronunciano i nomi di John e Paul. Ha letto qualcosa di sfuggita nella sala di attesa del medico. Si porta una mano sulla pancia ancora piatta e il cuore le si stringe in un senso di rimorso. Che ci sta facendo lì? Sta iniziando ad avere ripensamenti sulla sua vita attuale, ma è decisamente troppo tardi per cercare una soluzione agli errori passati.                
E come se fosse uno scherzo dell’Universo, proprio in quel momento la porta si apre di nuovo, questa volta in maniera più brusca, come quando le persiane sbattono contro i vetri per segnalare l’avvicinarsi di una tempesta. E proprio come la furia di una bufera, entra John. Agatha si alza di scatto, spinta dall’istinto che le suggerisce di scappare. Ma John è più rapido di ogni suo impulso, o forse è lei che inconsciamente vuole farsi trascinare al largo dalla sua corrente e indietreggia rapidamente a ogni passo che lui fa verso di lei, fino a non poter andare più lontano, sconfitta dal muro.          
Succede tutto così rapidamente: le mani di John appoggiate alla parete che le permettono comunque la fuga ma che lei ignora, persa nei suoi occhi. Si fissano, lo sguardo di lui è severo, profondo, mostra un mondo che lei riesce ancora a capire, è lo stesso in cui si è persa tante volte ma che adesso è pieno di collera. John nutre rabbia nei suoi confronti, lo vede, e lui vuole che lei lo sappia. Il cuore le accelera in petto, vuole piangere, adesso vuole scappare, trema, ma le gambe sono pesanti, rimangono ferme, piantate sul pavimento.     
«Lei non sapeva nulla» Paul si avvicina sempre di più a John. Deve calmarlo, sa del rancore che nasconde, lo ha mostrato nelle parole di “No Reply”, quando l’ha immaginata vivere felice con chissà chi, quando le ha urlato che nessun altro l’avrebbe amata quanto lui.      
I nearly died” quante volte John ha avuto quella frase in testa, quando pensava ad Agatha. E quante volte avrebbe voluto vederla per urlargliela contro, ma lei si è sempre rifiutata di mostrarsi. È scappata da lui, ed è una ferita che non ha mai smesso di sanguinare.
«Nessuno in famiglia le ha detto nulla di tutte le volte che l’abbiamo cercata». John allenta la pressione nelle braccia, serra le labbra, il cuore rallenta il battito, riprende fiato, anche se non è ancora pronto a perdonarle per tutto il tempo in cui non c’è stata.            
«E non ha mai ascoltato una nostra canzone» John la guarda con sospetto, lo stesso sguardo che aveva avuto prima Paul. Probabilmente in testa gli ronzava anche il medesimo pensiero: tutto il mondo conosce le loro canzoni, tranne l’unica donna che avrebbe dovuto ascoltarle e capirle sul serio? Non ci crede.               
«Tranne Penny Lane, ecco perché è qui»           
John vede gli occhi di Agatha riempirsi di lacrime e come uno specchio si riempiono di lacrime anche i suoi. Poi le si avvicina. Petto contro petto, labbra contro labbra.
   
 
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