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Autore: lady lina 77    18/10/2019    1 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I Gimlett e Prudie, con l'aiuto dei bambini e di Ross, erano riusciti a portare a termine un autentico miracolo e in poche ore avevano preparato un buffet abbastanza ricco per essere rappresentativo del Natale. Focaccine, una torta salata ripiena di patate e carne, salsicce, biscotti di pastafrolla, delle buone bottiglie di porto e del budino al cioccolato. Forse non il banchetto sontuoso che si erano prefissati prima che Isabella-Rose scompigliasse i loro piani e di certo nulla che potesse essere paragonato al ricco banchetto londinese di un anno prima, ma i festoni alle finestre e l'albero addobbato in salotto, accanto al camino acceso, facevano comunque Natale. Un Natale speciale, intimo, composto da persone che arrivavano da strade e passati diversi e che per caso e con tanta cocciutaggine, erano riusciti a diventare una grande famiglia.

Demelza aveva riposato quanto più possibile tutto il giorno, in camera, nel letto assieme alla sua bimba più piccola, svegliata ogni tanto dai rumori che provenivano dal piano di sotto, dalle risate dei bimbi, dalle loro liti, dai loro canti e dalle sgridate di Prudie che cercava di mantenere l'ordine. Avrebbe voluto scendere anche lei a dare una mano come sempre, ma sapeva anche che aveva davvero bisogno di riposo e che se voleva essere presentabile e abbastanza in forze per la cena, doveva stare a letto quanto più possibile. In fondo i Gimlett, Prudie e Ross potevano farcela e la cena sarebbe stata solo per pochi intimi: loro, i loro fidati servi, Falmouth, Alix, Dwight, Caroline e le loro bambine e Zachy. Poche persone, tanti bambini e il piacere di stare insieme in quel loro primo Natale.

Fuori continuava a nevicare, anche se più dolcemente, e i cani ne avevano approfittato per correre e giocare all'aperto tutto il pomeriggio. Tutti eccetto Garrick, ormai anziano e decisamente più affezionato al suo cuscino, al caldo e alla sua presenza. Da quando era nata Isabella-Rose non l'aveva mai lasciata un attimo, rimandendo a sonnecchiare nel suo cesto a fianco del letto. Anche Demian era rimasto per un pò ma poi, sentite le urla e le risate dei fratelli, aveva optato per raggiungerli e giocare con loro. Demelza lo aveva lasciato fare, guardandolo mentre usciva dalla porta con un moto d'orgoglio unito a tristezza: stava crescendo e pian piano avrebbe preso la sua strada, preso le distanze e sarebbe diventato grande e autonomo. E forse non l'avrebbe più cercata così spesso e di certo non l'avrebbe più ritenuta così indispensabile. Era normale che accadesse, era giusto così ma faceva male lo stesso, anche se per lei la cosa più importante era che non perdesse quel suo candore e quella sua fantasia che gli facevano scorgere ovunque magie e mondi fatati e che da grande rimanesse quel buono, dolce e gentile bambino che era adesso.

La piccola, fra le coperte, si mosse e prese a succhiarsi la manina stretta a pugno. E Demelza si fermò ad osservarla, pensando a quanto fosse bello essere madre, pensando che non aveva mai voluto altro che questo, essere mamma, a Nampara, mamma dei figli di Ross. Non voleva vestiti di velluto, potere o gioielli, voleva solo l'amore del suo uomo e i suoi figli vicini. Non rimpiangeva nulla di quanto vissuto, di cosa aveva fatto e di chi aveva amato, era tutto parte di un grande percorso che doveva portarla fin lì, in quella Vigilia di Natale, nel suo letto, con accanto la figlia più miracolosa che potesse esistere. E per questo doveva ringraziare Ross per averci creduto, se stessa per avergli permesso di farlo ed insistere, i suoi bambini che erano stati la sua forza, i Boscawen che le avevano dato una famiglia e Hugh, che col suo amore l'aveva accompagnata e sorretta nel periodo più buio della sua vita. Gli aveva lasciato denaro, ricchezza, una casa e una famiglia ma soprattutto i ricordi belli e puliti di un giovane che viveva l'amore in modo pulito e romantico, disisteressato e autentico e che era espresso in tutte quelle poesie che lei gelosamente avrebbe conservato per sempre. E due bambini... Già, la sua vita non sarebbe stata così ricca senza i suoi gemellini e ora, anche senza Valentine... La loro famiglia era perfetta così, grande, omogenea, felice e confusionaria. Sarebbero tornati i giorni londinesi con la loro eleganza, sarebbe tornata ad essere l'altera ed irraggiungibile Lady Boscawen ma anche se vestita di pizzi e ornata di gioielli, dentro di se non avrebbe fatto altro che aspettare il momento del ritorno a casa, a rotolarsi su un tappeto coi suoi figli...

Allungò la mano, sfiorò quella della piccola e Isabella-Rose le strinse le dita con la sua manina minuscola ma paffuta. Si chinò, la baciò e poi chiuse gli occhi, in cerca di riposo e sicura di fare solo bei sogni.


...


I bambini stavano facendo un baccano assurdo, correndo qua e la con delle coperte e spostando sedie. C'era fracasso, un fracasso allegro di chi aspetta il Natale con la sua magia e i suoi doni.

I piccoli, nei giorni precedenti, avevano adornato Nampara con coccarde, addobbando un abete nel salone principale, appendendo fiocchi rossi alle finestre e riempiendo ogni stanza di candele rosse e dorate. Sembrava una casa magica proprio come quella di Londra di un anno prima e soprattutto Valentine, che in quel luogo non aveva respirato che silenzi e solitudine, sembrava il più euforico. Era un bambino, finalmente poteva comportarsi come un bambino e ridere come un bambino e questo riempiva Ross di gioia perché attraverso il suo buon umore, si sentiva in pace con se stesso. Era nato nel peggiore dei modi per un perverso gioco del destino che aveva voluto punire lui ed Elizabeth, ma questo non era importante, lui c'era e finalmente, grazie a Demelza, Ross era riuscito a perdonare se stesso per le sue tante mancanze verso la donna che amava, i suoi figli e lui. E questo lo faceva sentire in pace anche verso Elizabeth perché essere padre di Valentine e avergli dato una famiglia felice era tutto quello che poteva davvero fare per alleviare l'oscurità di quella notte che lo aveva generato. Questo era il modo giusto di saldare il debito con lei, non un matrimonio imposto, non mille folli recriminazioni... Ma essere uomo, prendersi le proprie responsabilità e saper amare di nuovo, anche quando era stato difficile farlo, nel caso di Valentine. Morendo, lei gli aveva chiesto di amare quel bambino e lo stava facendo, senza riserve. Ora lui si sentiva in pace, con se stesso, con Elizabeth e con la sua coscienza...

Qualcuno bussò alla porta e John Gimlett andò ad aprire. E dopo pochi istanti, Jeremy corse a chiamarlo. "Papà, sono arrivati!".

Ross gli poggiò la mano sulla spalla e con lui andò a dare il benvenuto agli ospiti. Erano le sei del pomeriggio ed erano arrivati tutti perfettamente puntuali per iniziare coi festeggiamenti che avrebbero portato alla mezzanotte di Natale.

Alexandra e Falmouth, accompagnati da due servi che portavano un'oca ripiena e altre pietanze cucinate in casa durante la giornata, entrarono, seguiti dagli Enys con le loro bambine e da Zachy.

Il faccino di Daisy spuntò dalla porta del salotto. "Zio, nonna! E i regali dove sono? Avete portato solo l'oca?".

"I regali li porta Gesù Bambino" – le rispose Alix, andando verso di lei per salutarla.

La bimba scosse la testa. "No, non solo! Quelli vengono portati ai bimbi bravi ma siccome non sono sicura di essere stata bravissima, a quel punto i nonni e gli zii devono fare fare i sostituti. Funziona così!".

Ross sospirò, andando a salvare la situazione prima che Falmouth esplodesse e Caroline si strozzasse dalle risate. "Niente ragali fino a mezzanotte! E lo sai, CHE FUNZIONA COSI'!".

Daisy sbuffò e corse via, seguita da Demian e gli altri bimbi, più grandi e composti, salutarono i nuovi arrivati.

"Lei come sta?" - chiese Caroline parlando di Demelza, con la piccola Melliora fra le braccia.

"Sta riposando, non posso garantire che riuscirà a stare con noi tutta la sera e finché sta a letto, preferirei non andare a svegliarla".

Prudie prese le mantelle e poi con Jane, aiutata da Clowance, finì di imbandire la tavola mentre i gemelli e Valentine giocavano e correvano ovunque, facendo baccano e facendo sospirare Falmouth.

"E allora, Poldark? A quando il rientro a Londra? Posso sperare di vedervi fra i banchi di Westminster per le sessioni di primavera? Ho grandi progetti, per me e per voi. E siccome siamo ormai sulla stessa barca, dopo il matrimonio, do per scontato il vostro voto alle mie proposte...".

Ross, con accanto Dwight che sorseggiava un bicchiere di vino, alzò gli occhi al cielo, pensando che si era cacciato davvero in un grosso guaio e che i pranzi e le cene a Londra, coi Boscawen, sarebbero stati accompagnati da lunghe disquisizioni e discussioni. "Vedremo, vedremo... Comunque partiremo appena la piccola sarà in grado di viaggiare, come promesso".

"Ottimo, ottimo..." - rispose Falmouth.

Seduta sul divano con accanto Caroline, Alix batté le mani. "Io e Demelza dobbiamo ristrutturare il vostro cottage., quello in giardino che avete scelto come vostro nido. Abbiamo sviluppato idee grandiose in questi mesi, quì!".

Falmouth poggiò famigliarmente una mano sul braccio di Ross. "Volevate una casetta intima? Ne uscirà una piccola reggia, se ci mette le mani mia sorella".

"Correrò il rischio" – rispose Ross, prendendo al volo Valentine prima che inciampasse e finisse la sua corsa forsennata con la testa nella credenza. "Attento!" - lo rimbeccò.

"Grazie papà!" - rispose il piccolo tutto trafelato, prima di correre di nuovo via a velocità folle, inseguito da Tannen e dagli altri cani che a loro volta erano inseguiti dalla piccola Sophie Enys che, con i suoi gridolini e sui suoi primi passi malfermi, dimostrava di divertirsi molto.

Falmouth lo guardò storto. "E' sempre così? Lo ricordavo calmo e questo lo rendeva molto gradito ai miei occhi...".

"E' in gran forma, come non è mai stato in passato! E' Natale, Valentine e gli altri bambini sono felici e hanno appena avuto una sorellina! Hanno mille ottime ragioni per essere eccitati!".

Falmouth sorrise. "Com'è la mia nuova nipote acquisita?".

Ross, gonfio d'orgoglio, sorseggiò un altro bicchiere di vino. "Bella, fiera, con lo sguardo intelligente e vispo e decisamente testarda. Strilla, se non si fa ciò che vuole lei, strilla come una che vuole mettere il mondo ai suoi piedi".

"Ottima cosa, ci vuole tempra nella vita" – rispose Falmouth mentre Dwight e Zachy ridevano sotto i baffi.

Zachy alzò il calice per un brindisi. "Questa terra ha visto nascere, lottare e prosperare generazioni di Poldark testardi. A Isabella-Rose, che abbia una vita lunga e felice".

"Il primo brindisi della propria vita la notte di Natale, è qualcosa di speciale. Grazie Zachy".

Si voltarono tutti e Demelza, lentamente, scese le scale con la piccola fra le braccia. Aveva fatto una treccia per tenere a bada i capelli e indossava un semplice abito rosso, uno scialle bianco sulle spalle e nella sua semplicità, era bellissima e radiosa.

"Amore mio!". Preoccupato, Ross corse ad aiutarla. "Ti sei alzata, alla fine? Sei sicura di farcela?".

Demelza annuì, sorrise e guardò i suoi ospiti, stringendosi a Ross con la piccolina fra le braccia. "E' Natale e non avrei mai mancato a questa festa per nessun motivo. E nemmeno lei" – disse, osservando la neonata.

"Mammaaaaa!!!".

I bambini le corsero vicino, contenti di vederla. E lo stessero fecero Caroline e Alix.

"Tesoro, stai bene?" - le chiese la suocera, abbracciandola e fermandosi a rimirare la piccola. "Mi sono così spaventata stamattina, quando Ross è arrivato a prendere i bambini e ci ha raccontato cosa era accaduto. Ma ora vedo che stai bene e che lei è splendida".

Demelza accarezzò il braccio di quella donna che considerava come una madre ormai. "Certo, ho solo avuto una figlia, non sono malata come sembra pensare Ross. Io sto bene e anche la piccola".

Dwight le si avvicinò, baciandola sulla guancia. "Ma ti consiglio comunque riposo".

"Agli ordini, starò buona sul divano a parlare di latte e pannolini con Caroline e Alix, siamo tutte e tre piuttosto esperte in materia".

Ross le sorrise e poi la accompagnò al divano, aiutandola a sedersi. Era felice che fosse lì, che fosse accanto a lui e la sua spalla, come sempre. Ma non riusciva a non smettere di sentirsi ansioso per la sua salute. "Stasera ti farai servire e non muoverai un dito, capito donna?" - ordinò, scherzosamente.

"Capito!" - rispose lei, ridendo, mentre i bimbi la circondavano e Demian faceva la linguaccia alla piccola intrusa.

"Demian!" - lo sgridò la nonna.

"Anche questa quì tira fuori la lingua! E mi tira i capelli e non sa nemmeno fare la pipì da sola, mamma deve metterle il pannolino! Deve andare a dormire nella stalla, tutti quelli che nascono a Natale devono dormire lì".

Demelza e Alix si guardarono in viso, ridacchiando. "Abbiamo un bambino geloso...".

"Non sono geloso, sono più bello e bravo di lei e quindi non posso essere geloso".

Ross, mentre tutti attorno chiacchieravano e brindavano, accarezzò i lunghi capelli biondi del piccolo. "Forse un pò è geloso ma è anche molto generoso e volenteroso. Ora che la mamma e la nonna sono quì, che ne dici di dar loro il regalo che hai preparato?".

"Mi hai fatto un regalo, Demian?" - chiese Demelza, con occhi lucenti di orgoglio.

"Sì, mi ha aiutato il papà".

Ross si avvicinò alla credenza, prendendo due piccole buste colorate che porse a Demelza e a Lady Alexandra. "Ci abbiamo lavorato un pò, ma ci teneva a fare questi bigliettini per voi. Dice che era un'abitudine anche del suo primo padre, Hugh".

Demelza lo guardò a bocca aperta, come Alix del resto. Non c'era traccia in Ross né di imbarazzo né di gelosia ma la volontà di tener vivo in Demian il ricordo del padre, di non soffocarlo e di convivere con la sua figura tanto importante per molte persone presenti a quella festa. Era giusto che Demian e gli altri non lo dimenticassero e Ross ormai lo aveva capito ed accettato.

Alix prese Demian sulle gambe, aprendo il bigliettino, mentre Ross, dopo una stretta e un bacio alla mano di Demelza, si allontanò per tornare a parlare con gli altri uomini e lasciarle sole con i loro ricordi e il loro bambino.

"Tesoro...". Gli occhi di Alix divennero lucidi mentre abbracciava il nipotino. Nel bigliettino c'era un disegno, una specie di ritratto che Demian aveva fatto di lei e nell'angolo del foglio c'era scritto 'Buon Natale, nonna'. Una scrittura infantile, forse stentata ma con una nota di eleganza che nessun altro dei bambini, nemmeno Jeremy che era il più grande, possedeva. La mano di un futuro artista, la mano di qualcuno che è nato per tenere in mano una penna...

Anche Demelza aprì la sua busta, trovando un suo ritratto e la stessa scritta 'Buon Natale, mamma'. Stesso tratto elegante e pulito, stesso disegno con tratti infantili ma già ben definiti, una cura per i dettagli inusuale per un bambino tanto piccolo e nell'angolo sotto, anche un abbozzo di firma. E quel disegno, quel tipo di tratto, quella scelta di colori e lo stile delle lettere... Demelza aveva già visto qualcosa di simile, lo riconosceva e, anche se il tratto era ancora infantile, in camera aveva qualcosa di molto simile a quello che Demian sarebbe stato di lì a qualche anno. "Amore, lo hai fatto tu? Da solo?".

"Il disegno sì! Però gli auguri, no, mi ha aiutato il papà! Mi ha insegnato come scriverli".

Incuriosito, mentre girovagava in giro durante i suoi giochi, Jeremy si avvicinò per sbirciare. "Forte! Come papà-Hugh aveva fatto con me quando avevo cinque anni! Ti ricordi, mamma? Anche lui mi aveva aiutato a scrivere un bigliettino per te!".

"Sì, lo ricordo..." - sussurrò Demelza in un soffio, emozionata, mentre Alix si asciugava le lacrime e Jeremy correva via, chiamato da Valentine e Clowance.

"Ti piace mamma? E a te, nonna?" - chiese Demian, incerto nel vedere le sue lacrime.

"Certo, amore" – le sussurrò Alix, stringendolo a se.

"E allora perché piangi?".

"Perché i grandi a volte piangono se sono felici".

"I grandi sono strani!" - ribatté il bimbo.

Demelza, col braccio che Isabella-Rose aveva lasciato libero, lo prese fra le braccia, stringendolo a se. "E' un regalo bellissimo, piccolo principe. E la nonna si è commossa perché il tuo modo di scrivere e disegnare ci ricorda tanto il tuo papà Hugh. Sei il suo erede e lui vive in te e in quello che fai, soprattutto quando scrivi e disegni. E' a questa festa, insieme a noi, tramite te".

Demian divenne rosso dall'emozione. "Ohhh, allora sono importante".

"Certo, amore...".

"Più di lei?" - rispose il piccolo, indicando la sorellina neonata.

Demelza lo baciò, ridendo sotto i baffi. "Sicuramente sai fare molte più cose, avrai tanto da insegnarle".

Contento della risposta e dell'effetto del suo regalo, Demian corse via a giocare con gli altri bambini.

Rimaste sole, Demelza strinse la mano di Alix che ancora non smetteva di asciugarsi gli occhi col fazzoletto. "Avrei voluto che lui li conoscesse meglio, avrebbe adorato l'indipendenza di Daisy e il talento di Demian. Avrei voluto che potesse sentire le loro voci che lo chiamavano 'papà', avrei voluto tanto e tanto altro per lui...".

Alix annuì. "Anche io. Ma come hai detto prima, lui vive. Attraverso i suoi figli e te, che li hai messi al mondo. Se non ci fossi stata, Hugh sarebbe semplicemente morto. Ma adesso esiste, esisterà sempre e lo ritroveremo nei disegni di Demian e nel sorriso biricchino di Daisy. Fa male sentirli chiamare 'papà' un altro uomo ma vederli felici, vedere che qualcuno li ama e li protegge e ne è padre a tutti gli effetti, è quanto di meglio potessi sperare per loro. E per te, che quest'uomo lo hai sempre rimpianto e mai dimenticato. Avete sofferto molto ma avete ricostruito una famiglia meravigliosa e io sono felice di poterne fare parte. So che il tuo cuore è quì e so che tornare a Londra ti peserà, ma spero che continuerai a considerare Londra casa tua come lo è stata per anni".

Demelza le sorrise, dolcemente. "Londra è la mia casa, al pari di Nampara. Il mio cuore è quì e lì. Isabella-Rose è nata in Cornovaglia ma io e Ross abbiamo deciso di farla battezzare a Londra. Un pò quì, un pò la, è un compromesso e siamo felici di aver scelto così".

"Oh mia cara...".

In pace con se stessa, Demelza guardò di nuovo il suo ritratto, orgogliosa di suo figlio e colpita nel vedere, forse per la prima volta, quanto stesse crescendo in fretta e diventando autonomo, capace e in grado di fare i primi passi in quelle che erano le sue passioni, da solo. Strinse la mano ad Alix e poi si alzò, andando verso Ross. Si avvicinò, lo abbracciò e lui le mise un braccio attorno alle spalle.

"Ti è piaciuto il regalo?".

"Sì. E Demian mi ha detto che che lo hai aiutato a scrivere, lui non lo sa ancora fare... E scrive quasi meglio di te, sai?".

Ross e Falmouth risero. "Non che ci voglia molto, ma il bimbo ha comunque talento".

Con la coda dell'occhio, Ross notò Daisy che passava, tenendo per mano la piccola Sophie. "Abbiamo provato anche a coinvolgere Daisy, ma lei a differenza del fratello non ama proprio né stare seduta, né tenere dei pennarelli in mano.

Falmouth chiamò la nipotina. "Tu batti la fiacca? Non fai i regali alla mamma?".

Daisy, seria seria, si bloccò e picchiò il piedino per terra. "Io voglio fare la pirata, non scrivere bigliettini!".

Falmouth la fissò, pensieroso, poi un sorriso furbo comparve sul suo viso. "Lo sai che io ho molte navi che viaggiano per il mondo per portare a termine i miei affari e vendere la mia merce?".

"No, non lo so" – rispose la bambina, mentre Demelza e Ross lo guardavano senza capire dove volesse andare a parare.

Falmouth proseguì. "Ora quelle navi le guidano dei miei uomini di fiducia. Ma per quanto di fiducia, non sono come un nipote... Da grande potresti comandarle tu e andare in giro per il mondo per fare affari per la tua famiglia, ti va?".

"No!" - rispose Daisy. "Io voglio fare il pirata!".

Falmouth non indietreggiò, dimostrando che aveva in mente un piano già ben elaborato. "I pirati vogliono fare soldi, denaro, trovare oro! Anche io, non c'è molta differenza".

Daisy lo guardò e poi spalancò la bocca, stupita. "Zio... Ma allora sei un pirata anche tu?".

"E della peggior specie..." - borbottò Ross rivolto a Dwight, sotto voce.

Falmouth tossicchiò, allargandosi il colletto della manica. "In un certo senso...".

"E se guido le tue navi, posso mettere il fazzoletto nero in testa, col teschio?".

"Se lo vorrai... Vedi, prima parlavi di regali di Natale, no? Lo zio ti sta regalando un'intera flotta, basta che dici di sì!".

Daisy ci pensò su e poi, seria seria, gli si avvicinò e con fare trionfale allungò il braccio, stringendo formalmente la mano allo zio come aveva visto spesso fare gli adulti dopo aver siglato un accordo importante. "Va bene, affare fatto!". Era Natale e a cinque anni si era appena costruita una carriera. E decisamente contenta corse via, tornando ai suoi giochi con all'attivo un regalo di Natale che valeva diversi milioni di ghinee...

Ross e Demelza guardarono Falmouth, anche loro a bocca aperta. "Abbiamo capito bene?".

"Ovvio!".

"Eravate serio?" - chiese Ross, sicuro delle capacità di Daisy ma convinto che Falmouth avrebbe un giorno affidato tutto al maschietto, Demian.

Come intuendo le sue perplessità, Falmouth si affrettò a precisare. "Demian è come suo padre, un sognatore, un sensibile, un artista. Gente buona, per carità. Ma perfettamente inutile quando si tratta di affari. Daisy è un segugio, non conosce vergogna e ha la mia stessa faccia tosta. Se devo affidare a qualcuno i miei affari, chi meglio di lei potrebbe portarli a compimento? Potrebbe vendere ghiaccio al Polo Nord, se ce la mandassi, con quella faccia tosta e quel visino angelico. Sono un Boscawen e so fiutare da lontano gli affari, lei è una Boscawen ed è nata per questo e vuole navigare per mare. Facciamola contenta!".

Demelza prese un profondo respiro, consolandosi col pensiero che sarebbero dovuti passare molti anni prima che Daisy fosse abbastanza grande per partire per mare e che forse, nel frattempo, avrebbe potuto cambiare idea... Forse...

Ross, le cinse le spalle, accarezzando la manina di Isabella-Rose che si era svegliata. "Su, non parliamo di affari, stasera. E' Natale e si deve festeggiare".

"E' Natale e si deve festeggiare..." - rispose Demelza, con un sorriso. E festeggiarono...


...


Era passata ormai la mezzanotte e gli ospiti se n'erano andati da un bel pezzo. La casa era avvolta dal silenzio e dalla pace.

La festa era stata allegra, condita da grandi chiacchiere e mangiate, da risate e da piani per il futuro, i bambini avevano inscenato nel salotto una specie di presepe vivente coinvolgendo anche Isabella-Rose, sequestata da Clowance e messa fra lei e Jeremy ad interpretare Gesù Bambino. Daisy e Demian erano stati scelti per fare l'asinello e il bue e Valentine e Sophie Enys avevano interpretato i pastorelli e la scena era stata divertente e aveva fatto scaturire un sacco di risate fra i presenti, soprattutto quando i gemelli avevano tentato di imitare i versi degli animali che interpretavano.

Poi, dopo che gli ospiti se n'erano andati e tutto era stato sistemato dai Gimlett e da Prudie, Demelza e Ross si erano messi in salotto, illuminati solo dalla luce del camino, con tutti i bambini e i loro cani vicino. I piccoli avevano insistito per una fiaba di Natale da inventare e raccontarsi davanti al fuoco, come una nuova tradizione da ripetere poi ogni anno e alla fine erano finiti a chiedere ai genitori come si fossero conosciuti e Ross e Demelza avevano raccontato la loro storia, partendo da quella famosa fiera di Redruth di tanti anni prima...

Era stato bello, tutto condito da risate e domande anche buffe e alla fine erano rimasti davanti al camino senza andare a letto, avvolti dalle coperte, a dormicchiare su divani e tappeti.

Riscaldati da una calda coperta di lana bianca, Ross e Demelza osservavano dal divano i loro bambini addormentati, Clowance sul divanetto antistante, Demian, Valentine e Jeremy sul tappeto e Daisy che ancora non dormiva e girovagava per casa con legata in testa una fascia nera, da piratessa, che le avevano regalato quella sera Dwight e Caroline. Mai nessuna bimba era stata così felice per un fazzoletto come dono di Natale, pensarono ironicamente...

"Sono felice..." - sussurrò Demelza, rannicchiandosi contro il petto di Ross con la piccola Isabella-Rose perfettamente addormentata.

"Pure io".

Lei alzò il viso, a guardarlo negli occhi, come desiderosa di spiegarsi meglio. "Voglio dire... Sono felice di questo, di essere quì, con te e coi bambini, davanti al fuoco. Non ho mai voluto altro, solo questo. Tutto questo! E ho TUTTO! E certe volte ci penso, in questi giorni...".

Ross si accigliò. "A cosa?".

"Che nessuno ha mai davvero TUTTO quello che desidera. Io sì! E mi chiedo cosa abbia mai fatto di speciale per meritarlo".

Lo sguardo di Ross si riempì di dolcezza e tenerezza, era proprio da lei sottovalutarsi e non capire il suo grande valore e quanto fosse speciale. "Io credo che al mondo non esista nessuna persona che meriti TUTTO quanto lo meriti tu. Fai molto di speciale, lo fai ogni giorno, lo hai fatto sempre anche mentre passavi l'inferno. Non hai mai vacillato per il bene di chi amavi e sì, tu meriti TUTTO. E se il tuo tutto siamo noi, io sono felice!".

Gli occhi di Demelza si velarono di lacrime, era commossa da quelle parole e dal modo dolce in cui lui le aveva pronunciate. "Oh Ross...".

Lui le accarezzò il viso, baciandola sulle labbra. "Io sono meno perfetto, merito di non avere TUTTO e forse non merito nemmeno niente. Ma ho tutto, da te e tramite te, INSIEME a te e mi sento dannatamente e immeritatamente fortunato per questo" – concluse, baciandola sulle labbra. "Tu sei la donna migliore del mondo, paragonabile a nessun altra ai miei occhi. E io sono l'uomo decisamente più fortunato del mondo e ne sono consapevole".

"Davvero non cambieresti nulla?" - chiese Demelza. "Di ciò che è stato e siamo?". C'era una sorta di ritrosìa in quella domanda.

Capendo quanto lei alludesse al passato e a quanto entrambi avevano vissuto con altri, Ross si sentì di tranquillizzarla. "Nulla, ogni cosa amore mio, ci ha portati quì, al nostro TUTTO. A questo divano, a questo camino, a questa bambina appena nata e a tutti quelli che abbiamo attorno, alla cena di stasera e agli ospiti che abbiamo avuto alla nostra tavola. Non cambierei nulla... Non voglio nulla di diverso. E tu?".

Demelza sorrise, baciandolo ancora sulle labbra. "Nemmeno io. Ho tutto, siamo TUTTO. E non abbiamo altro da chiedere, non ho altro da chiedere... Io sono quì, tu sei quì e ci sono i bambini. Respiriamo, viviamo, amiamo e non ci serve altro. Non c'è altro da chiedere, nessun passato da recriminare e un futuro da costruire. Ma domani... Oggi, adesso, siamo quì e siamo insieme. Solo questo conta...".

Ross annuì, completamente d'accordo, catturato dalla sua voce e dal suo volto tanto vicino. "Sì, solo questo conta" – disse, perso nei suoi occhi.

"Questo e i pirati!" - sussurrò la vocina di Daisy, che faceva capolino dalle scale col suo fazzoletto nero in testa, simbolo di un futuro che avrebbero costruito tutti insieme, mattone dopo mattone.

Ross e Demelza sorrisero e poi, allargando le braccia, l'accolsero con loro sul divano, in un caldo abbraccio.

  
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