Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
Segui la storia  |       
Autore: _Coki    30/07/2009    3 recensioni
E più cadevo, più il dolore scompariva...
Cadevo in un pozzo, un pozzo senza fondo, un pozzo che mi risucchiava sempre più...
Cadevo, e non c’era nulla a fermarmi...
Vedevo la luce, anzi la intravedevo e scompariva, sempre più velocemente, diventava più piccola, sempre di più, sempre più lontana...
Cadevo, ma non riuscivo a fermarmi.
Eppure lo volevo, volevo raggiungere quella luce, volevo sentire ancora, per l’ultima volta, il sapore e la dolcezza dell’aria.
Volevo sentirla ancora dentro di me...
Ma non solo nei polmoni, in tutto il corpo.
Volevo ancora viverla, ma ormai non ci speravo tanto...
Cadevo, anzi precipitavo, precipitavo nell’oscurità più immensa...
Poi la luce, quel piccolo barlume di luce, scomparve, portando via con se anche la mia ultima briciola di speranza...
Così, presa da quel tormento, non mi accorsi della calda lacrima solitaria che, scappata dai miei occhi chiusi, scendeva lungo la mia guancia rosea...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ragazze, ho un annuncio importantissimo!!!
Non so se per voi sarà una novità bella o brutta, ma per me è la scelta migliore. Per me e per la mia estate.
Il fatto è che per me scrivere qualcosa di serio durante l'estate diventa un peso. E questa FF sta diventando un impegno per me. Prima pensavo che sarebbe servita come passatempo e divagazione dai pesanti pomeriggi di studio, ma il fatto è che, per cercare di non deludervi, sto cercando di scrivere tanto, troppo in fretta, in modo pressochè approssimativo e in giorni e ore per me preziosi...
Il problema è che, avendo cambiato scuola a settembre e avendo un carattere piuttosto chiuso e timido, ho bisogno di tutto il tempo a mia disposizione per cercare di integrarmi nel miglior modo e di socializzare con dei compagni con i quali condividerò un periodo della mia vita tra i più importanti. Scrivere per postare regolarmente mi porta via tanto tempo prezioso.
Per questo, sono venuta alla conclusione di finire questa FanFiction con questo capitolo, ovvero il più importante e significativo. Nel caso in cui, con il fresco dell'autunno e il ricominciare delle scuole, mi tornasse la voglia di scrivere, probabilmente contenuerò questa storia con un secondo e non meno demenziale capitolo.
Non mi resta quindi che augurarvi buona lettura!

...Capitolo 12...

Joe
Chiusi la porta del bagno, appoggiandomi ad essa. Erano le due di notte e dalla finestra non filtrava alcuna luce. Tremavo.
Non avevo mai fatto un incubo del genere, nemmeno nei momenti più oscuri che, prima o poi, ogni adolescente passa. Mai.
Ero spaventato, molto, e avevo l'ansia che mi correva dietro con il kawasaki [come direbbe la sottoscritta XD N.d.R.].
Cercavo di regolarizzare il respiro ed il battito cardiaco, nella vana speranza di sentirmi meglio.
Mi avvicinai al lavandino a capo chino, poggiando le braccia tese sul freddo marmo bianco.
Mi accorsi di quanto stessi veramente male quando alzai lo sguardo verso lo specchio a muro che avevo davanti. Quasi non mi riconobbi, tanto era il pallore.
I capelli erano spettinati e del sudore freddo mi bagnava tutta la fronte, il collo ed il petto nudo. Gli occhi erano semichiusi ed infiammati per la sbornia di qualche ora prima e, appena sotto di essi, due profonde e violacee occhiaie regalavano al mio già orribile aspetto, un che di inquietante.
"Ma guarda come ti sei conciato... " dissi al me stesso rinchiuso nello specchio.
Sentivo delle deboli fitte di dolore che percorrevano la mia nuca, arrivando fin sopra l'occhio destro.
Avevo già dato di stomaco, ma il malanno non accennava a passare...
Mi odiavo.
Ma come diavolo facevo a cacciarmi in certe situazioni?
Guardai di sottecchi il rubinetto argenteo, sconsolato, aprendolo.
Feci un sospiro profondo, e misi la testa sotto il getto d'acqua ghiacciata.

Era da un po' di tempo che non mi facevo vivo e non sapevo come avrebbe reagito alla mia improvvisa ricomparsa. Nonostante ciò, avevo bisogno di una mano, una mano bella grossa, e lei era stata la prima a venirmi in mente.
Camminavo tranquillo, cercando di calmarmi, o almeno di far credere agli altri che lo fossi.
Mi aggiustai meglio gli occhiali da sole sul naso e abbassai lievemente la visiera del cappellino da baseball. Cercavo di evitare ogni tipo di paparazzo che potesse arrivare ad una troppo affrettata conclusione, pensando che stessi andando a trovare una nuova "Amante Segreta". Non volevo che venissero ad importunare lei, e tantomeno che mi vedessero in giro. Mi ero anche dimenticato di rifarmi la barba...
Ero arrivato in riva ad un laghetto artificiale, dove sapevo che l'avrei trovata. Passava lì gran parte del giorno, ora che non lavorava più. Raggiunsi la nostra panchina.
Come se mi stesse aspettando, con un sorriso raggiante che le illuminava il volto, una simpatica e tenera vecchietta mi scrutava serena.
Mi sedetti accanto a lei, prendendo le sue mani fra le mie. La sua pelle era calda e morbida, fragile e un po' rugosa, con un che di calore materno.
"Ehi, giovanotto, quanto tempo era che non venivi a trovarmi? Razza di mascalzone!" mi disse, percependo la mia tensione e tentando di rompere il ghiaccio.
Mi ero dimenticato il suono dolce della sua voce e, dovevo ammetterlo, mi mancava.
"Scusami nonna, ma lo sai che gli impegni sono sempre troppi..."
Ebbene sì, la mia nonna italiana!
"...Ma non abbastanza per impedirti di commettere grandi sbagli di cui ti penti immediatamente."
Alzai la testa di scatto: non ci potevo credere!
"Caro mio, ti conosco troppo bene per pensare che questa sia solo una visita di cortesia!"
Allungò un dito e lo poggiò sotto il mio mento, in modo da portare i miei occhi all'altezza dei suoi.
"Lo vedo da questi occhioni spenti. Un artista non dovrebbe mai avere degli occhi così vuoti e persi. Sono gli stessi occhi di tuo nonno, te l'ho detto? Così profondi e caldi, ma capaci di ghiacciarti con una sola occhiata, di esprimere mille parole e, al contempo, di chiudersi, feriti da sentimenti troppo impetuosi."
Sorrisi docilmente. Ero sicuro che mi avrebbe capito con una sola occhiata: era pur sempre mia nonna!
"Ecco, io ho bisogno di un tuo consiglio..."
Tornai a guardarla negli occhi, quasi cercando una conferma. Incrociai il suo sguardo apprensivo, che mi diede la sicurezza di essere ascoltato.
Cominciai a parlarle.
Parlavo di Damia, di me, di tutto e di niente. Non ebbi bisogno di chiarire quanto fosse importante per me quella misteriosa ragazza dalle parvenze di una bambola, perchè ero sicuro che mi avrebbe capito.
Restò ad ascoltare mentre mi sfogavo, mentre mi inveivo contro, mentre mi maledicevo per la brutta piega che aveva preso la mia vita.
Mi sorpresi quando, esprimendo coincitatamente le ultime frasi, sentii un moto di dolce sollievo.
Sorrisi.
Mi sentivo meglio, ancora prima di sentire mia nonna rassicurarmi, come suo solito.
Ma questa volta non lo fece, e questo mi lasciò di stucco.
"Non so casa dirti Joe, sono senza parole. Non me la sento di dirti che si risolverà tutto molto presto e che avrete una vita felice e rosea insieme. Non posso consigliarti niente, perchè tu hai giocato con dei sentimenti, e per ogni persona c'è una reazione diversa. Non sono affatto sorpresa dal fatto che quella povera ragazza non voglia più vederti... Se ciò che mi hai raccontato di lei è vero, ha tutto il mio appoggio."
Mi guardò, incuriosita, mentre dalla tasca del mio giacchetto cadeva un'agendina, aprendosi su una pagina che avrei preferito rimanesse nascosta.
La raccolse con dolcezza, e cominciò a leggere, sotto il mio sguardo imbarazzato.
Sapevo a memoria quelle parole, che avevo scritto appena quella notte, subito dopo essermi ripreso dalla brutta esperienza dell'incubo.
Era una canzone, scritta di getto, cercando di liberarmi delle sensazioni turbinanti che urlavano rabiose dentro la mia testa. Probabilmente poco romantica, ma sicuramente portata da un moto liberatorio:

[Underdog by Jonas Brothers]
She's an underdog
Lives next door to me
She's always heard you won't amount to anything
And it kills me to watch the agony beyond her eyes
Tragic the way people pass her by
But now I realize

That everyone sees her
But nobody knows her
She screams in her pillow
For a better tomorrow
She hates it
But she takes it
Watch out for that girl
One day she may change the world

She's original
Never trying to fit in
She's got a way to always go
Against the grain
Oh yea!
Someday they'll see how beautiful she really is
I know that last will be the first
The table gonna turn 'cause...

Everyone sees her
But nobody knows her
She screams in her pillow
For a better tomorrow
She hates it
But she fakes it
Watch out for that girl
One day she may change the world

Maybe she'll be in a movie
Maybe she'll be in a song
Better pay her some attention
Before she's gone

She's an underdog
Yea
She means the world to me
Yea

Everyone sees her
But nobody knows her
She screams in her pillow
For a better tomorrow
She hates it
But she makes it
Watch out for that girl
One day she may change the world
[Traduzione]
Lei è una perdente
Abita vicino a me
Lei ha sempre sentito che tu non conterai nulla
E mi uccide vedere l'agonia nei suoi occhi
E' tragico il modo in cui le persone le passano accanto
Ma adesso posso capire

Che tutti la vedono
Ma nessuno la conosce
Urla sul suo cuscino
Per un domani migliore
Lo odia
Ma lo sopporta
Stiamo attenti quella ragazza
Un giorno potrebbe cambiare il mondo

Lei è originale
Non prova mai ad adattarsi
Trova sempre il modo di andare
Contro il suo carattere
Oh sì!
Un giorno vedranno quanto lei sia davvero bella
So che l'ultimo sarà il primo
La classifica cambierà perchè...

Tutti la vedono
Ma nessuno la conosce
Urla sul suo cuscino
Per un domani migliore
Lo odia
Ma lo inganna
Stiamo attenti a quella ragazza
Un giorno potrebbe cambiare il mondo

Forse sarà in un film
Forse sarà in una canzone
Fareste meglio ad essere più attenti a lei
Prima che se ne vada

Lei è una perdente

Lei significa tutto per me


Tutti la vedono
Ma nessuno la conosce
Urla sul suo cuscino
Per un domani migliore
Lo odia
Ma lo costruisce
Stiamo attenti a quella ragazza
Un giorno potrebbe cambiare il mondo

Trattenni il fiato, mentre mia nonna scorreva con gli occhi le ultime righe di quel mio scritto, che, tutt'a un tratto, mi sembrava la cosa più stupida che avessi mai composto...
Alzò gli occhi, incrociando il mio sguardo preoccupato.
"E questo? Cos'è?" mi chiese con tono complice, mentre i suoi occhi si illuminavano.
"Ecco, penso tu abbia già capito quanto lei sia importante per me... Ti prego, aiutami!"
Sospirò, squotendo la testa. Poi la sollevò, regalandomi un altro dei suoi splendidi sorrisi.
"Oh, Joe caro, posso dirti solo una cosa. Ciò che vedo guardandoti non è affatto bello: c'è un guscio, una copertura, che è la tua facciata, quello che appari. Il brutto è che, secondo me, dietro al guscio non c'è niente. Tu sei solo chi gli altri vogliono che tu sia."
Si interruppe per pochi secondi, permettendomi di assorbire per bene la botta che erano state quelle parole per me.
"Davanti a me," continuò, prendendomi le mani fra le sue. "vedo due uomini: uno è l'uomo che sei diventato, e l'altro è quello che vorresti essere. Il capitombolo che secondo me ti stai preparando a fare... è un tipo speciale di capitombolo, orribile. A chi precipita non è permesso di accorgersi di quando tocca il fondo. Continua soltanto a precipitare giù. Questa bella combinazione è destinata agli uomini che, in un momento o nell'altro della loro vita, hanno cercato qualcosa che il loro ambiente non poteva dargli. O che loro pensavano che il loro ambiente non potesse dargli. Così hanno smesso di cercare. Hanno smesso prima ancora di avere veramente cominciato. Mi segui?"
Annuii, rapito.
"Se ti scrivessi una cosa, la leggeresti con attenzione? La conserveresti?"
Annuii di nuovo, con più fervore.
Riaprì l'agendina che aveva raccolto da terra e, tirata fuori una penna dalla borsa, scrisse qualcosa su una pagina bianca.
"Per quanto sembri strano, questo non l'ha scritto un poeta di mestiere. L'ha scritto uno psicanalista che si chiamava Wilhelm Stekel. Ecco quello che ha detto..."
Presi ciò che mi tendeva e lo girai per poter leggere quel che aveva scritto. Nel centro preciso della pagina candida, in calligrafia elegante, una scritta recitava: 'Ciò che distingue l'uomo immaturo da quello maturo è che il primo vuole morire nobilmente per una causa, mentre il secondo vuole vivere umilmente per essa.'
"Io credo, che uno di questi giorni ti toccherà di scoprire dove vuoi andare. E allora devi matterti subito in marcia. Ma immadiatamente. Non puoi permetterti di perdere un minuto."
Si interruppe, in modo da potermi abbracciare con calore.
"Tra l'altro, scoprirai di non essere il primo che il comportamento degli uomini abbia sconcertato, impaurito e perfino nauseato. Non sei affatto solo a questo traguardo, e saperlo ti servirà d'incitamento e da stimolo. Molti, moltissimi uomini si sono sentiti moralmente e spiritualemente turbati come te adesso. Per fortuna, alcuni hanno messo nero su bianco quei loro turbamenti. Imparerai da loro... se vuoi."
Ci guardammo intensamente negli occhi per svariati secondi, mentre il silenzio calava tra di noi.
Ma il silenzio è un discorso portato avanti con altri mezzi, e difatti noi parlammo con gli occhi.
Poi lei interruppe quella nostra particolare chiacchierata : "Ora vai: penso che tu abbia qualcosa di meglio da fare che importunare una povera vecchietta!"
Sorrisi, arrendendomi al fatto che, quella signora dall'aspetto delicato e innocente, avesse sempre e comunque ragione.
Avevo altro da fare, sì, ed ero anche piuttosto in ritardo...

Nick
"Joe, sei davvero sicuro di volerlo fare? Insomma, è da una vita che non suono quella canzone, non sono nemmeno sicuro di ricordarmela!"
Cercavo di rincorrere mio fratello che, come suo solito, una volta presa la sua decisione, non si smuoveva minimamente.
"Dai, Nick, ma che ti costa, la suono io, tanto è tutta chitarra classica. Mi servono solo tre minuti e tredici secondi. Non mi prolungherò a lungo sulle note e cercherò di velocizzare il ritmo, ok?" mi rispose con voce scocciata, fermandosi per guardarmi negli occhi.
Ricominciò la sua corsa verso il camerino e io ripresi a corrergli dietro.
"No, Joe, che non va bene! Mi vuoi dire cosa hai intenzione di fare? Riuscirai a lasciare in pace quella povera ragazza e a permetterle di dimenticarti?"
Si fermò di nuovo, esasperato.
"Ma tu da che parte stai? E' naturale che io non voglia che lei mi dimentichi. Non posso vivere senza di lei, non mi è materialmente possibile, capisci?"
"E invece sì, Joe, è possibilissimo. Quello che tu provi non è amore, è solo un espansione d'egoismo: hai deciso di tornare da lei solo perchè ti fa stare bene, non perchè tu ci tenga veramente, perchè altrimenti ti saresti già fatto da parte e l'avresti lasciata partire per l'Italia questa sera stessa, come da programma."
"Eh, no, Nick, questo è troppo! So di aver sbagliato e di essermi meritato pienamente quel pugno sul naso, ma addirittura arrivare agli insulti... Hai marcato il limite, Nick. Potete dirmi di tutto: che sono stronzo, che sono superficiale, che non so tenermi un cecio in bocca, che spesso non sono stato sincero, che non sono mai stato un bravo fratello, che sono troppo istintivo, quello che vuoi. Ma tu, qui, il 2 luglio del 2009, non devi nemmeno azzardarti a dire una cosa del genere. Non puoi. Ma come ti permetti! Mettere in dubbio un sentimento del genere nei confronti di Damia! Sai quanto me quali sono i sentimenti che mi legano a quella ragazza e un colpo basso come questo da un fratello non c'è proprio da aspettarselo, Nick. Mi meraviglio di te..."
Lo guardai, sorpreso e spiazzato da quella sua reazione, e, guardandolo negli occhi improvvisamente ardenti e anche un po' lucidi, mi accorsi di quanto le sue parole fossero sincere.
Abbassò il capo e scosse la testa.
"E io che pensavo che sui miei fratelli potessi ancora contare..." aggiunse, più rivolto a se stesso che a me.
Rimasi impietrito a guardarlo voltarsi e ricominciare la sua marcia (ora un po' più lenta) verso il camerino, sentendomi un verme.

Faith
"Dai, Hope, datti una mossa, per quanto tempo devi rimanere chiusa in quel bagno?"
Sbuffai spazientita, tornando verso camera mia.
Camminando, mi resi conto che qualcosa non andava. Tutto troppo tranquillo, tutto troppo silenzioso.
Passai davanti alla piccola palestra che, praticamente ogni giorno, veniva riempita di sbuffi e brevi gemiti di un'impegnata Damia.
Ma quella sera no. Quella sera non proveniva alcun rumore da quella stanzetta che oramai le apparteneva. Niente, zero.
Venni presa dal panico, cercando un valido motivo che l'avesse indotta a rinunciare addirittura al suo allenamento quotidiano, alla sua fonte di sostentamento e di sfogo.
Urlai il suo nome, disperata, lasciando traspirare dalla mia voce tutto il panico che mi soffocava. Mi lanciai giù per le scale saltando gli ultimi gradini e, quasi scivolando sul marmo liscio, raggiunsi la sua stanza. Spalancai la porta, sentendomi quasi un'intrusa.
Lei era lì, sul suo letto, raggomitolata in posizione fetale, le membra distese, il respiro regolare e un'espressione angelica sul viso. Dormiva.
Mi sentii una cretina.
Era appena tornata dall'ospedale perchè aveva tentato di togliersi la vita e io cercavo una ragione valida perchè saltasse l'allenamento?
Stupida, stupida, stupida.
Mi avviciniai a lei con passo felpato e mi sedetti su un lato del letto spazioso. Allungai la mano, accarezzandole i capelli dorati e le gote sempre rosate.
Osservandola così, finalmente in pace con sè stessa e con il mondo, capii per la prima volta la scelta di quel nome tanto insolito quanto appropriato.
Veniva dall'arabo, facendo in modo che conservasse un qualche ricordo del suo popolo oramai lontano, e la rispecchiava nell'immagine e nel modo di porsi.
Bambola.
Come poteva quel nome non starle a pennello? Non l'avevo io stessa paragonata ad una bambola di porcellana più di una volta?
Sorrisi, istintivamente. Quella visione trasmetteva dolcezza e un nonsocché di rilassante.
Le diedi un lieve bacio sulla fronte, per poi alzarmi e uscire da quell'oasi di pace e riposo.

Hope
Arrossii nuovamente, lanciando un ultimo sguardo smarrito allo specchio vicino all'ingresso.
"Faith, ma sei proprio sicura che questo vestito sia appropriato alla nostra destinazione? No, perchè a me sembra un po' eccessivo..."
La guardai alzare un sopracciglio e lanciarmi un sguardo sadico.
"Tesoro mio, hai diciassette spuzzolentissimi anni e ti preoccupi di essere appropriata ad un concerto? Goditi la vita un pochino! Cosa ti aspettavi, un burqa? Uno chador? Fai un salto da Damia, magari gliene avanza uno della nonna."
Mi specchiai nuovamente, esaminando attentamente il look che Faith aveva scelto per me quella sera.
Indossavo un abitino striminzito, rosso fuoco, stile impero. L'orlo troppo corto, lasciava scoperti svariati centimetri delle mie gambe lunghe e lievemente abbronzate, mettendomi molto a disagio. I capelli sciolti cadevano morbidi oltre le spalle, lisciati dalla ceramica dell'immancabile piastra. I piedi minuti, calzavano quelle che Damia avrebbe chiamato delle vere e proprie trappole infernali. Erano delle decolletè nere che mi aveva regalato Nick al nostro primo mesiversario: in vetrina erano sembrate comode...
Un lieve strato di fondotinta regalava al mio viso un po' di luce e un lieve ombretto faceva in modo che i miei occhi sembrassero ancora più grandi e luminosi.
Stavo bene, non c'è che dire, ma mi sentivo inappropriata.
Poi una lampadina si accesse nella mia testa.
"Ehi! A proposito di Damia: ma che intenzioni ha quella ragazza? Vuole farci aspettare tutta la serata o ci fa la grazia di scendere?"
Guardai curiosamente Faith abbassare il capo.
"Ecco, penso che non sia una buona idea... Insomma, stiamo andando a buttarci tra le braccia" alzò le mani e mimò le virgolette con le dita. "del Nemico... Non so quanto sia disposta a venire."
"Ma glielo hai fatto sapere o hai tirato le conclusioni da sola?"
Grugnì qualcosa, tenendo lo sguardo basso.
"Lo sapevo!" la sgridai, volteggiando il dito indice davanti al suo naso. "Non si può mai fare affidamento su di te! A te non importa ciò che è meglio per Damia, vuoi solo rendere impossibile la vita di Joe! Non ho parole!"
Si avviò verso le scale, sbattendo i piedi con fare stizzito...

"Ti prego Nick, dille qualcosa tu! Io non riesco a farla ragionare..."
Aspettai con calma che il pensoso silenzio che proveniva dall'altro capo del telefono si dileguasse.
"Hope, io ci posso provare" rispose finalmente. "ma questa storia non mi piace. Non penso sia opportuno forzare la cosa... Magari era destino che loro due non stessero insieme, forse dovremmo provare a vedere come vanno le cose."
Mi infuriai.
"Allora avrei dovuto vedere se saresti riuscito a rianimarti da solo quel giorno in piscina da Fatih o dovresti lasciare stare le iniezioni di insulina, perchè forse è destino che il diabete ti uccida. Ma che razza di discorsi fai? Damia ha tentato il suicidio, Nick, perchè lo ama..."
Nick sussultò quando mi sentì pronunciare quelle parole. Ok, forse avevo un po' esagerato a dirgli che probabilmente sarebbe stato meglio lasciare che morisse, ma come l'avevo messa io mi era sembrata più delicata...
"Passamela subito"
Il suo tono era serio e spento, ma non ci badai molto. Prima di tutto Damia, per farmi perdonare avrei avuto tutto il tempo dopo il concerto...

Damia
Mia nonna, semplicemente, diceva che era come trovare un micino abbandonato lungo la strada.
E' piccolo, indifeso, e miagola disperato. Che fai? Lo lasci lì e te ne freghi? Non puoi, se proprio non sei senza cuore. Sai che morirà. Ti fermi, imprechi e ti domandi incazzato: 'perchè proprio a me? Non poteva trovarlo qualcun'altro?'
Ma non c'è niente da fare, è successo a te, e ora te ne devi occupare tu. E devi farlo meglio che puoi, anche se ti costa fatica e non ne hai voglia. Fine della storia.
Destino? Caso? Il futuro che entra dentro di noi molto prima che accada? Che importa, alla fine? Il punto è che comunque tocca a te.

Rimasi sorpresa nel vedere la mano di Joe tesa verso di me in attesa che la afferrassi.
Ero perplessa e confusa dalla piega che stava prendendo la serata, ma accettai quel contatto e lasciai che Joe mi trascinasse sul palco bianco.
Dovevo ammettere che, dopo il modo in cui lo avevo trattato nella saletta dell'ospedale (ed era stata l'ultima volta che ci eravamo visti) pensavo che non mi avrebbe più rivolto la parola.
E invece eccolo lì, davanti ai miei occhi e a quelli di milioni di persone, a cantarmi il suo amore nel modo più romantico e dolce che avrebbe mai potuto trovare.
"But I'll be there forever, you would see that it's better, all our hopes andour dreams will come true! I will not disappoint you, I will be right there for you, till the end, the end of time, PLEASE BE MINE!"
Mi girai per pochi attimi, giusto il tempo per vedere Nick e Kevin che accompagnavano con la chitarra classica la voce melodiosa di Joe.
"I can't stop the rain from falling, I can't stop my heart from calling you: it's calling you!"
La voce calda e armoniosa di Joe mi rilassò, sebbene solo in parte e, mentre ascoltavo quelle parole entrarmi nel profondo, un brivido caldo mi salì lungo la schiena, facendomi tremare di piacere: era bello sapere che nel mese passato insieme non ero stata solo un giocattolino.
Ma ancora stentavo a sciogliermi in un sorriso, tesa e confusa com'ero.
Sentii le ultime note della canzone fluttuare dolcemente in quella strana atmosfera di emozioni contrapposte.
Joe rimase in silenzio, aspettando una mia reazione, che non arrivò.
Il suo lieve sorriso si congelò mentre guardava il mio volto completamente atono.
Il silenzio cominciò a farsi pesante e sembrava perfino che le fan stessero trattenendo il respiro in mia attesa.
Chiusi gli occhi, cercando di capirci qualcosa. Nonostante l'aspetto di una maschera di cera che aveva assunto il mio viso, i miei pensieri erano in subbuio.
Joe sospirò, abbassando a sua volta lo sguardo verso le nostre mani ancora intrecciate.
Fece una smorfia e, come di malavoglia, allentò la presa per lasciarmi libera di andarmene.
"Ho dato tutto, Damia, ho fatto tutto ciò che potevo, ma tu devi andare per la tua strada e probabilmente quella via non è per me... Oppure tu non sei disposta a condividerla con un coglione del mio calibro..."
Alzò lo sguardo incrociando il mio, freddo e impassibile.
Era strano sentire che le parole che pronunciava mi scaldavano il cuore e, contemporaneamente, essere consapevoli del grande sbaglio che avrei commesso cedendo a quella mia 'Mela del Peccato'.
Cercavo di autoconvincermi che avrebbe portato solo male e che la mia vita andava benissimo anche senza di lui, ma la consapevolezza di quanto questa convinsione fosse sbagliata, predominava sul resto di quei pensieri tanto stupidi, quanto anticostruttivi.
Mantenni il contatto visivo e gli diedi una lieve e quasi impercettibile stretta alla mano che pochi secondi prima aveva allentato la presa sulle mie dita.
Fu un gesto breve, debole e delicato, ma bastò a far sì che gli occhi bui e vuoti di Joe riprendessero un po' di luce.
Strinsi di nuovo, con più vigore, e raddrizzai la postura di spalle e collo.
Joe, riacquistata la speranza, ricominciò a parlare: "Mi rendo conto di ciò che ti ho causato, Damia, entrando nella tua vita non proprio in punta di piedi e costringendoti a cambiare secondo le mie esigenze e non le tue..."
Mi prese anche l'altra mano e, nel tenere i miei occhi fissi nei suoi, mi parve quasi che fremesse.
"Anche questa sera, mi rendo conto, ho agito secondo il mio piacere. Ma, ti prego, prova almeno a capirmi: non riuscivo a concepire l'idea di lasciarti andare via senza tentare l'impossibile per trattenerti. E se proprio non riuscirò nel mio intento, potrò avere la consolazione di averti almeno salutata e chiesto scusa... I sensi di colpa mi uccidono."
Ascoltai attentamente le sue parole, rapita, e, nonostante non ci fosse stata nessuna domanda nel suo discorso, mi sentii in dovere di dare la mia opinione.
"Qui non si tratta di capirsi reciprocamente, Joe, perchè di comprenzione ne hai avuta davvero poca nei miei confronti. Se davvero avessi pensato di farmi del bene lasciandomi in quel modo, ci sarebbe stato da preoccuparsi. Ma per tornare al fulcro della questione, tu mi hai ferita. Nel profondo, nell'orgoglio, e tu sai quanto sono orgogliosa! E' un mio difetto, lo so, e mi dispiace, ma non posso cambiare. Non voglio cambiare! Non sono disposta ad annullarmi completamente solo per stare con te. Posso benissimo fare a meno delle tue attenzioni."
Mi interruppi per pochissimi secondi, capendo quanta fosse l'ipocrisia che impregnava le ultime frasi.
"E comunque non so neanche quanto sarebbe potuta durare... Insomma, non puoi certo pretendere che io rimanga per sempre qui in America. Dovrò tornare a Roma, prima o poi. Comincerà l'anno scolastico a settembre ed io ho una famiglia sulle spalle da mantenere... Ho bisogno di lavorare e di portare a mia nonna tutte le cure e le attenzioni possibili."
"Non fa niente, lascerò il gruppo, mi trasferirò in Italia, ti seguirò: troveremo una soluzione." commentò Joe con fervore, quasi senza lasciarmi il tempo di finire la frase. Scossi la testa. Mi rammaricavo dell'amore che provavo per lui e che, a quanto pareva, era pienamente corrisposto. Ma ero ancora diffidente, avevo paura di soffrire di nuovo e la mia testardaggine non aiutava di certo.
"Guardati intorno, Joe" dissi, girandomi a braccia aperte verso tutto il pubblico che, zitto zitto, stava seguendo la nostra conversazione.
"Questo è il tuo mondo, la tua vita, e non voglio vederti costretto ad abbandonarla per me... No, Joe, non si può trovare una soluzione del genere: non voglio che tu cambi."
Arrossii, mentre le parole uscivano dalla mia bocca in un sussurro smorzato.
Tornai a posare il mio sguardo in quello di Joe, e mi sorpresi nel vedere una lacrima scendere lungo la sua guancia. Non l'avevo mai visto piangere.
Non parlava e non singhiozzava. Lacrimava e basta.
Quando riprese a parlare, mi accorsi del lieve tremolio della sua voce.
"Ti ricordi la nostra ultima chiacchierata in ospedale e tutte quelle cose che mi hai detto? Che una volta tornata in Italia, tornerai ad essere la sfigata di sempre che cerca un po' di compassione e nasconde l'agonia davanti agli altri? Che ogni giorno urli nel cuscino in attesa di un domani migliore? Mi hai detto anche che odi ogni nuovo giorno, perchè non hai nessuno che possa venirti in aiuto, in sostegno, e che cerchi di crescere nel miglior modo possibile per studiare, trovare un buon lavoro e non avere la paura di non arrivare a fine mese. Ti ricordi? Ecco... Io sono disposto a lasciare le mie comodità, a venire con te, a sostenerti ad ogni nuova alba, a farti da cuscino quando avrai bisogno di urlare, di mordere o di piangere. Sono disposto ad aiutare te e tuo fratello a crescere, a studiare, a trovare lavoro, e sono disposto a condividere con te la paura di non farcela. Potrei anche cambiare il mondo insieme a te... per Amore, quello con la A maiuscola che stavi cercando. Ti ricordi la tua ultima frase? Io la ricordo benissimo, ce l'ho qui, marchiata a fuoco nella mente, che mi perseguita dal momento in cui l'hai pronunciata: 'Io sono stufa di continuare così, Joe, sono stufa di vedere appassire ogni cosa che tocco. Sono stufa di non vincere mai'."
Naturalmente ricordavo benissimo quella frase che mi aveva fatta pentire di averla pronunciata ancora prima di finirla... Aveva un che di vittimismo, e io odiavo le finte vittime.
Continuò il suo discorso, che sembrava non avere un preciso punto di arrivo.
"Quel pomeriggio, in quella stanzetta che tanto mi sa di freddo e buio, mi hai fatto vedere la situazione da un'altra angolazione: la tua. Prima, a causa della mia egocentricità, non mi ero mai reso conto che altre persone avrebbero potuto soffrire per colpa mia e delle mie scelte. E' questa la ragione per cui noi adesso siamo qui, su questo palco, davanti a milioni di persone che, francamente, neanche conosco e che mai conoscerò, ed è per questa ragione che io ti ho dedicato quella canzone a cui tengo tanto. E torno a ripetertelo, con tutto l'Amore che riesco a trasmettere: Please Be Mine."
Si chinò, e mi trasportò in un bacio fatto di parole non dette, che subito sembrarono inutili. Era un bacio che era mancato ad entrambi e al quale entrambi non avremmo mai più voluto fare a meno. Era un bacio dolce, calmo, intriso d'Amore, quello con la A maiuscola che, come Joe mi aveva ricordato, tanto avevo cercato.
Sorrisi, interrompendo il bacio.
"Pensi che vincerò mai qualcosa nella mia vita?" chiesi a Joe, in un sussurro a metà fra il curioso e l'angosciato.
"Oh, bhè, qualcosa l'hai già vinta, anche se non è un granchè..."
"Cosa?" gli domandai, sempre più curiosa.
"Il Mio Cuore..."
Lo guardai per un'ultima volta negli occhi e, ridendo, gli rubai un ultimo dolce bacio da quelle labbra stupende.

I tempi dell'abbandono, della solitudine, della malinconia. Quei tempi erano passati. Da quel momento in poi ne arrivarono altri. Erano proprio arrivati. Non li avevo cercati all'inizio, non li avevo neanche immaginati. E' sempre la storia del micino trovato per strada... solo che quello che trovai io, non era un micino...




Ecco a voi, ragazze! Mi raccomando, comentate in tante!
Ringraziamenti:
Prima di tutto vorrei ringraziare Marta e Benedetta, le mie due amiche che, nonostante qualche diverbio e piccolo litigio, hanno avanzato idee preziose per la stesua di questo mio scritto e, a volte, mi hanno addirittura aiutata a scrivere. Vorrei ringraziare Maggie, che mi ha fatto capire che un'amicizia può nascere anche se non ci si è mai incontrati!
Un altro grande grazie va a tutte le amiche e gli amici di Policoro che, durante il soggiorno nel Circolo Velico Lucano, mi hanno sostenuta e incitata a non arrendermi durante questo "arduo percorso" XD. In special maniera:
Elisa (detta Eliseo, che tra l'altro, è un bonazzo assurdoXD), che si è commossa nel sentirmi raccontare uno dei punti "cruciali" della storia ed è stata entusiasta di leggerla;
Maura (la mia sonnambula preferita) che ha addirittura proposto la pubblicazione ufficiale di questa (a mio parere) cacatina di mosca di una FanFiction;
Francesca A. (che conosco da più di cinque anni e ancora non si è mai lamentata delle mie pazze uscite!) che mi ha sopportato ogni singola notte durante le mie scenate di nostalgia;
Ponti Giorgia Ponti (una schizzata pazzoide e la persona più schietta che io abbia mai conosciuto) che appena poteva mi fregava l'iPod per sentire per la milionesima volta "Please Be Mine" e che non ha mai esitato a dare la sua opinione o a dirmi dove sbagliavo (sia nel racconto che nella vita quotidiana!);
Matilde, che è riuscita a farmi sentire a mio agio con un mini vestitino striminzito e tacco da 10 cm... Una vera e propria fatina!!!;
Barbara e Sara, le mie due gemelle preferite, che mi hanno fatta sfogare durante una delle mie crisi di pianto e rabbia e mi hanno consolata nel modo più dolce e delicato del mondo;
Alice e Francesca F., che, nonostante la poca confidenza, non hanno mai esitato a trasmettermi tutto il loro entusiasmo;
Dario, mio amico d'infanzia e sostenitore tra i più accaniti, che non esita mai a trasmettermi tutto il bene che ci vogliamo (e pensare che da piccoli ci ammazzavamo di botte!);
Daniele (detto Dj Finestrella) che, oltre alla sua innata simpatia, ho scoperto come un buon amico e grande consigliere;
Mattakkione e Peppe, i miei amori spassionati, che, nonostante non siano a conoscenza di questa FF, mi hanno fatto passare la vacanza più bella della mia vita!
Un grazie enorme a tutti loro che mi hanno data una lezione preziosa: l'amicizia va oltre le distanze e gli orizzonti lontani!
Chiaramente un breve ringraziamento va anche ai miei professori:
Spera (Greco e Latino); Restuccia (Lettere, Storia, Geografia); Costanzo (Inglese); Marrone (Matematica); Chiarello (Religione); Perini (Educazione Fisica).
Sono dei professori fantastici e, oltre ad aver contribuito al mio sviluppo culturale, sono riusciti a sostenere delle lezioni talmente noiose da permettermi la stesura di questa storia (Ragazze, non si fanno queste cose! Non imitatemi! E poi io alcune lezioni le seguivo... Educazione Fisica e Epica...).
Un grazie anche alla mia enorme famiglia, a tutte le cugine (sono riuscite a darmi delle dritte anche durante la prova dell'abito da sposa e la camminata verso l'altare!), i  cugini gelosi, le nipotine combina guai e tutti gli zii e zie che non hanno mai dubitato che riuscissi ad uscire da questo anno scolastico senza debiti (cosa che mia madre non ha creduto fino alla fine!).
Grazie per la fiducia che è andata a colmare il vuoto della mia autostima!
Ma un GRAZIE ENORMISSIMO a voi, che mi avete seguita con dedizione e senza mai distruggere i miei castelli in aria... Molte di voi mi hanno davvero viziata con i loro elogi! Siete davvero uniche!
Vi auguro davvero di trovare qualcuno che vi ami come Damia ama Joe e viceversa, anche se qualcuno potrebbe pensare che cose del genere capitano solo nei racconti o in tv... Auguro a tutte di trovare il loro micino in mezzo alla strada e, costrette ad allevarlo, riusciate a riconoscere che l'amore vero esiste veramente. Io, per mio conto, sto continuando la mia ricerca, anche se un micino l'avrei già trovato, ma fa i capricci e non ne vuole sapere di venire curato e salvato dalla fame e il freddo.
Ora, però, vi devo proprio lasciare!
Spero che questo mio scritto sia stato di vostro gradimento e che mi seguiate nella possibilità in cui mi torni la voglia di continuare questa storia!
Un Bacio a tutte!
Claudia.


  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers / Vai alla pagina dell'autore: _Coki