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Autore: NPC_Stories    19/10/2019    4 recensioni
Collezione di oneshot fantasy a tema "fairy", come indicato nella lista di Inktober che io e la mia affezionata illustratrice Erika abbiamo scelto (no, non Erika la webmaster, un'altra Erika). Io scrivo, lei disegna... speriamo di tenere il passo!
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Alcune di queste storie saranno ambientate nel nostro mondo, alcune altre nell'ambientazione del fandom in cui sono più attiva, Forgotten Realms, e altre ancora saranno ambientate in mondi di mia creazione o di fantasy generico, o parodistico.
Alcune di queste storie vi faranno ridere (spero), altre vi faranno piangere (mh, forse sto esagerando), ma in ogni caso mi auguro che tutte vi piacciano.
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Che la vostra vita possa essere piena di momenti di piccola meraviglia!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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19. Changeling


Sotto-genere: drammatico
Ambientazione: Forgotten Realms


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1348 DR, Bosco di Yuir, Aglarond

La piccola Lilhanket si guardò intorno furtivamente, per controllare di non essere seguita dal famiglio di sua madre. Non era semplice, seminare un serpente in una foresta. Il maledetto rettile poi era bravissimo a mimetizzarsi.
Ragionevolmente sicura di non essere spiata, la ragazzina prese il sentiero nascosto che l’avrebbe portata alla radura di Alderfern. Sua madre non avrebbe approvato. Non aveva mai osato chiedere il suo permesso, ma sapeva per istinto che non avrebbe approvato.
Alderfern non le obbediva, era una delle poche creature di quella regione che non aveva paura di lei, e quindi era interessante. La bambina non aveva mai conosciuto un albero parlante prima di lui, e non ne aveva mai conosciuto un altro. Credeva che Alderfern fosse l’unico treant del bosco di Yuir, o forse del mondo, e lui non aveva mai parlato dell’esistenza di altri suoi simili.
Lilhaket era una changeling, la figlia di una megera verde. Quelle della sua razza andavano incontro a una mutazione durante l’adolescenza, diventando vere megere in una sorta di rituale di passaggio; ma per il momento era ancora una bambina e il suo aspetto era umano. Un osservatore casuale non l’avrebbe saputa distinguere da una normale ragazzina, se non fosse stato per alcuni piccoli dettagli: unghie lunghe e affilate come artigli, particolarissimi occhi di colore diverso.
Quando sbucò nella piccola radura, si avvicinò saltellando al grosso albero in centro. Chiuse il suo occhio dorato, lasciando aperto solo quello verde.
“Il mio occhio è verde come le tue foglie” lo salutò, scherzando.
Il treant spostò lo sguardo su di lei, con flemma. I suoi movimenti erano sempre molto lenti.
“Piccola mia” la salutò lui, mentre un largo sorriso si stiracchiava sul suo tronco. “Sei cresciuta ancora?”
“Io cerco di non crescere, Alderfern” giurò lei, mettendosi una mano sul cuore. “Però cresco lo stesso. Mia madre dice che fra cinque o sei anni sarò abbastanza adulta per diventare come lei.”
“Mia cara bambina” mormorò Alderfern, lento come le stagioni. “Non sarai mai obbligata a diventare come lei. Non sarà facile, ma potrai scegliere.”
“Ma…” Lilhanket scosse la testa, facendo oscillare le ciocche selvagge di capelli neri. “Non mi lascia mai scegliere niente! Si arrabbia e mi fa paura, e mi dice che mi può mangiare e avere altre figlie, se non faccio come dice lei!”
“Non sei sola, piccola mezza-umana. Io sono con te. Potrai rimanere con me… ti posso proteggere da lei. Io sono… antico… e faccio parte della natura. Anche tu ne fai parte… adesso. Ma se cambierai non sarai più tu. Sarai qualcosa di diverso. Sarai...”
“Potente!” Esclamò una voce squillante alla destra di Lilhanket.
La bambina si voltò di colpo, perché aveva riconosciuto quel tono aspro e crudele.
Sua madre li aveva scoperti.

Il fuoco arse per due giorni di fila, consumando lentamente il cadavere legnoso di Alderfern.
Per il primo giorno, Lilhanket non riuscì a trattenere le lacrime. Non solo per il suo amico, ma anche per sé stessa, per la paura che provava, per essere rimasta sola senza nessuno a supportarla e per il suo futuro che sembrava già segnato.
Dopo un po’ la paura cominciò ad anestetizzare la sua mente dal dolore, e con il passare dei mesi Lilhanket fece l’unica cosa che una bambina poteva fare: cominciò a convincersi che tutto sommato andava bene così. Che quello era il futuro che, sotto sotto, voleva. Si arrese, perché altrimenti sarebbe impazzita.
Una parte di lei però rimase umana, e lo rimase per molto tempo ancora.

   
 
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