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Autore: ClodiaSpirit_    20/10/2019    1 recensioni
- Si alzò in piedi, insieme all’onda del pubblico coinvolto dall’esibizione, applaudendo.                                                                                                                                     
[...]  Nonostante quello sguardo fosse lontano, Alec poté indovinare che erano diversi rispetto a quelli che aveva visto tante volte. -
Alec è un ragazzo intelligente, giovane, eppure gli manca qualcosa di fondamentale: vivere.
Ma cosa succede quando Alec comincia a fuggire e a rintanarsi a Panshanger Park, durante uno spettacolo dato dal circo? E soprattutto, chi è l'acrobata che si cela e cerca dietro tutti quei volti?
Cosa succede quando due mondi opposti ma simili per esperienze di vita si incontrano?
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Il sole batteva sulle tendine e sugli infissi in legno della finestra leggermente sollevata, permettendo al vento di entrare con il suo parlare mattutino.
Angoli di luce spezzavano la stanza in più parti, rendendola simile quasi a specchi di luce quasi da spettacolo però più naturale e sincera. Luce che scaldava dentro e faceva alzare, fluttuare il pulviscolo all’interno del piccolo spazio della stanza.
Magnus venne colpito prima da quel bagliore e poi uno di quei piccoli fiocchi di polvere invisibili, quasi, svolazzò davanti al suo naso, portandolo a incuriosirsi. Rimase per qualche attimo a fissarlo e poi lentamente, appoggiandosi sui gomiti, si voltò dall’altro lato del letto. Alec era un intrico di coperte scombinate insieme ai suoi capelli, al suo torso scoperto a metà, le braccia in avanti che prima acchiappavano e tenevano strette qualcos’altro. Magnus si portò piano su un fianco, adagiandosi piano al materasso, il capo sul cuscino leggermente alzato.
Guardò quelle dita affusolate a pochi centimetri da sé e risalì piano lungo la sua figura, cercando di memorizzarne pienamente i tratti, ogni aspetto. Il petto dato da quella peluria leggera si alzava e si abbassava in un movimento continuo, le spalle portavano all’attaccatura delle clavicole. Le labbra rosate e carnose erano rilassate in serenità, quella barba che stava crescendo, gli occhi serrati da quelle ciglia lunghe, le sopracciglia sempre folte come le ricordava che gli davano un aspetto autoritario. L’involucro bianco di coperte che si era creato attorno al corpo, lo rendevano simile a un bambino dopo una lunga lotta per addormentarsi. O forse era solo stata questione di comodità.
Nel silenzio della camera, percepiva soltanto qualche cinguettio di qualche uccellino fuori, ma niente di più. Facendo molta più attenzione, in effetti, volavano solo frammenti indelebili di ciò che era rimasto dalla notte scorsa. Magnus sorrise, si rilassò di più e si concesse di guardarlo ancora un altro po’ prima di svegliarlo.







« Buongiorno » impostato dal sonno, aprì gli occhi senza darsi il tempo di abituare la sua vista. Alec si sistemò meglio la testa sul cuscino e guardò l’altro luminoso proprio a pochi centimetri da lui.
« Buongiorno Alexander » sussurrò e andò a lasciargli un bacio umido all’angolo della bocca. Alec in tutta risposta riuscì a muoversi di poco affinché non fosse un semplice bacio a stampo, riuscendo a centrare le sue labbra.
« Uhm » soffiò Magnus « non hai sonno? »  
« Sì, però non mi impedisce certo di baciarti » lo disse fissando la forma delle sue piccole e delicate labbra.
« E se ti dicessi » blaterò « che non ho affatto voglia di farlo? » sviò lo sguardo e subito afferrò la coperta coprendosi il viso per gioco. Alec afferrò l’estremità restante e raggiungendo la pelle scoperta di Magnus, cominciò a solleticarla. L’altro si trattenne, cercando di difendersi come riusciva.  
« Così non vale però! » rise, scalciando un po’ con i piedi, iniziando a muoversi sotto le mani di Alec che gli provocavano il solletico.  
Magnus arrivò a bloccargli entrambe i polsi delle mani non senza difficoltà, notando solo in quel momento che quella lotta aveva portato Alec sopra di lui, il respiro che gli cadeva addosso e la lunghezza della coperta che non era stata sufficiente per coprire entrambi. Avrebbe voluto sganciare la presa, ma si mise in all’erta nel caso il moro volesse prenderlo di sorpresa.  
« Ti consiglio di non fare movimenti bruschi » mormorò Magnus mentre si specchiava nelle iridi verde-nocciola riempite per metà di luce.  
« Altrimenti, cosa succede? » lo sfidò.  
Magnus da un certo punto di vista apprezzava quella testardaggine, ma dall’altro avrebbe voluto che l’altro gli desse ascolto. Le mani erano ancora artigliate attorno ai suoi polsi e di accontentò se non di toccarlo, quanto meno di baciarlo. La sua bocca si protese catturando il labbro inferiore di Alec e tirandolo di conseguenza giù con lui, le loro lingue si esplorarono, abituate com’erano a quel doppio sapore, alla presenza umida ormai conosciuta e famigliare.
« Forse se la smettessi di guardarmi così, » sussurrò Magnus « potrei anche riuscire a resisterti » soffiò fuori, il viso a poca distanza. Sganciò le mani dalla presa e quelle calde e grandi, protettive si posarono sul suo viso.
Alec sorrise dentro un altro bacio e Magnus pensò di essere finito in paradiso per quanto ricordava: uno fatto di momenti come quelli, occhi chiari, capelli neri e battiti scattanti. Appena si staccarono, Alec si portò piano dall’altra parte, non senza uno sguardo attento dell’altro vicino.
« Aaah » un grugnito più simile a un lamento si levò piano appena si piegò sul materasso, cercando di mettersi in una posizione più comoda. Dal torso al bacino andava tutto bene, il problema lo avvertiva all’altezza del fondoschiena.  
« Te lo avevo detto » Magnus schioccò la lingua « Cerca di restare disteso per ora » gli consigliò « È normale... le prime volte, » incontrò il volto di un Alec in apprensione, confuso come una serie di punti interrogativi in fila « più che normale » sottolineò.
L’altro annuì, evidentemente non a conoscenza di quel piccolo particolare. Scivolò sul materasso, notando che fosse scoperto tranne che ai piedi, quindi girò il viso sul cuscino nella direzione opposta.
« Quindi, » Alec cercò di suonare meno giocoso possibile, ma non poteva farsene un cruccio, era pieno di così tante immagini nelle sua testa che non sapeva decidersi a sceglierne soltanto una « È successo…» arricciò le labbra.
« Sei perspicace Alexander, complimenti » lo schernì teneramente l’altro. Alec si inumidì la bocca, sorridendo appena « Sì, » continuò Magnus « e per ciò che ho detto, insomma- »
« È stato bellissimo » lo fermò sul tempo.
Magnus osservò lo sguardo pieno accendersi ancora, le paiuzze diventare oro. Gli accarezzò i capelli dietro la nuca.
« Sì, Alexander » mormorò sorridendo ampiamente « Devo confessarti: è stata la tua prima volta, ma in un certo senso... non lo so, è strano. Mi sono sentito come se fosse anche la mia, » spiegò « Voglio dire, il modo in cui è successo mi ha annullato, in senso positivo » scese con la sua mano e sfiorò piano il suo petto « Ho avuto tante esperienze nella mia vita, molte di queste non sono andate come mi aspettavo o credevo... ma non penso di essermi mai sentito così, in intimità con una persona, nonostante sapessi cosa fare, » il tono saggio di chi porta avanti una scoperta fino a prima sconosciuta « Volevo solo perdermi con te e basta…penso sia questo » concluse, le dita che disegnavano figure strane sulla pelle.
« Magnus » si allungò per stampargli un bacio veloce.
« Per ciò che ti ho detto, alla fine, ecco… » stentò a continuare il suo discorso. Alec poteva anche non ricordarsi data la calura, l’euforia del momento della scorsa notte. 
« Ehi, »  si ritrovò a sorridere mentre il porpora sbiadiva dalle sue guance « non c’è cosa più vera, se penso a ciò che stava succedendo, mi rendo conto che me ne sono accorto anche un po’ più tardi del dovuto. E che sì, è tutto vero » era così risoluto ma con l’aspetto di un bambino in quel momento che Magnus sentiva il cuore stringersi per quanto amava quel particolare dettaglio nell’aspetto.
« Alexander, sarebbe bello svelare il mistero e sapere cosa io abbia fatto per meritarti… » i nasi si toccavano « ti amo così tanto che se non avessi fame, » azzardò mentre con due occhi letteralmente a cuore continuava « rimarrei in questo letto per il resto della giornata » ghignò.
« E se... » Alec lo prese per i fianchi e lo avvicinò pericolosamente « io non avessi fame?»
« No, » Magnus gli diede un buffetto sulla spalla « dobbiamo mangiare qualcosa, anche perché ho intenzione di vedere un po’ la città oggi »
« Hai intenzione? » gli fece il verso « e io cosa sarei, invisibile? » fece finta di imbronciarsi.
« Se vorrai accompagnarmi, sei il benvenuto » si divertiva a prenderlo in giro, a guardare quell’ espressione di sfida disegnarsi e lasciare spazio a uno sguardo riflessivo, le sopracciglia alzate, per la prossima mossa.
« Non vorresti rimanere qui, tipo per altri cinque, dieci minuti? »  
« Alec, » sospirò « lo vorrei tanto, » giocherellò con le lenzuola abbassandole di poco « ma ho bisogno di mettere qualcosa sotto i denti-»  
In un solo gesto Alec riuscì a farsi spazio alzando quell’ involucro bianco, cancellando l’attrito bloccato provocato da quello.
« Vorrà dire che la tua fame aspetterà per un po’ » e così dicendo, si attaccò all’ altro, ghermendolo in un abbraccio che venne corrisposto subito ma non senza qualche lamento.
« Ti concedo dieci minuti, » mormorò mentre si lasciava a tutta quella carne, a quel corpo che disperatamente voleva imprimere a memoria, a quell’ odore di sapone dell’altro e al suo « non uno di più »

                             

 

**





Dopo una ricca colazione fatta a base di uova, pancetta, pane tostato e un bicchiere di succo e la soddisfazione dipinta sul viso di Magnus, i due avevano salutato Caroline, già sveglia da almeno due ore prima di loro per preparare tutto.                 
Uscirono fuori dalla pensione decisi che avevano tutto il tempo a disposizione per visitare quella piccola città. Più camminavano per la cittadina, più ne scoprivano monumenti medievali e antichi e l sua gente intenta tranquillamente a parlare ai lati della strada o sedute nelle panchine di pietra.  
Abingdon sul Tamigi si scoprì, grazie all’aiuto e alla conoscenza di un signore incontrato durante la passeggiata che chiese loro di dove fossero, una storica città mercato costruita tra il diciottesimo e diciannovesimo secolo, parrocchia civile parte sempre dell’Oxfordshire.
La cittadina sorgeva a quanto pare in valle dove l’abbazia si trovava ubicata. Il signore poi si congedò loro, augurandogli una buona giornata. Magnus e Alec si ritrovarono a camminare proprio sul verde che circondava il porticciolo di barche di vario colore sul fiume, mentre alzando lo sguardo la guglia della Chiesa parrocchiale di St Helen (come gli era stato spiegato dall’uomo di poco prima) svettava imponente, come punto di riferimento sull’intero panorama. Alec sentì il bisogno di entrarci nel pomeriggio, anche perché appena l’uomo la aveva citata il pensiero era subito andato a sua madre. La donna che aveva lasciato soltanto pochi giorni prima per iniziare quella specie di avventura per far sì che l’altro scampasse a un destino ignobile. E Magnus lo notò.  
« Alexander, va tutto bene? »  inclinò il capo e si portò una mano sul foulard che quella mattina aveva deciso di indossare dato la brezza che soffiava. Brezza che incideva un sole che restava fermo tra nuvole bianche.               
« Helen, » spiegò con un sorriso malinconico « è anche il nome di mia madre »  
Sul volto dell’altro si disegnò la tenerezza abbandonata al pensiero anch’esso rivolto di conseguenza alla sua di madre. Alec non gli aveva mai svelato il nome dei suoi, soltanto Isabelle era sfuggita a quella segretezza e Magnus sentì che tra di loro si stava piano aprendo una nuova strada: quella del conoscersi più in profondità.         
« La mia si chiama Jian » i suoi piedi si mossero piano mentre rivolgeva gli occhi sulla superficie piatta quasi fattasi olio del Tamigi colmo di piccole barche « In cinese vuol dire forte o forza, dipende da come lo si intende »   
« Le fa onore, per ciò che ha passato quindi » fece notare Alec. La perdita di un marito certe volte porta a chiudersi o troppe volte a domandarsi come portare avanti tutto il peso familiare da soli. 
« Alexander non dimenticarti di cosa ha affrontato la tua, »  Magnus lo guardò convinto « la perdita di mio padre beh… » una mano si teneva la stoffa che portava attorno al collo e l’altra dentro i pantaloni « ha fatto male, è vero. Ma credo che mia madre abbia capito subito che lui avrebbe voluto andasse avanti, nonostante poi l’età la abbia colta subito, il punto è, » spiegò guardandolo ancora « che la vita va troppo veloce per fermarsi a pensare per più tempo del dovuto. I tuoi forse non erano fatti per stare insieme, ma le cose accadono e non possiamo prevederle. Dovremmo essere grati di ciò che abbiamo, anche se non è interamente ciò che volevamo » 
Alec annuì, il bagliore del sole catturato dal verde delle iridi. Quelle parole erano tanto sagge quanto sincere, quello di cui al momento aveva bisogno.  
« Quello di cui mi pento è non aver potuto fare niente per aiutarla… E poi, beh, le ho lasciato una lettera sì, due giorni fa, prima che partissimo ho sentito mia sorella… è stato come respirare. Quando mi sono ritrovato a scrivere, invece, una parte di me avrebbe voluto portarla via da quella casa, non so se capisci »  
« Sì, capisco...»
 « Non mi pento di ciò che ho potuto fare ora, anche se poco, però, » chiarì, trovandosi la mano di Magnus che afferrava la sua di scatto « lo rifarei di nuovo, se potessi. Forse, proverei ad accorgermene prima »
« Accorgerti della sua sofferenza?» 
« Accorgermi di quella, anche se non la dava a vedere e della tua » confessò. Magnus si concentrò sui suoi piedi che calciavano i fili d’erba. 
« Non è qualcosa che potevi prevedere » 
« Ma ho sempre visto i tuoi occhi » lo disse come se fosse lampante, la cosa più ovvia che potesse esistere « quella tristezza racchiusa, che in un certo modo, mi faceva pensare alla mia. » deglutì leggermente « Io non ho mai voluto nasconderla, perché pensavo che ormai non ci fosse cura, che ormai avessi capito che vivere era solo quello: assistere alla furia dei miei e subirne l’atmosfera, lo strazio. Vivere come se fossi avvolto da una bolla, con il solo effetto che anziché sgonfiarsi, quella bolla è finita per esplodere » la sua voce si affievolì tanto da confondersi col vocio delle altre persone intorno.                                                  
« Se c’è una cosa che ho notato subito, » intervenne Magnus che fino a quel momento era rimasto in silenzio, ascoltandolo « è che nessuno avrebbe fatto quello che tu hai voluto fare per me, » la sua mano venne stretta di più, una morsa sicura e protettiva « così come ho notato che per te non è affatto finita qui. So quanto ti manca Helen, » e Alec notò come non gli costò affatto ripetere il nome di sua madre, perché lo tinse di giustizia « che avresti voluto darle di più, ma avrai tempo per quello. Hai ancora tutto il tempo, Alec. Se potessi rivedere la mia, giocherei carte false. Ma so che prima o poi, le rivedremo entrambi, più prima che poi »  Alec annuì e abbozzò un sorriso leggero mentre entrambi camminavano e si gustavano il silenzio della giornata, alcune barche che adesso vedevano i loro proprietari preparare il motore e posizionarsi ai timoni in legno e avviarsi lungo quella tavola grigia bagnata dalla luce. « Per quanto riguarda la storia della bolla beh, » s’inumidì le labbra incerto « forse non ne sarò stato direttamente la causa, ma mi piace pensare che abbai contribuito almeno un po’ a toglierla » sospirò.                                                                                                                                                                       
Alec lo guardava nel modo che più l’altro non sospettava: gli occhi da cerbiatto più grandi del solito, il sorriso che si era come immobilizzato, ma quello sguardo si conficcava dentro il petto e l’anima e non ne usciva più. 

« La parte più bella è che non hai neanche dovuto toccarla per farla scoppiare, Magnus, » si sporse per baciargli appena le labbra « è bastato soltanto conoscerti » 

 

 

**

Passarono un edificio rosso a Park Road. 
L’edificio in questione seguiva più le linee di un monumento ecclesiastico, come una cappella o la struttura di una chiesa e come il resto lì intorno, era sempre immerso in mezzo a un prato verde all’inglese. Dallo stemma affisso ad un palo, doveva forse essere qualche specie di scuola o collegio dato l’iscrizione in latino che rimandava alla religione che Alec non mancò a tradurgli subito. Era quindi senza ombra di dubbio un collegio praticante l’anglicanesimo. Oltrepassata la scuola, la piccola freccia indicava Park Crescent, una stradina normale fiancheggiata da case, che sfrecciava in avanti e presentava come sparti strada un muro oltre il quale abbondava il verde e delle chiome longilinee svettavano in alto.  
Magnus e Alec camminarono ai lati, visualizzando l’entrata al parco, da un cancello nero sbiadato dal tempo, aperto e dalle modeste dimensioni. Vi era un incisione in legno all’ entrata, che recitava a caratteri delicati e informativi Albert Park, 1860.
« Albert, non mi suona famigliare »
Magnus si girò verso Alec, finalmente qualcosa su cui potersi dimostrare acculturato.  
« Albert, principe di Sassonia che sposò la regina Vittoria, » Magnus si toccò le dita ingioiellate entrando, vedendo l’altro che lo seguiva girandosi solo per un secondo « e da cui nacquero un numero insolito di figli »
Alec gli rivolse uno sguardo tra l’ ammirato e lo stupore. « Lo so perché è una delle poche cose che ho studiato nella mia vita, inoltre la regina Vittoria è conosciuta ovunque per il regno più lungo che abbia mai governato » Magnus sembrava come una guida in quel momento solo che le guide non erano mai così belle e interessanti insieme, non avevano quegli occhi o quel fare convincente.
« Dopo quello della regina attuale » continuò Alec.                                   
« Che c’è? » si sentiva osservato.
« Niente, sono solo... » gli uscì un sorriso sghembo « felice, credo »
Si spostarono in avanti notando l’ immensità degli abeti e dei cipressi intorno, vedendo scorrazzare bambini e persone di quasi ogni età.  
Il parco era circondato da case residenziali e molte di quelle sembravano essere piene dentro dello stesso splendore di cui risultavano all’ esterno.
Più avanti entrambi riuscirono a distinguere finalmente un monumento lungo e alto di marmo, che doveva rappresentare lo stesso principe tedesco, incluso in Inghilterra per il suo amore per la regina nuova al trono a quei tempi. Camminarono a lungo prima di scoprire che vi era uno spazio verde libero, con le voci dei bambini sempre in vicinanza, ma si poteva benissimo rilassarcisi qualche secondo.
Come se si leggessero dentro di sdraiarono entrambi, con quella statua a poche miglia da loro, alcune panchine di fronte e gli alberi ormai completamente arancioni, con qualche sprazzo di marrone, in file allineate.  
« Ciò che ti ho detto prima, riguardo mia madre, » cominciò Alec, le mani sul ventre « non so perché non te ne ho parlato prima, ma credo sia stato perché non è mai un argomento facile per me, » deglutì appena « preferirei parlare mille volte di libri o di ciò che mi distrae piuttosto. Mia madre ultimamente sembra essere ritornata in sè, la donna che mi ha cresciuto, che ha in qualche modo cercato di difendermi prima che tutto questo accadesse »  
« Non potevi essere un bambino e un adulto insieme, Alexander » quello adorava il modo in cui il suo nome suonava in bocca all’altro, come quello assumesse un significato diverso e importante detto da lui « È stata dura e non devi portarne tutto il peso » il foulard di Magnus rosso arancio controbilanciava perfettamente con la sua pelle, ma non rendeva giustizia alla sua immagine.
« Helen e Isabelle sono tutto per me, mio padre non so nemmeno chi sia o che fine abbia fatto e non mi interessa saperlo, per quel che so. Almeno per adesso. »
Magnus allungò la sua mano e si posò su quella che Alec portava allo stomaco. L’altro gli riservò tutta la sua attenzione mentre la prendeva e ne accarezzava il dorso.
« Ho parlato troppo di me, » lo osservò « mi hai detto che Jian, è in un ospizio e che insomma non la vedi da tempo »
Magnus sospirò pensando al profumo di sua madre.
« Sì, beh prima che partissimo sono riuscito a spedirle dei fiori e dall’ ultima volta che l’ho sentita era felice, anche se stanca, » Magnus assunse un tono delicato « mi ha chiesto molte cose allora, è una donna forte e più osservatrice di me. Tira avanti anche se si lamenta per le pillole e che le persone molte volte lì dentro la urtino. » si affacciò un sorriso in memoria al carattere della madre.
« Sono sicuro che mi piacerebbe allora »
« Dimostra di meno dell’età che ha, quindi penso potresti anche corteggiarla se proprio volessi » scherzò.  
« Beh non vedo perché no, soltanto che c’è un piccolo problema, » mormorò « mi sono già innamorato di suo figlio »
Magnus si segnò quella risata che veniva fuori e si affievoliva piano, come una sorta di canto.
« A proposito di questo non ho potuto fare a meno di dirle di quello che è successo »
« Intendi, tra di noi? » un sorriso sornione si fece largo.
Magnus si voltò a guardarlo, sentì l’erba soffice accoglierlo sotto di sé.
« Ho dovuto raccontarle di te che venivi a trovarmi, di ciò che è successo con la corda » fu vago e si toccò la punta dell’orecchio.
« Quindi sa? » Alec arricciò il naso curioso.  
« Sarebbe meglio dire cosa non sa, cioè che non sa di questa pazzia, non sa di Sanders, non sa che stiamo insieme, perché quando l’ho sentita c’era Isabelle con te »
Sul volto di Alec si disegnò un po’ di premura e preoccupazione.
« Non sa di Sanders? » replicò.
« No, non volevo darle questo colpo Alec, ho detto che è una donna forte, sì, » si inumidì le labbra « ma questo sarebbe un colpo, immagino cosa potrebbe scatenare se le dicessi che suo figlio veniva... veniva picchiato » tremò.  
« Magnus » mormorò.
« So cosa stai pensando: avrei dovuto parlargliene » disse amareggiato.
« No, no assolutamente, » Alec cercò di farsi guardare da Magnus e ci riuscì spostando il peso sul fianco e ritrovandosi l’ erba in visibilità adesso « hai fatto ciò che ritenevi giusto, ma penso... credo che prima o poi dovrà saperlo »
Magnus annuì sentendosi in colpa.  
« Non so come potrebbe reagire, è questo che mi spaventa » confessò.
« Non devi pensarci adesso, » lo tranquillizzò « appena la vedrai saprai cosa fare »
« Bicester non è proprio a due passi da qui » sospirò.
Secondo le scarse conoscenze di Alec, in quel momento geograficamente parlando si trovavano dalla parte opposta rispetto a Bicester. 
Il viaggio avrebbe richiesto qualche ora, quindi ipotizzò che Magnus stesse soltanto cercando di allontanare il possibile stato di sorpresa o choc della madre, quando e se glielo avesse detto.  
Alec decise di cambiare argomento.
« Parlami un po’ della tua terra »  
Magnus si trovò preso un po’ in contropiede.
« Ti interessa davvero farti annoiare? » brontolò.
« Se la curiosità è noia allora sì, annoiami » ripetè Alec.
Magnus roteò gli occhi, rimanendo in quella posizione, vedendo le nuvole che si spostavano sopra il suo naso.
« Va bene, allora... da dove comincio... » Magnus vagò all’interno della sua testa, afferrando il primo ricordo sbiadito ma ancora presente, era della sua terra che si stava parlando, quella in cui era nato e da cui se ne era andato « quello che mi ricordo della Cina è prima di tutto il thè. Forse risulta banale, ma ricordo di quando io, mia madre e mio padre usavamo prenderlo sul piccolo tavolino in soggiorno, tutti quanti con le gambe incrociate, mentre ci raccontavamo piccolezze o com’ era andata la nostra giornata, » Magnus chiuse gli occhi, assaporando mentalmente l’odore e il profumo della bevanda tipica « Il thè verde è la prima cosa che trovi in Cina, dopo il riso ovviamente. Viene usato non solo come rito quotidiano ma anche per molte cerimonie e anche a scopo medicinale, » Magnus riportò alla mente suo padre che cercava di specializzarsi e in effetti c’era alla fine riuscito in medicina cinese « lo ricordo perché mio padre si era specializzato dopo aver lasciato l’ India per seguire mia madre » abbozzò un piccolo sorriso malinconico.  
« Un gesto bellissimo »  
Magnus guardò Alec e ci trovò la sincerità e la mancanza dell’esperienza dell’unione completa famigliare.
« Abbiamo molte festività, ad esempio il festival di capodanno per noi è sacro, » si perse nella narrazione ricreando i colori orientali « i fuochi d’artificio si dice per leggenda allontanino gli spiriti, ma io non c’ho mai creduto tanto, non l’ho mai detto a nessuno » ridacchiò « avevo paura di ricevere occhiate dagli anziani o che i loro figli potessero allontanarmi dagli altri bambini »
« Siete particolarmente superstiziosi » puntualizzò Alec divertito.
« Sì beh, particolarmente attaccati alla fede o alle tradizioni direi... comunque per l’occasione si realizzano delle lanterne rosse di carta di riso e si appendono alle porte delle proprie case, » Magnus raccontò tutto metodicamente senza tralasciare niente « da bambino amavo molto appenderci qualcosa di mio come un nastro o un adesivo, anche una sciocchezza. Quindici giorni dopo, queste si staccano e si lanciano in aria nella festa a loro dedicata »
« Dev’essere meraviglioso, il cielo riempito di lucciole rosse »
Magnus annuì.
« Lo è eccome »
« E il simbolo del vostro pensiero? Quello in generale, intendo »
« Senza ombra di dubbio il tao. Sicuramente lo avrai chiamato più volte come yin e yang » chiarì. Alec annuì. « Il tao riassume tutto il pensiero cinese. Il cerchio » spiegò Magnus, muovendo piano le dita di una mano disegnando un tondo « rappresenta l’unità e l’armonia tra due forze, che contrapposte ma complementari, corrono l’una verso l’altra. Ognuna si contiene a vicenda » divise il tondo a metà leggermente ondulate alla fine « Yin e Yang sono dappertutto e muovono, regolano tutte le cose. Lo yin è nero, sarebbe la quiete e l’accumulo di energia mentre lo yang è bianca e simboleggia l’esteriorità, il movimento »
« Quindi lo yin sarebbe la figura maschile e lo yang quella femminile » affermò Alec credendo di aver capito.
« Esatto » 
« E agiscono insieme? »
« Sì, l’ una non si separa mai dall’ altra, mia madre me ne regalò una piccola collana... ma quando lasciai la Cina per spostarmi col circo, decisi di lasciare che lei la conservasse »
« Ti manca? » chiese di getto Alec.
« Non ho portato la collana con me perché non volevo pensare alla mia casa mentre ero lontano...ma mia madre è sempre stata con me, che la portassi o no »
Magnus si girò su un fianco questa volta, ringraziando l’ erba che lo accarezzava e la presenza di Alec, pronto ad ascoltarlo.
« Se potessi ritorneresti lì? »
Magnus ci pensò su, tutto ciò che aveva vissuto una volta approdato al mondo del circo era stata una montagna russa senza fine.
« Mi manca la mia terra, ci sarebbe molte cose ancora da dire... ne sento la mancanza così come mi manca muovermi sulla corda, » mormorò onesto, stuzzicandosi le dita « ma non penso ritornerei in Cina per restarci. Se siamo interessanti su alcuni punti, su altri il nostro pensiero è ancora rimasto indietro... e poi…» lasciò tutto in sospeso « sono già legato a molte cose qui e non posso andarmene» sospirò lentamente.
La brezza si fece più pungente e Alec aveva soltanto addosso una maglia con maniche a tre quarti e il giubbotto legato alla vita, i suoi capelli erano stranamente composti e gli occhi più verdi che nocciola « Ho lasciato un mondo e ne ho trovato un altro, » scollò le spalle « adesso voglio sapere di te »
« Che cosa in particolare? »
« Quello che vuoi »
« Devi essere più specifico » evidenziò diplomatico. 
Magnus roteò gli occhi.
« Perché hai scelto l’arte come corso di studi? » buttò fuori senza pensarci.
Alec navigò poco su quella domanda.
« Non è poi una grande storia »
« Mi annoio volentieri come te prima, su » lo incalzò. L’altro capì che non faceva una piega, che entrambi si stavano aprendo in modo genuino e senza sforzi.  
« I miei genitori…» Alec adottò un tono tranquillo nonostante quello che stava per dire « quello che non ti ho mai detto è che non sono stato solo io a viaggiare un po’ e vedere cosa ci fosse attorno a me, ma anche loro prima che io e mia sorella nascessimo, hanno visto un po’ di posti, prima che si sposassero. » iniziò a spiegare mentre Magnus notava come gli cambiava lo sguardo « Mi mettevano a letto ma prima che mi addormentassi. mi raccontavano sempre di queste storie , delle cose che avevano visto, mentre mia sorella già dormiva a sonno pieno, » Alec si sentì ridere anche se per poco « sentivo con curiosità tutto quello che avevano letto in libri o venivo a conoscenza dell’esistenza di qualche popolo antico come quello greco e ne rimanevo colpito, » Magnus capì subito da dove veniva la sua passione per la mitologia e si sentì sciogliere, era dovuta ai suoi genitori nonostante quello che li aveva travolti « sono piccoli sprazzi in cui mi ricordo perfettamente che i miei andassero ancora d’accordo. O forse lo nascondevano solo molto bene. Così mi sono appassionato alla lettura e quando tutti i miei coetanei giocavano a palla o trovavano interessante qualche gioco nuovo, io facevo solo nuoto, scrivevo o buttavo giù qualche schizzo, » sbuffò divertito da quell’immagine già formata anche in infanzia « ero un bambino molto precoce e estraneo »  
« Io lo trovo molto affascinante invece » affermò Magnus.
« Per un bambino di nove anni, ci si aspetterebbe altro » 
« Per qualsiasi bambino, sì »  
Alec si toccò i denti superiori con la lingua, allargando la sua bocca in un sorriso diverso. Magnus ci lesse tanta mancanza di istanti come quello, gli istanti in cui cercava di esprimergli la sua gratitudine facendosi del bene e non rinchiudendosi in quella famosa bolla.  
« In questo momento, » Alec si avvicinò un po’« vorrei baciarti » sentenziò. 
Magnus lo aveva così vicino che sentì subito il suo petto darsi da fare e il suo respiro fremere. Ma si era voltato giusto un attimo e l’immagine che aveva di fronte era più curiosa che mai.  
« Oh beh, mi piacerebbe Alexander, » ridacchiò a bassa voce « ma credo che dovremo aspettare » mosse leggermente il capo e Alec seguì con gli occhi un bambino seduto che li guardava sulla panchina proprio di fronte a loro, intento a mangiare un gelato. I suoi occhietti erano vispi, di un colore caldo, mentre i capelli a caschetto lo rendevano un adatto principino biondo. 
 « E’ un pubblico abbastanza limitato, non credo succederà niente » si sforzò di rimanere serio, ma l’altro sembrava farlo cedere mentre incredulo lo guardava in maniera perentoria.  « E’ comunque un bambino » ripeté Magnus.
« E’ solo un bambino » chiarì. 
Alec si sporse, nascondendo metà del suo viso e coprendo la guancia di Magnus con la sua mano grande, come se stesse circondando qualcosa di prezioso, sprofondando piano in un bacio casto, mentre sentiva la mano intrecciata formicolargli. Cercò di muoversi con dolcezza e ci riuscì effettivamente per i primi secondi. Non poté però riuscire a mantenere quella posizione a lungo perché aveva bisogno di più spazio e soprattutto del calore di Magnus. Sganciò la presa della sua mano, spostandola alla nuca mentre l’altro si aggrappava ai suoi capelli tirandoglieli piano e sentendolo annaspare mentre le loro lingue si invadevano a vicenda.                    
Magnus si trattenne soffocando i suoi stessi gemiti, ma quello non tarpava le ali di certo alla sensazione che stava provando: le labbra di Alec erano  così soffici e lui finì per mordergli leggermente il labbro inferiore.  
« E’ scappato? » sussurrò una volta che furono separati, anche se potevano sfiorarsi la punta del naso. Alec si girò velocemente notando quella figura curiosa che terminava la sua merenda, la faccia sporca ma tutta sorridente.                                                           
« Beh, veramente-» ma non finì di parlare perché l’altro s’infischiò completamente di chi li stesse guardando o meno, tirandolo di nuovo giù su di sé.        





Clodia's: Eccomi qui ragazzi.

Spero vi sia piaciuto, ho deciso di slegarmi un attimo per fare ricerca, per concentrarmi su ciò che ancora non sanno l’uno dell’altro. Dovevano essere solo loro, lontani dalla prossima turbolenza. Okay, evitiamo di dire altro.


Vi posto qui la chiesa di Sant'Elena e anche Park Crescent, esistono davvero,
insieme alla statua del principe Alberto. Noi ci vediamo direttamente al prossimo appuntamento - hold on tight.



   
 
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