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Autore: Red_Coat    21/10/2019    1 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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«È superfluo informarvi che siete in arresto e che verrete tutti messi a morte per i crimini che avete commesso contro la Shinra e gli abitanti della città di Midgar, ma devo farlo perché il mio ruolo me lo impone.» sghignazzò perfida la signorina Scarlett, come sempre scintillante nel suo vestito rosso dal vertiginoso spacca.
 
Barret e tutti i membri di Avalanche rimasti la ascoltarono sbalorditi, dalle panche della loro cella.
Erano stati fatti sbarcare a forza dagli uomini di Rufus a Junon, dove il presidente aveva deciso di recarsi per tentare di annientare una delle Weapons con il cannone laser appena terminato.
Era il primo, frutto di anni di ricerche dello sviluppo armamenti di cui la bionda Scarlett era il capo, e adesso era la loro unica speranza visto il caos che quelle mostruose creature risvegliate dall'invocazione della magia nera stavano provocando.
Per la Shinra era anche l'occasione per rinascere.
Avrebbero distrutto il pericolo e riottenuto un po’ di consenso popolare; non che a qualcuno dei vertici interessasse ormai, ma faceva sempre comodo avere il popolo sotto controllo ora che il Pianeta stava per estinguersi. Magari con un colpo di fortuna qualcuno di loro avrebbe ancora potuto salvare la pelle (e gli spiccioli).
Certo, tutto questo non andava a vantaggio del Pianeta e di chi stava davvero cercando di salvarlo, come AVALANCHE, per esempio.
 
«M-m-morte???» balbettò Yuffie, un nodo in gola «Ma è ingiusto!»
«Ah, quando mai la Shinra ha fatto qualcosa di giusto?» si espresse con disgusto Cid, il solito sigaro spento tra i denti.
 
Ne aveva uno di scorta sempre con sé, proprio per emergenze come quella.
Vincent Valentine si limitò ad osservare, senza esporsi. Lui conosceva bene i modi di fare dei vertici, da turk aveva dovuto agire in modo anche peggiori in nome dell'azienda, ma non si era mai tirato indietro.
Inoltre a livello personale quella era la tragedia meno grave che avesse vissuto, ma era un'altra storia. Fatto stava che era arrivato ad un punto in cui nulla, neanche la minaccia di una condanna a morte, lo sfiorava più di tanto. Anche perché, con la bestia che portava dentro, sarebbero stati loro a pagarne le ultime conseguenze, non lui. Però non era il momento di morire quello, non prima di aver chiuso i conti col passato.
 
«Dov'è Tifa?» chiese Red XIII, facendosi coraggiosamente avanti.
 
Lui era giovane per la sua specie, non voleva di certo finire i suoi giorni per mano degli aguzzini da cui era scappato!
 
«Ah!» fece Scarlett, soddisfatta, scacciando l'aria con una mano e alzando altera il capo «La vostra amichetta sarà la prima a provare la nostra camera a gas. È un peccato che dobbiate perdervi lo spettacolo, ma uno alla volta ve lo gusterete tutti in prima persona.»
 
Rise sadicamente e di gusto, quindi se ne andò richiudendo la porta pressurizzata della cella dietro di sé e lasciandoli basiti ad assaporare l'amara verità.
 
«Ma è assurdo!» protestò Yuffie battendo i piedi «Non possiamo permettere che uccidano Tifa! Dobbiamo salvarla prima che sia troppo tardi!»
«Se non fossimo rinchiusi qui dentro ...» commentò tristemente Nanaki, scuotendo il capo.
«Diavolo! Dobbiamo farci venire in mente un'idea al più presto. Barret, per l'amor del cielo, dì qualcosa!»
 
Tutti rivolsero i loro sguardi sull'uomo che, a testa bassa e mani lungo i fianchi, con aria sconfitta continuava a starsene in piedi di fronte alla porta, senza parlare, sull'orlo delle lacrime.
Avevano perso Biggs e Wedge, poi Aerith, Cloud, e adesso stavano per perdere anche Tifa. Chi sarebbe stato il prossimo?
Cosa potevano fare ancora? Ci fosse stata la ragazza dei fiori, probabilmente lo avrebbe spronato a non arrendersi, e anche Tifa avrebbe fatto lo stesso.
Cerchiamo una soluzione, andiamo avanti. Coraggio!
Il problema però, era che ... lui non era Cloud, né un dannatissimo SOLDIER!
Era solo un povero ex minatore a cui la Shinra aveva distrutto tutto e che non era riuscito neanche a salvare la propria casa!
Come accidenti avrebbe fatto a salvare il pianeta!?!?
Sulla scia di quei pensieri, senza accorgersene iniziò a prendere a pugni la parete nella quale erano nascosti i controlli di apertura e chiusura della cella, in maniera sempre più forte e violenta, e così facendo riuscì a mandarli in tilt.
La porta si aprì davanti ai suoi occhi increduli, tutti quanti, dopo un primo momento di choc, corsero a complimentarsi con lui per l'idea.
 
«Forza andiamo!» decretò, dopo essersi ripreso «Non c'è un minuto da perdere, dobbiamo assolutamente tirare Tifa fuori dai guai.»
 
Corse via, più in fretta che poteva. Gli altri lo seguirono a ruota.
"Ma che demente!' ridacchiò dentro di sé "Sto cominciando anche a commiserarmi come quel pazzo di Cloud. Povero ragazzo, spero stia bene ..."
 
***
 
Quando Hikari, quel giorno di dicembre in vacanza tra i monti innevati del nord, era entrata in quella bottega di artigianato e aveva visto quel bellissimo pugnale scegliendolo come regalo per il suo neosposo, di certo non aveva la minima idea che appena un anno dopo sarebbe tragicamente morta lasciandolo solo col suo terribile dolore.
Né immaginava che uso potesse farne, se non semplicemente quello di difenderli, o meglio ancora di non usarlo mai, tenendolo lì nel suo fodero e ogni tanto prenderlo in mano, ricordandosi della promessa di amore e devozione eterna che le aveva fatto il giorno in cui si erano incontrati.
Semplicemente lo aveva trovato bello e adatto a suo marito, un cavaliere senza paura che combatteva per amore, e lo aveva comprato col proposito di regalarglielo.
Forse il primo ed ultimo dei suoi dolci peccati di ingenuità nei confronti dell'uomo che amava. 
Come poteva deluderla, in fondo? Lui l'aveva resa donna, madre, moglie. L'aveva trattata con dolcezza regalandole tutti i suoi ricordi più preziosi, era stato in grado di manifestarle un amore tenero e sconfinato che pochi uomini avrebbero saputo imitare.
Anche se il dolore un giorno lo avrebbe colpito, per quanto questo fosse stato atroce e profondo, non avrebbe mai potuto ferire nessuno, con quel simbolo d'amore puro.
Nessuno, tranne forse i responsabili della sua scomparsa, o quelli che lui riteneva tali, come giusta pena di contrappasso per quel peccato immondo. 
 
\\\
 
Dalla morte di sua moglie, la vita per Victor Osaka non aveva altro scopo che il martirio in nome di Sephiroth, per la distruzione del pianeta e di tutte le sue forme di vita malate.
 
La speranza troppo spesso serve solamente a protrarre un inevitabile dolore.
 
Lo pensava Sephiroth e con lui anche suo fratello, ormai irrimediabilmente spezzato sotto il profilo mentale dalle sofferenze che quella guerra gli aveva inflitto.
Non sapeva nulla, né di Kendra né di ciò che era stato preparato in serbo per lui; Di certo c’era che niente, neanche una minima parte di pietà, gli era stato risparmiato, e così aveva perso tutto nella maniera più atroce e violenta possibile.
Ma l'opportunità di far terminare ogni sofferenza quella no, non l'avrebbe persa.
Per questo, anche se avrebbe tanto voluto non farlo, riapriva gli occhi ogni volta e lottava con tutto sé stesso per restare aggrappato alla vita, fino a che la lama della Masamune non avrebbe deciso che era arrivato il momento per lui di sparire.
Era la sua fine, lo sapeva e lo voleva. Solo Sephiroth avrebbe potuto ucciderlo, nessun altro.
Lui lo aveva creato, lo aveva salvato, dando nuova luce alla sua mente e uno scopo a quel corpo che era stato amato, in passato, desiderato, e che adesso non aveva altro scopo che la distruzione eterna del male, in ogni sua forma.
Prima avrebbe distrutto quel mondo malato, poi sé stesso, perché in fondo nemmeno lui era diverso dai suoi nemici.
Lui, Cloud, la Shinra, Avalanche.
Erano la stessa cosa, portatori di morte e disgrazie, e questa era la pena più grande.
Keiichi e Hikari ... Loro si sarebbero vergognati di averlo conosciuto, ma ormai non aveva più importanza perché Victor Osaka era già morto per lasciar posto a una copia di Sephiroth come tante, come Cloud Strife.
Il dolore non era altro che un'altra trascurabile imperfezione, e macchiare il pugnale, quel pugnale simbolo del suo compito di protettore della sua famiglia e dell'innocenza di chi glielo aveva donato, del sangue dei loro assassini era l'unico modo per espiare il suo più grande peccato: L'aver pensato che sarebbe durata per sempre e aver voltato le spalle al pericolo, quegli immondi, meschini esseri umani pregni di egoismo.
Proprio ciò che Sephiroth gli aveva sempre raccomandato di non fare.
 
***
 
«Hey...»

Una voce femminile, un po’ nasale e timorosa, gli giunse lontana dal buio in cui era precipitato.
Victor Osaka ridestò i sensi, sentì caldo sulla pelle, e allo stesso tempo avvertì la spiacevole sensazione dei vestiti zuppi, l'odore inebriante del mare, e il suono delle onde che andavano e venivano.
Qualcuno gli diede un paio di schiaffetti sulle guance, immaginò fosse la ragazza che stava cercando di svegliarlo.
Riaprì gli occhi e la guardò contrariato.
La giovane, vestita da infermiera, capelli castani a caschetto e un paio di occhiali tondi sul naso a patata, ritirò la mano intimorita appena vide i suoi occhi, e arrossendo si scusò, abbassando lo sguardo.

«Pensavo foste svenuto.»

Il 1st class fece una smorfia, toccandosi la tempia destra indolenzita.
No, non lo era mai stato. Aveva semplicemente viaggiato tra i flutti del lifestream in uno stato di parziale incoscienza fino a che la voce del Generale non lo aveva risvegliato.
Si mise a sedere e si guardò intorno. Riconobbe subito quella spiaggia assolata, ma per esserne sicuro chiese, anzi pretese.

«Dove siamo?» rivolgendo alla giovane infermiera un'intensa occhiata superba.
«Mideel.» replicò quella, continuando a evitare il suo sguardo.

Da subito le parole di Vittorio gli tornarono in mente: "Ricordati questo posto, ti servirà!".
Lanciò un'altra occhiata più approfondita ai dintorni.
Che fosse quello il momento?
Le successive parole della ragazza glielo confermarono.

«Voi ... Conoscete un ragazzo biondo vestito da SOLDIER? Lo abbiamo trovato poco fa dall'altra parte della spiaggia, era messo davvero male.»

Alzò immediatamente gli occhi su di lei, guardandola attento.

«Strife.» mormorò, quasi senza accorgersene, un impercettibile ghigno sulle labbra sottile.

E un pensiero attraversò rapido la sua mente. Lui e Sephiroth per un istante furono dello stesso identico parere.

«Dov'è adesso? Come sta?» chiese, interessandosi.

L'infermiera ritrovò sollevata il sorriso.

«Oh, quindi lo conoscete!» disse portandosi una mano sul cuore «Il dottore sarà contento di saperlo.» quindi lo informò, aiutandolo ad alzarsi «È in terapia intensiva, all'ospedale. Stiamo cercando di rianimarlo e di curargli l'intossicazione da Mako.»

Il ghigno sulle labbra di Osaka si accentuò.
Così debole ... Così inutile e facilmente manipolabile. "Sephiroth, non c'è gusto così però." rise dentro di sé, e il Generale lo fece con lui.

«Vi porto da lui. Qual è il vostro nome?» replicò intanto la ragazza, ignara.

Lui le sorrise sicuro e con orgoglio si presentò, uno strano e inquietante bagliori negli occhi.

«Victor Osaka. Ex SOLDIER 1st class. E per la precisione quel ragazzo è solo un semplice fante.»

La giovane lo guardò stupita.

«Sul serio?» domandò interessata «E come mai indossa la divisa?»
«Mph.» fece lui, sarcastico «È una storia lunga, che a proposito credo possa aiutarvi nella terapia. La racconterò volentieri al dottore appena farò la sua conoscenza.»

 
***
 
Il medico era lo stesso che aveva curato lui, tempo addietro, e come era prevedibile entrambi si riconobbero immediatamente.
Difficile dimenticare un paziente tanto pazzo da fuggire in quel modo alle cure, strappandosi di dosso flebo e tubo per la respirazione.

«Signor Osaka!» esclamò sorpreso, vedendolo.

Questi sorrise, senza cercare di nascondere la soddisfazione mentre il dottore lo esaminava.

«Buon pomeriggio, dottore.» disse.
«Sono felice di saperla ancora vivo. Quando non l'abbiamo più trovata ci siamo molto preoccupati.» gli comunicò quello, stringendogli forte la mano.
«Anche io sono felice di rivedervi.» mentì il 1st class, con gran disinvoltura «Mi spiace non essere stato in grado di salutarvi come si deve, ma non potevo trattenermi ulteriormente.»
«Il signor Osaka conosce quel ragazzo che abbiamo ritrovato questa mattina.» s'intromise l'infermiera, cavandolo dall'impiccio di ulteriori spiegazioni.
«Oh!» esclamò il dottore «Bene, bene! È messo davvero male e potrebbe esserci utile conoscere la sua storia clinica.»

Victor ghignò.

«Sono qui per questo.» disse, allargando le braccia «Portatemi da lui.»

E loro, ignari, lo accontentarono.


\\\

Cloud Strife giaceva immobile in un lettino, all'interno di una delle stanze del piccolo reparto pronto soccorso all'interno dell'unico ospedale dell'isola.
Situato al secondo piano di un grande casolare in legno, le stanze erano rustiche e munite dell'essenziale; il personale sanitario era competente e professionale, ma purtroppo la lontananza da Midgar non favoriva i rifornimenti di scorte mediche, che nonostante tutto a volte scarseggiavano.
Il resto delle apparecchiature erano più o meno aggiornate, quella del monitoraggio del cuore lanciava bip un po’ troppo lenti per un battito regolare, e dalla flebo che gli stava affianco scendeva lento e silenzioso un liquido opaco incolore.
Victor Osaka sogghignò, godendo nel vederlo così inerme.
"Tsh, povero pulcino inutile. Sei di nuovo nei guai, eh? Ma stavolta non c'è nessuno Zack Fair pronto a salvarti ... Stavolta sei mio." 
Si avvicinò con passo lento e misurato, arrivando fino al suo capezzale e sfiorando con la punta delle dita della mano destra le lenzuola vicino alla mano del suo bersaglio.
 
«Avete già provato a rianimarlo?» chiese, rivolgendo una fugace occhiata al medico per poi tornare a guardare Strife ascoltando con attenzione la risposta.
«Abbiamo ritenuto sia ancora troppo presto. L'intossicazione è ancora grave, troppo perché la procedura di rianimazione abbia successo. Lo stiamo sottoponendo ad un lavaggio sanguigno.» 
 
Il ghigno sulle labbra di Osaka si accentuò.
 
«Naturale.» disse semplicemente soddisfatto.
 
Rimase ancora qualche istante in silenzio a guardarlo, famelico, quindi si voltò completamente verso i due sanitari, voltandogli le spalle come si fa con un nemico da non temere, e replicò con nonchalance.
 
«Avete scelto un'ottima strada per procedere. Come dicevo alla sua assistente, il ragazzo qui è un ex fante.
Aveva intrapreso il percorso per diventare SOLDIER ma il suo corpo e la sua mente non hanno retto alle prime iniezioni.»
 
Si toccò con un dito la tempia destra, alzando un sopracciglio.
Medico e infermiera si guardarono terrorizzati.
 
«È pericoloso?» domandò il primario, preoccupato.
«Io fossi in voi non rischierei.» replicò vago lui, col chiaro intento di confonderli e spaventarli sempre più, scuotendo le spalle e sprofondando le mani nelle tasche del soprabito «Non lasciate che nessuno entri da solo in questa stanza, almeno fino al suo risveglio. Non sappiamo come potrebbe reagire.» consigliò, poi tentò il tutto per tutto «Anzi, se posso permettermi, potrei fargli io da infermiere. Non vorrete che la signorina si faccia male.» insinuò lanciandole una lunga occhiata di sbieco.
 
Il medico guardò la faccia dell'infermiera, piena di terrore, e ci pensò su qualche istante prima di rispondere.
 
«Sarebbe contro il protocollo, ma ... credo sia la soluzione più giusta, visto che siamo a corto di specializzandi in grado di fronteggiare il pericolo. Comunque delle operazioni più delicate me ne occuperò io personalmente.» 
 
Osaka sogghignò.
 
«Affare fatto. Non abbiate paura ...» concluse, voltandosi nuovamente verso Strife e scrutando trionfante e famelico quel volto atono e pallido, ancora adolescente «Ci penso io a lui, adesso.» 

\\\

Richiusa la porta dietro le loro spalle, medico e infermiera si guardarono preoccupati un'ultima volta.
 
«Dottore, possiamo fidarci?» chiese lei.
 
Il medico sospirò, scuotendo il capo.
 
«Non lo so, ma la situazione è alquanto delicata, e non possiamo trasferire il paziente a Midgar, per il momento.» replicò serio «Il signor Osaka forse è stato un po’ estremo l'ultima volta, ma non mi sembra una cattiva persona. Avrà avuto le sue ragioni. Viceversa, quel giovane sembra innocuo, ma ...» 
 
Un altro sospiro.
 
«Dobbiamo fidarci.» risolse «Non abbiamo altra scelta se non quella di rischiare la vita. E con tutta sincerità, per quanto ami il mio lavoro, preferisco mantenere sempre un certo livello di amor proprio.»
 
\\\
 
Osaka aspettò che la porta fosse chiusa e il chiacchiericcio lontano, quindi si voltò completamente verso Cloud Strife e ghignò.
 
«Bene, bene ...» fece, famelico «Allora pulcino, adesso siamo soli.
Soli soletti ...» ridacchiò, chinandosi su di lui, avvicinando le labbra al suo orecchio «Io e te. Sei contento? Ci divertiremo, vedrai. O per meglio dire ...» sibilò, sfiorando il pugnale che portava legato stretto al fianco, nel fodero «Io mi divertirò da matti ... E tu starai a guardare.»
 
Ridacchiò perfidamente, di nuovo.
Poi prese la sedia appoggiata al muro, la avvicinò al capezzale del biondo e si sedette, i gomiti sulle ginocchia e le mani giunte sotto il mento.
Iniziò a far tamburellare lentamente il piede destro sul pavimento. Il rumore secco e regolare della suola di metallo sul pavimento in legno sembrava il ticchettare di un inquietante orologio invisibile, sommesso.
Si fece serio
 
«Allora, Strife ... Da dove iniziamo?»
 
All'improvviso, come una risposta a quella domanda, gli occhi gli si fecero pesanti, sentì l'anima immergersi nel silenzio, e un istante i suoi sensi si spensero, per riaccendersi in un mondo buio, confuso, pieno di voci e, cosa più strana, immenso, ma semi vuoto.
Era come trovarsi in mezzo ad una strada di campagna, sperduta nel nulla e male illuminata.
Il percorso era tortuoso e tutto in salita, ogni tanto macchie di luce rischiaravano il paesaggio.
Questo forse era l'unica cosa che entrambi, sia lui che Strife, conoscevano benissimo: Nibelheim.
Il villaggio riempiva la maggior parte dei punti illuminati, fatta eccezione che per qualcuno molto lontano da dove si trovava Osaka per essere visto.
Tuttavia, anche Cloud era lontano, troppo lontano per poter vedere anche il ricordo della sua casa.
Se ne stava accucciato a terra, rannicchiato su sé stesso, le gambe contro il petto e le braccia a circondare, il viso completamente immerso in mezzo ad esse.
Non muoveva un muscolo, non emetteva suono.
Ma quando, confuso, Victor Osaka si voltò richiamato dall'istinto, dietro di lui Sephiroth, il suo maestro e Generale gli apparve e con un ghigno malefico gli fece segno di far silenzio, portandosi l'indice sinistro alle labbra sottili e poi scomparendo per riapparire sopra il ragazzo, a mezzo metro da terra, l'ala spianata, le braccia spalancate.
Dalle sue dita ora sembravano scendere fasci di luce talmente sottili da assomigliare ai fili di una tela di ragno.
Ognuno di essi si allungava fino a Cloud, lo circondava, ne legava ora il polso destro, ora quello sinistro, quindi le caviglie e la nuca.
Osaka osservò con estasiata meraviglia l'angelo che minaccioso ghignò, guardando prima il suo burattino, poi rivolgendo un lungo sguardo verso di lui annuì, facendosi minacciosamente serio.
Con la stessa espressione di quando aveva dato fuoco a Nibelheim, lo invitò ad avanzare.
E mentre, a passo lento e sempre più sicuro, marziale, Osaka obbediva, l'immagine del suo Niisan scomparve, e un ultimo eco ammaliante risuonò solo nella sua testa.
 
«Ora, continua...»
 
Rise, il generale. E con lui lo fece il suo più fedele sottoposto, il suo messaggero, suo fratello.
Il messaggio era chiaro, la vendetta andavano consumata lentamente. E con freddezza.
Gli arrivò di fronte, s'inginocchiò e guardandolo tremare sogghigno perfidamente felice.
 
«Ma guardalo, povero piccolo ...» commentò con falso dispiacere.
 
Solo allora, quando quella voce così simile a quella del suo burattinaio lo raggiunse, Cloud Strife alzò lentamente il viso e lo guardò, rabbrividendo.
Il fiato mozzato, le narici dilatate, il cuore che batteva a mille e negli occhi le immagini dei due fratelli che partendo da quella ciocca albina si sovrapponevano, rapidamente, sconvolgendolo.
Rimase immobile per qualche istante, come congelato.
Poi la rabbia e la paura lo spinsero a reagire, attaccando a mani nude il nuovo arrivato in quel mondo che pensava nessuno potesse violare.
Ma a quanto pare anche quella era una menzogna.
Victor rise di quel patetico tentativo, lo immobilizzò quasi subito legandogli con un braccio le sue dietro la schiena, e puntandogli il pugnale al collo, avvolgendoglielo con quello libero.
 
«Oh, andiamo. Ancora opponi resistenza?»
 
Negli occhi azzurri di Strife dipinse la disperazione, e mentre le lacrime li inondarono, appena prima che riuscissero a straripare con uno strattone riuscì a liberarsi.
In realtà fu Osaka stesso a lasciarlo andare, gioendo nel sentire la forza di volontà scemare.
Tremava, perfino i suoi muscoli si rifiutavano di scattare. Non era il mako, era la sua coscienza a non voler riemergere.
Si mosse come per tirargli un destro, ma il 1st class riuscì a fermarlo semplicemente bloccandogli i pugni nei palmi delle sue mani.
Si guardarono negli occhi. Osaka li accese di trionfante soddisfazione, quelli di Cloud non erano più sicuri come fino a poco tempo fa.
 
«Tu ...» mormorò, con voce tremante, quasi rotta.
 
Le sue pupille sembrarono come impazzite. Cambiarono aspetto e colore in continuazione, sperdute vagarono rapide in ogni dove alla ricerca di qualcosa che non avrebbero trovato. Non ora.
 
«Tu hai sempre saputo tutto ... fin dall'inizio.»
 
Osaka ghignò.
 
"È solo un inganno ..." gli rivelò Sephiroth, parlando solo a lui.
In realtà Cloud credeva soltanto di sapere, mettendo insieme i brevi frammenti riaffiorati alla memoria.
Ora come ora non era nemmeno sicuro fossero i suoi, ma di una cosa era certo: Victor Osaka c'era sempre, sia in quelli con Zack, che dopo, in quelli più chiari del suo recente passato.
E quella frase continuava a tornargli in mente in continuazione.
"Hai un debito di vita, sono venuto a riscuoterlo."
Possibile, che ... quella vita, quel Cloud ... Possibile fosse un altro, a cui aveva rubato non solo la memoria. In quel caso le parole di Sephiroth e Hojo sarebbero stare non solo vere, ma anche atroci più di adesso.
E Victor, l'unico in grado di salvarlo da quella menzogna, non fece nulla per questo. Anzi.
"Solo un inganno?"
Non sapeva in merito a cosa, quali fossero i pensieri del biondo in quel momento e in che equivoco fosse caduto. Ma se serviva a vincere la guerra.
"Allora perché dovrei smentirlo?"
Il ghigno si accentuò, poi quando Cloud lo supplicò ricominciando a piangere scomparve totalmente per lasciar posto ad un'espressione falsamente triste.
Era deciso, ora i due fratelli recitavano nella stessa tragedia.
 
«Chi sono io? Tu lo sai! Dimmelo!»
 
Lo afferrò per il bavero del soprabito, quasi vi si aggrappò.
Osaka lo guardò negli occhi, nascondendo a malapena la gioia perversa nell'averlo in pugno.
 
«È da quando ti ho visto a Midgar la prima volta che cerco di dirtelo, Marionetta.» rispose, poi dopo una breve pausa «Tu sei nostro, Cloud. Non sei altro che un corpo vuoto alla quale Jenova e Sephiroth hanno dato un'anima.»
 
Tagliente come nemmeno la più affilata delle lame, quella bugia ferì mortalmente ciò che restava della sua volontà.
Perse le forze, cadde in ginocchio di fronte ad un Victor Osaka che, non appena lo vide sprofondare il viso in lacrime tra le mani scuotendo più volte la testa, non perse tempo per infierire. Nemmeno un briciolo di secondo.
 
«Mi spiace ...» disse calmo «L'ho saputo sin dal primo momento in cui ti ho rivisto. Zack è caduto nell'inganno perché le cellule di Jenova non avevano attecchito su di lui. La madre lo ha rigettato. Ho cercato di avvisarlo, ma ...» sogghignò facendo spallucce «Come poteva capire? Solo noi possiamo farlo.»
 
Tornò a guardarlo con malignità, serio e determinato.
Ora aveva la possibilità di impedire che quella guerra avesse perfino inizio. Adesso ... Poteva ucciderlo senza farlo davvero. Bastava dare una spinta alla sua coscienza già sull'orlo di crollare, e Cloud Strife, il fante insubordinato, l'insulto, l'incapace, il bugiardo ... Non avrebbe nemmeno più pensato di dover affrontare Sephiroth.
Un movimento alle spalle del ragazzo lo distrasse. Un'altra immagine era apparsa, in lontananza, e quando alzò gli occhi per capire cosa fosse il suo sguardo si fece mortalmente serio.
Zack. Lo guardava quasi in lacrime, scuoteva il capo quasi implorante. Non riuscì a comprendere come potesse vederlo, in realtà non volle nemmeno sapere se fosse solo l’ennesima illusione, un ricordo di Strife riaffiorato dal nulla o che altro. La sola visto lo irritò ancor di più, perché la sua presenza lì significava solo una cosa: anche lui aveva scelto da che parte schierarsi.
Davanti a lui sembrava esserci un invisibile muro di cristallo che gli impediva di esser visto o sentito dal ragazzo che stava nuovamente cercando di salvare.
Era Kendra a crearlo. Lo vide poco distante lanciargli un sogghigno malefico e annuire.
Vendicativo e funestamente deluso, Victor Osaka guardò l'amico di un tempo e dipinse le sue labbra di un impercettibile ghigno, portandosi l'indice destro appena a sfiorarle.
"I morti ... non hanno potere." sillabò, lentamente, guardandolo dritto negli occhi.
Quindi ghignò soddisfatto e tornò ad ignorarlo, rivolgendosi nuovamente a Strife, che era tornato a reggersi la testa tra le mani.
 
«Tutto questo si sarebbe potuto evitare, se tu ci avessi dato ascolto.» gli disse, chinandosi nuovamente di fronte a lui e ponendogli una mano sulla spalla, come a fargli forza «Ma hai ascoltato le frottole di quel sognatore, e ti sei illuso che potessero valere anche per te. È normale, per un periodo anche io ho vacillato.»
 
Cloud smise di piangere per un istante, alzò lentamente la testa e lo guardò, ritrovando un po’ di calma, giusto quel po’ che gli serviva per poter parlare.
 
«Tu ... Cosa sei?» chiese
 
Osaka ridacchiò, alzandosi nuovamente in piedi.
 
«Ti stai chiedendo se anche io sono una creatura di Hojo?» scosse il capo, ridendosela un altro po’ «No, io sono stato creato direttamente da Sephiroth.»
 
Alzò altero il mento, guardando un punto imprecisato e lontano nella volta scura che li circondava. Raddrizzò le spalle e spiegò, fiero.
 
«Io sono nato per essere il suo messaggero, il più fedele dei suoi soldati. Non ho un numero, non ne ho bisogno. Sono l'unico e il solo, e lo porterò alla vittoria ... a qualunque costo.»
 
Gli lanciò un lungo sguardo cupo, sotto di esso per un istante Strife si sentì quasi inerme.
Ebbe nuovamente la stessa sensazione che ricordava di aver avuto quando lo aveva visto la prima volta, con Zack.
Un brivido gelido, vento di morte, lo attraversò. Solo che stavolta ne capì pienamente il motivo.
 
«Per questo hai cercato di uccidermi?» domandò, a bruciapelo.
 
Osaka per un istante lo guardò sorpreso, poi però sorrise e, senza rispondere veramente a quella domanda (perché farlo avrebbe messo a rischio i loro piani), replicò.
 
«Te l'ho detto più volte, no? Nulla di personale. Ma tu sei solo una delle tante marionette nelle nostre mani ... volevo semplicemente impedirti di fare stronzate.»
 
Tornò ad inginocchiarsi di fronte a lui, lo guardò negli occhi simulando affetto, e con calma spiegò, come fosse la cosa più semplice di questo mondo.
 
«Ascoltaci bene, Cloud. Tu sei un burattino, nulla di più facile per te. Devi soltanto eseguire. È quando ti opponi, quando cerchi di venirci contro che iniziano i problemi per te. Capisci? Quindi perché farti del male inutile? Limitati a obbedire, e nessuno soffrirà ulteriormente.»
 
La vide, la disperazione nei suoi occhi.
E senza aggiungere altro, senza aspettare nemmeno di vederlo capitolare come immaginava avesse fatto, iniziò a svenire dalla sua coscienza, riaccendendo la propria e dissolvendosi da quel mondo frammentato come un fantasma.
Un diabolico fantasma venuto a dargli il colpo di grazia.
L'ultima cosa che Cloud vide furono i suoi occhi carichi di una gioia sadica e folle, e le sue labbra tinte di un sorriso che poco aveva di amichevole.
 
\\\
 
Riaprì gli occhi, come risvegliandosi da un sonno profondo, e per un istante si sentì enormemente stanco.
Rapidamente però la forza iniziò a tornare, e quando infine fu completamente conscio di sé guardò Cloud, o meglio il suo corpo, inerme nel letto di fronte a lui, e il sogghigno perfido tornò a brillare sinistramente sul suo volto.
Si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa che potesse ispirarlo.
Trovò al suo fianco il pugnale, ma decise di tenerlo per dopo.
Del resto avevano tutto il tempo per quello. Era stato così divertente logorare il suo spirito che decise di prendersi ancora un po’ di tempo per quello, e allora si sporse verso di lui, appoggiando i gomiti sulle gambe e intrecciando le dita delle mani, e sibilò, minacciosamente tranquillo.
 
«Non ti preoccupare, ti insegnerò io a stare al tuo posto. Cosa accadrà se non lo fai mi auguro tu lo abbia capito ormai.»
 
***
 
Scappare dalla camera a gas era stato veramente un miracolo, così come lo era stato sopravvivere all'attacco di quella mostruosa creatura che a detta dei turks era una Weapons, una delle quattro custodi del pianeta.
Perfino il cannone mako non era riuscito a ucciderla al primo colpo, ce n’erano voluti due di seguito per farlo, e nel mentre la situazione era volta a suo favore, perché nell’attaccare la fortezza il mostro aveva, con un raggio di luce uscito dalle sue potenti fauci, aperto un grosso varco nella prigione dentro alla quale era rinchiusa.
Ma adesso, mentre dal ponte dell'Higthwind sequestrata dai membri di AVALANCHE e dal suo equipaggio, ribellatosi alla Shinra, guardava la cittadella farsi sempre più piccola sotto ai suoi occhi, Tifa Lockhart ebbe un solo pensiero in mente: Cloud. 
Doveva trovarlo. Doveva aiutarlo, perché altrimenti nessun altro avrebbe potuto salvarli, ora che Aerith era morta.
Nemmeno la Shinra sapeva come gestire quelle creature che minacciavano di mettere in subbuglio l'intero pianeta, in attesa della catastrofe. Era in pericolo, loro erano i suoi guardiani e non si sarebbero fermati fino a che la minaccia non sarebbe stata debellata.
Ci sarebbe voluto un miracolo ancora più grande per questa impresa, lo sapeva già. Erano stati gli antichi, i Cetra di cui anche la compianta Aerith faceva parte, i primi a conoscere quel meccanismo di difesa del Pianeta. Forse Aerith stessa, col suo viaggio, aveva intenzione di scongiurare quel pericolo. Ma ormai era fatta, Meteor era già alta in cielo, le weapons erano sveglie, Gaia si stava preparando a combattere e loro erano dispersi, impotenti.
AVALANCHE, la Shinra. In mezzo a quelle forze sovrannaturali non era nulla, eppure solo adesso sembravano ricordarsene davvero. Dovevano combattere, dovevano farlo insieme, per questo ora lei, che era sempre stata così ermeticamente chiusa in sé stessa, decise che era arrivato il momento di prendere la situazione in mano ed agire, rimettere insieme i pezzi prima che fosse troppo tardi per poter affrontare insieme l’apocalisse.
Neppure immaginava però quanta fatica gli sarebbe realmente costata portare a termine quel compito con successo, soprattutto ora che la presenza di Victor Osaka rendeva questa possibilità ancor più remota.
 
***
 
L'idea gli venne così, per caso, mentre cercava di trovare metodi di tortura che non implicassero segni visibili e che potessero tornare utile al suo scopo: Far durare il coma della marionetta il più a lungo possibile e renderlo debole, sia fisicamente che mentalmente (anche se in merito aveva fatto già abbastanza), in vista del duello finale.
Certo, Sephiroth non aveva bisogno che gli si facilitasse un compito già di per sé banale, pensò, ma già che era lì doveva in qualche modo aiutare il suo Niisan.
Così verso il tramonto, mentre con aria assorta fissava il paziente, si concentrò per un istante sul liquido della flebo e lo vide scintillare alla luce del tramonto che penetrava dalla finestra chiusa.
E allora, quasi folgorato, iniziò a riflettere.
I suoi poteri gli permettevano modifiche allo stato degli elementi fondamentali come acqua, aria e terra, ed era ormai un dato di fatto per chiunque abitasse il Pianeta che spesso questi erano complementari tra loro.
Dal momento in cui era stato maledetto inoltre, le magie più potenti erano quelle nocive e distruttive, mentre a nulla servivano quelle curative.
Poteva creare fulmini, scaturire tsunami o tempeste di pioggia acida, sollevare nebbia soporifera o velenosa ...
Chissà se avrebbe funzionato anche per il liquido disintossicante contenuto in quella boccia da mezzo litro?
Si alzò, avvicinandosi ad essa e leggendo con attenzione l'etichetta sul retro della bottiglia di vetro trasparente.
Erano tutti componenti naturali estratti chimicamente ed assemblati per fare il loro dovere in un corpo altamente debilitato.
Ne conosceva solo qualcuno, ma non era necessario ai fini del suo piccolo "esperimento".
Appoggiò appena la punta del dito indice destro sul vetro, quindi chiuse gli occhi e si concentrò.
Fu più semplice delle altre volte. Molto di più, grazie all'esperienza accumulata in quel genere di incantesimi.
Gli bastò pensare all'acqua, all'atto pratico di svuotare tutto il fiele che aveva accumulato sopportando la misera esistenza di quel parassita, e il gioco fu fatto.
Sentì l'energia magica attraversargli il braccio e irradiarsi silenziosamente attorno al dito, aprì gli occhi e la vide, sotto forma di una chiara luce verdastra, acida e sinuosa.
Non durò che qualche secondo, il bagliore attraversò il vetro, si propagò nell'acqua diramandosi in inquietanti venature verde scuro, quindi scomparve, lasciando sul fondo della bottiglia un leggero strato di polvere color grigio topo, impercettibile perfino ad un occhio attento.
Si adagiò proprio sopra l'imboccatura della flebo, e scese giù per prima attraverso il tubicino, direttamente nelle vene di un Cloud Strife inerme.
Victor osservò con attenzione, un ghigno sulle labbra sottili.
Si spostò un po’, inclinò appena la testa e guardò la flebo in contro luce.
Ora anche il riflesso era cambiato, virando appena sul verde.
Alzò il mento altero e tornò a sedersi, accavallando le gambe e accendendosi una sigaretta.
 
«Dolce notte, Strife.» ridacchiò pago «Dormi, dormi, bel bambino ...»
 
Iniziando a fischiettare allegramente a fior di labbra la nenia di una ninna nanna.
 

(Continua ...)
"È solo un inganno ..."
   
 
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