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Autore: ineedofthem    22/10/2019    4 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
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Capitolo 65
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 65

Indosso una coperta sulle spalle, per coprirmi dalla frescura del mattino ed esco fuori, in balcone. La città è ancora calma e dormiente, avvolta nell'oscurità, nonostante il cielo si sia già tinto di un tenue violetto, in vista del sole che sorge.
Stanotte non ho chiuso occhio e l'assenza di Luca al mio fianco non ha certamente giocato a mio favore. Mi sono talmente abituata a condividere i miei spazi con lui che saperlo lontano, mi provoca una fitta dolorosa al petto.
Un brivido lungo la schiena mi porta a stringere al petto il plaid che rischia di scivolare a terra e lascio che la mia mente si inondi di pensieri positivi. Oggi rivedremo Lucia, in quanto il nostro incontro con l'assistente sociale si terrà nella casa famiglia dove lei è ospite. Sarà la prima volta che le farò visita conscia del cambiamento che potrebbe avvenire nella sua vita. La mia parte speranzosa mi porta a immaginare che Irene voglia parlarci in vista della procedura da ultimare, ma qualcosa, un brutto presentimento che purtroppo non va proprio via, mi fa pensare che lei non ci renderà questo percorso tanto roseo. Eppure io l'ho promesso, a me stessa, a lei, e a Lucia, che avrei combattuto per questo, che non mi sarei arresa facilmente.
Così, quando il cielo comincia a tingersi di una tonalità più chiara, lasciando che il Sole si propaghi alto e splendente, trasformando l'orizzonte in una tavolozza da dipingere, in un tripudio di colori, caldi, rilascio un sospiro profondo, accennando un sorriso, mentre stringo le mani attorno alla balaustra di ferro. L'aria profuma di brina mattutina e di una fresca calura tipica dell'avvicinarsi dei mesi estivi e mi rendo conto che io abbia fatto bene ad alzarmi e non perdermi nemmeno un momento di quello che la natura ha deciso di dedicarmi, stamattina.
Forse è vero quando dicono che potrai assistere a spettacoli del genere senza abituartici mai e ogni volta i tuoi occhi li scruteranno con la stessa meraviglia e suggestione.

Amo il tuo modo di emozionarti davanti alle piccole; piccole cose che attraverso te diventano meravigliose.

Le parole di Luca risuonano nella mia mente, con la stessa dolcezza con cui le ha pronunciate, si premurano di scaldare il mio cuore, mentre faccio in mod che il ricordo delle sue labbra sulle mie mi culli, dolcemente.

Mi richiudo poco dopo la porta finestra alle spalle, abbracciandomi in un gesto di protezione e raggiungo la cucina, animata dalla voglia di adempiere al compito che mi sono prefissata: preparare un dolce per i bambini della casa famiglia.
Raggruppo gli ingredienti che ho acquistato con cura, attenta a ogni tipo di allergia e intolleranza, e mi metto all'opera. Mi riscopro a essere gioiosa all'idea di poter deliziare quei piccoli e dolci bambini con qualcosa che le mie mani hanno preparato. Riverso il mio impegno e il mio amore in ogni singola parte del procedimento, sorridendo soddisfatta nel momento in cui scruto il dolce cuocersi nel forno.
E comprendo cosa significhi davvero la felicità davanti alle piccole cose, quelle che ti fanno sentire estremamente bene.





Mi porto i capelli dietro le orecchie, aggiustandoli in modo composto sulle spalle. Passo poi a ispezionare il mio abbigliamento, composto da una camicia bianca infilata in dei jeans chiari, come se da esso ne dipendesse l'esito di questo incontro e dopo poco mi rendo conto anche del perché io lo stia facendo: voglio fare in modo che Irene Berardi non trovi niente in me da obiettare. Il suo occhio critico e scettico non avrà la soddisfazione di vedermi impaurita o impreparata.
"Anita, sei pronta?" rivolgo la mia attenzione a Luca che dal fondo del corridoio del mio appartamento mi reclama. Gli ho chiesto di raggiungermi a casa dopo il lavoro e non riesco a fare a meno di dedicargli un'occhiata colma di gratitudine.
Incrocio il suo sguardo, curioso, scruto la sua posta un po' scomposta e poi tiro un respiro profondo, annuendo.
"Sì, sì. Arrivo." E sto già muovendo alcuni passi verso di lui, con gli stivaletti a tronchetto che ticchettano a contatto con il pavimento, lungo il percorso.
Indosso un blazer sotto i suoi occhi attenti e premurosi e mi rendo conto che lui non smetta di seguirmi in ogni mio più piccolo gesto. Riconosco dal modo in cui il suo sguardo si attacchi alla mia pelle, che sia preoccupato all'evenienza di vedermi soccombere in preda all'agitazione.
Comincio a ripetere mentalmente nella mia testa, cercando di convincermi di non aver dimenticato qualcosa.
"La torta!" esclamo poi come colta da un'illuminazione, portandomi una mano alla fronte.
Luca arriccia le labbra in un broncio."La torta?" ripete, guardandomi senza ben capire.
Mi avvicino quanto basti per parlargli a un palmo dal viso, accarezzandogli la guancia per poi pizzicare la sua pelle sotto le mie dita, in un buffetto affettuoso.
"Sì, ho preparato un dolce per i piccoli" sciorino in un sorriso, sporgendomi per lasciargli un bacio a fior di labbra e catturare quell'espressione serena che gli aleggia in volto alle mie parole.
Poi gli sfuggo dalle mani, non appena mi rendo conto Luca sia deciso ad approfondire il contatto, avvertendolo ridere divertito dietro di me, nel momento in cui mi muovo verso la cucina.
Sistemo il dolce in un recipiente da viaggio, e mi ritrovo a essere compiaciuta del risultato, battendo le mani, emozionata come una bambina.


"Eccomi"ritorno da lui poco dopo con un'espressione felice e sognante.
Luca, che mi dava le spalle, si volta verso di me e mi ritrovo a pensare che ci sia qualcosa di così dolce nel suo modo di fermarsi a osservarmi. I suoi occhi lambiscono la mia figura senza volerla lasciare andare. E io mi muovo verso di lui, a piccoli passi, con l'emozione a irradiarsi nel mio petto.
Gli arrivo di fianco, e non mi sottraggo al tocco di Luca su di me, delle sue mani lungo le mie braccia. Lascio che mi stringa a sé e socchiudo gli occhi sotto il segno delle sue labbra sulla mia fronte in un bacio quasi impercettibile.
"Andrà tutto bene..."mi sussurra, piano.
E allora io rialzo lo sguardo per puntarlo nel suo e sorridergli, colma di quella gratitudine da cui sento pervadermi.
Accarezzo il suo viso, con le mie dita, sottili e delicate, trattenendo a lungo le mie mani sulla sua pelle.
"Ti amo" gli confesso a cuore aperto, prima che le mie parole si perdano sulle sue labbra.

***

Luca appoggia una mano alla base della mia schiena, accompagnandomi verso l'ingresso del condominio dove è ubicata la casa famiglia. Con la sua presenza al mio fianco non posso fare a meno di sentirmi più sicura.
Così, mentre saliamo le scale, animati da un silenzio confortante, mi rendo conto che la mia pelle sia scossa da un brivido che si propaga fino alle dita delle mani che prendono a tremolare lievemente per l'emozione.
Non vedo l'ora di vederti, Luci.
Nel momento in cui questo pensiero si propaga nella mia mente, mi volto verso Luca e insieme ci lasciamo andare a un piccolo sorriso.
Mantenendo in equilibrio il vassoio tra le mie braccia, lascio che la mia mano cerchi la sua. Lui abbassa lo sguardo a scrutare le nostre dita che giocherellano, accarezza il dorso della mia mano, facendo in modo che il suo tocco mi provochi un calore familiare, poi la stringe alla sua.

Arrivati al pianerottolo, stanziando davanti al portoncino, è lui suonare al campanello.
Aspetto di sentire rimbombare dei passi aldilà dell'infisso e non appena la porta si apre in uno scatto, rivelando la figura della dottoressa Parracciani sulla soglia, mi ritrovo a constatare di aver trattenuto il fiato per tutto questo tempo.
Rilascio quindi un sospiro, impercettibile, mentre lei, salutandoci, ci fa segno di seguirla.
Non sono nuova a questo ambiente ormai, ma mentre percorro il corridoio, seguendo i passi della psicologa davanti a me, mi rendo conto che non riuscirò mai ad abituarmi davvero a questo posto e al nodo alla gola che mi provoca ogni volta essere qui. Non riesco a essere indifferente al pensiero che dei bambini siano costretti a passare la vita qui, con il peso delle loro esistenze burrascose alle spalle.
Così, quando io e Luca raggiungiamo la sala comune, sembra che il tempo si fermi e io osservo i piccoli voltarsi quasi meccanicamente verso di noi, poi scrutarci con curiosità, prima che un'espressione di pura allegria si propaghi sui loro volti e ognuno di loro torni alla propria attività. Riesco a riconoscere benissimo cosa animi i loro occhi e i loro cuori: la voglia di essere scelti tra i tanti, la possibilità di tornare a sentirsi amati. E io li osservo e avverto il mio cuore traboccare di una tenerezza mista a malinconia.
ll mio sguardo però perlustra la sala comune, i miei occhi guardano avidi ogni particolare, alla ricerca della mia piccola Lucia, ma non mi stupisco di non vederla lì. Così, con la silenziosa ma rassicurante compagnia di Luca al mio fianco, compio un passo avanti, indicando il contenitore tra le mie mani.
"Ho portato un dolce per i bambini" proferisco, d'un tratto intimidita.
Amelia si volta a guardarmi, sorridendo intenerita e sorpresa davanti al mio gesto. "Ma che bel pensiero, Anita. È molto gentile da parte sua".
Mi rendo conto che le mie parole abbiano catturato l'attenzione dei più piccoli, che adesso scalpitano eccitati al mio fianco, reclamando attenzioni e dolcezza. E in quell'istante, con Luca che accenna un riso, entusiasta, accarezzando il capo di un bambino, e io rischio di incespicare tra i miei passi, circondata da tanto affetto, con mani che si aggrappano alle mie gambe, e voci che mi richiamano, mi ritrovo a sorridere di meraviglia davanti alla loro capacità di essere felici davanti ai più piccoli gesti.
Oh, dolci e delicate anime...
Deve essere così che ci si sente quando una gioia arriva a scuoterti dal fondo dell'abisso.
"Calma, bambini. Adesso uno alla volta avrete la vostra fetta di torta". Amelia si premura di placare gli animi, ma senza poter fare a meno di scrutare i suoi piccoli con un luccichio negli occhi. Il modo in cui pazientemente li conduce a risedersi, ridendo divertita davanti alle loro proteste, mi fa capire quanto tenga a loro. "Adesso da bravi, ringraziate Anita" li esorta, poi, amorevole.
Annuiscono tutti, ma senza perdere la smania che li pervade. "Grazie, Anita!" esclamano in coro.
"Di nulla, piccoli" sciorino in un sorriso, avvertendo il mio cuore sciogliersi in un fremito di emozione.


"Ah, eccovi, siete arrivati!"
La voce astiosa di Irene Berardi arriva a inchiodarmi sul posto e quando mi giro verso di lei la trovo dedita a raggiungermi, e rivolgermi uno sguardo colmo di sfida.
Lucia scalpita al suo fianco, lasciando ciondolare la sua mano stretta in quella della donna che si conduce verso di noi. Lucia è semplicemente bellissima, con i capelli acconciati in due adorabili treccine ai lati della testa e il vestitino a stampe floreali che indossa. Sembra una principessa, dotata di un'incredibile grazia nonostante la sua tenera età.
Non appena si rende conto che il mio sguardo sia già sul suo, e che i miei occhi non possano fare a meno di lasciarla andare, con la commozione che si insinua sul mio volto, lei lascia andare le sue dita, frettolosa, trotterelando per arrivare al mio fianco.
"Anita, Luca!" strepita con gioia, manifestando la sua voglia di stringerci non appena ci è vicino. Traballo, ridendo dilettata dal suo tocco attorno alle mie gambe.
Luca si abbassa alla sua altezza, accarezzandole una guancia con dolcezza e facendo in modo che il suo corpo si accoccoli al suo.
"Vieni qui, piccola principessa" le sorride, allargando le braccia per accoglierla a sé e stringerla in un modo così naturale da farmi tremare per la meraviglia.
Lucia strofina il suo nasino contro la sua spalla, inspirando il suo profumo e sostenendosi con le manine sulle spalle. Poi il suo sguardo cerca il mio che non li ha abbandonati nemmeno un secondo, colpita e affascinata dal modo in cui sembrano cercarsi.
Mi sporgo verso di lei, facendo in modo che le sue dita tocchino il mio viso, sfiorino la mia pelle, in modo carezzevole.
Lucia si avvicina mentre Luca la tiene ancora a sé e si accuccia nell'incavo del mio collo, lasciando che un sospiro sereno si infranga sulla mia pelle scoperta. Il suo gesto ci porta ad avvicinarci per permetterle di tenerci insieme, uniti. Così, mentre avverto il vassoio scivolare dalle mie mani, per porgerlo ad Amelia, silenziosamente la ringrazio. La sua premura mi permette di dedicare la giusta attenzione alla piccola tra le mie braccia, di congiungere le mie mani con quelle di Luca che ci scruta amorevole dall'alto della sua posizione.
Poi lei rialza lo sguardo per puntarlo nel nostro e sorriderci di un sorriso vero e spensierato.
Fa in modo che le sue mani congiungano i nostri volti, ricercando nei nostri occhi le conferme di cui ha bisogno.
"Siete venuti a prendermi?" domanda, intimidita, con la voce ridotta a un fioco sussurro.
Luca lascia scivolare le sue dita lungo i suoi capelli, accarezzandole il capo con tenerezza.
"Siamo venuti per stare con te" le rivela, complice.
Lei fa saettare la sua attenzione prima su di lui e poi su di me, ripetutamente, rivelandoci attraverso i suoi occhi sorpresi quanto le sue parole l'abbiano deliziata. Le sue dita corrono ad attorcigliarsi lungo una ciocca di capelli, giocando ad annodarla e poi districarla.
"Non mi portate via con voi?" proferisce in un broncio dubbioso.
Le sorrido, pizzicandole una guancia. "Presto, tesoro, molto presto..." le confido, piano, a bassa voce, come se fosse un qualcosa di intimo da rivelare a lei, lei soltanto.
Lucia incontra il mio sguardo, con gli occhi lucidi e le lacrime che premono per sgorgare. Il segno della mia promessa disegnato sul suo volto e nel suo cuore.
"Promesso?" ritenta, prendendo a giocherellare con le dita delle nostre mani.
Avvicino la mia fronte alla sua, giocando a fare nasino e nasino e le sorrido con gioia e commozione.
"Promesso"le replico in tono solenne.

Amelia che ci ha osservato a debita distanza, spettatrice di una scena che le ha contratto il volto in una smorfia felice, si avvicina poco dopo.
"Luci, tesoro, vuoi una fetta di dolce?" le domanda in tono carezzevole.
La piccola incontra i suoi occhi, speranzosi, e corruccia la fronte in modo curioso.
Amelia porta una mano alle labbra per nascondere un riso divertito.
"Anita ha preparato un dolce per tutti voi" le riferisce, poi, invogliandola a seguirla.
Lucia torna a guardarmi con la sorpresa a disegnarsi in volto.
"Hai fatto una torta, Anita?!" domanda, esterrefatta.
Così, nel momento in cui le annuisco, lei scivola giù dalle nostre braccia, acconsentendo con il capo, vigorosamente.
Poi fa in modo che le sue mani cerchino le nostre, stringendole in una morsa possessiva, che non nasconde la sua paura di essere lasciata, e ci induce a seguirla. Un sorriso estasiato a celare il suo turbamento interiore. Ma adesso che l'ho ritrovata, farò in modo che mai più Lucia si senta sola, che viva con la paura di essere abbandonata.

Mi rendo conto che quando sono con lei io viva con i sensi ovattati, come se tutto il resto attorno a me continuasse a scorrere senza che io me ne accorga. La mia attenzione riportata su di lei, lei soltanto. Io mi nutro delle sue carezze gentili e delicate, dei sorrisi dolci e sereni che mi dedica, del suo ricercare il bello nelle più piccole cose, di non abbattersi davanti alla tristezza, del suo vivere con coraggio e di amare, amare senza più riserve, come se il dolore che ha sopportato non avesse mai scalfito il suo cuore.

Ci pensa Irene a riportarmi alla realtà. Con la sua voce sottile e spigolosa, il suo sguardo che malcela una sfida infinita.
"Ha preparato un dolce?" chiede, lanciandomi un'occhiata di sbieco.
Io mi fermo, allentando un po' la presa sulle dita di Lucia e lei deve accorgersi del mio cambiamento perché rialza il capo verso di me, scrutandomi incerta.
Improvvisamente ricomincio a sentire tutto ciò che mi sta intorno, lo scorrere del tempo, il chiacchiericcio dei bambini, il battito del mio cuore, la mia paura di sfigurare e con essa anche la mia voglia di non farmi intimorire.
La piccola scuote il mio braccio, con l'intento di capire perché mi sia fermata e sia dando adito a Irene di rovinare il nostro momento.
E allora io punto i miei occhi in quelli dell'assistente sociale, accogliendo la provocazione che mi sta porgendo, con la tranquillità più assoluta.
"Alcuni bambini sono intolleranti al lattosio" sputa fuori lei con un finto rammarico.
Alzo il capo, fiera e imperturbabile, mentre osservo Luca al mio fianco corrucciare la fronte e assottigliare lo sguardo.
Non mi lascerò intimidire dal suo affronto.
"Mi sono premurata di preparare una torta selezionando con cura gli ingredienti che potessero arrecare disturbi. È senza glutine e lattosio." le ribatto, soddisfatta. "Sa..."aggiungo, portandomi una mano alle labbra con un certo fare altezzoso. "Sono molto attenta a queste cose".
Lei schiude le labbra, cercando di nascondere che le mie parole l'abbiano scalfita. Credeva di trarmi in inganno, ma la sconfitta adesso le perturba il volto.

Anita 1- Irene 0

Poi annuisce presa in contropiede, scuotendo le spalle impercettibilmente. "Allora non c'è nessun problema" replica atona, facendosi da parte.
Ma io anche se non mi sembri corretto darlo a vedere, dentro di me gongolo compiaciuta e torno a farmi condurre da Lucia.

La mia piccola principessa si fa protagonista della situazione, destreggiandosi eccentrica tra i suoi compagni, smaniosi.
Io e Luca non possiamo fare altro che scrutarla con quell'amore che ci pervade ogni volta che i nostri occhi incontrano la sua figura.
La piccola Anna gattona fino a lei, serpeggiando tra gli altri bambini e si aggrappa alle sue ginocchia, tirandola per un lembo del vestito. Le educatrici mi hanno spiegato che sia affetta da un mutismo selettivo dopo il passato burrascoso che ha caratterizzato i suoi pochi anni di vita. Nonostante abbia superato i due anni, non ha ancora imparato a camminare e gattonare è il metodo più semplice che ha per muoversi e conoscere ciò che la circonda. Ogni cosa è per lei una nuova scoperta, come se ogni piccolo particolare fosse per lei, costretta fino a poco tempo fa in un mondo di grida e violenza, una dolce novità.
Lucia incontra il suo sguardo, sorridendole gentile mentre si abbassa alla sua altezza e le giunge il viso tra le mani. Contrariamente, Anna non si sottrae, ma accetta il suo tocco delicato.
I suoi occhioni sembrano parlarle, pregustando di già il pezzo di dolce che l'altra ha tra le mani. Cerca di afferrarlo, prevaricandosi sulla più grande, come le è stato inculcato fino da quando era in fasce: ottenere qualcosa a qualsiasi costo, anche con la forza. Così Luci, si ritrae, ma nonostante la pretesa che prevale nei gesti della più piccola, ride divertita, portando la testa all'indietro e lasciando che le sue trecce ondeggino a ritmo del capo. Anna arriccia le labbra in un broncio tipico di una bambina della sua età e lei, alla fine, le porge il bottino che tanto reclamava.
Lucia è tanto, tanto buona e generosa nei confronti del prossimo che credo potrei emozionarmi per il solo modo in cui sembra preoccuparsi più degli altri che di se stessa.

Piano, piano, ogni piccolo ottenuta la propria porzione di torta, osserva quella soffice bontà con soddisfazione e meraviglia. Li scruto mangiare affamati, deliziando i propri stomaci voraci, reclamandone subito un altro pezzo, come se non ne avessero mai abbastanza.
"È, è buonissima, Anita! Sei bravissima!" esclama Lucia, esterrefatta, con la voce colma di zucchero e le labbra sporche di cioccolato.
Le sorrido, lusingata, stringendomi al petto di Luca che sembra fatto appositamente per accogliermi e tenermi a sé, accanto al cuore che batte allo stesso ritmo del mio.


"Vogliate scusarmi, ma io e Irene vorremmo parlarvi" Amelia si muove verso di noi, pacata, arrivando al nostro fianco e parlandoci accanto all'orecchio per sovrastare il parlottio dei bambini.
Io e Luca le porgiamo la nostra attenzione, annuendo.
Poco prima di seguirla, però, il mio sguardo cerca quello di Lucia, distratta dal mormorio che la circonda. Quasi come se avesse percepito i miei occhi sulla sua figura, lei si volta verso di me, sorridendomi dolce e graziosa come solo lei sa essere.
Mi premuro di rassicurarla, ma la piccola corre verso di noi, impaurita all'idea di vederci andare via.
Luca si abbassa sulle ginocchia, sciogliendosi in un riso. "Noi dobbiamo parlare un attimo con la dottoressa, ma torniamo presto da te, ok?" le rivela in un occhiolino.
Lucia incontra il mio sguardo, come a chiedere la mia conferma e poi ci lascia andare ancora un po' esitante.
"Presto, presto, però!" ci fa promettere, alzando il mignolo nella nostra direzione, macchiando la sua voce di estrema convinzione.
Così mentre i miei occhi incrociano quelli di Luca la mio fianco, insieme facciamo in modo che dalle nostre labbra si propaghi una risata serena e leggera.
"Presto, presto!" le concediamo, riuscendo a tranquillizzarla e vedendola ritornare dai suoi compagni, muovendosi verso di loro in un saltellio giocoso.
A quel punto ce la lasciamo alle spalle, e raggiungiamo Amelia e Irene nello studio.


Qui la Berardi prende posto, sedendosi impettita e appoggiando le braccia sulla scrivania, professionale. Amelia al suo fianco, inforca gli occhiali da vista, dedicandoci un sorriso gentile, e invitandoci a sedere. La differenza caratteriale tra le due è tangibile, eppure nonostante mostrino due modi di porsi nei nostri confronti completamente diversa, sotto i loro sguardi, oggi, mi sento a disagio allo stesso modo.
Stringo la mia mano con quella di Luca, avvertendo la sua tensione comune alla mia e aspetto che le due si esprimano.
La prima a parlare è Irene. "Vi starete chiedendo come mai vi abbiamo fatto venire qui" insinua, sporgendosi verso di noi curiosa.
"Ebbene, comprenderete che, nonostante gli elementi ci portino a pensare che questa sia davvero la decisione migliore, non possiamo basarci solo sul nostro istinto" aggiunge, incontrando lo sguardo di Amelia che conviene con lei, annuendo.
"Sì, infatti" soggiunge la psicologa. "Quello che Irene vuole dire è che, nonostante il vostro gesto sia ammirevole e non ci è possibile ignorare il rapporto che vi lega a Lucia, dobbiamo verificare che voi siate sicuri di quello che state facendo. Dobbiamo, come dire..." si interrompe, modulando la frase sulla punta della lingua, "testare la vostra idoneità".
Ascolto le parole della dottoressa Parracciani attentamente, sentendo l'ansia impossessarsi del mio corpo. Mi sembra di dovermi sottoporre a un esame.
Andrà tutto bene, andrà tutto bene. Devo solo ricordarmi di questo.
Così accenno un sorriso. "Certo, è normale" le replico, con la voce che mi rendo conto esca frettolosa e agitata.
"Non dovete sentirvi spaventati da questo. Vogliamo solo porvi alcune domande, per conoscervi meglio". Amelia deve percepire la mia preoccupazione perché si premura di utilizzare un tono rassicurante.
Annuisco, appoggiandomi allo schienale della sedia, sotto lo sguardo attento e interrogatorio di Irene, che sembra seguire e percepire qualsiasi mio gesto.
"Siete pronti?" ci chiede a conferma.
Incrocio gli occhi di Luca che assumono un effetto calmante su di me, poi entrambi acconsentiamo con il capo.
La psicologa giunge le mani sulla scrivania, appoggiandole sotto al mento e punta il suo sguardo su di me.
"Iniziamo da lei, Anita..."proferisce, cauta, "cosa ha pensato la prima volta che ha visto Lucia?"
Tiro un respiro, racimolando nella mia mente le parole giuste da dire. Ma me ne pento subito dopo. Quando mi esprimo su Lucia non ho bisogno di preparare discorsi, farò in modo che sia il mio cuore a parlare per me.
"Ho conosciuto Lucia ormai quasi un anno fa. Quando lei è stata ricoverata io ero in vacanza, l'ho incontrata solo in un secondo momento, di ritorno al lavoro. Era l'inizio del mio penultimo anno di specializzazione e mi preparavo a rientrare in ospedale dopo alcuni giorni di pausa. Mi sono resa conto ben presto che tutti in reparto parlassero di questa nuova bambina arrivata da poco. Dicevano tutti che fosse tanto bella e dolce, ma con un male fisico a renderla triste e dolorante.
Quando l'ho vista per la prima volta, ho sentito nascere qualcosa dentro di me, un istinto di protezione nei suoi confronti. In me si è fatta presto spazio la consapevolezza che Luci non sarebbe mai stata una paziente qualunque. Sarà stata la sua storia, il suo trascorso così agognato e burrascoso: una bambina che ha perso i genitori e soffre di una disfunzione cardiaca ne ha passate davvero tante, oppure il suo essere così delicata e bisognosa di attenzioni e amore. Non nascondo di aver imparato a volerle bene dal primo momento in cui i miei occhi hanno incontrato i suoi e sul suo viso si è fatta palese l'ombra di un sorriso".
Quando finisco di raccontare mi rendo conto che confidarmi così a cuore aperto abbia sortito l'effetto sperato. Ma non poteva essere altrimenti, quando parlo di lei è un po' come mettermi a nudo, mostrare la parte migliore di me, quella che con Lucia risalta sempre fuori.
Amelia annuisce, completamente in sintonia con il mio sguardo.
Così, quando lei rimane in silenzio, è Irene a porgermi la sua domanda. La scruto portarsi una mano al viso per scostare un capello che gioca a insinuarsi dispettoso davanti ai suoi occhi, poi torna a rivolgermi il suo sguardo, inchiodandomi sul posto.
"Non ha mai pensato che quello che la legava a Lucia potesse sembrare troppo affrettato?" chiede, con interesse.
Nonostante il suo mi appaia come un tentativo di mettermi in difficoltà, non mi lascio scalfire più del dovuto.
"In realtà ho pensato che, da fuori, molti non potessero comprendere il mio rapporto con Luci, io stessa ho ipotizzato che con il suo allontanamento il mio modo di reagire potesse apparire esagerato, ma davvero non c'è mai stato niente di superficiale in tutto questo. Quello che io e Lucia abbiamo costruito è stato semplicemente naturale; il nostro è un affetto profondo che abbiamo alimentato e coltivato ogni giorno. Lei mi ha permesso di farmi spazio nella sua vita, a piccoli passi, permettendomi di sopperire alla mancanza di una figura materna che le è stata tolta in modo dolorosa e prematuro".
Luca nota che la mia voce si sia incrinata, riducendosi a un fioco sussurro e le sue dita intensificano la presa sulle mie.
"È vero" aggiunge lui, dedicandomi un sorriso dolce, mentre accarezza il dorso della mia mano. "Entrambe hanno fatto qualcosa per l'altra: Anita ha dato a Lucia la voglia di vivere, così come lei ha appreso da quella piccolina la sua forza nel combattere" proferisce, coinvolto.
E io mi rendo conto che alle sue parole non riesca a trattenere ancora la commozione e una lacrima scivola giù lungo la mia guancia. Luca si premura di cancellarla con le sue dita delicate e carezzevoli sulla mia pelle, svolgendo su di me un'azione tranquillizzante.
Sebbene avverta lo sguardo di Irene e Amelia insistente su di noi, mi viene da pensare che non mi importi, perché la mia attenzione è per lui, lui soltanto.
L'assistente sociale poco dopo si schiarisce la voce in un colpo di tosse, portandoci a voltarci verso di loro, di nuovo.
"Bene, Luca" enuncia, assicurandosi di avere tutto il nostro interesse. "Una domanda per lei, adesso. Qual è il momento che la vede più legato alla piccola Lucia?"
Conduco i miei occhi sull'uomo al mio fianco, cercando di leggere le emozioni che si susseguono sul suo viso. Luca annuisce, come se stesse ripercorrendo qualcosa nella sua mente e, prendendo un respiro profondo, comincia a raccontare.
"Ho conosciuto Lucia solo in seguito. Ero tornato nella mia città natale, dopo aver trascorso anni a Milano, lì dove ho conseguito e perfezionato i miei studi. Ma, sebbene avessi concluso la mia specializzazione da almeno un anno, quando mi è stato affidato il caso di Lucia, è stato per me come una continua battaglia con me stesso. Non riuscivo a pensare che una bambina così piccola, poco più grande di mia nipote, potesse soffrire di un male tanto invalidante. Perciò, mosso da un moto di devozione per il mio lavoro, ricercare una cura, un cuore per lei, è stato il mio obiettivo più grande. Eppure, ho vissuto quel periodo diviso tra la determinazione che il caso comportasse e quello di trovare il modo migliore per non turbare sia la piccola Lucia che Anita".
"Sì" concordo con lui. "Malgrado sapessi quanto la situazione di Lucia fosse grave, il mio subconscio si rifiutava di accettare che, se non si fosse trovato un cuore per lei, io avrei potuto perderla per sempre" confesso poi.
Luca acconsente con il capo, riportando l'attenzione su di sé. "Poco tempo dopo il mio arrivo in ospedale, Lucia ha subìto un grave arresto cardiaco che l'ha portata a passare dei giorni in rianimazione. Mi ricordo bene di quel momento, ricordo che il suo cuore si era fermato e io ero lì che cercavo di riportarla in vita, e pensavo che se lei non ce l'avesse fatta, non me lo sarei mai perdonato. Continuavo a compiere massaggi cardiaci, fin a quando non le abbiamo indotto la scarica elettrica. Il suo cuore ha ripreso a battere al terzo tentativo e nel momento in cui il mio corpo è stato smosso dall'emozione, ho capito. Ho capito che non mi sarei arreso, che avrei fatto di tutto pur di salvarla e donarle la possibilità di una vita nuova".
Io guardo Luca e mi stupisco sempre di più del modo che abbia di parlare di Lucia, così delicato e amorevole. Quel giorno lo ricordo bene anche io, non riesco a dimenticare a come avessi pensato di perderla, vederla scivolare via da me. Eppure adesso che ci ripenso, con Lucia che sta bene e ha un nuovo cuore, quel momento assume un sapore agrodolce. Io mi nutro delle parole del mio uomo, e lascio che scaldino il mio cuore, cancellando tutta la tristezza di quel ricordo.
Gli stringo la mano, come a voler rimarcare che sono accanto a lui e non lo abbandono. Perché ce lo siamo promessi e non intendo venirne meno.
"Luca e Anita, quello che avete detto riguardo a Lucia è davvero speciale". Amelia ci dedica un sorriso che ci dà modo di intuire quanto le nostre parole l'abbiano compiaciuta.

La mia concentrazione però ricade su Irene al suo fianco e mi rendo conto che vorrei poter carpire la sua reazione, ma lei adesso tiene lo sguardo basso, applicata su qualsiasi altra cosa non riguardi noi o semplicemente avvolta nei suoi pensieri.
"Come ben sapete, non sarete solo voi ad accogliere Lucia, ma lo saranno anche le vostre famiglie e i vostri amici. È bene che lei si senta ben accetta da tutti loro. Quindi, i vostri genitori che ne pensano?" ci domanda Amelia con interesse.
Io e Luca ci lanciamo un'occhiata, e lui lascia a me il compito di esporre il nostro volere.
"Le nostre famiglie non lo sanno ancora, ma sono sicura che ci appoggeranno e supporteranno ben volentieri in questa scelta" le rivelo con orgoglio.
Lei annuisce, incrociando le mani davanti a sé. "Non lo metto in dubbio, Anita, ma è arrivato il momento che ne vengano al corrente".
"Luca" lo richiama, volgendo la sua attenzione verso di lui. "Lei mi ha detto di avere una nipote..."indaga.
"Sì" le replica lui. "Sofia. Ha 5 anni".
Lei assente con il capo, sfoderando uno sguardo che manifesta un'indole curiosa.
"Come pensa accetterebbe un tale cambiamento nella sua vita la sua piccola nipotina?" gli domanda, tirando un sospiro.
Mi rendo conto che Luca si senta quasi messo alle strette dalla sua richiesta; un sorriso teso che si insinua sulle sue labbra.
"Penso che Sofia accetterebbe di buon grado Lucia, soprattutto eccitata all'idea di vedere in lei una compagna di giochi" proferisce poi risoluto.
Lei annuisce, ancora, ma senza nascondere una punta di scetticismo. "Passa molto tempo con sua nipote?"
"Sì, cerco di non farle mancare le mie attenzioni, dedicandomi a lei per quello che mi permette il mio lavoro" le riferisce, composto. Mi ritrovo a pensare che abbia scelto con prudenza cosa pronunciare e cosa no, trovando non sia il momento di rivelarle della separazione.
"Bene" concorda lei, sciogliendosi in un piccolo sorrisino. "E non crede che con l'arrivo di Lucia, Sofia possa sentirsi in qualche modo, come dire, messa da parte?"
Trattengo il respiro davanti alla sua questione.
Luca però non si lascia scalfire dal suo interrogatorio e scrolla le spalle.
"Certo, è possibile, e sono pronto all'evenienza. Ma starà a noi farle comprendere che il nostro rapporto non cambierà, che il mio amore per lei rimarrà immutato" le replica deciso.
Amelia sorride senza nascondere una certa soddisfazione davanti alle sue parole. Come se fosse riuscita a ottenere proprio la risposta che cercava.
Un moto di orgoglio si insinua verso di me mentre mi volto a osservare Luca al mio fianco.
"Assolutamente d'accordo. Sapete che il primo periodo non potrebbe essere facile, la stessa Lucia potrebbe risentirne, quindi è bene che in modo graduale le vostre famiglie vengano a patti con questa novità e l'accolgano con più serenità possibile" ci fa presente, in modo professionale.
Sia io che Luca conveniamo con lei.
"Un'ultima domanda e poi prometto che vi lascerò andare" aggiunge, abbozzando un riso per stemperare la serietà della situazione.
Mi ritrovo a esserne contenta perché cominciavo ad avvertire la pressione di questo colloquio e non vedo l'ora di poter stringere Lucia.
Poi lei appoggia una mano sul braccio di Irene, in silenzio, portandola a concentrarsi su di noi.
"Ah, sisi" si riscuote la Berardi "dicevamo...". La sua distrazione è palese.
Amelia le rivolge uno sguardo dubbioso, prima di riportare la sua attenzione su me e Luca."Cosa significa per voi dare una famiglia a Lucia?"
Io e Luca non abbiamo dubbi su questo, così quando incrocio i suoi occhi, entrambi conosciamo già la risposta.
È lui a cominciare a parlare. "Dare una famiglia a Lucia significa innanzitutto restituirle un posto da chiamare casa; dimostrarle quanto sia grande il nostro amore per lei..."
Poi mi invita a continuare con lo sguardo e gli sorrido, di un sorriso complice.
"Donarle il nostro affetto e la nostra rassicurazione, dedicandoci a lei, farle comprendere che siamo con lei, e non è più sola al mondo" soggiungo e mi rendo conto che la mia voce si moduli fioca, distorta dall'emozione.
La psicologa si sporge verso di noi, esprimendosi in un modo più confidenziale e vicino. "Mi rendo conto che in un primo momento non potrebbe essere tutto semplice, ma sono qui per questo. In qualsiasi momento ne avrete bisogno, potrete contare sempre su di me e la mia collega" ci comunica, dedicandoci un'occhiata amichevole.
E attraverso i nostri sguardi le comunichiamo tutta la nostra gratitudine.
"Vero, Irene?" la rende partecipe, sporgendosi verso di lei, che annuisce anche se poco convinta.
"Sì, certo..." mormora infatti.
Amelia si scioglie in un sospiro profondo, portando i capelli dietro le orecchie. "Prima che andiate via, vorrei mostrarvi una cosa..."
Seguo il suo sguardo, corrucciando la fronte dubbiosa.
Lei recupera alcuni fogli in un cassetto della scrivania porgendomeli successivamente.
"Ecco" annuncia in un sorriso. "Questi sono i disegni di Lucia".
Esitante lascio che le mie dita tremolanti li lambiscano. Luca si sporge verso di me, in modo tale da guardarli insieme.
In ogni disegno Lucia ci ha raffigurati insieme: ci siamo noi al parco, e poi al mare mentre lasciamo che la sabbia ci sporchi i piedi ma non deturpi le nostre espressioni felici e appagate, e ancora lei tra le nostre braccia, lei che ci scruta accoccolata a noi mentre ci baciamo. Da ogni rappresentazione traspare l'amore che prova nei nostri confronti, così come il suo comune desiderio di famiglia.
"Sono bellissimi..." sussurro, avvertendo le dita di Luca accarezzarmi un braccio.
Mi spingo verso il corpo, lasciando che mi stringa a sé, facendomi rannicchiare contro il suo petto.
"Possiamo passare una giornata con lei fuori di qui?"la domanda di Luca mi sorprende particolarmente. Perché lui sembra percepire ogni volta cosa pensi.
Amelia sorride. "Certo, e adesso converrete con me sia arrivato il momento di tornare da lei".
Luca prende la mia mano, accompagnandomi verso l'uscita. Intreccio le mie dita con le sue, e mi rendo conto che i suoi occhi su di me, adesso, siano capaci di esprimersi meglio di quanto lo possano fare le parole.
Irene segue i nostri sguardi, rimanendo chiusa in un religioso silenzio, nel frattempo in cui la psicologa ci fa strada verso la porta. Mi viene da pensare se sia rassegnata davanti all'evidenza.
Ma adesso non mi importa, inizio a scalpitare al pensiero di tornare dalla mia piccola principessa

Raggiungiamo la sala comune e non appena Lucia si rende conto della nostra presenza, si muove velocemente verso di noi e le mie braccia si spalancano, pronte ad accoglierla e stringerla a me. Mi viene da pensare nel momento in cui lei si adagia sul mio petto che qualsiasi preoccupazione e dubbi scemi, lasciando spazio alla rassicurazione che il suo solo tocco mi provochi.
Luca appoggia il capo sulla mia spalla, facendo in modo che il suo respiro plani sulla mia pelle e le accarezza i capelli, tenero e dolce.
"Sei pronta a passare un pomeriggio con noi?" le rivela, piano, a bassa voce.
Sulle labbra di Lucia si insinua un sorriso luminoso. "Sì!" trilla poi con eccitazione, avvicinandoci entrambi a sé.
Così, mentre soffoco un riso spensierato e appagato, mi accorgo che quando lei mi guarda così, io mi convinco che andrà davvero tutto bene.

ANGOLO AUTRICE:
Ma buon pomeriggiooo!😍 Mi sembra un sogno riuscire a postare ahahah! Dai su, questa volta ci ho messo solo una decina di giorni. Dovete sapere che questo è un capitolo a cui tengo particolarmente, e volevo essere sicura fosse curato nei minimi dettagli. Ho iniziato a scriverlo successivamente dopo il mio ultimo aggiornamento, e subito dopo mi sono bloccata, spaventata all'idea di star facendo un completo disastro. Poi però, una cara lettrice🤭 mi ha dato la spinta per rimettermi al lavoro e l'ho portato a termine in pochissimo tempo, emozionata all'idea di mostrarvi cosa avesse ideato la mia mente. Con questo capitolo, mi rendo conto piuttosto lunghetto, ho riso e pianto, emozionandomi con Anita. Mi auguro voi possiate apprezzarlo perché ci ho messo il cuore e spero si evinca. Ma adesso un intero pomeriggio con la piccola Lucia ci attende; tanta dolcezza ci aspetta.
Intanto grazie per l'interesse e il sostegno che mi dimostrate, grazie a chi l'ha aggiunta alle sue liste, a chi commenta, GRAZIE davvero. Sappiate che i vostri commenti mi fanno sciogliere il cuore.😍😍😍    
Adesso vi saluto ma voi fatemi sapere che ne pensate, sono troppo ansiosa!
Un abbraccio grande!


  
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