Capitolo 65
Indosso
una coperta sulle spalle, per coprirmi dalla frescura del mattino ed
esco fuori, in balcone. La città è ancora calma e
dormiente, avvolta nell'oscurità, nonostante il cielo si sia
già tinto di un tenue violetto, in vista del sole che sorge.
Stanotte non ho chiuso occhio e l'assenza di Luca al mio fianco non ha
certamente giocato a mio favore. Mi sono talmente abituata a
condividere i miei spazi con lui che saperlo lontano, mi provoca una
fitta dolorosa al petto.
Un brivido lungo la schiena mi porta a stringere al petto il plaid che
rischia di scivolare a terra e lascio che la mia mente si inondi di
pensieri positivi. Oggi rivedremo Lucia, in quanto il nostro incontro
con l'assistente sociale si terrà nella casa famiglia dove lei
è ospite. Sarà la prima volta che le farò visita
conscia del cambiamento che potrebbe avvenire nella sua vita. La mia
parte speranzosa mi porta a immaginare che Irene voglia parlarci in
vista della procedura da ultimare, ma qualcosa, un brutto presentimento
che purtroppo non va proprio via, mi fa pensare che lei non ci
renderà questo percorso tanto roseo. Eppure io l'ho promesso, a
me stessa, a lei, e a Lucia, che avrei combattuto per questo, che non
mi sarei arresa facilmente.
Così, quando il cielo comincia a tingersi di una tonalità
più chiara, lasciando che il Sole si propaghi alto e splendente,
trasformando l'orizzonte in una tavolozza da dipingere, in un tripudio
di colori, caldi, rilascio un sospiro profondo, accennando un sorriso,
mentre stringo le mani attorno alla balaustra di ferro. L'aria profuma
di brina mattutina e di una fresca calura tipica dell'avvicinarsi dei
mesi estivi e mi rendo conto che io abbia fatto bene ad alzarmi e non
perdermi nemmeno un momento di quello che la natura ha deciso di
dedicarmi, stamattina.
Forse è vero quando dicono che potrai assistere a spettacoli del
genere senza abituartici mai e ogni volta i tuoi occhi li scruteranno
con la stessa meraviglia e suggestione.
Amo il tuo modo di emozionarti davanti alle piccole; piccole cose che attraverso te diventano meravigliose.
Le
parole di Luca risuonano nella mia mente, con la stessa dolcezza con
cui le ha pronunciate, si premurano di scaldare il mio cuore, mentre
faccio in mod che il ricordo delle sue labbra sulle mie mi culli,
dolcemente.
Mi richiudo poco dopo la porta finestra alle spalle, abbracciandomi in
un gesto di protezione e raggiungo la cucina, animata dalla voglia di
adempiere al compito che mi sono prefissata: preparare un dolce per i
bambini della casa famiglia.
Raggruppo gli ingredienti che ho acquistato con cura, attenta a ogni
tipo di allergia e intolleranza, e mi metto all'opera. Mi riscopro a
essere gioiosa all'idea di poter deliziare quei piccoli e dolci bambini
con qualcosa che le mie mani hanno preparato. Riverso il mio impegno e
il mio amore in ogni singola parte del procedimento, sorridendo
soddisfatta nel momento in cui scruto il dolce cuocersi nel forno.
E comprendo cosa significhi davvero la felicità davanti alle piccole cose, quelle che ti fanno sentire estremamente bene.
Mi
porto i capelli dietro le orecchie, aggiustandoli in modo composto
sulle spalle. Passo poi a ispezionare il mio abbigliamento, composto da
una camicia bianca infilata in dei jeans chiari, come se da esso ne
dipendesse l'esito di questo incontro e dopo poco mi rendo conto anche
del perché io lo stia facendo: voglio fare in modo che Irene
Berardi non trovi niente in me da obiettare. Il suo occhio critico e
scettico non avrà la soddisfazione di vedermi impaurita o
impreparata.
"Anita, sei pronta?" rivolgo la mia attenzione a Luca che dal fondo del
corridoio del mio appartamento mi reclama. Gli ho chiesto di
raggiungermi a casa dopo il lavoro e non riesco a fare a meno di
dedicargli un'occhiata colma di gratitudine.
Incrocio il suo sguardo, curioso, scruto la sua posta un po' scomposta e poi tiro un respiro profondo, annuendo.
"Sì, sì. Arrivo." E sto già muovendo alcuni passi
verso di lui, con gli stivaletti a tronchetto che ticchettano a
contatto con il pavimento, lungo il percorso.
Indosso un blazer sotto i suoi occhi attenti e premurosi e mi rendo
conto che lui non smetta di seguirmi in ogni mio più piccolo
gesto. Riconosco dal modo in cui il suo sguardo si attacchi alla mia
pelle, che sia preoccupato all'evenienza di vedermi soccombere in preda
all'agitazione.
Comincio a ripetere mentalmente nella mia testa, cercando di convincermi di non aver dimenticato qualcosa.
"La torta!" esclamo poi come colta da un'illuminazione, portandomi una mano alla fronte.
Luca arriccia le labbra in un broncio."La torta?" ripete, guardandomi senza ben capire.
Mi avvicino quanto basti per parlargli a un palmo dal viso,
accarezzandogli la guancia per poi pizzicare la sua pelle sotto le mie
dita, in un buffetto affettuoso.
"Sì, ho preparato un dolce per i piccoli" sciorino in un
sorriso, sporgendomi per lasciargli un bacio a fior di labbra e
catturare quell'espressione serena che gli aleggia in volto alle mie
parole.
Poi gli sfuggo dalle mani, non appena mi rendo conto Luca sia deciso ad
approfondire il contatto, avvertendolo ridere divertito dietro di me,
nel momento in cui mi muovo verso la cucina.
Sistemo il dolce in un recipiente da viaggio, e mi ritrovo a essere
compiaciuta del risultato, battendo le mani, emozionata come una
bambina.
"Eccomi"ritorno da lui poco dopo con un'espressione felice e sognante.
Luca, che mi dava le spalle, si volta verso di me e mi ritrovo a
pensare che ci sia qualcosa di così dolce nel suo modo di
fermarsi a osservarmi. I suoi occhi lambiscono la mia figura senza
volerla lasciare andare. E io mi muovo verso di lui, a piccoli passi,
con l'emozione a irradiarsi nel mio petto.
Gli arrivo di fianco, e non mi sottraggo al tocco di Luca su di me,
delle sue mani lungo le mie braccia. Lascio che mi stringa a sé
e socchiudo gli occhi sotto il segno delle sue labbra sulla mia fronte
in un bacio quasi impercettibile.
"Andrà tutto bene..."mi sussurra, piano.
E allora io rialzo lo sguardo per puntarlo nel suo e sorridergli, colma di quella gratitudine da cui sento pervadermi.
Accarezzo il suo viso, con le mie dita, sottili e delicate, trattenendo a lungo le mie mani sulla sua pelle.
"Ti amo" gli confesso a cuore aperto, prima che le mie parole si perdano sulle sue labbra.
***
Luca
appoggia una mano alla base della mia schiena, accompagnandomi verso
l'ingresso del condominio dove è ubicata la casa famiglia. Con
la sua presenza al mio fianco non posso fare a meno di sentirmi
più sicura.
Così, mentre saliamo le scale, animati da un silenzio
confortante, mi rendo conto che la mia pelle sia scossa da un brivido
che si propaga fino alle dita delle mani che prendono a tremolare
lievemente per l'emozione.
Non vedo l'ora di vederti, Luci.
Nel momento in cui questo pensiero si propaga nella mia mente, mi volto
verso Luca e insieme ci lasciamo andare a un piccolo sorriso.
Mantenendo in equilibrio il vassoio tra le mie braccia, lascio che la
mia mano cerchi la sua. Lui abbassa lo sguardo a scrutare le nostre
dita che giocherellano, accarezza il dorso della mia mano, facendo in
modo che il suo tocco mi provochi un calore familiare, poi la stringe
alla sua.
Arrivati al pianerottolo, stanziando davanti al portoncino, è lui suonare al campanello.
Aspetto di sentire rimbombare dei passi aldilà dell'infisso e
non appena la porta si apre in uno scatto, rivelando la figura della
dottoressa Parracciani sulla soglia, mi ritrovo a constatare di aver
trattenuto il fiato per tutto questo tempo.
Rilascio quindi un sospiro, impercettibile, mentre lei, salutandoci, ci fa segno di seguirla.
Non sono nuova a questo ambiente ormai, ma mentre percorro il
corridoio, seguendo i passi della psicologa davanti a me, mi rendo
conto che non riuscirò mai ad abituarmi davvero a questo posto e
al nodo alla gola che mi provoca ogni volta essere qui. Non riesco a
essere indifferente al pensiero che dei bambini siano costretti a
passare la vita qui, con il peso delle loro esistenze burrascose alle
spalle.
Così, quando io e Luca raggiungiamo la sala comune, sembra che
il tempo si fermi e io osservo i piccoli voltarsi quasi meccanicamente
verso di noi, poi scrutarci con curiosità, prima che
un'espressione di pura allegria si propaghi sui loro volti e ognuno di
loro torni alla propria attività. Riesco a riconoscere benissimo
cosa animi i loro occhi e i loro cuori: la voglia di essere scelti tra
i tanti, la possibilità di tornare a sentirsi amati. E io li
osservo e avverto il mio cuore traboccare di una tenerezza mista a
malinconia.
ll mio sguardo però perlustra la sala comune, i miei occhi
guardano avidi ogni particolare, alla ricerca della mia piccola Lucia,
ma non mi stupisco di non vederla lì. Così, con la
silenziosa ma rassicurante compagnia di Luca al mio fianco, compio un
passo avanti, indicando il contenitore tra le mie mani.
"Ho portato un dolce per i bambini" proferisco, d'un tratto intimidita.
Amelia si volta a guardarmi, sorridendo intenerita e sorpresa davanti
al mio gesto. "Ma che bel pensiero, Anita. È molto gentile da
parte sua".
Mi rendo conto che le mie parole abbiano catturato l'attenzione dei
più piccoli, che adesso scalpitano eccitati al mio fianco,
reclamando attenzioni e dolcezza. E in quell'istante, con Luca che
accenna un riso, entusiasta, accarezzando il capo di un bambino, e io
rischio di incespicare tra i miei passi, circondata da tanto affetto,
con mani che si aggrappano alle mie gambe, e voci che mi richiamano, mi
ritrovo a sorridere di meraviglia davanti alla loro capacità di
essere felici davanti ai più piccoli gesti.
Oh, dolci e delicate anime...
Deve essere così che ci si sente quando una gioia arriva a scuoterti dal fondo dell'abisso.
"Calma, bambini. Adesso uno alla volta avrete la vostra fetta di
torta". Amelia si premura di placare gli animi, ma senza poter fare a
meno di scrutare i suoi piccoli con un luccichio negli occhi. Il modo
in cui pazientemente li conduce a risedersi, ridendo divertita davanti
alle loro proteste, mi fa capire quanto tenga a loro. "Adesso da bravi,
ringraziate Anita" li esorta, poi, amorevole.
Annuiscono tutti, ma senza perdere la smania che li pervade. "Grazie, Anita!" esclamano in coro.
"Di nulla, piccoli" sciorino in un sorriso, avvertendo il mio cuore sciogliersi in un fremito di emozione.
"Ah, eccovi, siete arrivati!"
La voce astiosa di Irene Berardi arriva a inchiodarmi sul posto e
quando mi giro verso di lei la trovo dedita a raggiungermi, e
rivolgermi uno sguardo colmo di sfida.
Lucia scalpita al suo fianco, lasciando ciondolare la sua mano stretta
in quella della donna che si conduce verso di noi. Lucia è
semplicemente bellissima, con i capelli acconciati in due adorabili
treccine ai lati della testa e il vestitino a stampe floreali che
indossa. Sembra una principessa, dotata di un'incredibile grazia
nonostante la sua tenera età.
Non appena si rende conto che il mio sguardo sia già sul suo, e
che i miei occhi non possano fare a meno di lasciarla andare, con la
commozione che si insinua sul mio volto, lei lascia andare le sue dita,
frettolosa, trotterelando per arrivare al mio fianco.
"Anita, Luca!" strepita con gioia, manifestando la sua voglia di
stringerci non appena ci è vicino. Traballo, ridendo dilettata
dal suo tocco attorno alle mie gambe.
Luca si abbassa alla sua altezza, accarezzandole una guancia con
dolcezza e facendo in modo che il suo corpo si accoccoli al suo.
"Vieni qui, piccola principessa" le sorride, allargando le braccia per
accoglierla a sé e stringerla in un modo così naturale da
farmi tremare per la meraviglia.
Lucia strofina il suo nasino contro la sua spalla, inspirando il suo
profumo e sostenendosi con le manine sulle spalle. Poi il suo sguardo
cerca il mio che non li ha abbandonati nemmeno un secondo, colpita e
affascinata dal modo in cui sembrano cercarsi.
Mi sporgo verso di lei, facendo in modo che le sue dita tocchino il mio viso, sfiorino la mia pelle, in modo carezzevole.
Lucia si avvicina mentre Luca la tiene ancora a sé e si accuccia
nell'incavo del mio collo, lasciando che un sospiro sereno si infranga
sulla mia pelle scoperta. Il suo gesto ci porta ad avvicinarci per
permetterle di tenerci insieme, uniti. Così, mentre avverto il
vassoio scivolare dalle mie mani, per porgerlo ad Amelia,
silenziosamente la ringrazio. La sua premura mi permette di dedicare la
giusta attenzione alla piccola tra le mie braccia, di congiungere le
mie mani con quelle di Luca che ci scruta amorevole dall'alto della sua
posizione.
Poi lei rialza lo sguardo per puntarlo nel nostro e sorriderci di un sorriso vero e spensierato.
Fa in modo che le sue mani congiungano i nostri volti, ricercando nei nostri occhi le conferme di cui ha bisogno.
"Siete venuti a prendermi?" domanda, intimidita, con la voce ridotta a un fioco sussurro.
Luca lascia scivolare le sue dita lungo i suoi capelli, accarezzandole il capo con tenerezza.
"Siamo venuti per stare con te" le rivela, complice.
Lei fa saettare la sua attenzione prima su di lui e poi su di me,
ripetutamente, rivelandoci attraverso i suoi occhi sorpresi quanto le
sue parole l'abbiano deliziata. Le sue dita corrono ad attorcigliarsi
lungo una ciocca di capelli, giocando ad annodarla e poi districarla.
"Non mi portate via con voi?" proferisce in un broncio dubbioso.
Le sorrido, pizzicandole una guancia. "Presto, tesoro, molto presto..."
le confido, piano, a bassa voce, come se fosse un qualcosa di intimo da
rivelare a lei, lei soltanto.
Lucia incontra il mio sguardo, con gli occhi lucidi e le lacrime che
premono per sgorgare. Il segno della mia promessa disegnato sul suo
volto e nel suo cuore.
"Promesso?" ritenta, prendendo a giocherellare con le dita delle nostre mani.
Avvicino la mia fronte alla sua, giocando a fare nasino e nasino e le sorrido con gioia e commozione.
"Promesso"le replico in tono solenne.
Amelia
che ci ha osservato a debita distanza, spettatrice di una scena che le
ha contratto il volto in una smorfia felice, si avvicina poco dopo.
"Luci, tesoro, vuoi una fetta di dolce?" le domanda in tono carezzevole.
La piccola incontra i suoi occhi, speranzosi, e corruccia la fronte in modo curioso.
Amelia porta una mano alle labbra per nascondere un riso divertito.
"Anita ha preparato un dolce per tutti voi" le riferisce, poi, invogliandola a seguirla.
Lucia torna a guardarmi con la sorpresa a disegnarsi in volto.
"Hai fatto una torta, Anita?!" domanda, esterrefatta.
Così, nel momento in cui le annuisco, lei scivola giù
dalle nostre braccia, acconsentendo con il capo, vigorosamente.
Poi fa in modo che le sue mani cerchino le nostre, stringendole in una
morsa possessiva, che non nasconde la sua paura di essere lasciata, e
ci induce a seguirla. Un sorriso estasiato a celare il suo turbamento
interiore. Ma adesso che l'ho ritrovata, farò in modo che mai
più Lucia si senta sola, che viva con la paura di essere
abbandonata.
Mi
rendo conto che quando sono con lei io viva con i sensi ovattati, come
se tutto il resto attorno a me continuasse a scorrere senza che io me
ne accorga. La mia attenzione riportata su di lei, lei soltanto. Io mi
nutro delle sue carezze gentili e delicate, dei sorrisi dolci e sereni
che mi dedica, del suo ricercare il bello nelle più piccole
cose, di non abbattersi davanti alla tristezza, del suo vivere con
coraggio e di amare, amare senza più riserve, come se il dolore
che ha sopportato non avesse mai scalfito il suo cuore.
Ci
pensa Irene a riportarmi alla realtà. Con la sua voce sottile e
spigolosa, il suo sguardo che malcela una sfida infinita.
"Ha preparato un dolce?" chiede, lanciandomi un'occhiata di sbieco.
Io mi fermo, allentando un po' la presa sulle dita di Lucia e lei deve
accorgersi del mio cambiamento perché rialza il capo verso di
me, scrutandomi incerta.
Improvvisamente ricomincio a sentire tutto ciò che mi sta
intorno, lo scorrere del tempo, il chiacchiericcio dei bambini, il
battito del mio cuore, la mia paura di sfigurare e con essa anche la
mia voglia di non farmi intimorire.
La piccola scuote il mio braccio, con l'intento di capire perché
mi sia fermata e sia dando adito a Irene di rovinare il nostro momento.
E allora io punto i miei occhi in quelli dell'assistente sociale,
accogliendo la provocazione che mi sta porgendo, con la
tranquillità più assoluta.
"Alcuni bambini sono intolleranti al lattosio" sputa fuori lei con un finto rammarico.
Alzo il capo, fiera e imperturbabile, mentre osservo Luca al mio fianco corrucciare la fronte e assottigliare lo sguardo.
Non mi lascerò intimidire dal suo affronto.
"Mi sono premurata di preparare una torta selezionando con cura gli
ingredienti che potessero arrecare disturbi. È senza glutine e
lattosio." le ribatto, soddisfatta. "Sa..."aggiungo, portandomi una
mano alle labbra con un certo fare altezzoso. "Sono molto attenta a
queste cose".
Lei schiude le labbra, cercando di nascondere che le mie parole
l'abbiano scalfita. Credeva di trarmi in inganno, ma la sconfitta
adesso le perturba il volto.
Anita 1- Irene 0
Poi
annuisce presa in contropiede, scuotendo le spalle impercettibilmente.
"Allora non c'è nessun problema" replica atona, facendosi da
parte.
Ma io anche se non mi sembri corretto darlo a vedere, dentro di me gongolo compiaciuta e torno a farmi condurre da Lucia.
La mia piccola principessa si fa protagonista della situazione, destreggiandosi eccentrica tra i suoi compagni, smaniosi.
Io e Luca non possiamo fare altro che scrutarla con quell'amore che ci
pervade ogni volta che i nostri occhi incontrano la sua figura.
La piccola Anna gattona fino a lei, serpeggiando tra gli altri bambini
e si aggrappa alle sue ginocchia, tirandola per un lembo del vestito.
Le educatrici mi hanno spiegato che sia affetta da un mutismo selettivo
dopo il passato burrascoso che ha caratterizzato i suoi pochi anni di
vita. Nonostante abbia superato i due anni, non ha ancora imparato a
camminare e gattonare è il metodo più semplice che ha per
muoversi e conoscere ciò che la circonda. Ogni cosa è per
lei una nuova scoperta, come se ogni piccolo particolare fosse per lei,
costretta fino a poco tempo fa in un mondo di grida e violenza, una
dolce novità.
Lucia incontra il suo sguardo, sorridendole gentile mentre si abbassa
alla sua altezza e le giunge il viso tra le mani. Contrariamente, Anna
non si sottrae, ma accetta il suo tocco delicato.
I suoi occhioni sembrano parlarle, pregustando di già il pezzo
di dolce che l'altra ha tra le mani. Cerca di afferrarlo,
prevaricandosi sulla più grande, come le è stato
inculcato fino da quando era in fasce: ottenere qualcosa a qualsiasi
costo, anche con la forza. Così Luci, si ritrae, ma nonostante
la pretesa che prevale nei gesti della più piccola, ride
divertita, portando la testa all'indietro e lasciando che le sue trecce
ondeggino a ritmo del capo. Anna arriccia le labbra in un broncio
tipico di una bambina della sua età e lei, alla fine, le porge
il bottino che tanto reclamava.
Lucia è tanto, tanto buona e generosa nei confronti del prossimo
che credo potrei emozionarmi per il solo modo in cui sembra
preoccuparsi più degli altri che di se stessa.
Piano,
piano, ogni piccolo ottenuta la propria porzione di torta, osserva
quella soffice bontà con soddisfazione e meraviglia. Li scruto
mangiare affamati, deliziando i propri stomaci voraci, reclamandone
subito un altro pezzo, come se non ne avessero mai abbastanza.
"È, è buonissima, Anita! Sei bravissima!" esclama Lucia,
esterrefatta, con la voce colma di zucchero e le labbra sporche di
cioccolato.
Le sorrido, lusingata, stringendomi al petto di Luca che sembra fatto
appositamente per accogliermi e tenermi a sé, accanto al cuore
che batte allo stesso ritmo del mio.
"Vogliate
scusarmi, ma io e Irene vorremmo parlarvi" Amelia si muove verso di
noi, pacata, arrivando al nostro fianco e parlandoci accanto
all'orecchio per sovrastare il parlottio dei bambini.
Io e Luca le porgiamo la nostra attenzione, annuendo.
Poco prima di seguirla, però, il mio sguardo cerca quello di
Lucia, distratta dal mormorio che la circonda. Quasi come se avesse
percepito i miei occhi sulla sua figura, lei si volta verso di me,
sorridendomi dolce e graziosa come solo lei sa essere.
Mi premuro di rassicurarla, ma la piccola corre verso di noi, impaurita all'idea di vederci andare via.
Luca si abbassa sulle ginocchia, sciogliendosi in un riso. "Noi
dobbiamo parlare un attimo con la dottoressa, ma torniamo presto da te,
ok?" le rivela in un occhiolino.
Lucia incontra il mio sguardo, come a chiedere la mia conferma e poi ci lascia andare ancora un po' esitante.
"Presto, presto, però!" ci fa promettere, alzando il mignolo
nella nostra direzione, macchiando la sua voce di estrema convinzione.
Così mentre i miei occhi incrociano quelli di Luca la mio
fianco, insieme facciamo in modo che dalle nostre labbra si propaghi
una risata serena e leggera.
"Presto, presto!" le concediamo, riuscendo a tranquillizzarla e
vedendola ritornare dai suoi compagni, muovendosi verso di loro in un
saltellio giocoso.
A quel punto ce la lasciamo alle spalle, e raggiungiamo Amelia e Irene nello studio.
Qui
la Berardi prende posto, sedendosi impettita e appoggiando le braccia
sulla scrivania, professionale. Amelia al suo fianco, inforca gli
occhiali da vista, dedicandoci un sorriso gentile, e invitandoci a
sedere. La differenza caratteriale tra le due è tangibile,
eppure nonostante mostrino due modi di porsi nei nostri confronti
completamente diversa, sotto i loro sguardi, oggi, mi sento a disagio
allo stesso modo.
Stringo la mia mano con quella di Luca, avvertendo la sua tensione comune alla mia e aspetto che le due si esprimano.
La prima a parlare è Irene. "Vi starete chiedendo come mai vi
abbiamo fatto venire qui" insinua, sporgendosi verso di noi curiosa.
"Ebbene, comprenderete che, nonostante gli elementi ci portino a
pensare che questa sia davvero la decisione migliore, non possiamo
basarci solo sul nostro istinto" aggiunge, incontrando lo sguardo di
Amelia che conviene con lei, annuendo.
"Sì, infatti" soggiunge la psicologa. "Quello che Irene vuole
dire è che, nonostante il vostro gesto sia ammirevole e non ci
è possibile ignorare il rapporto che vi lega a Lucia, dobbiamo
verificare che voi siate sicuri di quello che state facendo. Dobbiamo,
come dire..." si interrompe, modulando la frase sulla punta della
lingua, "testare la vostra idoneità".
Ascolto le parole della dottoressa Parracciani attentamente, sentendo
l'ansia impossessarsi del mio corpo. Mi sembra di dovermi sottoporre a
un esame.
Andrà tutto bene, andrà tutto bene. Devo solo ricordarmi di questo.
Così accenno un sorriso. "Certo, è normale" le replico, con la voce che mi rendo conto esca frettolosa e agitata.
"Non dovete sentirvi spaventati da questo. Vogliamo solo porvi alcune
domande, per conoscervi meglio". Amelia deve percepire la mia
preoccupazione perché si premura di utilizzare un tono
rassicurante.
Annuisco, appoggiandomi allo schienale della sedia, sotto lo sguardo
attento e interrogatorio di Irene, che sembra seguire e percepire
qualsiasi mio gesto.
"Siete pronti?" ci chiede a conferma.
Incrocio gli occhi di Luca che assumono un effetto calmante su di me, poi entrambi acconsentiamo con il capo.
La psicologa giunge le mani sulla scrivania, appoggiandole sotto al mento e punta il suo sguardo su di me.
"Iniziamo da lei, Anita..."proferisce, cauta, "cosa ha pensato la prima volta che ha visto Lucia?"
Tiro un respiro, racimolando nella mia mente le parole giuste da dire.
Ma me ne pento subito dopo. Quando mi esprimo su Lucia non ho bisogno
di preparare discorsi, farò in modo che sia il mio cuore a
parlare per me.
"Ho conosciuto Lucia ormai quasi un anno fa. Quando lei è stata
ricoverata io ero in vacanza, l'ho incontrata solo in un secondo
momento, di ritorno al lavoro. Era l'inizio del mio penultimo anno di
specializzazione e mi preparavo a rientrare in ospedale dopo alcuni
giorni di pausa. Mi sono resa conto ben presto che tutti in reparto
parlassero di questa nuova bambina arrivata da poco. Dicevano tutti che
fosse tanto bella e dolce, ma con un male fisico a renderla triste e
dolorante.
Quando l'ho vista per la prima volta, ho sentito nascere qualcosa
dentro di me, un istinto di protezione nei suoi confronti. In me si
è fatta presto spazio la consapevolezza che Luci non sarebbe mai
stata una paziente qualunque. Sarà stata la sua storia, il suo
trascorso così agognato e burrascoso: una bambina che ha perso i
genitori e soffre di una disfunzione cardiaca ne ha passate davvero
tante, oppure il suo essere così delicata e bisognosa di
attenzioni e amore. Non nascondo di aver imparato a volerle bene dal
primo momento in cui i miei occhi hanno incontrato i suoi e sul suo
viso si è fatta palese l'ombra di un sorriso".
Quando finisco di raccontare mi rendo conto che confidarmi così
a cuore aperto abbia sortito l'effetto sperato. Ma non poteva essere
altrimenti, quando parlo di lei è un po' come mettermi a nudo,
mostrare la parte migliore di me, quella che con Lucia risalta sempre
fuori.
Amelia annuisce, completamente in sintonia con il mio sguardo.
Così, quando lei rimane in silenzio, è Irene a porgermi
la sua domanda. La scruto portarsi una mano al viso per scostare un
capello che gioca a insinuarsi dispettoso davanti ai suoi occhi, poi
torna a rivolgermi il suo sguardo, inchiodandomi sul posto.
"Non ha mai pensato che quello che la legava a Lucia potesse sembrare troppo affrettato?" chiede, con interesse.
Nonostante il suo mi appaia come un tentativo di mettermi in difficoltà, non mi lascio scalfire più del dovuto.
"In realtà ho pensato che, da fuori, molti non potessero
comprendere il mio rapporto con Luci, io stessa ho ipotizzato che con
il suo allontanamento il mio modo di reagire potesse apparire
esagerato, ma davvero non c'è mai stato niente di superficiale
in tutto questo. Quello che io e Lucia abbiamo costruito è stato
semplicemente naturale; il nostro è un affetto profondo che
abbiamo alimentato e coltivato ogni giorno. Lei mi ha permesso di farmi
spazio nella sua vita, a piccoli passi, permettendomi di sopperire alla
mancanza di una figura materna che le è stata tolta in modo
dolorosa e prematuro".
Luca nota che la mia voce si sia incrinata, riducendosi a un fioco sussurro e le sue dita intensificano la presa sulle mie.
"È vero" aggiunge lui, dedicandomi un sorriso dolce, mentre
accarezza il dorso della mia mano. "Entrambe hanno fatto qualcosa per
l'altra: Anita ha dato a Lucia la voglia di vivere, così come
lei ha appreso da quella piccolina la sua forza nel combattere"
proferisce, coinvolto.
E io mi rendo conto che alle sue parole non riesca a trattenere ancora
la commozione e una lacrima scivola giù lungo la mia guancia.
Luca si premura di cancellarla con le sue dita delicate e carezzevoli
sulla mia pelle, svolgendo su di me un'azione tranquillizzante.
Sebbene avverta lo sguardo di Irene e Amelia insistente su di noi, mi
viene da pensare che non mi importi, perché la mia attenzione
è per lui, lui soltanto.
L'assistente sociale poco dopo si schiarisce la voce in un colpo di tosse, portandoci a voltarci verso di loro, di nuovo.
"Bene, Luca" enuncia, assicurandosi di avere tutto il nostro interesse.
"Una domanda per lei, adesso. Qual è il momento che la vede
più legato alla piccola Lucia?"
Conduco i miei occhi sull'uomo al mio fianco, cercando di leggere le
emozioni che si susseguono sul suo viso. Luca annuisce, come se stesse
ripercorrendo qualcosa nella sua mente e, prendendo un respiro
profondo, comincia a raccontare.
"Ho conosciuto Lucia solo in seguito. Ero tornato nella mia
città natale, dopo aver trascorso anni a Milano, lì dove
ho conseguito e perfezionato i miei studi. Ma, sebbene avessi concluso
la mia specializzazione da almeno un anno, quando mi è stato
affidato il caso di Lucia, è stato per me come una continua
battaglia con me stesso. Non riuscivo a pensare che una bambina
così piccola, poco più grande di mia nipote, potesse
soffrire di un male tanto invalidante. Perciò, mosso da un moto
di devozione per il mio lavoro, ricercare una cura, un cuore per lei,
è stato il mio obiettivo più grande. Eppure, ho vissuto
quel periodo diviso tra la determinazione che il caso comportasse e
quello di trovare il modo migliore per non turbare sia la piccola Lucia
che Anita".
"Sì" concordo con lui. "Malgrado sapessi quanto la situazione di
Lucia fosse grave, il mio subconscio si rifiutava di accettare che, se
non si fosse trovato un cuore per lei, io avrei potuto perderla per
sempre" confesso poi.
Luca acconsente con il capo, riportando l'attenzione su di sé.
"Poco tempo dopo il mio arrivo in ospedale, Lucia ha subìto un
grave arresto cardiaco che l'ha portata a passare dei giorni in
rianimazione. Mi ricordo bene di quel momento, ricordo che il suo cuore
si era fermato e io ero lì che cercavo di riportarla in vita, e
pensavo che se lei non ce l'avesse fatta, non me lo sarei mai
perdonato. Continuavo a compiere massaggi cardiaci, fin a quando non le
abbiamo indotto la scarica elettrica. Il suo cuore ha ripreso a battere
al terzo tentativo e nel momento in cui il mio corpo è stato
smosso dall'emozione, ho capito. Ho capito che non mi sarei arreso, che
avrei fatto di tutto pur di salvarla e donarle la possibilità di
una vita nuova".
Io guardo Luca e mi stupisco sempre di più del modo che abbia di
parlare di Lucia, così delicato e amorevole. Quel giorno lo
ricordo bene anche io, non riesco a dimenticare a come avessi pensato
di perderla, vederla scivolare via da me. Eppure adesso che ci ripenso,
con Lucia che sta bene e ha un nuovo cuore, quel momento assume un
sapore agrodolce. Io mi nutro delle parole del mio uomo, e lascio che
scaldino il mio cuore, cancellando tutta la tristezza di quel ricordo.
Gli stringo la mano, come a voler rimarcare che sono accanto a lui e
non lo abbandono. Perché ce lo siamo promessi e non intendo
venirne meno.
"Luca e Anita, quello che avete detto riguardo a Lucia è davvero
speciale". Amelia ci dedica un sorriso che ci dà modo di intuire
quanto le nostre parole l'abbiano compiaciuta.
La
mia concentrazione però ricade su Irene al suo fianco e mi rendo
conto che vorrei poter carpire la sua reazione, ma lei adesso tiene lo
sguardo basso, applicata su qualsiasi altra cosa non riguardi noi o
semplicemente avvolta nei suoi pensieri.
"Come ben sapete, non sarete solo voi ad accogliere Lucia, ma lo
saranno anche le vostre famiglie e i vostri amici. È bene che
lei si senta ben accetta da tutti loro. Quindi, i vostri genitori che
ne pensano?" ci domanda Amelia con interesse.
Io e Luca ci lanciamo un'occhiata, e lui lascia a me il compito di esporre il nostro volere.
"Le nostre famiglie non lo sanno ancora, ma sono sicura che ci
appoggeranno e supporteranno ben volentieri in questa scelta" le rivelo
con orgoglio.
Lei annuisce, incrociando le mani davanti a sé. "Non lo metto in
dubbio, Anita, ma è arrivato il momento che ne vengano al
corrente".
"Luca" lo richiama, volgendo la sua attenzione verso di lui. "Lei mi ha detto di avere una nipote..."indaga.
"Sì" le replica lui. "Sofia. Ha 5 anni".
Lei assente con il capo, sfoderando uno sguardo che manifesta un'indole curiosa.
"Come pensa accetterebbe un tale cambiamento nella sua vita la sua piccola nipotina?" gli domanda, tirando un sospiro.
Mi rendo conto che Luca si senta quasi messo alle strette dalla sua richiesta; un sorriso teso che si insinua sulle sue labbra.
"Penso che Sofia accetterebbe di buon grado Lucia, soprattutto eccitata
all'idea di vedere in lei una compagna di giochi" proferisce poi
risoluto.
Lei annuisce, ancora, ma senza nascondere una punta di scetticismo. "Passa molto tempo con sua nipote?"
"Sì, cerco di non farle mancare le mie attenzioni, dedicandomi a
lei per quello che mi permette il mio lavoro" le riferisce, composto.
Mi ritrovo a pensare che abbia scelto con prudenza cosa pronunciare e
cosa no, trovando non sia il momento di rivelarle della separazione.
"Bene" concorda lei, sciogliendosi in un piccolo sorrisino. "E non
crede che con l'arrivo di Lucia, Sofia possa sentirsi in qualche modo,
come dire, messa da parte?"
Trattengo il respiro davanti alla sua questione.
Luca però non si lascia scalfire dal suo interrogatorio e scrolla le spalle.
"Certo, è possibile, e sono pronto all'evenienza. Ma
starà a noi farle comprendere che il nostro rapporto non
cambierà, che il mio amore per lei rimarrà immutato" le
replica deciso.
Amelia sorride senza nascondere una certa soddisfazione davanti alle
sue parole. Come se fosse riuscita a ottenere proprio la risposta che
cercava.
Un moto di orgoglio si insinua verso di me mentre mi volto a osservare Luca al mio fianco.
"Assolutamente d'accordo. Sapete che il primo periodo non potrebbe
essere facile, la stessa Lucia potrebbe risentirne, quindi è
bene che in modo graduale le vostre famiglie vengano a patti con questa
novità e l'accolgano con più serenità possibile"
ci fa presente, in modo professionale.
Sia io che Luca conveniamo con lei.
"Un'ultima domanda e poi prometto che vi lascerò andare"
aggiunge, abbozzando un riso per stemperare la serietà della
situazione.
Mi ritrovo a esserne contenta perché cominciavo ad avvertire la
pressione di questo colloquio e non vedo l'ora di poter stringere Lucia.
Poi lei appoggia una mano sul braccio di Irene, in silenzio, portandola a concentrarsi su di noi.
"Ah, sisi" si riscuote la Berardi "dicevamo...". La sua distrazione è palese.
Amelia le rivolge uno sguardo dubbioso, prima di riportare la sua
attenzione su me e Luca."Cosa significa per voi dare una famiglia a
Lucia?"
Io e Luca non abbiamo dubbi su questo, così quando incrocio i suoi occhi, entrambi conosciamo già la risposta.
È lui a cominciare a parlare. "Dare una famiglia a Lucia
significa innanzitutto restituirle un posto da chiamare casa;
dimostrarle quanto sia grande il nostro amore per lei..."
Poi mi invita a continuare con lo sguardo e gli sorrido, di un sorriso complice.
"Donarle il nostro affetto e la nostra rassicurazione, dedicandoci a
lei, farle comprendere che siamo con lei, e non è più
sola al mondo" soggiungo e mi rendo conto che la mia voce si moduli
fioca, distorta dall'emozione.
La psicologa si sporge verso di noi, esprimendosi in un modo più
confidenziale e vicino. "Mi rendo conto che in un primo momento non
potrebbe essere tutto semplice, ma sono qui per questo. In qualsiasi
momento ne avrete bisogno, potrete contare sempre su di me e la mia
collega" ci comunica, dedicandoci un'occhiata amichevole.
E attraverso i nostri sguardi le comunichiamo tutta la nostra gratitudine.
"Vero, Irene?" la rende partecipe, sporgendosi verso di lei, che annuisce anche se poco convinta.
"Sì, certo..." mormora infatti.
Amelia si scioglie in un sospiro profondo, portando i capelli dietro le
orecchie. "Prima che andiate via, vorrei mostrarvi una cosa..."
Seguo il suo sguardo, corrucciando la fronte dubbiosa.
Lei recupera alcuni fogli in un cassetto della scrivania porgendomeli successivamente.
"Ecco" annuncia in un sorriso. "Questi sono i disegni di Lucia".
Esitante lascio che le mie dita tremolanti li lambiscano. Luca si sporge verso di me, in modo tale da guardarli insieme.
In ogni disegno Lucia ci ha raffigurati insieme: ci siamo noi al parco,
e poi al mare mentre lasciamo che la sabbia ci sporchi i piedi ma non
deturpi le nostre espressioni felici e appagate, e ancora lei tra le
nostre braccia, lei che ci scruta accoccolata a noi mentre ci baciamo.
Da ogni rappresentazione traspare l'amore che prova nei nostri
confronti, così come il suo comune desiderio di famiglia.
"Sono bellissimi..." sussurro, avvertendo le dita di Luca accarezzarmi un braccio.
Mi spingo verso il corpo, lasciando che mi stringa a sé, facendomi rannicchiare contro il suo petto.
"Possiamo passare una giornata con lei fuori di qui?"la domanda di Luca
mi sorprende particolarmente. Perché lui sembra percepire ogni
volta cosa pensi.
Amelia sorride. "Certo, e adesso converrete con me sia arrivato il momento di tornare da lei".
Luca prende la mia mano, accompagnandomi verso l'uscita. Intreccio le
mie dita con le sue, e mi rendo conto che i suoi occhi su di me,
adesso, siano capaci di esprimersi meglio di quanto lo possano fare le
parole.
Irene segue i nostri sguardi, rimanendo chiusa in un religioso
silenzio, nel frattempo in cui la psicologa ci fa strada verso la
porta. Mi viene da pensare se sia rassegnata davanti all'evidenza.
Ma adesso non mi importa, inizio a scalpitare al pensiero di tornare dalla mia piccola principessa
Raggiungiamo
la sala comune e non appena Lucia si rende conto della nostra presenza,
si muove velocemente verso di noi e le mie braccia si spalancano,
pronte ad accoglierla e stringerla a me. Mi viene da pensare nel
momento in cui lei si adagia sul mio petto che qualsiasi preoccupazione
e dubbi scemi, lasciando spazio alla rassicurazione che il suo solo
tocco mi provochi.
Luca appoggia il capo sulla mia spalla, facendo in modo che il suo
respiro plani sulla mia pelle e le accarezza i capelli, tenero e dolce.
"Sei pronta a passare un pomeriggio con noi?" le rivela, piano, a bassa voce.
Sulle labbra di Lucia si insinua un sorriso luminoso. "Sì!"
trilla poi con eccitazione, avvicinandoci entrambi a sé.
Così, mentre soffoco un riso spensierato e appagato, mi accorgo
che quando lei mi guarda così, io mi convinco che andrà
davvero tutto bene.
ANGOLO AUTRICE:
Ma buon pomeriggiooo!😍 Mi
sembra un sogno riuscire a postare ahahah! Dai su, questa volta ci ho
messo solo una decina di giorni. Dovete sapere che questo è un
capitolo a cui tengo particolarmente, e volevo essere sicura fosse
curato nei minimi dettagli. Ho iniziato a scriverlo successivamente
dopo il mio ultimo aggiornamento, e subito dopo mi sono bloccata,
spaventata all'idea di star facendo un completo disastro. Poi
però, una cara lettrice🤭 mi ha dato la spinta per rimettermi al
lavoro e l'ho portato a termine in pochissimo tempo, emozionata
all'idea di mostrarvi cosa avesse ideato la mia mente. Con questo
capitolo, mi rendo conto piuttosto lunghetto, ho riso e pianto,
emozionandomi con Anita. Mi auguro voi possiate apprezzarlo
perché ci ho messo il cuore e spero si evinca. Ma adesso un
intero pomeriggio con la piccola Lucia ci attende; tanta dolcezza ci
aspetta.
Intanto grazie per
l'interesse e il sostegno che mi dimostrate, grazie a chi l'ha aggiunta
alle sue liste, a chi commenta, GRAZIE davvero. Sappiate che i vostri
commenti mi fanno sciogliere il cuore.😍😍😍
Adesso vi saluto ma voi fatemi sapere che ne pensate, sono troppo ansiosa!
Un abbraccio grande!❤