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Autore: FairyCleo    22/10/2019    2 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dagli occhi dei bambini
 
La scuola elementare della Città del Nord era affollatissima, quel giorno. La consegna dei premi per il concorso di scienze era un evento molto sentito dai membri della popolazione, e tutti erano entusiasti ed eccitati. Ovunque si guardasse, si potevano ammirare genitori in tiro e vistosamente in ansia, pronti a catturare con fotocamere e cellulari di ultima generazione, i momenti salienti dell’esperienza della loro prodigiosa prole.
Per l’occasione, l’edificio era stato tirato a lucido. Il premio di scienze era la manifestazione principale organizzata dalla scuola insieme al premio d’arte e a quello di letteratura, e sarebbero stati presenti importanti personalità nel mondo della ricerca, nonché il principale finanziatore del progetto che, per altro, era strettamente imparentato con uno dei giovani partecipanti. È forse superficiale sottolineare come questo avesse creato un po’di risentimento tra i genitori degli altri bambini, ma la totale imparzialità della benefattrice aggiunta alla cospicua borsa di studio che sarebbe stata elargita, avevano messo a tacere le malelingue. Del resto, che motivo avrebbe avuto di far vincere qualcuno solo per il suo personale piacere?
“Oh, so benissimo che sono in tanti, qui, a parlare alle mie spalle” – aveva detto, sfoggiando il suo sguardo determinato e sorridendo con malizia – “Ma non ho intenzione di lasciare che il loro blaterare mi possa ferire o, peggio ancora, che possa ferire lui. Ha lavorato duramente per ottenere questi risultati, e sono certa che la giuria non si lascerà influenzare dalla nostra parentela. Il fatto che io stia finanziando il tutto non deve scoraggiare nessuno. Vincerà il candidato che presenterà il progetto più innovativo, originale e fantasioso, anche se dovesse trattarsi del figlio del mio peggior nemico”.
Aveva messo in chiaro le cose con chiunque le si avvicinasse facendole qualche poco velata allusione. Non era un’esperta di freccette, né di tiro con l’arco, ma sapeva benissimo cosa doveva fare per non diventare un bersaglio, e sapeva anche come evitare che lo diventassero i membri della sua famiglia.
“Ma quindi, sarai davvero imparziale?” –aveva rincarato la dose una sua amica, ammiccando come se avesse già la risposta a quella domanda.
“Assolutamente. E, per evitare che sorgano dubbi in gente che non ha niente di meglio da fare che malignare su me e sui miei cari, ho deciso di non far parte della giuria”.
“Ah sì?”.
“Sì. Dovrà vincere il migliore” – e, così dicendo, aveva lasciato quella pettegola dietro di sé, certa di essere uscita vincitrice da quello scontro.
“L’hai fatta secca” – aveva detto Crilin, invitato lì per l’occasione. Il terrestre aveva da poco vinto il concorso per entrare in polizia, e in quella circostanza rivestiva un ruolo molto particolare: dopo l’attacco dei saiyan, la venuta sulla Terra di Freezer e di suo padre, l’arrivo dei cyborg e il Cell Game, il re aveva deciso di triplicare le forze dell’ordine, decidendo di assumere veri e propri soldati che fossero in grado di battersi quasi ad armi pari con quelle che aveva definito minacce nucleari. Certo, Crilin non si sentiva potente come uno dei cyborg, per fare un esempio, ma forse aveva trovato il modo di tenergli testa, considerando che ne aveva sposato una.
“Non ci giurerei” – aveva risposto la donna dai capelli turchini mentre sistemava il colletto della camicetta di seta bianca che aveva indossato – “Quando si tratta di manifestazioni come queste, i genitori tirano fuori il peggio di sé. Sono tutti convinti che ci sia sotto qualche complotto e che nessuno sia migliore del loro adorato pargoletto. Marron è ancora troppo piccola, ma aspetta di iscriverla a scuola e vedrai cosa può accadere alla recita di fine anno”.
“In che senso?” – il tono della sua amica non gli piaceva affatto.
“Fidati, meglio che tu ancora non lo sappia” – aveva risposto, dopo aver provato a reprimere il ricordo di quei decerebrati che amavano definirsi genitori intenti ad azzuffarsi per ottenere un posto in prima fila e scattare così foto ai propri figli senza essere realmente presenti lo spettacolo.
“Ma dimmi… Lui… Lui verrà?” – aveva poi chiesto con voce tremante.
Lui? Crilin, mio marito ha un nome, per grazia divina, e penso che non ci sia più bisogno di pronunciarlo tremando”.
“Ehi, no, cosa hai capito?”.
“Tranquillo, non mi sto scaldando… Dico solo che ormai dovresti aver capito che Vegeta non è più una reale minaccia per noi, non credi?”.
“Be’, sì… Però…”.
“Crilin, facciamo così: quando la manifestazione sarà finita e smonterai dal turno di lavoro, chiamerai tua moglie e la tua bellissima bambina e verrete tutti e tre a cenare a casa mia”.
“Co-cosa?”.
“Non accetterò un no come risposta”.
“Ma, Bulma… Con così poco preavviso… Sai, C 18 potrebbe…”.
“Oh, sono certa che accetterà…”.
“Cosa te lo fa pensare?” – sinceramente, non era così ottimista come la sua amica. Sua moglie era un tipo particolare, non amava stare al centro dell’attenzione ed era veramente di poche parole oltre ad avere un’indole un po’ aggressiva… Ma come avrebbe fatto a dire di no a una donna caparbia come Bulma? Poi, era stata così gentile…”.
“Perché, nonostante i suoi modi schivi e la sua apparente freddezza, lei tiene a te da morire e accetterà di sopportare questa piccola tortura, sapendo che a te fa piacere, esattamente come qualcuno di cui hai ancora tanto timore…”.
Ancora una volta, Crilin era rimasto di sasso davanti alla sagacia e alla scaltrezza di quella donna. Come avrebbe potuto darle torto? Sua moglie e Vegeta erano più simili che mai.
“Be’, allora, ci vediamo più tardi. Grazie dell’invito, Bulma!”.
“A più tardi, agente! E mi raccomando, sorvegli bene questo posto. Per una volta, vorrei che le cose filassero lisce come l’olio”.

 
*

Era agitato come mai lo era stato prima di allora. Suo padre aveva trascorso ore a prepararlo sul come affrontare le difficoltà a testa alta, insegnandogli a vivere momenti come quello al pari di una sfida, ma con se stesso più che con gli altri. E si era esercitato, ripetendo il discorso fino allo sfinimento e facendosi supportare e correggere dal suo esperto nonnino che, con estrema pazienza e infinito orgoglio, aveva sottratto tempo al suo prezioso lavoro pur di dedicargli la sua attenzione. Era fortunato ad avere una famiglia del degenere, particolare – a dir poco – ma unita. I suoi genitori erano per lui degli autentici eroi: vedeva in sua madre un misto di caparbietà, forza, intelligenza sconfinata e anche immensa dolcezza, caratteristica questa che veniva fuori solo in momenti speciali. Lei era sempre sorridente, e anche quando metteva il broncio, a fine giornata spariva, per diventare il tenero e sicuro sorriso che tanto gli riempiva il cuore di gioia. Sapeva di essere amato immensamente da lei: la sua presenza lo faceva sentire protetto ma non soffocato, e non avrebbe mai potuto immaginare una vita senza quella figura così importante. Era una scienziata straordinaria, poi, una studiosa capace non solo di inventare ma anche di costruire ciò che progettava, e il solo pensiero di doverle mostrare il suo lavoro scatenava in lui un’ansia mai provata sino ad allora. Poi, c’era suo padre. Un uomo taciturno e forte, desideroso di migliorare se stesso per superare i suoi stessi limiti, una persona schiva, che sorrideva raramente, ma che era capace di dimostrare amore in modo unico e speciale. Non ricordava da parte sua baci o abbracci, non ricordava auguri fatti per i compleanni o durante importanti ricorrenze che continuava a definire “sciocchezze da terrestri”, ma percepiva la sua presenza e il suo affetto in un modo molto più profondo e particolare. Suo padre era quello che lo accompagnava tutti i giorni a scuola, alle lezioni di musica, era quello che lo portava al parco giochi spronandolo a giocare con gli altri bambini senza vergognarsi di essere se stesso. Era quello con cui mangiava i dolci di nascosto dalla mamma, che gli raccontava di galassie lontane e di pianeti straordinari, ed era anche l’uomo che trascurava i suoi allenamenti per dedicarsi alla sua preparazione da guerriero e che, alla sera, quando la mamma era ancora in laboratorio a causa di un progetto da ultimare, lo metteva a letto rimboccandogli le coperte, ma solo dopo che pensava si fosse ormai addormentato. Suo padre era speciale, proprio come sua madre, ed erano i suoi eroi perché nonostante le continue liti, nonostante i continui battibecchi, erano sempre uniti. Era fortunato, Trunks, lo sapeva benissimo, e non perché il fato aveva voluto destinarlo a una famiglia benestante, ma perché aveva tutto l’amore di cui aveva bisogno.
Per questo, quel giorno avrebbe dovuto fare bella figura. Certo, ottenere la vittoria sarebbe stata la realizzazione di un sogno, ma sapeva perfettamente quanto alto fosse il livello di quella competizione, e anche solo riuscire a presentare il suo lavoro senza balbettare o incepparsi e fare brutta figura sarebbe stata una vittoria. Era il più piccolo dei partecipanti, quello era il suo primo concorso, ma avrebbe dato il meglio di sé. Lo avrebbe fatto per se stesso, per la sua famiglia e per i suoi amici che sarebbero presto giunti a sostenerlo.
“GOTEN!” – lo aveva visto arrivare, impettito ed elegantissimo, insieme a sua madre e a suo fratello e non aveva resistito, urlando il suo nome in mezzo alla folla, nonostante non fosse un comportamento professionale – “Siete venuti!”.
“Non potevamo mancare!” – gli aveva stretto la mano con forza, cercando di mostrarsi composto ed educato come gli aveva insegnato la sua mamma. Non avrebbe mai voluto che lui, Trunks o la sua famiglia facessero cattiva figura – “Mamma quante persone… Come ti senti?” – c’era eccitazione nella voce del piccolo Son, ma c’erano anche timore e ammirazione.
“Sincero? Me la sto facendo sotto dalla paura!” – glielo aveva bisbigliato all’orecchio, cercando di non farsi sentire da orecchie indiscrete – “Spero di non fare brutta figura” – avrebbe potuto mentire con tutti gli altri, ma non con il suo migliore amico, non con chi considerava suo fratello minore. Trunks adorava il piccolo Son, come avrebbe potuto essere altrimenti? Goten era sempre allegro e gentile, sorrideva e si entusiasmava per qualsiasi cosa, non sapeva cosa fosse l’invidia e gli voleva bene sinceramente, senza mirare ad altro. Erano stati sulla stessa lunghezza d’onda sin dal primo istante, lo amava sino al punto di aver chiesto a sua mamma e a suo papà, tempo addietro, di adottarlo. Ricordava come se fosse accaduto qualche istante prima la faccia fatta da entrambi, soprattutto considerando che suo padre aveva rischiato di terminare la sua prodigiosa carriera da guerriero strozzandosi con una fetta di pane tostato.
“Andrai benissimo!” – lo aveva incitato Gohan – “Facciamo tutti il tifo per te!”.
“Grazie Gohan, grazie zia Chichi… E grazie anche a te, Goten!”.
“I partecipanti al concorso sono pregati di raggiungere le postazioni a loro assegnate. Le dimostrazioni e le conseguenti premiazioni inizieranno tra quindici minuti”.
“Devo andare” – aveva detto, inghiottendo rumorosamente un grumo di saliva diventato improvvisamente troppo vischioso.
“Andrà benissimo” – Goten aveva sorriso e lo aveva abbracciato, stringendolo forte – “Comunque vada, sarò fiero di te”.
E. dopo aver dato un ultimo sguardo nella folla per assicurarsi che i suoi genitori fossero presenti, aveva salutato la famiglia Son e si era recato nel posto indicato dalla voce all’altoparlante. La resa dei conti era ormai prossima.

Oggi…

“Trunks… Trunks… Devi alzarti… Andiamo… Dobbiamo andare a scuola”.
“Mmm… Lasciami stare”.
“Ma dobbiamo andare… Il maestro si arrabbierà se faremo di nuovo tardi… E non solo lui…”.
“Lasciami stare, Goten! Non voglio uscire… Fa troppo freddo…”.
Come se non lo avesse notato. Come se non avesse dovuto raccogliere tutto il coraggio di cui disponeva per trovare la forza di lasciare il calore delle coperte. Come se non sapesse quanto male potesse fare il petto a chi, forse, non avrebbe mai più respirato senza sentire dolore.
“Trunks… Per favore… Alzati…”.
Una lunga pausa di silenzio aveva seguito quella specie di supplica. L’aria, in quella stanza, sembrava essersi ghiacciata, e i suoni che prima non si sarebbero percepiti si erano come amplificati.
“Goten… Ho detto di no” – Trunks era stato completamente asettico nel pronunciare quella frase. Era rimasto immobile, continuando a dare le spalle al suo amico, sepolto dalle coperte.
Sconfitto, il saiyan dalla curiosa capigliatura aveva preso un profondo respiro e aveva cominciato a vestirsi, cercando di non scoppiare in lacrime. Perché doveva comportarsi così? Perché doveva farlo soffrire?
“Sei ingiusto”.
Affranto, inascoltato, aveva afferrato la sciarpa di lana grezza, la vecchia giacca consunta ma perfettamente pulita che gli faceva da cappotto, i quaderni, il pranzo ed era uscito da casa con il cuore pesante e gli occhi gonfi di lacrime. Perché doveva fare così? Perché non poteva chiudere col passato, accettare la nuova situazione come avevano fatto tutti e guardare avanti? Era difficile anche per lui, o pensava fosse il contrario? Le cose non erano andate come aveva creduto… Per niente.
Ancora una volta, aveva imboccato il sentiero sterrato che lo avrebbe condotto a scuola da solo. Ancora una volta, avrebbe affrontato quella lunga giornata in silenzio, facendo il proprio dovere e comportandosi da bravo bambino, proprio come aveva sempre fatto. Proprio come il mondo si aspettava da lui.

Continua…


Ciao a tutti!
Eccomi qui, in perfetto orario, con il secondo capitolo di questa storia che, tra continui salti temporali, prende forma ogni istante sempre più.
Non voglio aggiungere altro… Non mi va di diventare prolissa senza alcun motivo, ma ci tenevo tanto a ringraziare tutti voi che avete letto e recensito.
A presto!
Un abbraccio
Cleo

 
   
 
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