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Autore: evelyn80    23/10/2019    3 recensioni
Greta e Linda sono due ragazze ventunenni, amiche da quando erano bambine. Entrambe studentesse alla facolta di Lingue e Letterature Straniere all'Università di Milano, coltivano il sogno di diventare interpreti. Nel frattempo, si esercitano nell'uso della lingua inglese ascoltando le loro canzoni rock preferite nel negozio di dischi del padre di Linda, in cui entrambe lavorano nel tempo libero. Mentre Linda è single e corre dietro a ogni ragazzo biondo che incontra, Greta è felicemente fidanzata con Matteo, col quale sta progettando il suo futuro.
Una triste notte di gennaio, però, tutti i suoi sogni più belli si infrangono contro il tronco di un albero. La ragazza, incapace di guardare al futuro, si chiude in se stessa, finché non incontrerà l'uomo che aveva sempre sognato: Terry Kath, il chitarrista dei Chicago.
Innamoratosi di lei a prima vista, Terry cercherà di conquistare Greta finché non riuscirà a riportarla di nuovo alla vita.
Storia direttamente ispirata dalla drabble "Disperazione", tratta dalla raccolta "Melodies" di Kim WinterNight
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Seraphine, Nuovo personaggio, Terry Kath
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia nasce da un'idea di Kim WinterNight, ed è direttamente correlata alla sua drabble “Disperazione”, contenuta nella raccolta “Melodies” che potete trovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3810353&i=1
I personaggi di Greta e Matteo, dei quali l'autrice mi ha gentilmente concesso l'utilizzo, sono di sua esclusiva proprietà, mentre gli altri personaggi originali che incontrerete nella storia sono frutto della mia fantasia. I Chicago appartengono solo a loro stessi, e con questo mio scritto non ho inteso offendere nessuno di loro.

Il titolo della storia è ispirato a una canzone dei Chicago, “Alive again”, tratta dall'album Chicago XII meglio noto come “Hot streets”. Le frasi tratte dal testo, che fanno da introduzione alla storia, sono il leitmotiv di tutta quanta la vicenda. Inoltre, ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da altre canzoni, più o meno datate, che hanno una particolare rilevanza all'interno del testo di ogni capitolo.
Oltre al banner principale, anche ogni capitolo avrà un suo piccolo banner, rappresentante un'immagine che viene citata nel testo.
Buona lettura.


 


 

 

Capitolo Sette

 

E se vi fermaste un po' a guardar
Con noi parlar
V'accorgereste certo che
Non abbiamo fatto male mai”

Come potete giudicar – I Nomadi

 

 

 

Milano, 21 giugno 1971

Terry e Danny uscirono dall'aeroporto di Malpensa guardandosi attorno. Il chitarrista si sentiva completamente smarrito. La prima volta in cui erano giunti in Italia erano stati accompagnati e guidati alle loro destinazioni, ma ora che si trovava da solo non aveva la più pallida idea di cosa fare e dove andare. Non conosceva nemmeno una parola in italiano e, forse, era un bene per lui aver concesso a Danny di accompagnarlo. Almeno, il batterista conosceva un po' la lingua.
Si lasciò guidare dall'amico, che lo condusse fino alla stazione dei taxi. Terry consegnò al tassista un foglietto con sopra scritto l'indirizzo di Greta e l'uomo annuì, restituendoglielo subito dopo aver letto la destinazione.
Danny era entusiasta all'idea di rivedere Linda, anche se sapeva perfettamente di avere poche chances con lei. Terry, invece, si sentiva stranamente inquieto. Aveva paura di non essere all'altezza delle aspettative di Greta e, soprattutto, di non essere in grado di farle dimenticare il ragazzo che non c'era più.
Si rigirò tra le mani la macchina fotografica, attorcigliandone la cinghia che portava a tracolla.
Danny si accorse del suo nervosismo e gli affibbiò una pacca sulla spalla, facendolo trasalire.
«Avanti, su col morale! Sono sicuro che anche lei non vede l'ora di vederti».
«Lo spero davvero», borbottò il chitarrista, chinando lo sguardo.
Danny rise e Terry tornò a fissare fuori dal finestrino il paesaggio che scorreva via veloce.

 

Greta era fuori di sé dall'ansia. Sapeva che Terry e Danny sarebbero arrivati quella mattina, perché il chitarrista glielo aveva comunicato con un'ennesima cartolina, questa volta da Los Angeles. Dopo le prime due – che la ragazza aveva rattoppato con il nastro adesivo la mattina successiva al loro arrivo – il chitarrista gliene aveva inviate altre tre, una da Osaka, una da Tokio e una da Honolulu, tutte corredate di saluti e cuoricini festosi. Al loro arrivo Greta le aveva fissate, aspettandosi di vedere nuovamente il volto irato di Matteo. Ma il suo ragazzo non si era fatto vedere. Da quel loro ultimo incontro, una settimana prima, Matteo non era più stato a farle visita e lei stava cominciando, pian piano, a farsene una ragione. Non sarebbe tornato mai più.
Carmelinda la abbracciò per farle coraggio e Greta le concesse un sorriso tirato. Le due amiche avevano fatto pace la mattina dopo aver litigato, e ora erano più unite di prima.
«Certo che, se al posto di Danny l'avesse accompagnato Peter, sarebbe stato meglio... almeno per me», commentò Linda, leggendo di nuovo il messaggio scritto sull'ultima cartolina. L'amica sorrise, interrompendo per un istante il suo passeggiare nervoso sul marciapiede antistante il portone di casa sua, e la ragazza mora continuò. «Credo proprio che dovrò accontentarmi». Abbassò la voce in tono cospiratorio, guardandosi attorno come se temesse di veder spuntare suo padre da dietro una delle auto parcheggiate. «Non ho nessuna intenzione di lasciarmi sfuggire l'occasione di andare a letto con uno dei Chicago, e visto che Terry te lo sei già beccato tu...».
Greta la fissò scandalizzata. «Hai davvero intenzione di fare sesso con Danny?», esclamò, dimenticandosi di moderare il tono.
«Shhhh!», sibilò l'amica, facendole cenno con le mani di abbassare la voce. «Vuoi che mio papà ti senta? Sono convinta che, anche se in questo momento è al “Disco d'Oro”, le sue orecchie sono diventate paraboliche per captare ogni più piccolo rumore che emetto». Si guardò di nuovo attorno, questa volta certa di veder spuntare il padre magari da un tombino. «Comunque, per rispondere alla tua domanda: sì, ho intenzione di fare sesso con lui... se ne troverò il coraggio», rispose, quando fu certa che nessuno le stava ascoltando. «Lo sai che io parlo, parlo ma poi, stringi stringi, alla fin fine sono una cacasotto».
Greta sorrise per la confessione sincera dell'amica. Sapeva benissimo che, davanti a un ragazzo che le piaceva, si bloccava all'improvviso, perdendo tutta la verve che la contraddistingueva di solito. Ma, forse, dato che Danny non le piaceva, magari questa volta avrebbe vinto le sue paure.
Lei, dal canto suo, non sapeva cosa fare. Immaginava che Terry avesse intenzione di spingersi oltre, visto che aveva fatto tutti quei chilometri soltanto per conoscerla meglio. Da un lato, questo pensiero la lusingava e le faceva sentire un piacevole calore al basso ventre. Dall'altro, temeva sia che Terry volesse solo prendersi gioco di lei, approfittandosi dell'occasione per una scopata facile, sia che il rimorso nei confronti di Matteo tornasse a tormentarla.
Fece un lungo e rumoroso sospiro prima di riprendere a passeggiare nervosamente sul marciapiede.

 

Terry la vide prima ancora che l'automobile gialla arrestasse la sua corsa davanti all'indirizzo richiesto. Greta, in compagnia di Linda, stava camminando su e giù sul marciapiede, in evidente stato ansioso. “È persino più nervosa di me”, pensò scendendo dalla macchina, mentre Danny pagava la corsa e ringraziava il tassista nel suo italiano stentato.
Non appena vide il taxi Greta si fermò di colpo, facendo ondeggiare la lunga gonna a pieghe attorno alle gambe. Linda le si avvicinò ed entrambe attesero che i due ragazzi le raggiungessero sul marciapiede.
«Ciao, bene arrivati!», salutò Carmelinda, accogliendoli con entusiasmo. Abbracciò Terry, che rispose velocemente al suo saluto, e poi si accostò a Danny dandogli un sonoro bacio sulla guancia. Certo, non era proprio un Adone, ma era comunque molto simpatico e immaginava che si sarebbero divertiti un sacco, in quella settimana che sarebbero rimasti a Milano.
Il chitarrista si avvicinò lentamente a Greta, che rimase a fissarlo piena di imbarazzo. Avrebbe dovuto abbracciarlo? Baciarlo, magari? O, più semplicemente, avrebbe dovuto stringergli la mano?
Ci pensò Terry a toglierla d'impaccio, passandole le mani attorno alla vita e chinandosi a baciarla dolcemente su una guancia.
«Ciao, Greta», disse il ragazzo percorrendo la sua figura con gli occhi, dai lunghi capelli ramati lasciati sciolti sulle spalle alle ballerine rosse che ben si adattavano ai fiori che aveva sulla camicetta.
La ragazza si sentì arrossire sotto il suo sguardo, e il rossore si accentuò quando lui riprese a parlare.
«Sei bellissima... non vedevo l'ora di tornare da te, sai?».
Terry la strinse di nuovo a sé e, questa volta, la baciò sulla fronte. Greta alzò lo sguardo preoccupato verso le finestre del suo appartamento. Il volto di sua madre si stagliava nel vano di una di esse. La donna le fece un cenno con la mano e le sorrise, e lei rispose al gesto.
Il chitarrista alzò gli occhi seguendo la direzione del suo sguardo.
«Stavo salutando mia mamma», spiegò la ragazza, e Terry fece un cenno verso l'alto, in direzione della donna che rispose con dolcezza.
«Beata te, che tua mamma e tuo papà sono genitori moderni!», esclamò Linda, attirando su di sé l'attenzione degli altri due. «Mio papà vive ancora nel medioevo, ed è convinto che le donne debbano stare chiuse in casa a fare i lavori domestici mentre gli uomini lavorano e vanno al bar; e mia mamma non ha mai fatto nulla per fargli cambiare idea».
«Dev'essere un uomo terribile», ironizzò Danny mettendosi a ridere, ma la risposta di Carmelinda fu seria.
«Te ne accorgerai tra poco, non appena lo vedrai».

 

I quattro ragazzi scesero dalla metropolitana alla fermata del Duomo. All'uscita, nel salire la scala, Terry e Danny rimasero colpiti dalla struttura gotica dell'enorme cattedrale, piena di guglie simili a merletti. Le due ragazze sorrisero della loro espressione stupefatta.
«Potete anche chiuderla, la bocca», rise Linda. «Per quanto la spalanchiate, non riuscirete mai a farcelo entrare tutto dentro».
Danny apprezzò la sua ironia, ma quando fece per passarle un braccio attorno alla vita e attirarla a sé lei si scostò bruscamente.
«Perdonami, ma questo non è proprio il luogo più adatto per un abbraccio. Il negozio di mio padre è proprio là dentro». Puntò l'indice verso l'imbocco monumentale della Galleria Vittorio Emanuele II, che fece spalancare ancora una volta occhi e bocca ai due americani.
«Cazzo...», sibilò Terry. «Avevo letto sui libri che l'Italia è ricca di monumenti storici, ma non credevo che fossero così imponenti».
«Allora, siete pronti a conoscere l'uomo del medioevo?», chiese Carmelinda e, al loro cenno affermativo, le due ragazze li guidarono verso l'imponente arcata di ingresso.
Una volta all'interno della Galleria, entrambi i ragazzi alzarono nuovamente lo sguardo al cielo, verso la vetrata che copriva gli enormi bracci della struttura, e così proseguirono finché non si trovarono proprio al centro della cupola, con i piedi sopra il mosaico raffigurante un toro bianco, stemma della città di Torino. Danny inciampò in qualcosa e lì si fermarono.
«Perché su questo toro c'è un buco?», chiese il batterista guardandosi rapidamente attorno. Il resto della pavimentazione era perfetto e quello era l'unico particolare che stonava in tutto l'ambiente.
«Perché la tradizione dice che ruotare per tre volte su se stessi, col tallone del piede destro piantato sui genitali del toro, porta fortuna», spiegò Greta. «Ci sono un sacco di persone che lo fanno, ogni giorno, e quindi spesso devono sostituire il mosaico. Ma visto che ci sono tantissimi turisti a ripetere questo gesto, il buco si riforma sempre molto velocemente».
«Schiacciare le palle al toro porta bene? Allora facciamo anche noi!», esclamò Terry. Mise il tallone destro in corrispondenza del buco e girò per tre volte su se stesso, facendo ondeggiare i lunghi capelli castano dorati.
Danny lo osservò compiere quel gesto tenendosi le mani a coppa sui gioielli di famiglia. «Povero toro, provo compassione per lui», disse, ma non esitò comunque a ripetere il rito scaramantico. «Voi non lo fate?», chiese subito dopo, quando Greta e Linda si incamminarono verso sinistra, imboccando il braccio ovest.
«Il negozio di mio padre è laggiù», rispose la ragazza mora, indicando l'insegna del “Disco d'Oro”, «e, se lo conosco abbastanza, sono sicura che in questo momento è affacciato sulla porta del negozio, a borbottare contro i due hippie capelloni che hanno appena contributo a rovinare “il nostro bellissimo salotto”. Se vedesse anche me, o Greta, fare una cosa del genere, non smetterebbe più di brontolare».
I quattro proseguirono verso il fondo del braccio ovest, diretti al negozio di dischi. Come Linda aveva predetto, il signor Egidio Benedetti era in piedi davanti alla vetrina, con le braccia conserte e un'espressione cupa sul volto.
«Immaginavo che questi hippie scapestrati e capelloni fossero con voi», sibilò, non appena sua figlia e gli altri fecero il loro ingresso nel negozio. «Mi meraviglio che la polizia non abbia ancora vietato di rovinare a quel modo il pavimento del nostro bel salotto!».
Carmelinda, Greta e Danny – che riusciva a capire quasi tutte le parole, anche se non era in grado di esprimersi correttamente in italiano – sorrisero di nascosto nell'udire pronunciare dall'uomo le stesse parole che la figlia aveva pronosticato poco prima. Terry, che invece non capiva un accidente, si guardò attorno con aria compunta. Voleva fare buona impressione sul padre della loro amica ma, senza volerlo, si attirò le sue ire.
Il signor Egidio, infatti, nel vederlo così serio credette che volesse criticare il modo in cui erano esposti i vinili sugli scaffali, e riprese a inveire tra sé e sé. «Ma chi si crede di essere questo capellone maleducato? Pensa di venire qui a criticare il mio lavoro?».
«Papà, calmati per favore», disse Linda spingendo il padre verso il suo ufficio, mentre Greta e Danny sghignazzavano ancora e Terry continuava imperterrito a guardarsi attorno con aria seria. «Questi due ragazzi sono membri dei Chicago, e sono venuti fin qui dall'America per venire a visitare la nostra città».
«Oppure a deflorare due ragazze per bene! Non credere che non abbia capito quali sono le loro intenzioni, sai? Perché non sono venuti tutti e cinque...».
«Sono in sette, papà», lo interruppe la figlia.
«Sette!? Di male in peggio! Perché, comunque, non sono venuti tutti quanti ma si sono scomodati solo in due? Per approfittarsi di voi, è chiaro! Devo avvertire subito Marcello e dirgli di badare a sua figlia. A te penserò io! Ora vado subito a cacciarli via!».
«Papà, per favore! Smettila di dire baggianate...», disse Linda, esasperata.
«Baggianate!? Baggianate!? Io non dico baggianate!».
Una voce profonda che si schiariva interruppe la loro diatriba. Terry aveva capito dai toni che il padre di Linda si stava alterando e aveva chiesto a Greta di fargli da traduttrice. Comprendendo i timori dell'uomo si affacciò sulla porta dell'ufficio.
«Mi scusi signor Benedetti», esordì, attendendo che Greta traducesse le sue parole. «Capisco la sua apprensione, ma non deve avere timore di noi solo perché abbiamo i capelli lunghi e veniamo dall'America. Siamo ragazzi per bene e non abbiamo nessuna intenzione di fare del male a Linda, o a Greta».
Il signor Egidio strizzò gli occhi fino a ridurli a due fessure. «Questo è da vedersi. Vi tengo d'occhio!», esclamò, atteggiandosi nel modo più minaccioso che gli riuscì. Data la scarsa statura e il fisico appesantito, il suo tentativo risultò piuttosto ridicolo ma Terry, che lo guardava dall'alto dei suoi venti centimetri in più, si guardò bene dal farglielo notare. Si limitò a salutarlo con educazione prima di uscire dal negozio, seguito da Danny e Greta. Carmelinda si fermò qualche secondo in più.
«Bella figura mi hai fatto fare, papà!», esclamò la ragazza, puntandosi i pugni sui fianchi. «Li hai accusati di essere dei molestatori».
«E tu, invece, stai facendo la figura della poco di buono! E la tua amica con te! E pensare che credevo che fosse una ragazza tanto per bene. La perdita di Matteo deve averla davvero mandata fuori di testa!», replicò l'uomo incrociando le braccia.
Linda pensò che Greta aveva davvero rischiato di andare fuori di testa, e non perché aveva perso Matteo, ma perché non riusciva ad accettare di averlo perso. Comunque non replicò e uscì dal negozio, lasciando il padre a borbottare da solo.
«Scusatelo, ragazzi», disse non appena si riunì agli altri tre. «Io ve lo avevo detto, che era medioevale».
«Già, un vero dinosauro!», rise Danny.
«Ma ora basta pensare a lui. Andiamo a visitare un po' la città, vi va?», riprese Carmelinda.
I due ragazzi annuirono e tutti insieme si diressero di nuovo verso Piazza del Duomo.



 

Spazio autrice:

Come promesso, Terry e Danny sono arrivati in Italia, all'aeroporto di Malpensa che, all'epoca, era già l'aeroporto internazionale, mentre Linate ospitava solo voli locali. Anche la linea della metropolitana con la fermata in Piazza del Duomo era già attiva.
Visto che si tratterranno per una settimana, Linda è consapevole di doverli presentare al padre, che di sicuro vorrà sapere vita, morte e miracoli su di loro. La prima impressione non è delle migliori, e non solo per via del rito scaramantico col toro. La storia di questo rito è riportata su Wikipedia alla pagina relativa alla Galleria Vittorio Emanuele II e, secondo alcuni, era inteso con senso spregiativo perché, appunto, Torino era la città “nemica”, opposta a Milano. All'epoca, la Galleria veniva ancora considerata “il salotto di Milano”.
Egidio teme per l'incolumità delle due ragazze, ma Terry cerca di rassicurarlo, anche se con scarsi risultati... Comunque ora li aspetta una settimana di vacanze.
L'immagine che accompagna il capitolo rappresenta il famoso toro della Galleria.
Vorrei, infine, ringraziare di cuore, perché ancora non l'ho fatto pubblicamente, tutti coloro che leggono la storia, e in particolare Kim, Soul e Karen per i loro fantastici commenti.

  
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