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Autore: Angelica Cicatrice    23/10/2019    1 recensioni
Clopin aveva dedicato tutta la sua vita nel donare il sorriso ai bambini di Parigi. Non desiderava altro nella sua umile vita da giullare della piazza. Eppure, qualcosa stava per stravolgere quella felice monotonia, e la paura di essere dimenticato o messo da parte ( per colpa dell'arrivo di un nuovo cantastorie ) lo avrebbe logorato. Per non parlare dell'imminente giorno della Festa dei Folli. I due giullari si sarebbero scontrati in un duello all'ultimo spettacolo? O sarebbe accaduto qualcosa di assolutamente inaspettato da far rovesciare gli eventi? Il re degli zingari non si era mai posto il quesito: e se esistesse, in questo mondo folle, una persona come me ?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                      Il suono dell'amore

- Io sono Roxanne Carraro, figlia di Lorenzo Carraro e Yolèn Roux. E adesso, mi dirai chi sei e come fai a conoscermi... -.
In quella grotta, che faceva da covo segreto della banda di criminali, era calato un silenzio surreale. Nessuno aveva il coraggio di muovere un solo passo.  Perfino lo zingaro dagli occhi di ghiaccio se ne stava immobile, limitandosi a fissare la violinista mentre lo minacciava  col pugnale. Quella mossa inattesa lo aveva sorpreso più di ogni altra cosa. Roxanne, nonostante la scomoda situazione, non dava alcun cenno di debolezza. Le sue gambe erano ben salde sul terreno e il braccio ben teso non tremolava. Nei suoi occhi, verdi con le pagliuzze dorate, c'era solo una forte fermezza. Intanto, Clopin, esterrefatto da 
quell'assurdo spettacolo, stava anch'egli aspettando delle risposte dalla medesima persona. Dopo qualche secondo, l'atmosfera cambiò di colpo, perché l'uomo sorrise, con un misto di divertimento e malizia.

PV Roxanne

- Accidenti, sei proprio uguale a tua madre...- disse quel maledetto, con il sorriso più odioso che avessi mai visto - anche lei sapeva essere caparbia -.
- Risparmia il fiato per ciò che ti ho chiesto. Allora, come fai a conoscere me e i miei genitori? - lo interrogai di nuovo, mentre mi guardavo attorno. 
Ero stata molto impulsiva: avevo avuto il fegato di affrontare il capo della banda, senza però riflettere prima sulle possibili conseguenze. Per mia fortuna, nessuno di quei tirapiedi aveva provato a gettarmisi addosso e farmela pagare. Nonostante apparissi calma, in realtà avevo i nervi a fior di pelle. Mentre tenevo gli occhi fissi e il pugnale rivolto verso di lui, lo zingaro si accarezzò i sottili baffi, neri come l'ebano.
- Sono lieto di vedere che hai ereditato addirittura il sangue freddo di Yolèn, invece della goffaggine insignificante di Lorenzo... - aggiunse poi, e quell'ultima uscita mi fece esplodere dall'ira. Aveva ancora il coraggio di prendersi gioco del mio defunto padre! Seguendo l'istinto, mi fiondai verso di lui. Ero sul punto di ferirlo sul torace, ma riusci a deviare, mi afferrò il polso con forza, e dovetti lasciar cadere il pugnale. 
- Ahi, ahi, che ragazza cattiva! - mi canzonò lui. Le sue braccia muscolose mi trattenevano saldamente, e per ciò non riuscivo a liberarmi. Era evidente che,  dopo quella volta, lo zingaro sapeva che non doveva sottovalutarmi e quindi cercò di limitarmi ogni tipo di movimento. Intanto, il resto della banda esultava con cori eccitati.
- Lasciala libera, maledetto! - urlò Clopin, che a quel punto, ritornò a dimenarsi per cercare di sciogliersi dalle corde. Ma fu tutto inutile. 
- Tranquillo, mio sovrano, non ho alcuna intenzione di farle del male - precisò lo zingaro, dietro alle mie spalle. Avvertì il suo alito caldo sul collo, e dei brividi corsero fulminei sulla mia schiena. 
- Anzi, dovrei chiederle scusa, sono stato troppo maleducato - aggiunse, e il suo tono di voce si fece meno irritante - ma, con il tuo permesso, mon cherie, devo confiscarti questo... -.
Con un cenno del capo, uno dei suoi uomini si avvicinò e recuperò il pugnale che avevo lasciato cadere. Poi, il tizio mi fissò con aria indagatrice, e il capo gli ordinò di tornare al suo posto.
- Nessuno ti toccherà, tranquilla, a meno che tu non mi dia altri problemi - riprese a parlare, mentre continuava a stringermi in quella trappola fatta di muscoli -  Spero per te che non hai altre armi, nascoste chissà dove...ma, voglio fidarmi, e non oserò controllare. Come vedi, sono un gentiluomo -.
Il mio corpo era teso e percepivo ogni singolo muscolo indolenzito, per via della costrizione e per l'ansia. 
- Quindi, se mi prometti che farai la brava, io ti racconterò tutto ciò che vorrai sapere -.
In quella situazione, capovolta a suo favore, dovevo cercare di rimanere tranquilla. Se il prezzo da pagare per farmi dire la verità, era di sottomettermi non potevo fare altro che stare al suo gioco, almeno per il momento. Perciò, annuì con la testa, e lui mi lasciò finalmente andare. Con aria soddisfatta, mi invitò a sedere, facendo un cenno col braccio. Senza dire nulla, mi accucciai proprio vicino a Clopin. Ero preoccupata per la sua ferita e gli posi una mano sulla schiena. Capendo subito al volo, mi fece un cenno per tranquillizzarmi. Avrei voluto tanto tagliare quelle corde, usando il pugnale di Zacarias, che tenevo ancora nascosto sotto il pareo. Ma ero consapevole che se solo ci avessi provato, sia io che il mio giullare, ci saremo ritrovati con le gole tagliate. Eravamo solo in due contro una decina di uomini, senza scrupoli e pericolosi. No, era meglio non rischiare, e aspettare il momento giusto. Intanto, il nostro nemico si era nuovamente messo comodo, sedendosi proprio davanti a noi. 
- Dunque, penso che la prima cosa da fare, siano le dovute presentazioni - cominciò lui, con molta calma - Io sono Armànd, Armànd Fontain -.
Tuffandomi nei meandri dei ricordi d'infanzia, qualcosa di familiare tornò a galla e quel nome non mi fu così nuovo. Lo avevo già sentito, forse da mia madre. Ma oltre a quello, nulla di più. Allora, era vero. Quel matto assassino era un conoscente dei miei genitori...
- Scommetto che Yolèn non ti ha mai parlato di me - ricominciò - beh, la cosa non dovrebbe sorprendermi, anche se mi da comunque un dispiacere -.
Non so come descriverlo, ma in quella frase sentivo un pizzico di sentimento, che poteva essere sia tristezza che ironia. Non riuscivo a comprenderlo.
- Quindi, tu e mia madre, eravate amici?...- chiesi, mentre la mia curiosità stava crescendo, anche se mi sembrava tutto così bizzarro. Lui sospirò e rispose:
- Sì, mon petit. Eravamo amici d'infanzia -. In quel preciso istante, rimasi pietrificata. Stavo per obiettare ma Armànd mi fermò in anticipò.
- Lascia che ti racconti tutto... è una lunga storia - mi spiegò, e per un attimo vidi nei suoi occhi un velo di malinconia e amarezza. 


La mia famiglia era composta da gitani di un lignaggio medio-alto, dato che alcuni nostri antenati erano imparentati con i popoli dell'India. Da quella terra bruna, dalla vegetazione rigogliosa e dai corsi d'acqua limpidi, era nata e cresciuta la prima vera razza gitana, da cui poi si sono sviluppate tante unioni con altri popoli locali. Man mano, il sangue prezioso di quel popolo primario, generatore di tutti noi, si mescolò fino a perdere la sua reale identità. Noi, i " nomadi del fascio di diamanti ", il cui simbolo era una stella a 4 punte, eravamo i pochi discendenti, se non forse gli ultimi, di quella razza così rara e ormai estinta. Per riuscire a mantenere quel poco del suo valore, molti miei parenti, come cugini e cugine, si sposarono tra di loro. Proprio come molte famiglie gitane, ci spostavamo da un paese all'altro, e alla fine ci trovammo a Marsiglia. Avevo solo 10 anni, quando incontrai Yolèn Roux. Era l'unica figlia femmina di una delle famiglie più famose e ammirate tra gli zingari. Anzi, si poteva affermare senza alcun dubbio, che i " gitani della falce lunare ", il cui colore regale era proprio il rosso, fossero i diretti discendenti dei perduti popoli dell'India, e per questo avevano anche mantenuto il loro lignaggio alto e senza macchia impura. Da subito, la mia famiglia e quella di Yolèn entrarono in buoni rapporti. Inoltre, vista la necessità, i due capofamiglia decisero di attuare un piano per noi piccoli, ancora ignari di tutto; un matrimonio combinato tra me e Yolèn. Grazie a tale evento, la mia famiglia si sarebbe riscattata tornando al suo antico splendore. Per non parlare, della grande ricchezza che avremo goduto, dato che la famiglia Roux possedeva grossi bottini accumulati nel tempo. Non era un segreto,infatti, che la famiglia di Yolèn era famosa e così ben voluta, non solo dagli altri zingari, ma perfino da altri membri della società, come gli stessi nobili. Comunque, quando seppi la notizia, ero davvero felice. Anche se ero ancora un bambino, non mi dispiaceva sapere che la mia migliore amica sarebbe divenuta la mia sposa. Yolèn e io eravamo inseparabili e passavamo tanto tempo insieme. Sembrava che fossimo fatti l'uno per l'altra. Il tempo passava, e i giorni divennero anni. Da parte mia, ormai ventenne, sentivo che i sentimenti per Yolèn erano cresciuti e maturati. Desideravo ancor di più sposarla. Era diventata così bella, con la pelle ambrata, i capelli lunghi e dai riflessi ramati, e gli occhi che sembravano due gemme preziose vermiglie con piccoli topazi scintillanti. Che ne fossi innamorato? Probabilmente. E lei era mia, mia soltanto. Eravamo stati promessi da piccoli e quindi ci saremo sposati ben presto. Eppure, c'era qualcosa in lei di diverso. La nostra amicizia era ancora solida, ma sembrava che la mia futura sposa si stesse allontanando da me. Cominciai a sospettare che non provasse i miei stessi sentimenti. Ne ebbi la conferma, quando un giorno, mentre eravamo per le vie di Marsiglia, incontrammo un giovane italiano che stava allestendo il suo teatro mobile. Si chiamava Lorenzo Carraro, veniva da Venezia, e faceva il cantastorie usando pupazzi e marionette creati dalle sue mani. Non era uno zingaro, ma un semplice ragazzo di umili origini, che amava fare l'artista di strada. Un poveraccio, insomma, senza onori ne meriti. Eppure, la mia Yolèn, perse completamente la testa per lui. Quella rivelazione mi fece scoppiare dalla gelosia; non le avrei permesso di lasciarmi e diventare la moglie di un inutile e insignificante cantastorie. Sarebbe stata mia anche a costo di usare la forza. Inoltre, le avevo dimostrato quanto tenessi a lei. Non ne andavo fiero, ma pur di averla, avevo accettato tutte le regole della sua famiglia. I Roux avevano una tradizione 
matriarcale, dove tutte le donne esercitavano il potere sull'intero clan, e una volta che una di loro convolava a nozze, automaticamente il cognome della sposa subentrava e così anche i futuri figli lo avrebbero ereditato. Avrei fatto anche questo per lei, sottomettermi a tale legge e sminuire il mio stesso potere e ruolo di marito. Ma lei non lo capiva...Pensavo, però, che le cose sarebbero andate come nei piani, perché anche i suoi genitori non approvavano quell'interesse clandestino. Ero certo che allora, la stessa Yolèn avrebbe capito che era una causa persa, e avrebbe sposato me. Qualche giorno prima del grande passo, scoprimmo che era 
scappata via con il suo amante italiano, sul suo carretto. Ero così furioso, frustrato e umiliato. L'ultima volta che vidi Yolèn, fu quella sera, che dopo averle confessato il mio amore, lei mi rispose semplicemente:
" Armand, non potrai mai essere il mio Sole, perché sei la mia preziosa, amica Stella... -.

- Tua madre era piena di virtù. Ma una cosa che non le ho mai perdonato è stato il suo tradimento - continuò Armand, dopo aver finito il racconto - Io l'amavo così tanto, e lei mi ha pugnalato alle spalle... -.
In quel momento, rimasi in silenzio nei miei pensieri. Avevo emozioni contrastanti, ma ero certa di una cosa. Potevo anche un pò capire la sofferenza di Armand. In fondo, anche un uomo come lui poteva provare sentimenti come amore e gelosia, ma questo non giustificava la sua condotta. Inoltre, a parte amarezza e odio, non percepivo affatto amore. Come poteva continuare a ripetere che amava mia madre, se nei suoi occhi leggevo un grande disprezzo? 
- Dimmi, Roxanne, a cosa stai pensando? - mi chiese all'improvviso lo zingaro, che aveva notato il mio stato di mutismo. Ero un pò incerta sulle parole, ma sapevo cosa rispondergli. Prima di aprire bocca, però, sentì Clopin ridacchiare piano. Mi voltai verso di lui, al mio fianco, e teneva la testa china, mentre le spalle si muovevano al ritmo della sua risata.
- Sei davvero uno sciocco! - esclamò il giullare, e finalmente alzò gli occhi verso Armand - Si vede che non ci sai fare con le donne. E tu vuoi davvero farci credere che amavi la madre di Roxanne con tutto il cuore?! Che avresti addirittura fatto dei " sacrifici" per lei? Non farmi ridere!-.
Rimasi stupita da quell'intervento. Cosa stava cercando di fare? Sperai che non volesse attirare l'attenzione per farsi ammazzare...
- Se la famiglia Roux fosse stata così prestigiosa come hai detto, dovevi solo sentirti onorato di farne parte, altro che " sacrificio" - riprese Clopin, gettando occhiate beffarde allo zingaro - Se l'amavi davvero, con coraggio e umiltà le avresti dato la libertà di scegliere. Il tuo era solo possesso...-.
Il re del piazzale non ebbe il tempo di finire che Armand si alzò in piedi con uno scatto. Osservandolo, aveva il viso paonazzo dalla rabbia. Ebbi un attimo di timore, perché sentivo che se Clopin avesse continuato, lo zingaro avrebbe perso la pazienza e sarebbe stata la fine. Ma dovevo ammettere che quelle ultime parole mi stupirono. Il succo morale che il re degli zingari poneva combaciava perfettamente con quello che stavo pensando poco fa. 
- La libertà è puro amore - aggiunse poi Clopin, per niente intimorito dalla reazione del suo nemico - Ah, un consiglio tra maschietti; sono le donzelle che ci scelgono, e per di più sono sempre loro a decidere dove e quando portarci a letto...fidati, io me ne intendo! -.
Spalancai gli occhi e mi portai le dita alle labbra. Clopin ma che dici?! Rimasi a fissarlo per qualche secondo e lui mi donò uno sguardo d'intesa. Era riuscito in una sola mossa a umiliare il cattivo e a lanciarmi una frecciatina maliziosa. Anche se non era il momento adatto, provai una sensazione mista di imbarazzo e divertimento. Non c'era niente da fare, solo Clopin era così folle da riuscire a creare dell' umorismo anche in situazioni spiacevoli. Quell'atmosfera così bizzarra sfumò quando Armand, ormai livido dalla rabbia, fece tuonare la voce verso i suoi tirapiedi:
- Fatelo tacere! -. In men che non si dica, uno di loro diede uno strattone sulla schiena di Clopin. Dalle sue labbra uscì un grido di dolore e si lasciò  cadere sul mio grembo. Mentre tutti gli altri ridevano all'unisono, io mi allarmai e dopo aver controllato, realizzai che la ferita sulla schiena si era riaperta. Mi strappai via il foular rosso dai capelli e lo usai per tamponare per evitare il paggio. 
- Ti avverto, pagliaccio, posso benissimo ucciderti senza ripensamenti, dato che non mi servi più! Quindi, se ci tieni a respirare per i prossimi minuti, tieni la bocca chiusa! - disse Armand, con tono minaccioso e pieno di collera - E per la cronaca, sei tu che non conosci le donne, dato che ti sei lasciato prendere per il naso così facilmente -. 
Rimasi interdetta a quell'ultima frase. Cosa stava dicendo? Dopo un po sentì il giullare muoversi leggermente per poi alzare la testa. Era incredibile che nonostante il dolore riuscisse ancora ad essere lucido. Armand fece un cenno con la mano come se stesse attirando a sé una presenza invisibile. In un angolo della grotta, immersa nell'ombra, uscì fuori una giovane donna. Riconobbi quella chioma bionda e il seno prosperoso. 
- Odette! - dissi ad alta voce, con tono incredulo. Quella fanciulla dal corpo sinuoso mi ricambiò con occhi beffardi e un sorriso divertito. Appena si trovò accanto ad Armand, lui le fece un baciamano.
- Ti do anche io un consiglio, mio re: mai fidarti di una bella donna che al primo incontro mostra subito interesse nei tuoi riguardi - disse lo zingaro. Clopin era rimasto senza parole, e mentre lo aiutavo a rimettersi seduto, riuscì a pronunciare solo una domanda.
- Perché?... -. Odette alzò le spalle, con quella sua falsa aria da innocente, per poi rispondere:
- Niente di personale, caro. Solo una questione di guadagno...-.
La cosa non mi sorprese, dato che esistevano tante ragazze che pur di avere qualche soldo in più, erano disposte a tutto. 
- Mi era stato detto che dovevo solo avvicinarti. La tua fama da donnaiolo mi ha aiutata molto e quindi la cosa mi è stata molto facile. Spero solo che non ci sei rimasto troppo male.Ma gli affari sono affari - spiegò lei, facendo finta di essere dispiaciuta - Tutto questo per accertarmi chi fosse la tua amichetta giullare -.
A quel punto, Odette spostò lo sguardo su di me, con aria superba e piena di sé. Quella verità mi fece rimanere di sasso. Anche quella messinscena era stata creata solo per me. Quella storia mi sembrò così assurda, e avevo la testa ancora colma di enigmi.
- Io davvero non capisco... - intervenni - Perché tutti questi piani, macchinazioni...solo per trovare me? Hai fatto tutto questo solo per poter conoscere la figlia della donna che ti ha spezzato il cuore? -.
Armand si avvicinò e si inginocchiò davanti a me, ignorando completamente la presenza del re degli zingari. Non sapevo che tipo di risposta aspettarmi, ma ero pronta a tutto.
- Forse sì, forse no - disse, e aggrottai la fronte - Ammetto che ero molto curioso. Non ho mai saputo che esistessi. Quando tua madre scappò, i tuoi nonni materni mi diedero la possibilità di andarla a cercare per riportarla indietro. Ma non ci sono mai riuscito, dato che lei e Lorenzo si spostavano tempestivamente da una città all'altra. E dopo tanto tempo, venni a sapere che una certa Yolèn Carraro era deceduta. Avevo fallito il compito, e fui escluso e allontanato dalla famiglia Roux. Fu allora che sono diventato un fuorilegge, un pò per diletto e un po per necessità. Ma quando ti ho vista la prima volta, in quel boschetto, sentivo che c'era qualcosa di familiare in te. Anche per via di quello -. 
Armand mi stava indicano l'orecchino con la mezzaluna che portavo all'orecchio destro. 
- Il simbolo della famiglia Roux. Non potevo crederci. Mi chiedevo chi fossi, dato che Yolèn era morta e l'intero clan della sua famiglia si era estinto. Dovevo assolutamente conoscere la tua identità. La giullare dalla mascherina in merletto che portava il simbolo dei gitani della falce lunare-. 
Lo zingaro mi guardò con occhi penetranti per poi aggiungere:
- Non potevi che essere sua figlia. L'ultima discendente dei Roux. L'unica gitana in possesso del magnifico tesoro...-. 
In quel momento la mia mente stava per esplodere dallo stupore e dalla confusione. L'ultima discendente...il tesoro? 
- A proposito, Armand, dov'è la mia parte? Avevamo un patto, ricordi? - intervenne Odette, visibilmente seccata, come se avesse fretta di andarsene.
- Vero, capo, anche a noi spetta una parte del tesoro! - si aggiunsero anche i suoi sottoposti. Io intanto ero ancora confusa e non riuscivo a capirci niente.
- Abbiate pazienza, ormai il nostro bottino è a portata di mano -  li rassicurò Armand, mentre continuava a fissarmi. Era come se stesse aspettando una mia reazione, una risposta o chissà cosa. 
- Coraggio, Roxanne, tu sai cosa vogliamo - disse, con voce profonda lo zingaro, facendo finta di essere gentile.
- Non so di cosa tu stia parlando. Quale tesoro? - chiesi, mentre Clopin stava assistendo alla scena, altrettanto confuso e sorpreso. 
- Lo sai benissimo! - alzò la voce Odette - te li ho visti addosso quello stesso giorno. Sono sicura che li tiene nascosti, proprio sotto il mantello -.
Non ebbi il tempo di obiettare che fui trascinata via. Alcuni zingari della banda, i più aggressivi, mi afferrarono e mi strapparono il mantello di dosso.
- Che volete farle!? Fermatevi! - sentì gridare il mio giullare, che purtroppo non poteva fare altro che stare a guardare. Provai a dimenarmi, ma erano in troppi. Ad un tratto avvertì una voce rabbiosa che fece tremare le pareti della grotta.
- Guai a voi se la toccherete di nuovo! Stupidi sciacalli, vi ucciderò tutti se oserete disubbidirmi! -. Per lo spavento, gli uomini si allontanarono e sparirono, come se temessero per la loro stessa vita. Mentre Armand mi raggiunse, i miei occhi cercarono quelli di Clopin: mi stava fissando, e potevo leggere la sua frustrazione nel non potermi aiutare. Intanto, lo zingaro mi studiò per bene, come se stesse controllando qualcosa.
- Li hai con te, non è vero? - mi chiese, mentre mi mostrò nuovamente il cammeo dorato che una volta era cucito sul mio pareo.
- I cammei? Non li ho con me, te lo assicuro - dissi, cercando di non tradirmi con la voce. Erano quei pezzi d'oro che stava cercando?
- Non farmi perdere la pazienza, Roux - mi avvisò Armand, e sentì il suo tono indurirsi di più. Ma dato che negai di nuovo, l'uomo mi afferrò il pareo che portavo ai fianchi, e lo strappò via lacerandolo. Emisi un grido di sorpresa e perdendo l'equilibrio caddi a terra. Con quel pezzo di stoffa strappato, anche il pugnale di Zacarias uscì fuori allo scoperto. Armand gettò via quel che rimaneva del mio pareo in velluto, e mi fissò con occhi crudeli.
- A quanto pare non mentivi... Ma mi tenevi comunque nascosto questo - mi canzonò, e prese il grosso pugnale dal manico lucente. Meno male che non avevo niente di rotto, ma sentivo le gambe e il fianco indolenziti e feci fatica a rialzarmi. 
- Roxanne, stai bene?! - mi chiese Clopin, che stava ancora lottando contro le corde. Lo guardai e lo rassicurai con un mezzo sorriso.
- Credevo di essere folle, ma tu lo sei decisamente di più! - esclamò il giullare, rivolgendosi ad Armand - arrivare a tal punto solo per un pugno di monili luccicanti? Sei un pazzo! Non sei un criminale, sei semplicemente matto da legare! -
Armand fece una smorfia contrariata e mentre contemplava la lucentezza del cammeo rispose:
- Sei tu che non capisci niente, pagliaccio. Non puoi sapere quale favolosa fortuna si cela in questi medaglioni, così colmi di mistero. Quando l'ho trovato, quella sera, ho scoperto il mio nuovo obiettivo. Nonché il vero motivo per il quale scoprire l'identità della tua giullare  -.   
Lo zingaro stava ammirando ammaliato il cammeo, come se ne fosse ipnotizzato, poi si rivolse a me:
- Non fare l'ingenua con me, Roxanne. Lo sai meglio di chiunque altro che questi cammei, fatti in puro oro zecchino, nascondono un segreto -.
Poi si girò nuovamente verso Clopin per spiegare anche a lui la questione.
- Ognuno di questi dieci pezzi porta raffigurata una vetrata colorata, tutte diverse, l'una dall'altra -. 
Ripensandoci, tra le varie cose che possedevo, come la mascherina e l'orecchino, quei cammei li avevo ereditati da mia madre. Ma fino a quel momento, non sapevo cosa significassero quei dipinti colorati. L'unica cosa che sapevo era che si trattavano di un regalo di nozze, realizzati da mio padre. Niente di più.
- Un cammeo per una vetrata. Una vetrata per una città di Francia. Dieci città sparse nel territorio, dove i gitani della falce lunare si accampavano per i loro spettacoli - riprese Armand - Perché la famiglia Roux era così ricca, pur apparendo umile? Perché i membri si esibivano alle corti dei nobili. La loro fama era così grande che venivano accettati ovunque, a differenza di noi poveri emarginati. Guadagnavano così tanto, che una parte del denaro lo nascondevano nei pressi di una chiesa. In questo modo, il clan poteva prosperare ed essere sicuro di avere qualche bottino di riserva. Chi possiede questi cammei, potrà trovare il favoloso tesoro della famiglia Roux, e diventare ricco, famoso e potente, al pari del re di Francia -. 
Ascoltai con attenzione tutto, e fu come se in realtà, non avessi mai conosciuto per bene i miei genitori, le mie origini, e tutto ciò che faceva parte di me. Ma mi chiedevo se tutto ciò fosse vero, o solo una bugia ignobile inventata da quel pazzo. Non sapevo cosa pensare, ma una cosa sicura, era che a quel punto non potevo dirgli dov'erano i cammei. Non doveva averli. Ma, forse avrei potuto giocare la mia ultima carta, anche se voleva dire rischiare grosso. 
- Allora, sai già tutto...speravo di tenere ancora nascosto tale segreto - cominciai a dire, cercando di mantenere un'aria sconfitta.  
Armand si voltò verso di me, e sembrava esserci cascato.
- Ah, ora si che ragioni, Roux! - esclamò Armand, sorridendomi compiaciuto. Clopin era rimasto sbigottito e cercò il mio sguardo, come se volesse una conferma di quel mio comportamento. Intanto, Odette tirò un lungo sospiro esasperato, poi si rivolse al suo compare:
- Finalmente, ci voleva così tanto?! Allora, dove sono i cammei? -. Se non fosse stato per quel momento molto delicato, avrei preso a schiaffi quella vipera.  
- Non li ho con me, li ho dovuti nascondere in un posto sicuro - spiegai, mentre recuperavo la chiave in ottone - Sono nel mio teatrino, chiuso a chiave -.
Lo zingaro rimase un attimo in silenzio, come se stesse riflettendo per quel mio atteggiamento di resa. Tratteni il respiro, e pregai che non si fosse accorto di nulla. Mentre mi fissava, cercai di far rilassare i muscoli, e di non dare l'impressione che fossi nervosa. Poi mi si avvicinò, scrutandomi negli occhi.
- Chi mi dice che mi stai dicendo la verità? - fece lui, con una nota di sospetto. Il suo sguardo glaciale non mi spaventò, e invece di tremare, lo affrontai a testa alta.
- Se non mi credi, puoi controllare tu stesso. Potrai anche denudarmi, ma non troverai niente - dissi, con voce decisa - Inoltre, sarò io stessa a portarti nella foresta, fino al mio carretto, così sarai sicuro -. 
Dopo qualche secondo di indecisione, lo zingaro annuì e sembrava molto soddisfatto. 
- Roxanne, non fare idiozie! - gridò Clopin, attirando la nostra attenzione - Non devi farlo! Non è giusto! -. 
Con rassegnazione, scossi la testa e fingendo di essere amareggiata risposi:
- Non ho altra scelta, Clopin. Ormai hanno il coltello dalla parte del manico, e se questo servirà a porre fine  a tutto, così sia -.
Il mio giullare rimase a bocca aperta, incredulo a quella mia resa improvvisa. Probabilmente, si aspettava che avrei lottato con le unghie e coi denti, che non mi sarei mai sottomessa al volere di quel vigliacco assassino. Ma una cosa che il mio re del piazzale non sapeva, era che esistevano vari tipi di coraggio. E quello che stavo sperimentando, era di certo il più grande e difficile che avessi scelto. Perché sapevo cosa sarebbe accaduto quando Armand avrebbe scoperto l'inganno. In quel momento, Odette non ce la fece più ad aspettare, e così alzò i tacchi e si stava dirigendo verso l'uscita della grotta.
- Armand, non perdere altro tempo e sbrigati a raggiungermi! Non ne posso più di stare in questo terribile posto! - disse, e prima di sparire mi lanciò un'occhiata di sufficienza. Invece, Armand si accinse a recuperare il mantello che aveva lasciato cadere, ed era già pronto per la partenza.
- Allora possiamo andare, mia cara, non abbiamo a disposizione tutto il giorno - disse, e mi porse la mano, fingendo di essere gentile.
- Aspetta un attimo! - dissi, facendo un passo indietro - dato che ti sto cedendo il mio tesoro di famiglia, voglio che tu faccia una cosa per me -.
Lo zingaro spalancò gli occhi dalla sorpresa, ma poi rise divertito. Scosse leggermente la testa e rispose:
- Ora capisco, mi sembrava strano che ti fossi arresa così presto. E di cosa si tratta? -.
Girai il volto verso il giullare, e non ebbi dubbi in proposito. Era la ragione per cui avevo indossato la maschera della rassegnazione. Da quando avevo riavuto il mio Clopin, mi ero promessa che avrei abbandonato le maschere, che grazie a lui e per tutto quello che aveva fatto per me, avrei mostrato la me stessa all'intero mondo. Che non avrei più avuto timore di mostrami per ciò che ero. Ebbene, quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei usato la maschera,
solo e soltanto per salvare lui. Con fermezza, esposi la mia condizione ad Armand.
- Verrò con te e ti darò i miei cammei, ma tu devi lasciare libero Clopin -. 
Armand sbatté le palpebre per varie volte, e si strofinò il mento, con aria sorpresa. Probabilmente si era aspettato qualcosa come una spartizione del tesoro.
- Solo questo? Allora è vero che hai un debole per questo pagliaccio di strada - disse lui, spostando il suo sguardo da me a Clopin.
- Solo questo, non ti chiedo altro - risposi, sperando che Armand avrebbe accettato lo scambio. Ma lui mi sembrava ancora indeciso.
- Non so. Non vorrei che dopo averlo liberato, sua Maestà non venga a cercarci. Sarebbe un vero fastidio - spiegò lui. 
- Ti assicuro che non accadrà, se glielo chiederò io. Inoltre, sbaglio, o hai una decina di uomini a guardarti le spalle? Non dovresti comunque preoccuparti -.
Quella mia osservazione fece convincere del tutto l'uomo. Dopo aver preso un coltello, si avvicinò a Clopin e tagliò le corde strette ai polsi.
- Va bene. Ma per sicurezza gli lascerò legate le caviglie. Senza una lama è molto difficile, ci vuole troppo tempo per sciogliere questi nodi -
disse lo zingaro - Ti saluto, mio sovrano, chissà magari ci incontreremo di nuovo, ma temo che sarai tu a doverti inchinare al mio cospetto, quel giorno. Dato che sarò lo zingaro più ricco e famoso dell'intera Francia -.
Armand scoppiò in una risata fragorosa, ed era impaziente di uscire dalla grotta. Ormai, il mio destino era segnato, ma non avevo rimpianti.
- Prima di andare, ti prego, lasciami cinque minuti per dirgli addio - aggiunsi, mentre i miei occhi si riempirono di un dolore sincero. Lo zingaro sbuffò, un pò seccato, ma alla fine mi diede quella possibilità.
- Fai presto, e guai se farai mosse false. Ti terrò d'occhio, Roux - mi avvisò, con modo aggressivo. Feci un cenno col capo per dirgli che avevo capito, e infine mi avvicinai e mi inginocchiai davanti al mio giullare. Nei suoi occhi color carbone, c'era ancora una grande incredulità che mi rattristò.
- Sei incredibilmente ostinata! Lo so perché lo stai facendo. Beh, sappi che preferisco mille volte morire che vederti andare via con quell'essere ripugnante - disse Clopin, ma quella frase di rimprovero, tipica quando era arrabbiato con me, si trasformò in una dolce supplica. Con le mani libere, mi abbracciò forte, come non aveva mai fatto prima.
- Ti prego, cherì, non farlo...anche se così mi salveresti la vita, morirei lo stesso...senza di te -. 
Quelle parole colme di passione, erano più forti ed eterne di una meravigliosa dichiarazione d'amore. Ricambiai con la stessa dolcezza quell'abbraccio, e sapendo che poteva essere l'ultimo, lo assaporai con tutta me stessa. Camminare verso un destino incerto e oscuro, non mi faceva così paura, se avrei portato con me quei dolci momenti. Anche se sarei andata incontro alla morte, non avrei avuto ripensamenti. Per me, contava solo lui e la sua salvezza.
- Non possiamo tornare indietro - cominciai - In fondo, è quello che ho sempre cercato di fare. Ma non è possibile, questa volta -.
Dopo essermi staccata da lui, con malavoglia, i nostri sguardi si incatenarono. Anche se non aveva il suo costume variopinto, per me rimaneva sempre il mio re del piazzale di Notre Dame. Con voce amara, che decifrava una debolezza disarmante, Clopin mi strinse le mani alle sue.
- Come posso lasciarti andare, proprio adesso che ti ho finalmente ritrovata...-. 
- Forse era destino che dovevamo separarci prima o poi - dissi a bassa voce. Desideravo che solo lui ascoltasse quelle parole.
- Non so se è stato il fato o Dio a farci incontrare. So solo che, grazie a te, sono diventata una persona più coraggiosa -.
Una triste tenerezza illuminò gli occhi scuri del giullare, ed ebbi l'impressione che si stessero colmando di lacrime. 
- Per me, sei stato la cosa più bella che mi potesse capitare - aggiunsi, sussurrando a pochi centimetri dal suo viso - temo però, di essere stata la causa di troppi spiacevoli cambiamenti. Magari, sarebbe stato meglio se fossi scomparsa definitivamente quel giorno, alla Festa dei Folli -. 
- Roux, datti una mossa! - tuonò all'improvviso Armand, che stava perdendo la pazienza. Il mio tempo era scaduto. I miei occhi si inumidirono, ma cercai di non far scendere alcuna lacrima. Dovevo essere forte, per lui. Avevo spesso pianto tra le sue braccia, in passato, ma non sarebbe più accaduto. Non in quel momento. Prima di separarci del tutto, c'era un' ultima cosa che lui doveva sapere. Qualcosa che sarebbe stato solo suo e per sempre. Lo baciai sulle labbra con dolcezza.
- Je t'aime - confessai, e dopo essermi avvicinata al suo orecchio gli diedi definitivamente il mio addio.
- E' stato un piacere conoscerti...re dei giullari...-. 

PV Clopin

Quel dolce sussurro mi risuonò nell'orecchio come la più soave delle melodie. La mia mente, debolmente offuscata, registrò quella frase insolita e qualcosa dentro il mio cervello si stava dimenando. Era come se un ennesimo deja vu mi avesse colpito, ma questa volta come un dolce battito d'ali. Roxanne fece allontanare il viso dal mio, e potei ammirare nei suoi occhi le pagliuzze dorate, lucenti come monete d'oro. Il contorno di quelle gemme, con le ciglia voluminose, era marcato dalle fessure di una mascherina in merletto bianco. La giullare, nel suo vestito rosso e nero, mi sorrideva in modo spontaneo.
Poi sì alzò, girò i tacchi e si avviò nel bel mezzo della piazza, gremita di persone che festeggiavano. E solo lì realizzai, che quella Regina dei piazzale che mi aveva conquistato, stava nuovamente per uscire dalla mia vita...e questa volta per sempre...
Avvertì una strana sensazione. La mia volontà, scossa da quel ricordo che era appena sorto dalle ceneri, mi fece vibrare i muscoli. I nervi e i tendini delle caviglie lottarono con uno sforzo sovrumano. Il dolore che le corde mi procuravano, non era nulla in confronto a ciò che mi stava martellando nel petto. Era qualcosa di più forte, travolgente e indistruttibile di una corda ben salda. La figura della giullare si stava allontanando sempre di più, e presto sarebbe svanita nelle tenebre, insieme al mio nemico. Allora, richiamai tutte le forze che mi erano rimaste, a costo di segarmi la pelle e le ossa. 
" Roxanne..." la richiamai nella testa, perché lo sforzo mi aveva soffocato la voce. Ma all'improvviso, la corda cedette, le mie caviglie si divisero in uno strappo violento. Come se il mio corpo si stesse muovendo da solo, respirai a fondo e mi diedi la spinta necessaria per saltare in piedi. Ebbi giusto il tempo di vedere la mia giullare scomparire nell'ombra dell'uscita della grotta.
- Roxanne, aspettaaaa! -.

Angolo dell'autrice:

Ok, respiro profondo... questo capitolo è stato un vero parto. Tra tutti quelli scritti, questo è stato decisamente il più difficile. C'erano molte cose da spiegare, ma in maniera molto sintetica, senza usare troppi paroloni o troppi elementi che rendessero tutto troppo pesante. Comunque che ne pensate? Alla fine i cammei, che li avevamo sotto gli occhi per tutto il tempo, si sono rivelati un elemento molto importante. E non tanto per la questione del tesoro della famiglia, ma proprio come pezzo mancante della vita di Roxanne. Potrei dire che su questo potrei costruirci una storia a parte, per descrivere meglio le origini di questi cammei. Ma chissà, vedremo. La parte in cui Roxanne confessa il suo amore a Clopin ( in maniera diretta) l'ho scritta ispirandomi alla scena del film " Edward mani di forbice"  quando Kim dice - Ti amo - al protagonista ( adoro quel film **). E niente, nel prossimo capitolo avremo altri colpi di scena che chiuderanno questa parte, e vedremo che fine farà il cattivone ^^ Per ultimo, state tranquilli che non sarà l'ultimissimo capitolo XD
Alla prossima <3   

 
   
 
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