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Autore: ___Page    24/10/2019    2 recensioni
Eppure, se era lì a festeggiare un compleanno che avrebbe anche fatto a meno di festeggiare, doveva ammettere che, forse, da qualche parte in lui albergava qualcosa che si avvicinava più o meno a dell’affetto per quella manica di ficcanaso, pazzoidi, invadenti, incapaci di stare al mondo.
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*Questa fanfiction partecipa all’iniziativa HalloWeek 2019 organizzata dal forum FairyPiece – Fanfiction & Images*
Genere: Commedia, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Izou, Koala, Monet, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 1
RICETTA DI FAMIGLIA

*ZUCCA*


 
 
Si trovava al 4 di Punk Hazard e da fuori non aveva nulla di strano.
Era una villetta a schiera come tante, con un giardino come tanti, in un quartiere come tanti di Raftel, che era una città come tante.
Su quello non c’era dubbio e non c’era dubbio che, anche scoprendo cosa si celasse davvero dietro la porta d’ingresso, quell’incredibile realtà fosse presente anche nel resto del paese.
No Raftel non aveva niente di più speciale di altre città, non ce lo aveva la via e neppure il giardino o la casa lo avrebbero avuto se non fosse stato per la sua proprietaria.
Lei non era come tante, così come non lo era il gruppo di ospiti che era arrivato alla spicciolata ma a distanza ravvicinata al 4 di Punk Hazard, attraversando il giardino dove da un paio di giorni era magicamente apparsa una coltivazione di zucche da far invidia a Jack Skeleton.
Il vicinato sapeva bene quanto Monet tenesse ad Halloween e la perizia che ci metteva nel decorare interno ed esterno della casa per la festività era la stessa che loro applicavano solitamente a quelle di Natale, per cui nessuno si stupiva se, da un giorno all’altro, un reticolo di dodici zucche finte faceva la sua comparsa nel piccolo fazzoletto di terra davanti alla casa e, anzi, si apprezzava il realismo di un ortaggio mancante per dare l’impressione che la padrona lo avesse colto per usarlo.
«Cosa direbbero se sapessero che l’ha colta per cucinarla, quella vera zucca, eh?»
Avvolto nel cappotto scuro, Law girò appena il capo, distogliendo la propria attenzione dal giardino di zucche che comunque non stava davvero guardando e non gli interessava davvero, per portarla su qualcuno che lo stava guardando e che, almeno a se stesso poteva ammetterlo, gli interessava davvero.
«Non è necessario spuntare sempre fuori dal nulla e non era necessario che ti vestissi così elegante»
«Non stavo usando l’invisibilità, sei tu che non mi hai sentito arrivare da tanto eri assorto» ribatté con un sorriso mentre avanzava, facendo frusciare la gonna nera dell’abito, gli occhi che brillavano nella penombra. Law se lo chiedeva sempre, come facessero gli occhi di Koala a brillare così e ancora non aveva trovato risposta perché non si trattava di niente di sovrannaturale, a differenza dei suoi che diventavano come quelli di un gatto quando voleva vederci in notturna, e Law con le cose umane non era molto bravo. Primi fra tutti, i sentimenti. «E per quanto riguarda il mio outfit, non si compiono trecentotrent’anni tutti i giorni, signor festeggiato» gli passò alle spalle, lasciando scivolare la mano sulla base della sua schiena, mentre Law la seguiva attentamente con lo sguardo, scandagliandola in cerca di lividi, graffi, un’eventuale zoppia, segni di maledizioni.  
«Com’è andata la missione a Dressrosa?» 
«Ma come? Sabo non ti ha aggiornato questo pomeriggio?»
«Sabo tende ad aggiungere molti pittoreschi dettagli dalla dubbia credibilità. Per questo devi sempre restare indietro tu per fare rapporto»
Con una cristallina risata, Koala si voltò già sulla veranda, per regalargli un sorriso e un cenno del capo che stava a indicare che sì, era in effetti innegabile che le cose stessero come lui le aveva appena descritte.
«È andata bene. Poi ti racconto» annuì, allungando braccio e mano verso di lui. «Vogliamo entrare?» lo invitò e Law si concesse un soffio sospirato prima di ficcare le mani in tasca e raggiungerla, lasciandosi prendere sotto braccio per coprire i due metri e mezzo di larghezza del patio, decorato con ragnatele e file di calde lucine che restavano appese tutto l’anno. Le lucine, non le ragnatele.
«A cosa pensavi tanto intensamente?»
«Non lo immagini?» domandò Law e tanto sapeva che Koala lo immaginava eccome, era chiaro dal fatto che glielo avesse chiesto proprio sulla porta e senza ancora suonare. Per dargli ancora un momento e prepararsi psicologicamente a quel raduno di bestie di satana, lì conglomerate per il suo compleanno.
«Se siamo sopravvissuti all’ultimo capodanno, non riesco a immaginare cosa potrebbe andare peggio»
«Era esattamente lo scenario che stavo contemplando, Kay» si passò due dita sugli occhi, volgendoli poi a lei quando sbuffò una risata. «Non è divertente» le fece presente, senza per questo ottenere di farla smettere e guadagnandosi anche un bacio sul braccio.
«Io dico di sì» affermò convinta e con un sorriso, mentre suonava e da dentro la casa un ululato di gioia e disperazione insieme si levava verso il cielo, sempre più intenso fino ad aggiungere anche il raschiare di unghie che grattavano disperate la porta.
«Ehi, ehi, calmat… Fammi aprire!» protestò una voce soave dall’ingresso, prima di sbloccare la serratura e spalancare l’uscio senza neppure verificare chi fosse, tanto la reazione di Bepo era stata più che eloquente. «Ehi ciao!»
«Ciao Lam…» provò a salutarla, Law, senza minimamente scomporsi quando la belva bianca gli zompò tra le braccia, leccando e scodinzolando come un dannato. «Ciao Lamy» ritentò con successo dopo essersi liberato del pelo che minacciava di finirgli in bocca, mentre Koala la baciava e procedeva dentro casa, lasciando loro un momento per convenevoli, auguri e riconciliazione.
«Sei stato via più del previsto» gli fece notare la sorellina, mani sui fianchi e sopracciglio alzato, in perfetto stile di famiglia.
«Ho avuto un paio di contrattempi» si giustificò Law, sistemandosi meglio in braccio Bepo, che di scendere non aveva la minima intenzione, prima di entrare finalmente in casa e chinarsi a farsi dare un bacio sulla guancia.
«Buon compleanno»
«Ehi è arrivato il festeggiato!»
«Sabo non ci provare, lo hai già avuto per te questo pomeriggio!» protestò subito Lamy, aggrappandosi a due mani al braccio di suo fratello.
«Lo stavo aiutando con quella roba maledetta, mica puoi farmene una colpa»
«Qualcuno ha detto roba maledetta?»
Ed eccoli lì. Parenti e amici, che per un demone di trecentotrent’anni appena compiuti erano pure pochi e, se Law non fosse stato originario proprio del regno opposto, avrebbe ringraziato il cielo per questo.
Insomma, non è che fosse un sociopatico, era che non gli piaceva la compagnia di troppa gente, il caos, stare in mezzo alla folla, chi rideva troppo forte. Okay, forse era un po’ sociopatico ma non era per quello che aveva pochi amici e che la maggior parte di essi erano suoi parenti.
Semplicemente aveva fatto del “pochi ma buoni” una regola di vita, necessaria se non inevitabile per sopravvivere nel mondo mortale.
Ora, che fossero pochi era matematicamente un fatto, che fossero “buoni”, Law aveva dei legittimi dubbi, ma questo in fondo dipendeva da quell’insignificante dettaglio, ereditato da sua madre, nonché imprescindibile caratteristica per un mietitore di anime, ovverosia la mancanza di sentimenti. Law non avrebbe dovuto provarli in nessuna misura ma, per gentile concessione di DNA paterno, invece, quelli se ne stavano lì, ridotti a degli strascichi ben difficili da interpretare, ad affliggerlo da tutta una vita, perché Law proprio non li capiva né riusciva a identificarli, sbiaditi com’erano. E Law odiava non capire.
Eppure, se era lì a festeggiare un compleanno che avrebbe anche fatto a meno di festeggiare, doveva ammettere che, forse, da qualche parte in lui albergava qualcosa che si avvicinava più o meno a dell’affetto per quella manica di ficcanaso, pazzoidi, invadenti, incapaci di stare al mondo. Non si spiegava altrimenti perché non avesse ancora tentato di risucchiare l’anima a tutti loro, al di là che non sarebbe stato facile come con un comune mortale, ma il gioco sarebbe decisamente valso la candela, non aveva dubbi, Law.
Quindi no, doveva per forza essere affetto. Insomma, era pura e lineare logica, con quella ci andava d’accordo almeno quanto andava d’accordo con Bepo.
«Bepo, hai visto che il papà è tornato?» esclamò Ishley dalla cucina mentre una chioma verde lime si sporgeva verso l’ingresso, omaggiando il nuovo arrivato di un sorriso psicotico.  
«Te lo avevamo promesso, no, cucciolone?» lo grattò tra le orecchie la piccola Trafalgar e a Law non sfuggì la punta di tensione nei suoi occhi e nel suo sorriso, tensione di cui temeva di conoscere fin troppo bene l’origine e che non gli ci volle poi molto per indagare quando la voce più perculante dell’intero universo lo accolse non appena messo piede in salotto.
«È così infernale che non capisco come fai a non trovarlo spaventoso, Lamy-chan» ghignò Mr. Yokai, ai più intimi noto anche come Izou.

«Stai parlando di Bepo, vero Izou?» guizzò verso di lui con gli occhi Lamy, facendogli allargare ancora di più il suo maligno sorrisetto.
«E di chi altro dovrei parlare?» provocò Izou, il capo piegato all’indietro e gli occhi a Law, mentre Bepo si faceva finalmente rimettere a terra, liberando la visuale al padrone sul ragazzo moro che pareva saltato fuori direttamente da una pergamena di carta di riso e sul suo interlocutore, seduto al suo fianco, capelli rossi, aspetto emaciato, sorriso.
Nervoso, pure il suo.
In una parola, Pen.
Law morse un sospiro che, stando alla teoria, avrebbe dovuto probabilmente convogliare una qualche forma di dispiacere o sconforto e anche rassegnazione per la situazione in cui era consapevole di aver messo sua sorella e quello che considerava praticamente un fratello minore.
Sapeva benissimo cos’avessero entrambi da essere tanto tesi. Erano in presenza l’uno dell’altra, avvenimento che aveva luogo molto più spesso di quanto Lamy e Pen avrebbero voluto ma a cui andavano incontro a testa alta, solo ed esclusivamente per lui. 
Perché si odiassero tanto, Law neanche se lo spiegava. Non che non comprendesse l’incompatibilità di fondo, lui era incompatibile con il 98,9% delle persone con cui entrava in contatto, ma quel viscerale detestarsi che era scattato non appena avevano posato gli occhi l’uno sull’altra, quello era altra faccenda e Law, rassegnato a non capirci un accidente di sentimenti e francamente non così interessato a farli andare d’accordo a tutti i costi, purché stessero bene di per sé, ne aveva preso atto e aveva ridotto al minimo le loro interazioni, per quanto fosse in suo potere.
A onor del vero, comunque, quella sera sarebbe stata una bugia affermare che avrebbe preferito fare a meno di uno dei due piuttosto che costringerli sotto lo stesso tetto per qualche ora, così come sarebbe stata una bugia affermare che si fosse mai pentito di aver salvato le chiappe a quel vampiro depresso che si stava lasciando morire di fame senza un chiaro motivo, portandolo nelle loro vite. E anche gli fosse venuta voglia di pentirsi, a Pen sarebbe bastato alzarsi in piedi, come effettivamente stava facendo, per salutarlo con quella vaghissima, appena accennata, difficile da notare scintilla di voglia di vivere negli occhi per fargliela passare seduta stante.
«Amico, auguri!» esclamò, per un attimo senza forzature, dandogli goliardicamente la mano, sotto lo sguardo attento e il capo ciondolante di Izou che aspettava solo l’occasione perfetta per infilarsi in qualsiasi conversazione, scambio di battute, interazione sociale.
«Come stai?» domandò Law, mentre si accomodavano insieme, Lamy ancora accanto a lui nonostante tutto e Law si sentì quasi a casa seduto in mezzo a loro.
«Non c’è male, davvero, tu come st…»
«Pen pensa di avere l’emofilia, Law-kun» cantilenò Izou e Pen divenne un tutt’uno con i propri capelli.
«Izou» protestò serissimo, la voce ferma e un’occhiata truce al suo migliore amico. «È la sua festa, non un ambulatorio medic…»
«Emofilia?» lo interruppe Law, accigliandosi già in modalità medico. «Ti sei tagliato e non coagulava?» indagò e l’espressione di Pen divenne un riflesso della sua.
«Che cosa c’entra?»
«Sì esatto Law-kun, dicci cosa c’entra»
«È un sintomo dell’emofilia»
«Ah» borbottò Pen, riflettendo per un momento. «Forse mi sono sbagliato, è quell’altra cosa che c’entra con il sangue, quella che ti senti debole e cose così»
«Anemia?» propose Law, il sopracciglio che suo malgrado si alzava verso l’alto, come quello di sua sorella.
«Esatto! Quella!»
Law si impose di restare impassibile, ricordando a se stesso che non era colpa di Pen se oltre a essere depresso era anche ipocondriaco e poco avvezzo a capirci qualsiasi cosa di medicina e affini, a differenza di Lamy che, invece, e lo sapeva anche senza guardarla, stava sicuramente pensando la stessa cosa che stava pensando lui e che per un qualche miracolo, forse correlato al fatto che girando gli occhi si ritrovò a incrociare lo sguardo di Koala in arrivo dalla cucina che gli sorrise subito incoraggiante, riuscì a tradurre con:  «Mi sentirei di escluderlo, Pen»
«Dici?» rifletté beatamente ignaro il rosso, scuotendo subito dopo il capo. «Non che mi importasse trovare una cura, magari era la volta buona che riuscivo a porre fine a questa esistenza» si strinse nelle spalle e Law si irrigidì in allerta nel sentire Lamy inspirare a fondo, e ci fossero stati dei mortali presenti sarebbe bastato per risucchiare loro l’anima, il libero arbitrio e la gioia di vivere, come a cercare di trattenersi dal dire…
«Sarebbe davvero probabile, Penguin, morire di anemia con una dieta a base di sangue umano» vibrò con un fastidio di cui Law non l’avrebbe mai creduta capace e incrociò di nuovo gli occhi di Koala, già in allerta mentre riempiva la ciotola di Bepo di acqua fresca che le scaturiva direttamente dalla mano.
Gli occhi di Pen balenarono per un attimo, mentre il ragazzo si sporgeva appena con il busto e Izou si rimetteva finalmente seduto dritto. «Devi per forza ricordarmelo ad ogni occasione, Lamy?»
«Pen, sei un vampiro! Non è che te lo ricordo a ogni occ…»
«Lamy, eccoti qui!» 
Una folata di vento frizzante che non aveva niente a che fare con la piacevole brezza autunnale di quella sera, li investì e Law espirò appena dal naso, una forma più o meno di sollievo, grato del tempestivo intervento.    
Era difficile non amare o apprezzare Ishley per le sue molte qualità ma per Law, prima fra tutte, veniva il fermo intento di sua cugina di usare il proprio potere ammaliatore per riportare la serenità dove mancava. E non perché a Law gli fregasse un accidente della serenità del mondo ma della propria e di quella della sua famiglia sì e, dopotutto, per un mietitore di anime che aveva scelto di vestire i panni di un chirurgo nel mondo mortale e che sfruttava il proprio potere per porre fine a inutili sofferenze umane laddove chiunque altro si sarebbe magari accanito, era solo coerente essere grati a Ish per questo.
Specialmente quella sera.
Specialmente in quel momento.
Specialmente se ci andavano di mezzo Lamy e Pen.
«Mi puoi venire ad aiutare un momento?» fece gli occhioni a calamita alla cugina bionda, dopo aver scoccato un bacio tra i capelli a Law, e Lamy si premurò di trucidare Pen ancora qualche secondo prima di darle attenzione.
«Sicura che non vuoi farti aiutare da Sabo?»
«Io sono sicuro che da Sabo vorrebbe farsi fare dell’altro»
«È occupato con il caminetto» rispose prontamente Ishley, ignorando il commento di Izou ma mordendosi suo malgrado il labbro mentre scoccava un’occhiata attraverso la stanza, verso il cacciatore di demoni che, piegato in avanti, per quanto davvero impegnato solo ad attizzare le braci, era chiaro non stesse attizzando solo quelle.
«Se solo lo facesse nudo, eh, IshIsh?» mormorò Izou, godendosi anche lui lo spettacolo, e Ishley annuì pure in risposta, tanto era assorta nella sua fase di contemplazione, strappando una risata a Lamy. Law scambiò uno sguardo d’intesa e gratitudine con Ishley mentre le due si allontanavano, per poi verificare che, come sospettava, Pen stava invece ancora cercando di dare fuoco al tavolo con il solo ausilio delle proprie iridi. Era una cosa che odiava, il fatto di avere bisogno di sangue umano per sopravvivere e alle volte ancora se ne faceva una colpa, nonostante Law gli avesse insegnato mille e uno metodi per ottenerlo senza uccidere.
Non amava comunque pensarci e se stava per entrare in loop, erano belle che fregati per il resto della serata.
«Sta entrando in loop?»
Law gli scoccò uno sguardo di profonda disapprovazione, per il suo pessimo tempismo e la sua capacità di dire sempre la cosa meno adatta nel momento meno adatto. L’esatto opposto di Ishley, il che lo portava a domandarsi, anche dopo mezzo secolo di conoscenza, come facesse a essere il suo migliore amico. «Ma non stavi attizzando il caminetto?»
«Ho fatto» indicò le fiamme scoppiettanti alle proprie spalle con un sorrisone soddisfatto e quel filo appena arrogante che lo rendeva irresistibile.
«La prossima volta dovresti provare nudo, Sabo-k…»
«Izou puoi tenere questa un momento?» si intromise Koala, piazzando in mano allo yokai una ciotolina che conteneva una sostanza bianca e abbastanza densa. Izou se la portò al naso, annusando attento e con il fare esperto che un consumato trafficante di oggetti magici e illegali come lui aveva affinato nei decenni, restando tuttavia accigliato dalla conclusione della propria analisi.
«È panna?»
«Sì, serve per la zuppa di zucca, ma va inacidita» spiegò Koala.
Izou si accigliò ancora di più «E quindi?»
«Niente, tienila in mano, per osmosi dieci minuti dovrebbero bastare» sorrise perculante da sopra la propria spalla la ragazza, mentre accendeva un paio di candele fluttuanti che si erano spente.
La risata di Sabo si levò piena e gongolante, così tanto che se anche Law avesse voluto trattenersi, e c’era da dire che comunque non voleva, non sarebbe comunque riuscito a non ghignare di fronte all’espressione basita di Izou, che di essere lui il preso per i fondelli non era proprio abituato. Senza contare che Koala se lo meritava, quel ghigno, forse anche un vero sorriso, perché neppure Pen era riuscito a trattenersi  e ora rideva, nuovamente sereno e rilassato e Law lo sapeva, che Koala lo aveva fatto apposta e se ne fosse stato capace, probabilmente l’avrebbe amata per questo.
«Molto simpatica KayKay, davvero, te lo concedo, questa era davvero arguta. E meno male perché altrimenti avrei anche potuto non mostrarti quello che mi è capitato tra le mani oggi» gongolò Izou, sogghignando malefico, mentre faceva apparire dal nulla una pergamena, ovviamente maledetta, che attirò immediatamente l’attenzione e lo sguardo della mezza banshee.
«È di Wano?» esalò Koala, avvicinandosi quasi in trance, Law pronto a intervenire al primo segno di minaccia ma Izou, anche se sapeva essere stronzo, era un trafficante coscienzioso e teneva alla propria famiglia tanto quanto il chirurgo.
«Ah ah ah, piccolo spiritello, non puoi toccarla, lo sai. Ci penso io» si offrì srotolandola a mezz’aria di fronte agli occhi di Sabo e Koala, seduti ora vicini, spalla contro spalla.
«Ciao collega» gli diede una lieve spinta Koala, prima di concentrarsi sul foglio vergato in una scrittura antica, gli occhi che brillavano rapiti.
«Non è bellissima quando ha quell’espressione entusiasta?»
Se Law fosse stata una persona meno posata, sarebbe saltato su come una molla quando la voce, accompagnata da un respiro di menta, risuonò improvvisa nel suo orecchio ma Law era molto posato e conosceva soprattutto molto bene sua cugina, ed era abituato al suo pessimo vizio di spuntare silenziosamente fuori dal nulla alle spalle e farti perdere un paio di secoli di vita. Per questo si limitò a lanciarle un’occhiata di striscio prima di mettersi in piedi per salutarla come si doveva, visto che era la padrona di casa e visto che aveva organizzato quella cena per lui.
Monet accettò volentieri i baci sulle guance ma Law sapeva che non le sarebbero bastati e non si stupì quando la cugina mollò il paiolo che teneva in mano, per allargare le braccia e reclamare un abbraccio, e neppure perché il paiolo rimase sospeso a mezz’aria, raggiungendo da solo il sottopentola al centro del tavolo.
«Buon compleanno, cuginetto» gli sorrise materna e psicotica, allungandosi tra le sue braccia, fino a raggiungere il suo orecchio con le labbra. «Pensiamo sempre di non meritarcela?»
«Dobbiamo proprio parlare di questo?» ribatté Law, con un tono che lasciava intendere che no, non ne avrebbero parlato in quel momento e forse mai.
«E di cosa vorresti parlare?» si separò da lui, senza smettere di fissarlo con quel sorrisetto da ictus cerebrale causato da un colpo di nervosismo puro.
«Del fatto che dovresti smettere di far spuntare zucche in giardino dal nulla. Qualcuno potrebbe insospettirsi»
«Pensano tutti che siano finte» mormorò serafica Monet, lasciando ondeggiare la chioma verde, le braccia sotto al seno .
«E se qualcuno si accorge che sono vere?»
«Oh Law, ma cosa dici? Le zucche non spuntano in due giorni, è impossibile» rise lieve e pungente come la brina, prima di armarsi di mestolo. «Signori…» scoperchiò il paiolo, lasciando che un profumo dolciastro si librasse nell’aria. «…zuppa di zucca» annunciò in un soffio, mentre tutti finivano di prendere posto a tavola, Bepo compreso, acciambellato sotto la sedia di Law.
«Izou l’hai inacidita bene la panna?» domandò Sabo mentre la pergamena scompariva così com’era apparsa, Koala si alzava ad aiutare Monet a riempire le fondine con la vellutata densa e arancio e Ishley si sedeva lentamente al proprio posto, catturando la completa attenzione di Sabo che non sentì la risposta di Izou e in realtà in quel momento non avrebbe sentito neppure una cannonata.
«Spero sia di vostro gradimento e buon compleanno, Mietitore di Anime» proseguì la fattucchiera, alzando il calice già pieno per magia, magia vera e propria, provocando un nuovo giro di auguri prima che tutti si mettessero a mangiare.
Se è vero che il silenzio è il miglior complimento che si può fare a una cuoca, per alcuni istanti Monet ne ricevette una valanga, anche se in effetti il mutismo di Sabo non era dovuto a quanto buona trovasse la zuppa di zucca ma all’impegno che stava profondendo nel ripulire una goccia di panna caduta sul mento a Ishley, perdendosi negli occhi di lei e lasciando che lei si perdesse nei suoi ma non in un modo esattamente solo romantico.
«Sabo» lo richiamò Pen, mentre Koala si schiariva la gola. «Amico, così la spogli»
«Sei bellissima anche sporca di panna»
«Lo sai dove Sabo-kun vorrebbe vederti sporca di panna, IshIsh?»
«Allora! Come va il lavoro? La missione? La roba maledetta?» prese l’iniziativa Lamy per distogliere l’attenzione dai piccioncini intenti a flirtare come al solito, anche se poi non si concludeva mai niente, per quanto fosse più forte di loro, ma il suo interesse subì un drastico cambio di argomento quando prese la prima cucchiaiata di zuppa. «Oh santo… Monet è pazzesca!» si portò una mano alle labbra, rapita dal gusto perfetto.
«Sì veramente, è perfetta» ribatté Pen, lasciando tutti sinceramente interdetti per una frazione di secondo.
Un paio di scambi di occhiate rimbalzarono per il tavolo, come ad accertarsi che sì, nessuno lo aveva immaginato, era appena successo davvero, che Pen avesse dato pubblicamente ragione a Lamy.
«Ma ci hai messo qualcosa di particolare? Sembra tipo…»
«Noce moscata» suggerì Lamy e gli occhi di Pen balenarono verso di lei, mentre il suo cucchiaio scendeva ad affondare di nuovo nella zuppa.
«Esatto!» Pen la indicò con la mano libera, Lamy sorrise, Sabo e Izou si scambiarono un’occhiata.
No, non erano impazziti.
Lamy stava sorridendo a Pen.
Che cosa.Stava.Succedendo?!
«Devi darmi la ricetta, Monet» le disse entusiasta il vampiro, indugiando ancora un attimo su Lamy prima di girarsi verso la propria interlocutrice che lo fissava di rimando a labbra tese e denti scoperti, in quello che, Pen ne era certo, sarebbe dovuto essere un sorriso, eppure ebbe il potere di ridurgli improvvisamente lo stomaco in poltiglia.
O era la zuppa.
Cos’era quella sensazione improvvisa di… di… non era neppure malessere, e per un ipocondriaco affermare una cosa del genere anche solo con se stesso era qualcosa di eccezionale. Ma aveva come una pressione tra lo stomaco e il cuore, non una morsa ma più una specie di formicolio e gli sembrava anche di non riuscire a respirare alla perfezione. 
«Mi piacerebbe tesoro, ma è un segreto di famiglia»
La voce di Monet gli arrivò vagamente ovattata mentre il sorriso gli si spegneva in volto e una smorfia di vago fastidio lo obbligava a contrarre i muscoli facciali.
«Pen? Stai bene?»
La voce di Lamy gli arrivò forte e chiara e il formicolio sembrò aumentare di botto, pervadendogli l’intera cassa toracica. 
«Oh sì c-capisco, figurati» si sforzò di sorridere a Monet, sempre più a disagio e cominciò ad allontanare la sedia dal tavolo. «Scusate io, mi sento un po’… un po’…»
«Emofilico?» suggerì Izou.
«Anemico?» gli andò dietro Sabo.
Law li fulminò tutti e due.
«Nauseato» concluse Pen alzandosi in piedi, per poi sgranare gli occhi nel realizzare la gaffe. «Non per la zuppa! Io ho… devo solo…»
«Pen… » cominciò Law, serissimo.
«È tutto okay» sorrise più convinto. «Vado solo a prendere un po’ d’aria, voi continuate» insistette, avviandosi già verso la porta e per un momento tutti rimasero con gli occhi puntati a dov’era sparito, finché un’altra sedia non strusciò a terra e anche Lamy si alzò in piedi, ritrovandosi in un attimo gli occhi di tutti addosso.
«Vado solo a fare pipì» protestò, fissandoli uno a uno, per poi dileguarsi a sua volta.
Il silenzio rimase appeso sopra le loro teste, ad aleggiare nella stanza insieme alle candele fluttuanti, un silenzio perplesso ed eloquente, perché in fondo lo sapevano tutti, che stavano tutti pensando che c’era qualcosa di strano ma non è che loro fossero precisamente ordinari, per cui magari stavano solo analizzando troppo.
«E quindi questa missione?»
«IshIsh mi hai tolto le parole di bocca» posò il mento sulle mani intrecciate, gli occhi alla coppia di cacciatori di demoni che avevano ripreso a spazzolare la zuppa.
Era spaziale, per le porte degli Inferi!
«Oh beh, è andata bene, anche se è stata un po’ complicata»
«Maledettamente complicata, oserei dire» intervenne Sabo strappando a Izou una smorfia ghignante.
«Dio, che freddura allucinante…»
«Di che si trattava?» indagò Monet, servendosi un altro piatto di zuppa.
«Succubus. Una vera rogna» annuì convinto Sabo, per poi sgranare gli occhi e girarli su Law. «Non che Lamy sia… voglio dire con lei è… è diverso, lei non è una succubus in senso stretto, cioè no, lo è, però…»
«Lamy non si può considerare semplicemente una succubus, lo è solo per metà»
«Anche tu sei banshee solo per metà, KayKay, l’altra metà è spaventosamente ordinaria essendo umana»
«Oh Izou, grazie per avermelo ricordato. Tu invece, pensa, sei rompipalle per intero» con un sorriso etereo, Koala prese un’altra cucchiaiata ma rimase ferma con la posata a mezz’aria quando due tonfi dalla veranda risuonarono forti e chiari fino al salotto.
«Cos’è stato?» si alzò per metà Ishley, mentre Law si voltava in allerta.
«Sarà mica svenuto Pen» diede segni di agitazione Izou, che poteva fare lo stronzo quanto voleva ma poi per il suo migliore amico si sarebbe strappato anche il cuore.
Per un attimo nessuno si mosse, tutti tesi a captare qualsiasi segnale, tutti già pronti al contrattacco finché non fu chiaro, nel giro di tre secondi, che dalla veranda non sarebbe arrivato altro che silenzio.
«Meglio andare a controllare» prese l’iniziativa Sabo che Law si stava già alzando senza neanche preoccuparsi di annunciare le proprie intenzioni, lui.
Compatti e demoniaci, si avviarono tutti all’ingresso, uscendo decisi sulla veranda, armi già alla mano per chi ne portava sempre addosso, poteri pronti chi ne aveva, salvo poi bloccarsi uno dietro l’altro come in un incidente a catena e lasciar anche cadere la spranga a terra nel caso di Sabo, giustificato dal fatto che le sue  mani schizzarono a placcare Law prima che potesse fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentito.
Quando Lamy fosse uscita in veranda era un mistero ma era fin troppo chiaro che fosse passata di soppiatto dalla portafinestra della cucina, forse in bagno non ci era nemmeno andata ed era un dettaglio che sarebbe stato in ogni caso irrilevante, figuriamoci di fronte alla scena a cui stavano assistendo.
Certo sarebbe potuta essere un’allucinazione di gruppo ma, cosa doveva mai esserci in quella zuppa perché tutti stessero immaginando una visione tanto assurda come Lamy schiantata alla parete esterna, con la manica alzata fin sopra il gomito e il braccio teso e una mano tra i capelli di Pen che, piegato su di lei, aveva i canini ben conficcati nella sua vena cefalica e la teneva per i fianchi, mentre lei lo accarezzava e guardava con devozione, finché il ragazzo non risollevò il capo, incatenando per un attimo i loro sguardi prima che, ignari del pubblico, si buttassero uno tra le braccia dell’altra, strappandosi un bacio così passionale che aveva quasi del disperato.
Sabo non aveva idea del perché ancora stesse tenendo fermo Law, dal momento che come tutti era talmente congelato e incredulo da non riuscire neppure a muoversi.
E per quanto assurda fosse tutta quella situazione, fu niente in confronto a quando Lamy e Pen, improvvisamente, senza avvisaglia e senza un apparente motivo, si separarono come scottati, portandosi le mani alle rispettive bocche, il respiro affannato, gli occhi allucinati.
«Ma che… che…»
«L-Lamy io non… io…»
Fu Lamy ad accorgersi per prima delle troppe paia di occhi che li fissavano così insistentemente da quasi trapassarli e, ancora parecchio sconvolta e forse obnubilata da quello che era appena successo, si girò verso di loro, la voce ansante.
«Monet…» prese fiato tra una parola e l’altra, gli occhi carichi di un misto di differenti emozioni tra cui sicuramente c’era del panico ma anche la voglia di fare del male fisico. «Monet, cos’hai messo in quella zuppa di zucca?»
    
 
 
  
 
 
  

      

 
Angolo dell'autrice: 
E ce la fa! Come sempre io le cose semplici mai e così, ovviamente, andiamo di long che mi è venuta in mente due giorni fa e quindi, onesta, non so cosa ne potrà venire fuori e nemmeno mi è chiaro cosa mi è venuto fuori con questo primo capitolo, perciò...
Io ci ho provato e vi ho avvisati!
Ora è giusto ringraziare Jules per i consigli, Zomi e Vivian per il supporto, Soly per l'idea, il FairyPiece perchè è il FairyPiece e tutti i coraggiosi che sono giunti fino a qui. 
Spero di aver centratro il prompt e, per citare Monet, che sia di vostro gradimento. *lieve inchino con il capo*. 

Un bacio grande a tutti e buon Halloweek 2019
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